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SEZIONE I. Il trionfo del principio di proporzionalità

3. Il caso Enmund v Florida: il complice in un reato di “felony

“felony murder” non può essere punito con la pena di morte.

Cinque anni dopo il caso Coker la Corte applicò il “test bifase di proporzionalità” alla sentenza capitale inflitta al complice in un reato di “felony murder”, nel caso Enmund v. Florida, che era però stato un soggetto “marginale” nella commissione

dell’omicidio172. Il caso Enmund riguardava un classico caso di

felony murder dove il guidatore dell’auto di fuga di una rapina,

che non era presente durante la sparatoria, fu condannato con la pena capitale per l’omicidio commesso dal suo compagno173. Enmund portò due complici nella casa di una coppia di anziani, dove aspettò in macchina174. Mentre aspettava, i due complici rapinarono la coppia e alla fine spararono all’interno

grave della rapina, stupro, sequestro di persona perpetrati durante la fuga più recente di Coker, nessuna quantità di circostanze aggravanti potrebbe giustificare la pena di morte >>. ARNOLD H. LOEWY, Criminal Law: Cases

and Materials 427 (3rd edition), LexisNexis, 2009.

171 Id.

172 458 U.S. 782 (1982).

173 La teoria del felony murder permette che un imputato sia colpevole di

omicidio di primo grado in caso sia stato coinvolto nella perpetrazione o nel tentativo […] della perpetrazione del reato designato dalla legge, e

“l’illegittimo omicidio verificatosi durante la perpetrazione di quel crimine, [...]”. Id., par. 785.

dell’abitazione175. Dopodiché Enmund portò i due uccisori al sicuro176.

Una giuria giudicò l’imputato Enmund colpevole di due accuse di omicidio di primo grado in base alla teoria del felony

murder177. Venne condannato a morte sulla base di circostanze aggravanti poiché “il reato capitale fu commesso mentre Enmund era coinvolto o era un complice nella commissione di una rapina a mano armata [...]178.” Il Giudice della Corte

Suprema White, scrivendo nuovamente per la Corte, rilevò che la pena di morte per il “complice passivo in un felony murder” fosse incostituzionale poiché per una categoria di imputati che “non uccidono, e […] che nemmeno intendono farlo, la pena di morte è sproporzionata […]”179. 175 Id. 176 Enmund, 458 U.S. 784. 177 Id., par. 785. 178 Id.

179 Id., par. 794–96. Questa regola venne anticipata nel caso Lockett v. Ohio, 438

U.S. 586 (1978). Lockett fu condannato a morte dopo aver partecipato ad una rapina nella quale il suo complice aveva ucciso la vittima. Id., par. 590–92. La Corte rovesciò la sentenza dopo che il sistema della pena capitale dell’Ohio fu giudicato incostituzionale per la violazione del principio delle nuove prove [...] Id., par. 608–09. Tuttavia, in un certo numero di pareri concordi, diversi Giudici della Corte Suprema affrontarono la questione se condannare a morte un imputato senza il rinvenimento di alcuna intenzionalità. Vedi, e.g., id., par. 588 Il Giudice Marshall, asserendo che Lockett era stato “condannato sulla base di una teoria della responsabilità per fatto altrui”, trovò che “la pena di morte per questo crimine violasse il principio della proporzionalità sancito nel divieto dell’Ottavo Emendamento [...]”. Id., par. 619 – 620 (Marshall concorda). Il Giudice Blackmun contestò inoltre

l’imposizione della pena di morte senza “alcuna considerazione dell’organo giudicante sul grado di coinvolgimento [di Lockett], o del grado di

intenzionalità, nella commissione dell’omicidio,” riconoscendo che “è possibile che infliggendo la pena di morte si aggirerebbero i limiti tracciati dal divieto dell’Ottavo Emendamento [...] contro la grave sproporzionalità [...]” Id., par. 613 – 614 (Blackmun concorda). Il Giudice White sosteneva che, come minimo, l’Ottavo Emendamento richiedesse l’individuazione

dell’intento di uccidere la vittima. Id., par. 624 (White concorda). Anche se permettere che la deduzione di uno “scopo” potrebbe essere dedotto dai fatti, il Giudice White disse,

Proprio come aveva fatto la maggioranza nei casi Gregg e Coker, la Corte in Enmund si rifece a misure oggettive, le azioni delle giurie e del legislatore, così come la decisione di definire la proporzionalità dell’esecuzione di un soggetto che non aveva ucciso180.

Per prima cosa, la Corte rilevò che: “solo una piccola minoranza di giurisdizioni, otto, permettono che la pena di morte venga imposta esclusivamente perché l’imputato ha partecipato in qualche modo ad una rapina nel corso della quale è stato commesso un omicidio”181. La Corte poi aggiunse che in nove stati un imputato “sarebbe stato condannabile a morte per un “felony murder” non intenzionale in presenza di sufficienti circostanze aggravanti [...]“182. La Corte esaminò questi

diciassette stati alla luce della giurisdizione americana, compresi quelli che non autorizzavano la pena di morte in nessun caso, rilevando che: << solo circa un terzo delle giurisdizioni

americane permettono che un imputato che in qualche modo abbia partecipato ad una rapina in cui si è verificato un omicidio sia condannato a morte >>183.

La Corte nuovamente esaminò le condanne della giuria e l’attuale numero di condanne a morte per i complici di felony

murder. In merito alle condanne della giuria, la Corte rilevò che

<< ma c’è una grossa differenza tra permettere un accertamento dei fatti per valutare la volontà dell’imputato di aver partecipato ad una condotta criminale che comportava un sostanziale rischio di morte, valutando di conseguenza se desumerne che abbia agito con l’intento di uccidere, e giudicare tali condotte come un fatto estremo equivalente all’intento di uccidere, come l’Ohio ha fatto >>. Id., par. 627.

180 Id., par. 89. 181 Id., par. 792. 182 Id.

solo tre imputati erano stati condannati a morte senza che avessero ingaggiato o sollecitato qualcun altro per uccidere la vittima o avessero partecipato ad un piano volto ad ucciderla184. Inoltre, Enmund era il solo imputato ad essere stato condannato a morte “senza riscontare un intento di uccidere e [in cui]

l’imputato non era un assassino”185. Infine, la Corte concluse che nessuna “persona condannata per un felony murder negli ultimi venticinque anni che non avesse ucciso o tentato di uccidere, e non intendesse uccidere la vittima era stata condannata a morte”186, mentre “solo tre persone di tale categoria erano attualmente condannate morte”187.

Soggettivamente, la Corte analizzò il “biasimo” di Enmund nel determinare se la sua colpevolezza fosse proporzionata alla sua condanna a morte. Proprio come fece nel caso Coker, piuttosto che considerare il caso Enmund individualmente, la Corte lo collocò all’interno di una categoria di imputati (questa volta come un complice in un felony murder che mancava dell’intento di uccidere) nel valutare la sua colpevolezza. La Corte rilevò che “fondamentalmente provocare un danno intenzionalmente dovesse essere punito più severamente rispetto al provocarlo non intenzionalmente”188. Enmund e qualsiasi altro imputato che non aveva avuto intenzione di uccidere erano “palesemente diversi dai rapinatori che uccidono”; eppure lo Stato li aveva trattati allo stesso modo e aveva attribuito a Enmund la

184 Id., par. 796. 185 Id., par. 795. 186 Id., par. 796. 187 Id.

188 Id., par. 798, citando H.L.A. HART, Punishment and Responsability 162,

colpevolezza di coloro che uccidono le vittime”189. Questo, sentenziò la Corte, era incostituzionalmente sproporzionato190. Peraltro, la Corte esaminò le due finalità della pena alla base della pena di morte: retribuzione e deterrenza. Per prima cosa, rilevò che: “se un reo non aveva intenzione di uccidere una persona, è improbabile che la pena di morte inflitta per le azioni dei suoi complici lo dissuaderà dal partecipare al “reato

principale” del felony murder”191. Quanto alla retribuzione, la Corte rilevò che condannando a morte Enmund per un omicidio che non aveva intenzione di commettere “non si dava alcun contributo misurabile atto a garantire lo scopo retributivo di ciò che il criminale si meritava”192.

Attraverso tale ragionamento, la Corte nel caso Enmund escluse categoricamente taluni imputati dalla possibilità di essere condannati a morte, a prescindere dal fatto che “un individuo non-omicida potrebbe essere più colpevole di uno che uccide con premeditazione”193.

Implicitamente, la Corte rilevò che permettendo alle giurie di scegliere quale non-omicida fosse il “peggio del peggio” si

189 Id.

190 Id., par. 801.

191 Id., par. 798–99. Per approfondimenti sull'argomento della deterrenza vedi

NELSON E. ROTH & SCOTT E. SUNDBY, The Felony-Murder Rule: A Doctrine

at Constitutional Crossroads, 70 Cornell L. Rev. 446, 450–53 (1985); JAMES J.

TOMKOVICZ, The Endurance of the Felony-Murder Rule, 51 Wash. & Lee L. Rev. 1429, 1448–49 (1994).

192 Id., par. 801. È interessante notare che la Corte collegò la colpevolezza

anche ad un’altra serie di casi che richiedevano “la considerazione

individuale come un requisito costituzionale nell’imposizione della pena di morte”. Id., par. 798 Il Giudice White argomentò che la teoria del felony

murder era incoerente con questo requisito perché non guardava alla

personale colpevolezza d Enmund “la cui colpevolezza è palesemente differente da quella di un rapinatore che ha ucciso”; Id.

193 vedi id., par. 799 (“è probabile che la pena capitale serva da deterrente solo

sarebbe corso il grosso rischio che venisse inflitta una pena di morte sproporzionata ed eccessiva194. Invece, come categoria, il

complice del felony murder che era stato il minor partecipante e che mancava dell’intento di uccidere, non si sarebbe potuto punire con la pena di morte195.

SEZIONE II

“Tre passi indietro” della Corte Suprema sulla proporzionalità nei reati capitali.

Sia il caso Enmund che il caso Coker in linea generale vietano la pena di morte per talune categorie di imputati: gli stupratori di donne adulte (Coker) e i complici di un felony murder che

mancano dell’intento di uccidere (Enmund). In entrambe le decisioni, così come nel caso Gregg, la Corte non guardò solo ai provvedimenti legislativi, ma anche al diritto internazionale ed ai verdetti delle giurie come prova oggettiva convincente degli

standard evolutivi della società. In ambedue le decisioni, la Corte

si domandò se, in modo categorico, uno stupratore o un

194 Vedi anche RICHARD A. ROSEN, Felony Murder and the Eight Amendment

Jurisprudence of Death, 31 B.C.L. REV. 1103,1109-10 (1990), in cui si sostiene

che l'obiettivo della Corte “era stato il processo di selezione di quelli da uccidere, con lo scopo fondamentale di garantire che quegli imputati scelti per l'esecuzione erano in qualche modo peggiori, o sostanzialmente più perversi rispetto a quegli altri assassini di primo grado non condannati a morte”.

195 Per un approfondimento sulla ammissibilità della pena di morte per i

complici di un felony murder, leggi STEVEN F. SHATZ, The Eighth

Amendment, the Death Penalty, and Ordinary Robbery-Burglary Murderers: ACalifornia Case Study, 59 FLA. L. REV. 719 (2007).

complice potessero essere “il peggio del peggio”, e così facendo, allontanò quel potere discrezionale da una giuria. Non molti anni più tardi, tuttavia, la Corte nel caso Tison v. Arizona196 ridusse e modificò il suo atteggiamento nei confronti della proporzionalità, limitando la sua analisi oggettiva e adottando una sua analisi estremamente personalizzata della

proporzionalità197.

1. Il caso Tison v. Arizona: il complice in un reato di felony

murder viene condannato a morte.

Il caso Tison analizzò la proporzionalità della condanna a morte di un non – omicida che non nutriva l’intenzione di uccidere198.

Nel caso Tison, due fratelli erano stati condannati a morte per aver aiutato il padre a fuggire da una prigione e averlo assistito successivamente in una rapina199. Nel corso della rapina il padre uccise un’intera famiglia a sangue freddo, mentre i figli erano stati allontanati da lui per prendere dell’acqua200. Si convenne che i due figli non avessero l’intenzione di uccidere la

famiglia201. Successivamente i due furono arrestati e condannati

196 481 U.S. 137 (1987).

197 Il Giudice O’Connor, che scrisse il dissenso nel caso Enmund, adesso

avrebbe scritto l’opinion della maggioranza nel caso Tison, rendendo il suo distacco da Enmund sorprendente. Vedi JOSEPH TRIGILIO & TRACY CASADIO, Executing Those Who Do Not Kill: A Categorical Approach to

Proportional Sentencing, 48 AM. CRIM. L. REV. 1371 (2011).

198 Per un approfondimento sul caso Tison, vedi ANDREW H. FRIEDMAN,

Tison v. Arizona: The Death Penalty and the Non-Triggerman: The Scales of Justice Are Broken, 75 Cornell L. Rev. 123 (1989), Disponibile presso il sito:

http://scholarship.law.cornell.edu/clr/vol75/iss1/4.

199 Tison, 481 U.S. 143. 200 Id., par. 141. 201 Id., par. 143.

a morte per l’omicidio della famiglia da parte del padre, che era morto durante la fuga dalla polizia.202 In appello i fratelli Tison chiesero che la loro condanna a morte venisse rovesciata in conformità con il caso Enmund, poiché loro non avevano ucciso, non avevano tentato di uccidere, e non avevano nemmeno avuto l’intenzione di farlo203.

La maggioranza, nella opinion scritta dal Giudice O’Connor, consentì che i fratelli Tison venissero condannati a morte senza rovesciare la sentenza del caso Enmund204. Però, limitò l’utilizzo del caso Enmund a due scenari: (1) là dove ci sia un “soggetto secondario in una rapina a mano armata, che non era presente sulla scena, il quale mancava dell’intenzione di uccidere e nel quale non c’era alcuno stato psicologico di colpevolezza”, e (2) là dove ci sia un omicida in un felony murder che abbia

effettivamente ucciso, tentato di uccidere, o abbia avuto intenzione di uccidere”205. Nella prima situazione Enmund ritiene che la pena di morte sia una punizione sproporzionata, mentre nella seconda situazione Enmund consente la pena di morte206. Questo secondo la maggioranza nel caso Tison, che tracciò un’ampia via di mezzo che usciva dalla portata del caso

Enmund207. Sebbene i fratelli Tison mancassero dell’intento di

202 Id. 203 Id., par. 143–44. 204 Id., par. 149. 205 Id., par. 149–50. 206 Id., par. 151.

207 Id., par. 151. Il Giudice O’Connor, scrivendo per la Corte del caso Tison,

affermò che la Corte del caso Enmund avesse giudicato una sentenza capitale sproporzionata solo per coloro che non uccidono effettivamente e che (1) sono partecipanti secondari e che (2) non hanno l’intenzione di uccidere – lasciando uno spiraglio per il caso in cui l’imputato fosse l’attore principale.

Id., par. 149. Tuttavia, questa analisi sembrava incoerente con quella

precedentemente adottata dallo stesso Giudice nel caso Enmund. In effetti, Il Giudice O’Connor scrisse il suo dissenso nel caso Enmund a proposito del

uccidere, ebbero però un “grado di partecipazione nella commissione del reato principale diverso da secondario”208. La via di mezzo tracciata dalla Corte nel caso Tison non solo creò una nuova regola riguardo all’analisi della proporzionalità, ma anticipò anche tutta una serie di casi che si discostarono

totalmente dalle motivazioni dei casi Furman, Coker e Enmund, e che favorirono un’ampia ammissibilità della pena di morte209.

Coerentemente con i casi precedenti, la maggioranza nel caso

Tison esaminò la prova oggettiva dei principi della società

analizzando la produzione normativa dello Stato210. In seguito a questa analisi la Corte stabilì che “la attuale società non

respingeva la pena di morte per il fatto che la reputasse estremamente eccessiva sotto tutte le circostanze […]”211. In particolare, pur riconoscendo che la Corte nel caso Enmund “aveva esaminato il comportamento delle giurie […] nel suo tentativo di verificare l’atteggiamento degli Americani nei confronti della pena di morte nei casi di felony murder”, la maggioranza nel caso Tison si rifiutò di esaminare i verdetti delle giurie nella sua analisi oggettiva212. Non tenne nemmeno

fatto che la decisone della maggioranza “sbaglia a prendere in

considerazione […] la partecipazione effettiva dell’imputato durante la commissione del reato”. Enmund v. Florida, 458 U.S. 782, 825 (1982) (O’Connor, J., dissenting).

208 Tison, 481 U.S. 151.

209 Vedi anche ANDREW H. FRIEDMAN, Tison v. Arizona: The Death Penalty

and the Non – Triggerman: The Scales of Justice are Broken, 75 Cornell L. Rev.

123, 151 (1989), sottolinea che la maggioranza nel caso Tison “ignorò o alterò altri fattori” già considerati durante la determinazione della proporzionalità della condanna, compresa la questione “se la pena contribuisce alle due finalità della pena di morte – retribuzione e deterrenza”.

210 Id., par. 154. 211 Id.

conto delle giurisdizioni che avevano abolito la pena di morte. Inoltre, la maggioranza non considerò il diritto internazionale nella sua analisi oggettiva. Queste scorciatoie analitiche erano incoerenti con i precedenti casi213.

L’analisi soggettiva della maggioranza nel caso Tison mostrò inoltre un analogo discostamento dai precedenti casi. Invece di cercare di capire, come fece la Corte nel caso Enmund, se il complice in un reato di felony murder mancasse assolutamente di un adeguato grado di colpevolezza, la maggioranza nel caso

Tison si preoccupò della possibilità che un complice in un felony murder potesse essere collocato tra i “peggio del peggio” nella

particolare circostanza del caso in questione. Il Giudice O’Connor affermò che: “la creazione di una categoria di imputati che non hanno un intento di uccidere non è un modo molto soddisfacente per capire chi sia condannabile alla pena di morte”214. Spiegò che molti imputati che avevano un intento di uccidere potevano mancare della colpevolezza se avevano agito per legittima difesa, mentre molti imputati che mancavano dell’intento di uccidere potevano essere tra i criminali peggiori e più colpevoli della società215. Pertanto la maggioranza si rifiutò di applicare un criterio oggettivo per valutare se un determinato imputato avesse avuto l’intento di uccidere”216. In tal modo, la

213 Vedi Enmund v. Florida, 458 U.S. 782, 788–89, 795–96 (1982). 214 Tison, 481 U.S. 157.

215 Id. (“[S]ome non - intentional murderers may be among the most dangerous and

inhumane of all the person who tortures another not caring whether the victim lives or dies [...]”).

216 Vedi ANDREW H. FREDMAN, Tison v.Arizona: The Death Penalty and the

Non-Triggerman: The Scales of Justice are Broken, 75 CORNELL L. REV. 123, 151

(1989). Inoltre, la Corte si astenne dal discutere sui modi in cui la colpevolezza di un non – omicida potrebbe ripercuotersi sulla finalità deterrente e sulla finalità retributiva della pena di morte.

maggioranza nel caso Tison avanzò una richiesta altamente basata sui fatti, dando così alla giuria la facoltà di scegliere quando un soggetto complice fosse idoneo ad essere condannato a morte217. L’unica limitazione imposta dalla maggioranza sulla giuria fu di richiedere che la partecipazione dell’imputato nella commissione del reato fosse giudicata “maggioritaria”218.

2. Il caso Stanford v. Kentucky: la Corte approva

l’esecuzione di un imputato minorenne.

Nei due anni successivi la Corte adottò l’approccio

estremamente individualizzato del caso Tison per autorizzare l’esecuzione dei minori nel caso Stanford v. Kentucky219 e dei ritardati mentali nel caso Penry v. Linaugh220. La Corte nel caso

Stanford dovette affrontare la questione se la pena di morte fosse

sproporzionata in ordine ad una categoria di imputati che avevano sedici o diciassette anni al tempo della commissione del reato221. Nonostante le obiezioni di quattro Giudici222, la

217 Id., par. 158.

218 Tison stabilì che la pena di morte fosse una pena appropriata per un caso

di felony murder, nel quale l'imputato non aveva ucciso, ma era il partecipante maggioritario nella perpetrazione del reato di base e aveva dimostrato un disprezzo sconsiderato per la vita umana. “Tison è un caso controverso e in conflitto con il principio di proporzionalità e con la recente giurisprudenza della Corte sulla proporzionalità”. Vedi JOSEPH TRIGILIO & TRACY CASADIO, Executing Those Who Do Not Kill: A Categorical Approach to

Proportional Sentencing, 48 AM. CRIM. L. REV. 1371 (2011).

219 492 U.S. 361 (1989) (confermando la pena di morte per i reati commessi

quando l’imputato ha sedici o diciassette anni di età).

220 492 U.S.302 (1989) (confermando la pena di morte per i mentalmente

ritardati).

221 Stanford, 492 U.S. 381.

Corte giudicò che l’inflizione della pena capitale a soggetti minorenni non violasse l’Ottavo Emendamento223. La maggioranza cominciò la sua analisi oggettiva dichiarando espressamente che non avrebbe esaminato i principi

internazionali nel valutare gli standard evolutivi di decenza224. Quindi andò ad analizzare solo i trentasette stati che, al tempo, infliggevano la pena capitale225. E poi esaminò il numero delle sentenze delle giurie e delle attuali esecuzioni226.

La maggioranza discusse solo rapidamente della fase soggettiva dell’analisi della proporzionalità. Per prima cosa rigettò la prova scientifica riguardante lo sviluppo psicologico ed emotivo di un sedicenne e di un diciassettenne227. Affermò che non avesse “il potere in base all’Ottavo Emendamento di sostituire la propria convinzione nella prova scientifica dell’apparente scetticismo della società”228. Inoltre, la Corte rilevò che, anche se fosse stato possibile prendere in considerazione tale prova, “non è

dimostrabile che un sedicenne sia sufficientemente responsabile o significativamente dissuaso”229. La maggioranza pertanto seguì l’approccio individualizzato proprio del caso Tison per