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SEZIONE I. Il trionfo del principio di proporzionalità

1. La nascita del “test bifase della proporzionalità”

stupro di una donna adulta – 3. Il caso Enmund v. Florida: il complice in un reato di “felony murder” non può essere punito con la pena di morte – SEZ II. “Tre passi indietro” della Corte Suprema sulla proporzionalità nei reati capitali – 1. Il caso Tison v. Arizona: il complice in un reato di felony

murder viene condannato a morte - 2. Il caso Stanford v. Kentucky: la Corte

approva l’esecuzione di un imputato minorenne – 3. Il caso Penry v.

Lynaugh: la Corte approva l’esecuzione di un imputato mentalmente

ritardato - SEZ III. La “resurrezione” della proporzionalità – 1. Il caso

Atkins v. Virginia: l'incostituzionalità della pena di morte per i

mentalmente ritardati – 2. Il caso Roper v. Simmons: l'incostituzionalità della pena di morte anche per i minorenni – 3. Il caso Kennedy v. Louisiana: un “ampliamento” del caso Coker – Conclusioni.

. Introduzione.

Grazie all'introduzione del “test bifase di proporzionalità” del secolo scorso la Corte Suprema degli Stati Uniti d'America ha

uno strumento utile, con cui poter stabilire con precisione se una pena inflitta risulti adeguata in relazione all'entità del reato commesso o alla capacità del reo127.

Dapprima utilizzato in casi “non – capitali”, il test di proporzionalità venne applicato per la prima volta ad una

sentenza capitale per infliggere la pena di morte ad un colpevole del reato di omicidio. Fu poi utilizzato per disapplicare la

massima pena ad un imputato colpevole di stupro ai danni di una donna adulta, nel celebre caso Coker v. Georgia, il quale fece da apripista per tutti i casi successivi, in cui il colpevole non aveva ucciso la vittima. Dopo aver disapplicato la pena di morte ad un complice in un reato di felony murder che non aveva ucciso la vittima e né aveva intenzione di farlo, la Corte Suprema fece un passo indietro riguardo al rispetto del principio di

proporzionalità nell'applicazione delle pene capitali. Infatti, alla fine degli anni Ottanta venne inflitta la pena di morte ad un complice in un reato di felony murder, grazie ad una “modifica” del test di proporzionalità, nella storica sentenza Tison v.

Arizona. Dopo questa storica decisione ci furono altre due

sentenze che seguirono lo schema tracciato da Tison, il quale venne utilizzato per applicare la pena capitale a due imputati affetti da “ridotta capacità”. Nel nuovo millennio però la Corte Suprema è tornata sui suoi passi, giudicando eccessiva la pena capitale inflitta a imputati con ridotta capacità, in ragione della

127 “Nei casi capitali, la “revisione” della proporzionalità da parte della Corte

è solida. Ha escluso del tutto la possibilità di imporre la pena di morte come punizione per certi reati e per certi criminali”. Vedi RACHEL E. BARKOW, The Court of Life and Death: The Two Tracks of Constitutional Sentencing Law and

the Case for Uniformity, 107 Mich. L. Rev.1145 (2009). Disponibile presso il

loro minore età o perché affetti da disabilità mentale, o per il reato di stupro di minore, riprendendo e ampliando il test di proporzionalità rispetto a come era stato applicato nel caso

Coker.

SEZIONE I

Il trionfo del principio di proporzionalità.

1. La nascita del “test bifase della proporzionalità”.

L’Ottavo Emendamento vieta di imporre pene che siano “crudeli e inusitate”128. Questa imposizione è stata interpretata dalla Corte Suprema nel senso che la pena di un imputato è proporzionata al crimine per il quale è stato condannato e che gli standard dai quali una corte determina la proporzionalità della pena si evolvono costantemente di pari passo con la nostra società. La Corte ha discusso per la prima volta del carattere evolutivo dell’Ottavo Emendamento circa un secolo fa nel caso

Weems v. United States129, che fu il primo caso di invalidazione di

una sentenza per motivi di proporzionalità, identificando

128 U.S. CONST. amend. VIII. “Excessive bail shall not be required, nor excessive

fines imposed, nor cruel and unusual punishments inflicted.” Id.

129 Weems v. United States, 217 U.S. 349, 367 (1910). Nel caso Weems la Corte

giudicò che la sentenza di “vent’anni e un giorno, una catena alla caviglia e una al polso del colpevole, lavoro forzato e doloroso, nessuna assistenza da amici o parenti, nessun incarico militare o potestà genitoriale o diritto di proprietà, e nessuna partecipazione nemmeno alle riunioni di famiglia” fosse una pena crudele e inusitata in base all’Ottavo Emendamento per il reato di falsificazione di due atti pubblici. Id., par. 366.

l'ideale secondo cui “la pena per un reato dovrebbe essere graduata e proporzionata al crimine”130. Così facendo, la Corte prese atto del fatto che i padri dell’Ottavo Emendamento

avevano lasciato volutamente la formula “pene crudeli e inusitate” senza una definizione statica. Piuttosto, si diceva che

l’Emendamento fosse stato emanato da una “esperienza di mali”, che non dovrebbe “essere necessariamente limitata alla forma che il male aveva pertanto assunto”131.

Quasi quarant’anni dopo il caso Weems, la Corte, nel caso Trop v.

Dulles132, riesaminò il test di proporzionalità e cementò l’idea secondo cui le pene devono essere determinate in accordo con la definizione degli “standard evolutivi di decenza” che segnano il “progresso di una società in maturazione”133. La Corte si rese conto che “l’evoluzione degli standard di decenza” non potesse essere conseguita guardando solo al concetto pubblico di

decenza134. Al contrario, una pena doveva essere coerente anche con la “dignità dell’essere umano [,]” che è il “basilare concetto di fondo dell’Ottavo Emendamento [...]”135. Il riconoscimento nel

130 << Gli studiosi e le corti considerano il caso come la nascita della tutela

della proporzionalità dell'Ottavo Emendamento >>. Vedi MARGARET RAYMOND, “No Fellow in American Legislation”: Weems v. United States and

the Doctrine of Proportionality, 30 VT. L. REV. 251, 295 (2006).

131 Id., par. 373. 132 356 U.S. 86 (1958).

133 Id., par. 101. Trop riteneva che la legge che spogliava della cittadinanza un

disertore delle forze armate violasse il divieto dell’Ottavo Emendamento sulle pene crudeli e inusitate.

134 Id., par. 100.

135 << Tutte le sanzioni penali comportano l'inflizione di sofferenze fisiche o

psicologiche, di solito parecchie sofferenze. Come facciamo a dire se tali sofferenze stiano all'interno di un “range” ammissibile o se siano

incostituzionalmente eccessive? I detrattori del riesame della proporzionalità sostengono che qualsiasi tentativo di stabilire con chiarezza un limite

dev'essere del tutto soggettiva, e pertanto la questione della proporzionalità dovrebbe essere lasciata esclusivamente al legislatore. La Corte Suprema ha tentato di rispondere a queste critiche adottando il test degli “standard

caso Trop del fatto che la Corte dovesse esaminare entrambi gli

standard di decenza della società e gli inerenti concetti sulla

dignità umana creò l’intelaiatura del “test di proporzionalità” della Corte che resiste ancora oggi.

Il test di proporzionalità, a sua volta, è solitamente un processo a due fasi. La prima fase ha due “assi”: danno e colpevolezza. Lungo l’asse della colpevolezza, la Corte stabilisce se l’imputato è meno colpevole di, o tanto quanto, un paradigmatico omicida di primo grado. Età al tempo della commissione del reato136, ritardo mentale137o mancanza di intento di uccidere138

potrebbero tutti indicare una minore colpevolezza, mentre la “sconsiderata indifferenza al valore della vita umana”139, per esempio, potrebbe indicare una colpevolezza uguale a quella di un omicida di primo grado. Lungo l’asse del danno, la Corte analizza se l’imputato ha commesso un reato meno grave dell’omicidio, come uno stupro140 o una rapina141.

La seconda fase del test di proporzionalità valuta se l’esecuzione di un imputato realizzerebbe entrambi gli scopi della

retribuzione e della deterrenza142; in caso contrario, non è

evolutivi di decenza”, per determinare se una pena fosse crudele e inusitata. In base a questo test, una pena dovrebbe essere stroncata se (e solo se) si sia sviluppato un consenso morale da parte della società contrario ad essa >>. JOHN F. STINNEFORD, Rethinking Proportionality Under the Cruel and

Unusual Punishments Clause, 97 Va. L. Rev. 889 (2011), consultabile presso il

sito http://scholarship.law.ufl.edu/facultypub/265.

136 Roper, No. 03-633, 15-17. 137 Atkins, 536 U.S. 318. 138 Enmund, 458 U.S. 798. 139 Tison, 481 U.S. 157-58.

140 Coker, 433 U.S. 598 (plurality opinion). 141 Enmund, 458 U.S. 797.

142 << La relazione tra il test sulla colpevolezza in base al danno e il test sulle

finalità della pena non è del tutto chiara. Nel caso Coker, il Giudice White mise in rilievo il fatto che “[una] pena potrebbe fallire il test su entrambi i fronti”. Coker, tuttavia, fu l'ultimo caso in cui una condanna fu dichiarata

“niente di più che un’imposizione inutile e priva di scopo di pene e sofferenze”143. La fase dell’indagine della retribuzione è spesso ridondante, dato che la Corte non ci ha dato alcun motivo per pensare che la sua valutazione relativa al danno e alla colpevolezza con riferimento ad una categoria di criminali differirà in alcun modo dalla sua valutazione volta a stabilire se queste persone avranno ciò che si meritano venendo puniti con la pena di morte144. La questione della deterrenza, d’altro canto, sembra essere guidata dalle premesse che “la pena capitale può servire da deterrente solo quando l’omicidio è il risultato di premeditazione e deliberazione”145 e che esonerare una categoria

incostituzionale per non aver passato solo il test sulla colpevolezza in base al danno, e i successivi casi che hanno invalidato le condanne capitali hanno sempre rilevato che le condanne in questione fallivano entrambi i test. Se una pena fallisse il test sulla colpevolezza, ma soddisfacesse il test sulle finalità della pena, sarebbe considerata incostituzionale? In base a Coker si, ma la questione non è chiaramente risolutiva, poiché la Corte ha proceduto da

Coker in poi come se i test andassero sempre di paro passo. Allo stesso tempo

è difficile immaginare una combinazione nella direzione opposta: una pena che fallisce il test sulle finalità della pena e passa il test sulla colpevolezza. La fase della retribuzione del test sulle finalità della pena e il test sulla

colpevolezza spesso appaiano identici. Se ciò fosse vero, allora tutte le pene che falliscono il test sulle finalità della pena, fallirebbero necessariamente anche il test sulla colpevolezza. E a quel punto sarebbe discutibile la necessità di entrambi i test >>. YOUNGJAE LEE, Constitutional Right against Excessive

Punishment, The, 91 Va. L. Rev. 677 (2005).

143 Atkins, 536 U.S. 319; Enmund, 458 U.S. 798; vedi anche Roper, No. 03-633,

17.

144 Confronta Roper, No. 03-633, 16 (“La predisposizione dei soggetti giovani

a comportamenti immaturi e irresponsabili implica che “la loro condotta irresponsabile non è moralmente riprovevole come quella di un adulto”), con

id., par. 17 (“La retribuzione non è proporzionale se la pena più severa della

legge è imposta a un soggetto la cui colpevolezza o il cui biasimo è ridotto, in misura sostanziale, per ragioni di giovinezza e immaturità”); compara Atkins, 536 U.S. 318 (“le carenze [ dei soggetti affetti da un ritardo mentale] non giustificano un’esenzione dalle sanzioni penali, ma diminuiscono la loro colpevolezza.”); con id., par. 319 (“Se la colpevolezza di un tipico assassino è insufficiente a giustificare la più estrema sanzione a disposizione dello Stato, la colpevolezza del reo mentalmente ritardato sicuramente non merita quella forma di retribuzione”).

145 Atkins, 536 U.S. 319 (citando Enmund, 458 U.S. 799); vedi anche Roper, No.

di criminali dalla possibilità di essere puniti con la pena di morte non ridurrà il valore della deterrenza per le altre categorie146.

La Corte applicò per la prima volta il “test bifase di

proporzionalità” a una sentenza capitale nel caso Gregg v.

Georgia147. Nel caso Gregg, la Corte Suprema riesaminò il sistema della pena di morte, che era stato modificato dopo che

l’originario sistema della Georgia fu giudicato incostituzionale quattro anni prima in Furman v. Georgia148. Nel valutare la proporzionalità della pena di morte per il reato di omicidio, la maggioranza in Gregg guardò per prima cosa la prova oggettiva degli standard evolutivi di decenza della società149. La

maggioranza giudicò che i provvedimenti legislativi fossero il “più marcato indicatore sull’approvazione della società della pena di morte”, dato che trentacinque stati avevano emanato nuove leggi sulla pena capitale dopo Furman. La maggioranza giudicò inoltre che “la giuria […] fosse un significativo e attendibile indice oggettivo dei valori contemporanei [...]”150.

rapporto costi-benefici che dia una qualche rilevanza alla possibilità dell’esecuzione è tanto remota da essere praticamente inesistente” (citando Thompson, 487 U.S. 837 (opinione della maggioranza))).

146 Atkins, 536 U.S. 320; Thompson, 487 U.S. 837. 147 428 U.S. 153 (1976).

148 408 U.S. 238, 239–40 (1972). Furman rese la pena di morte, nel modo in cui

veniva applicata allora, incostituzionale. Id, parr. 239 – 40. La preoccupazione per un'arbitraria e volubile applicazione della pena capitale manifestate dai Giudici del caso Furman portò alla creazione dell'attuale “dottrina

restrittiva”, che riserva la massima pena solo alle peggiori categorie di criminali. Vedi id., parr. 295, 309 – 10; CAROL S. STEIKER & JORDAN M. STEIKER, Defending Categorical Exemptions to the Death Penalty: Reflections on

the ABA’s Resolutions Concerning the Execution of Juveniles and Persons with Mental Retardation, 61 LAW & CONTEMP. PROBS. 89, 100 (1998).

149 Gregg, 428 U.S. 173. 150 Id., par. 181.

La maggioranza poi cercò di capire se la pena di morte concordasse con gli inerenti concetti della dignità andando a vedere se soddisfacesse “i due principali scopi sociali:

retribuzione e deterrenza dei reati capitali da parte dei potenziali

criminali”151. A questa domanda, la maggioranza rispose: << l’inflizione della morte come pena per il reato di omicidio non è senza giustificazione e pertanto non è severa in violazione della Costituzione >>152. Dunque, la Corte stabilì che << la pena di morte non è un tipo di pena che non può mai essere inflitta, senza tenere conto delle circostanze dei reati, senza tenere conto del carattere del criminale, e senza tenere conto della procedura seguita nel pervenire alla decisione di imporla >>153.