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CAPITOLO I. ORIGINI E NATURA DELL’ISTITUTO

2. L’ ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA : ORIGINE ED EVOLUZIONE NORMATIVA

2.2 La modifica del 2001

Nel corso dell’analisi dello stato di attuazione della disciplina sulla subfornitura, tuttavia, in relazione all’art. 9 (Abuso di dipendenza economica), che appariva, unitamente all’art. 1 (Definizione del contratto di subfornitura), la disposizione di maggiore difficoltà interpretativa ed applicativa, la Commissione X (Industria, Commercio e Turismo) del Senato osservava che l’abuso di dipendenza economica era destinata ad essere inserita nell’ambito delle disposizioni antitrust come accadeva in altri ordinamenti (segnatamente Germania e Francia). L’opportunità di una tale collocazione era tanto più evidente in quanto tale figura si prestava “…ad essere attivata, in quanto strumento di tutela,

soprattutto d’ufficio da una istituzione terza rispetto ai rapporti di forza delle parti. La 58

Art. 33 l. antitrust: “(Competenza giurisdizionale)

1. I ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi adottati sulla base delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV della presente legge rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Essi devono essere proposti davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

2. Le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti alla corte d'appello competente per territorio”.

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Aggiunge R. Natoli, op. cit., pag. 16 che i problemi di coordinamento processuale: “…sembrano aprire

spazi di un certo momento ad eccezioni di competenza facilmente immaginabili”. Si vedano, inoltre, in tal

senso: M.S. Spolidoro, Riflessioni critiche sul rapporto fra abuso di posizione dominante e abuso dell’altrui

configurazione nell’ambito del diritto civile, a cui si è invece pervenuti a seguito dell’indicazione dell’Antitrust, ne comporta l’azionabilità esclusivamente nell’ambito del giudizio civile, ad iniziativa di parte; cioè ne limita di fatto la praticabilità per le imprese interessate che, trovandosi in stato di dipendenza economica, difficilmente potranno portare allo scoperto gli eventuali abusi delle controparti”.

La Commissione, a conclusione dell’indagine, approvava, pertanto, una risoluzione con la quale suggeriva un ripensamento della collocazione sistematica dell’abuso di dipendenza economica, auspicando modifiche normative volte a prevedere l’intervento dell’Antitrust a tutela del corretto svolgimento dei rapporti economici e a rendere efficace il sistema dei controlli e delle sanzioni.

A fronte di tali rilievi venivano presentati in data 16 febbraio 2000 due emendamenti al disegno di legge in materia di apertura e regolazione dei mercati, di cui il primo era volto a modificare l’art. 3 l. antitrust, mentre il secondo, poi recepito nell’art. 11 della l. 5 marzo 2001, n. 57, era volto a modificare l’art. 9, attribuendo, tra le altre cose, una specifica competenza all’Antitrust a conoscere delle fattispecie di abuso di dipendenza economica qualora queste assumano rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato.

Anche in merito a tale emendamento, l’Antitrust esprimeva parere negativo60,

rilevando che la parte di emendamento in questione non sarebbe comunque stata idonea a risolvere i problemi evidenziati dalla Commissione. Si rilevava, infatti, che anche in Germania e Francia, dove pure la competenza a conoscere delle situazioni di dipendenza economica è delle autorità nazionali antitrust, il numero delle decisioni è modesto, a dimostrazione che la sostanziale inapplicabilità della disposizione prescinde dall’organo a cui è attribuita la competenza a giudicare. A ciò si aggiungeva, poi, che la normativa

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Si è trattato in realtà di un intervento da parte dell’allora Presidente dell’Antitrust, Prof. F. Tesauro presso la X Commissione del Senato.

tedesca e francese avevano trovato maggiore applicazione di quella italiana in quanto le formule utilizzate in tali discipline ancoravano la verifica della dipendenza economica principalmente a criteri economici e di mercato. Si osservava, inoltre, che non necessariamente la circostanza che la norma sull’abuso di dipendenza economica non avesse trovato larga applicazione fosse un male, poiché un intervento troppo incisivo sull’autonomia negoziale dei contraenti potrebbe generare un corto circuito nell’economia di mercato inducendo i produttori all’abbandono del decentramento produttivo. L’Antitrust sottolineava, infine, che al di là dell’ipotesi di abuso di posizione dominante, è difficile configurare un abuso di dipendenza economica che possa produrre effetti sul mercato concorrenziale.

Ad ogni modo, pur a fronte di tali osservazioni, veniva modificato l’art. 9 l. subfornitura per un verso esplicitando la facoltà per colui che assume aver subito un abuso di esperire, a tutela dei propri interessi, sia l’azione di risarcimento del danno sia l’azione inibitoria, per un altro (comma 3 bis) riconoscendo all’Antitrust la possibilità di attivare, anche d’ufficio, i poteri di indagine e di istruttoria irrogando le sanzioni di cui all’art. 15 l.

antitrust61 qualora l’abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della

concorrenza e del mercato.

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Dispone l’art. 15 l. antitrust, come recentemente modificato dall’art. 14, comma 2, del decreto-legge 223/2006 convertito, con modifiche, dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248 recante “Conversione in legge, con

modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”: “(Diffide e sanzioni) 1. Se a seguito dell’istruttoria di cui all’articolo 14 l’Autorità ravvisa infrazioni agli articoli 2 o 3, fissa alle imprese e agli enti interessati il termine per l'eliminazione delle infrazioni stesse. Nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della gravità e della durata dell’infrazione, dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida, determinando i termini entro i quali l’impresa deve procedere al pagamento della sanzione.

2. In caso di inottemperanza alla diffida di cui al comma 1, l’Autorità applica la sanzione amministrativa pecuniaria fino al dieci per cento del fatturato ovvero, nei casi in cui sia stata applicata la sanzione di cui al comma 1, di importo minimo non inferiore al doppio della sanzione già applicata con un limite massimo del dieci per cento del fatturato come individuato al comma 1, determinando altresì il termine entro il quale il pagamento della sanzione deve essere effettuato. Nei casi di reiterata inottemperanza l’Autorità può disporre la sospensione dell’attività d’impresa fino a trenta giorni.

2-bis. L’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni

alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nella fattispecie previste dal diritto comunitario”.

3. LA NATURA DELL’ISTITUTO DEL DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA