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La compatibilità tra divieto di abuso di dipendenza economica e divieto di abuso di posizione

CAPITOLO I. ORIGINI E NATURA DELL’ISTITUTO

3. L A NATURA DELL ’ ISTITUTO DEL DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA

3.2 La compatibilità tra divieto di abuso di dipendenza economica e divieto di abuso di posizione

Tanto precisato, e continuando nella rassegna delle diverse ipotesi ricostruttive della natura dell’istituto dell’abuso di dipendenza economica, occorre rilevare che rispetto alle argomentazioni tese a motivare l’inclusione della dipendenza economica nella disciplina della concorrenza sulla base della constatazione che entrambe sono volte alla tutela del benessere, è tradizionalmente prevalsa la disputa in merito alla compatibilità tra la fattispecie dell’abuso di dipendenza economica e quella di abuso di posizione dominante.

È evidente che i due istituti abbiano presupposti diversi in quanto in un caso l’illiceità della condotta attiene al rapporto tra le parti e riguarda un soggetto che, a prescindere dalla posizione nel mercato, si trova in uno stato di predominanza economica rispetto alla controparte; nel caso, invece, di abuso di posizione dominante l’illiceità è valutata avendo riguardo esclusivamente al potere detenuto dall’impresa dominante nel mercato di riferimento.

Partendo da tale considerazione, si possono individuare principalmente due ricostruzioni.

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Si veda in proposito N. Monticelli, Dall’abuso del diritto all’abuso di dipendenza economica. Un’indagine

sulla dipendenza economica tra modello francese e modello italiano, cit., che in proposito del mercato

giapponese, dopo avere evidenziato l’alta specializzazione tecnica dei subfornitori, rileva a pag. 60-61: “Il

percorso seguito è stato quello dell’aggregazione gerarchica e piramidale dei subfornitori in una forma associativa basata su vari livelli, complessivamente unitari, che riescono ad interloquire in modo diretto e paritetico con l’industria committente al fine di conseguire un vantaggio comune in una prospettiva di reciproco rispetto e vantaggio. Probabilmente, in questo approccio quasi «mutualistico» dell’associazioni dei subfornitori giapponesi ha inciso la tipica saggezza orientale ove si pensi che nell’esperienza italiana la produzione decentrata - lungi dall’essere incentivata per quello che concretamente poteva rappresentare in seno alla piccola e media impresa - è stata spesso vista quale sistema aziendale su cui trasferire il rischio di produzioni di beni a forte incertezza allocativa”.

Da una parte vi sono coloro che evidenziano come le due fattispecie siano

sostanzialmente sovrapponibili75, e come l’esclusione della fattispecie dell’abuso di

dipendenza economica dalla normativa antitrust lascerebbe senza soluzione espressa la questione della evidente inadeguatezza dei tradizionali criteri strutturali alla base della figura della posizione dominante assoluta a consentire il controllo sull’esercizio del potere economico nei rapporti verticali tra imprese76.

Dall’altra parte vi è chi, viceversa, sottolinea come ricomprendere la dipendenza economica nell’alveo della posizione dominante non si tradurrebbe esclusivamente in un mero cambio di prospettiva, ma in una inversione logica dei termini normativi della fattispecie. L’abuso di dipendenza economica, infatti, si caratterizzerebbe per la necessaria preventiva condizione di colui che subisce la condotta abusiva, mentre l’abuso sarebbe il risultato di un comportamento negoziale posto in essere da un soggetto diverso da quello a

cui è riferita la situazione economica antecedente77. L’abuso di posizione dominante

presupporrebbe, invece, come antecedente una supremazia sul mercato di un determinato soggetto, al quale sarebbe anche imputabile il comportamento abusivo. Nel caso, dunque, dell’abuso di dipendenza economica il giudice non dovrebbe accertare la situazione di potere nel mercato rilevante, ma dovrebbe valutare esclusivamente la reale possibilità per la parte economicamente dipendente di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.

75

In tal senso S.M. Spolidoro, op. cit., pag. 193; V. Pinto, op. cit., pag. 426. Distingue F. Prosperi, Il

contratto di subfornitura…, cit., pag. 277: “Mentre…l’abuso di posizione dominante è riferibile ad un vizio strutturale del mercato, cioè ad un tratto del suo assetto destinato a caratterizzarlo nel tempo, l’abuso di dipendenza economica appare, almeno di solito, determinato da vizi congiunturali, vale a dire, da situazioni contingenti e transitorie che, per i motivi più diversi, ma comunque collegabili all’andamento degli scambi commerciali in un determinato settore, inducano un’impresa che vi voglia operare a dover contrattare con una o più imprese particolari”.

76

Letteralmente V. Pinto, op. cit., pag. 426, il quale aggiunge: “Per vero, l’Autorità Garante sembrerebbe

orientata a risolvere il problema per via interpretativa, adeguando al caso concreto la nozione di posizione dominante assoluta: essa, seguendo quell’orientamento applicativo sviluppatosi nell’ambito del diritto comunitario della concorrenza, ha fatto ricorso, in taluni casi, al concetto di dipendenza economica al fine di delimitare il mercato rilevante a misura dell’impresa, in modo da rendere applicabile l’art. 3 della l. 287/1990 ad abusi di potere economico perpetrati nei confronti di un cliente o di un fornitore, da parte di imprese non in posizione dominante assoluta”

77

A. Barba, op. cit., pag. 319. Si veda altresì G. Ceridono, Commento all’art. 9, in Disciplina della

subfornitura nelle attività produttive (l. 18 giugno 1998, n. 192), Commentario a cura di N. Lipari, in Nuove leggi civ. comm., 2000, pag. 436.

Senza ulteriormente approfondire l’analisi delle diverse posizioni riportate, non possiamo fare a meno di rilevare che le stesse sembrano essere viziate dalla premessa, forse inconscia, che il diritto dei contratti ed il diritto della concorrenza costituiscano piani tra loro indipendenti e soprattutto siano tra loro reciprocamente impermeabili. Una tale impostazione non permette, tuttavia, di evidenziare le influenze tra detti piani, i quali, viceversa, si condizionano reciprocamente.

Tale condizionamento reciproco e la necessaria interdipendenza tra diritto dei contratti e diritto della concorrenza ci sembra appaia evidente solo che si consideri che il mercato nel suo complesso non è altro che un insieme, attuale o potenziale di contratti, con la conseguenza che esso, come correttamente è stato rilevato78, è governato dalle regole del diritto della concorrenza che ne orientano il funzionamento, ma, al contempo, gli interventi sui singoli contratti non possono non incidere sulla sua struttura complessiva.

L’interdipendenza tra diritto dei contratti e regole di funzionamento del mercato, è

chiaramente riconosciuta dalla dottrina più avvertita79, unitamente alla consapevolezza,

con largo anticipo raggiunta dagli studiosi di economia, della non naturalità del mercato e della funzione conformatrice del diritto80.

78

R. Natoli, L’abuso…cit., pag. 4.

79

M. Barcellona, Diritto, sistema e senso – Lineamenti di una teoria, Torino, 1996, pag. 359 e s. che, in relazione al concetto di mercato, osserva che esso: “…è, insieme, un risultato e una misura: per un verso è

l’esito delle singole contrattazioni (non c’è mercato senza scambi, e quindi senza contratti), per altro verso è anche la misura delle singole contrattazioni (ogni trattativa si intraprende sulla base delle condizioni di mercato)”. Si veda, altresì, G. Vettori, Contratto e concorrenza, cit., pag. 39, il quale dopo aver constatato

che è difficile credere che contratto e mercato perseguano logiche differenti, rileva: “Il rapporto fra un diritto

rivolto agli atti di autonomia e un sistema di regole rivolto agli operatori e consumatori che operano su determinati mercati pone in luce l’inevitabile connessione fra le due normative. Non c’è mercato senza scambi contrattuali e la disciplina di ogni mercato incide in qualche misura sulle vicende dei contratti che sono conclusi nella sua area…Il contratto è oggi una forma giuridica assai diversa da quella presupposta dalla teoria classica e basata su regole generali conosciute in precedenza da tutti”.

80

Si veda in tal senso N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, cit., il quale a pag. 39 rileva: “Politicità e

giuridicità sono profili dello stesso fenomeno: la fondazione della regolarità esige norme; e il contenuto delle norme è determinato dalla scelta politica. Mercato, politica e diritto non sono isolabili -, giacchè il mercato prende forma dalla decisione politica, e questa si esprime in leggi”. Osserva, peraltro, in senso

parzialmente contrario G. Rossi, Diritto e mercato, in Riv. soc., 1998, pag. 1444: “…quando si parla di

mercato, devono essere affrontate interconnessioni molteplici tra diritto ed economia; ed è onesto riconoscere che non c’è mai coincidenza perfetta tra le dinamiche economiche e le dinamiche giuridiche corrispondenti. Il mercato è dunque molto di più e a volte anche molto di diverso rispetto alle operazioni giuridiche che nel mercato si svolgono o alla disciplina che lo regola. Il mercato è un insieme di scambi che fuoriescono dagli schemi contrattuali, e fuoriescono anche dalla sfera del diritto”.

Se, tuttavia, il riconoscimento degli effetti prodotti dalla regolazione dei contratti sul mercato è stata principalmente rinvenuta dalla dottrina a seguito dell’analisi delle diverse discipline dettate, nei vari campi, dietro la spinta della Comunità Europea, a protezione dei consumatori, in cui gli attori contrapposti sono rappresentati da un lato dalle

imprese, o meglio dai professionisti, e dall’altro dai consumatori appunto81, oggi non si

può fare a meno di notare come lo stesso legislatore, ed in questo caso a volte anche al di fuori di qualsivoglia sollecitazione comunitaria82, stia progressivamente intervenendo sul mercato dei canali produttivi e distributivi in cui gli attori sono, come evidente, solo le imprese83.

In tale ottica riteniamo che l’istituto dell’abuso di dipendenza economica possa, con buona approssimazione, considerarsi quale strumento volto ad anticipare, rispetto al momento della cessione di beni e della fornitura di servizi ai consumatori, l’intervento di conformazione del mercato finalizzato, tramite la fissazione di specifiche regole di comportamento, ad incentivare la dinamicità necessaria a fare del mercato stesso uno strumento di ricchezza e di crescita economica complessiva.

81

Tra la vastissima letteratura in merito alla disciplina consumeristica si vedano ex multis: G. De Nova, Le

clausole vessatorie, Milano, 1996; C.M. Bianca – F.D. Busnelli (a cura di), Commentario al Capo XIV bis del codice civile: dei contratti con il consumatore, Padova, 1999; S. Patti, Contratti del consumatore, in E.

Gabrielli (a cura di), I contratti in generale Torino, 1999, pagg. 340 – 350; G. Alpa, Il diritto dei

consumatori, Roma – Bari, 2002.

82

Ci riferiamo in particolare la disciplina in materia di affiliazione commerciale di cui alla l. 6 maggio 2004, n. 129 (si vedano in materia, tra gli altri: G. Colangelo, Prime note di commento alla nuova normativa in

materia di franchising, in Corr. Giur., 2004, pag. 851 e ss.; G. Cian, La nuova legge sull’affiliazione commerciale, in Nuove leggi civ. comm., 2004, pag. 1154 e ss.; V. Cuffaro (a cura di), L’affiliazione commerciale, Torino, 2005; A. Frignani, Franchising. La nuova legge, Torino, 2004).

83

Si vedano ad esempio i diversi regolamenti di esenzione relativi alle intese verticali per categoria quali ad esempio quello relativo al settore automobilistico (tra i numerosi contributi si segnalano: F. Bortolotti,

Distribuzione selettiva ed esclusiva nel regolamento 1400/2002: verso una nuova configurazione del concessionario di autoveicoli, in Contr. Imp./Eur., 2003, pag. 71; S. Bastianon – B. Nascimbene, La nuova disciplina comunitaria in materia di distribuzione degli autoveicoli: regolamento di esenzione o regolamentazione settoriale?, in Contr. Imp./Eur., 2003, pag. 90; P. Fabbio, Note sulla terminazione dei rapporti di distribuzione automobilistica integrata, tra diritto comunitario e nazionale, cit. pag. 9), nonché il

D.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (su cui si vedano ex multis: G. De Nova – S. De Nova, I ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, Milano, 2003; G. De Cristofaro, Obbligazioni pecuniarie e contratti d’impresa: i nuovi strumenti di «lotta» contro i

ritardi nel pagamento dei corrispettivi di beni e servizi, in Studium iuris, 2003, pag. 11; R. Conti, Il D.Lgs. n. 231/2002 di trasposizione della direttiva sui ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali, in Corr. Giur., 2003, pag. 115; A. Frignani – O. Cagnasso, L’attuazione della direttiva sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in Contr., 2003, pag. 313.