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Stando alla definizione che la stessa Agenzia delle entrate dà dell’”avviso di

accertamento95”, questo può essere definito come “l’atto mediante il quale l’ufficio

notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale”96

. Relativamente però a operazioni quali la cessione d’azienda, l’Agenzia accerterà un maggior valore dell’oggetto della cessione con conseguente rideterminazione dell’”imposta di registro”, “ipotecaria” e “catastale”, notificando al contribuente un “avviso di rettifica e liquidazione”.

Nel caso specifico che vado a descrivere si evidenzia proprio come la mancanza di una metodologia precisa per il calcolo dell’avviamento, porti in sede di cessione di azienda alla rideterminazione di quest’ultimo da parte dell’Agenzia con la conseguente ripresa a tassazione della base imponibile e irrogazione di “sanzioni amministrative”.

Nel caso specifico la cliente dello studio assume il ruolo di cessionaria di azienda. Quest’ultima infatti nella forma giuridica di impresa individuale acquista una “sala giochi” dalla titolare, che precedentemente era stata concessa in “affitto”.

Ai fini della determinazione delle imposte dovute, in sede di valutazione di azienda, era stato determinato un prezzo complessivo pari a euro 22.000,00 così suddiviso:

95 Corsivo personale.

96 Definizione disponibile online sul sito:

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/InCasoDi/Controlli/SchedaInfoIc ontrolli/Avviso+di+accertamento/.

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 Euro 21.000,00 avviamento

 Euro 1.000,00 attrezzature e arredamenti

Questo aveva ovviamente portato alla corresponsione di una imposta di registro pari a euro 660,0097.

Preliminarmente dobbiamo precisare che l’Ufficio definisce l’avviamento come “quel plusvalore che parte del patrimonio aziendale manifesta rispetto alla somma dei valori correnti e ai suoi elementi in conseguenza della clientela ovvero del flusso di affari che l’azienda può produrre”. Continua inoltre stabilendo che “secondo i metodi reddituali il valore dell’azienda deriva dai redditi che, in aspettativa, essa sarà in grado di produrre, in base all’attività esercitata, alla clientela e all’ubicazione”.

L’Agenzia stabilisce poi che nel caso in esame tali valori sono da considerarsi in senso positivo e giudica il valore dell’avviamento quantificato in euro 21.000,00 troppo basso. Procedendo così alla sua rideterminazione.

Come fondamenti per giustificare la rideterminazione dell’avviamento, l’Agenzia prende in esame le dichiarazioni dei redditi dell’affittuario di quella stessa azienda, nei tre anni precedenti alla cessione.

Da tale analisi risulta che l’azienda ceduta ha prodotto in capo all’affittuario un reddito medio di euro 184.322,00 per i periodi di imposta 2010-2012, un reddito annuo di euro 24.000,00 per gli anni di imposta 2010 e 2011 e di euro 18.000 per l’anno di imposta 2012 in capo alla proprietaria.

L’ufficio procede quindi a rideterminare il valore dell’avviamento in euro 195.285,00 “risultante dalla somma di euro 184.322,00 (pari alla percentuale di redditività del 31,11% applicata alla media dei ricavi del triennio 2010-2012 di euro 197.512,33 moltiplicata per tre, triennio 2010-2012) ed euro 10.963,00 pari al canone di affitto, al netto delle spese, come dichiarato nel quadro RL delle dichiarazioni Unico Persone Fisiche nel triennio 2010-2012 (euro 24.000,00 – euro 18.870,00 + euro 24.000,00 – euro 18.870,00 + euro 18.000,00 – euro 17.297,00) dal proprietario dell’azienda”.

Rettificando quindi il valore dell’avviamento da euro 21.000,00 a euro 195.285,00, l’Ufficio ridetermina il prezzo su cui calcolare le nuove imposte in euro 196.285,00. In virtù inoltre dell’art. 71 del D.P.R. 131/86 in tema di “insufficiente dichiarazione di valore” e dell’esiguità dell’avviamento dichiarato rispetto a quello accertato, irroga una sanzione amministrativa nella misura del 200%.

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Calcola quindi il 3% ai fini dell’imposta di registro sulla nuova base imponibile di euro 196.285,00 e determina un’imposta di euro 5.888,55.

Ai sensi poi del sopracitato articolo del D.P.R. 131/1986 irroga la sanzione amministrativa pecuniaria massima di euro 10.458,00 in un range che va da euro 5.229,00 a euro 10.458,00.

Il totale delle somme dovute in calce all’”avviso di rettifica e liquidazione” risulta quindi essere di euro 16.042,00 (dato dalla somma di maggior imposta accertata e sanzione amministrativa pecuniaria irrogata).

Prima di vedere come lo studio abbia agito dinnanzi alla ricezione di questo avviso, ritengo opportuno analizzare l’iter che il contribuente (e nella fattispecie un professionista abilitato) può seguire a seguito della ricezione di un “avviso di accertamento”.

Innanzitutto è essenziale precisare che tale iter rimane invariato sia che al contribuente venga notificato un “avviso di accertamento” sia che al contribuente, come in questo caso, venga notificato un “avviso di rettifica e liquidazione”.

Come la stessa Agenzia delle entrate ha ribadito in un Suo aggiornamento dell’agosto 201498 esistono diverse tipologie di strumenti finalizzati atti ad evitare le liti fiscali e a ridurre le sanzioni amministrative.

Al momento in cui viene notificato al contribuente un “avviso di accertamento”, quest’ultimo può prestare “acquiescenza”, ovvero accettare le condizioni contenute nell’avviso, e ottenere così la riduzione ad 1/3 delle sanzioni amministrative. Qualora invece l’”avviso di accertamento” non fosse stato preceduto da un “processo verbale di constatazione” o dall’”invito al contradditorio” da parte dell’Ufficio, allora la riduzione delle sanzioni amministrative avverrà ad 1/6.

Il contribuente potrà ottenere la riduzione delle sanzioni ad 1/6 anche qualora, prima della notifica di un “avviso di accertamento”, avesse accettato un “processo di verbale di constatazione” oppure, invitato al “contraddittorio” dall’Ufficio, avesse direttamente trovato un accordo.

Si intende per “processo verbale di constatazione” il verbale redatto per esempio direttamente dagli ispettori della “guardia di finanza” che hanno realizzato l’accertamento. L’”invito al contraddittorio” invece è sostanzialmente l’invito da parte

98 Estratto da “Strumenti per evitare le liti fiscali”, disponibile online sul sito:

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/Nsilib/Nsi/Agenzia/Agenzia+comunica/Prodotti+editoriali/Guide+Fisc ali/Agenzia+informa/pdf+guide+agenzia+informa/Guida_Strumenti_per_evitare_le_liti_fiscali.pdf.

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dell’Ufficio a presentarsi fisicamente al fine di trovare un accordo e chiudere la fase di accertamento pacificamente senza necessità di dover ricorrere in “Commissione tributaria”.

Un altro strumento di rilevante importanza a disposizione del contribuente è l “istanza di accertamento con adesione”.

Attraverso l’”istanza di accertamento con adesione” il contribuente, che espone chiaramente all’Ufficio le proprie ragioni e le motivazioni per cui ritiene ingiusti i presupposti dell’accertamento, spera di poter trovare un accordo sulla pretesa tributaria, e ottenere nel contempo anche una riduzione ad 1/3 delle sanzioni amministrative. A questo proposito è importante notare che il contribuente non avrà diritto di “istanza di accertamento con adesione” qualora quest’ultimo fosse stato in precedenza invitato dall’Ufficio al “contraddittorio” e non si fosse presentato, oppure non fosse stato trovato un accordo. Questo in virtù del principio che tanto l’”invito al contraddittorio” quanto l’”istanza di accertamento con adesione” hanno la finalità principale di chiudere la fase di accertamento in maniera anticipata, meno costosa e bonariamente; pertanto se non vi erano i presupposti per Ufficio e contribuente per accordarsi durante il “contraddittorio”, tali presupposti non vi saranno neanche successivamente alla notifica dell’”avviso di accertamento”.

Dal momento della notifica dell’”avviso di accertamento” il contribuente ha 60 giorni di tempo per ricorrere in Commissione tributaria. Tale termine si prolunga di 90 giorni (quindi un termine complessivo di 150 giorni) nel caso in cui il contribuente presenti “istanza di accertamento con adesione”.

Qualora per le motivazioni sopra-elencate non vi fosse stata la possibilità di fare “istanza di accertamento con adesione”, oppure quest’ultima non fosse andata a buon fine, il contribuente avrà la possibilità di ricorrere nei termini visti in commissione tributaria.

A questo proposito però, al fine di concedere a Ufficio e contribuente un’ultima possibilità di trovare pacificamente un accordo senza dover ricorrere alle Commissioni tributarie, il decreto legge 98/2011 con l’art. 39 co. 9 ha introdotto l’istituto del “reclamo”.

Nello specifico qualora la controversia sia di un importo non superiore a euro 20.000,00 (si parla solamente della “pretesa tributaria”) il contribuente ha l’obbligo di presentare il ricorso prima direttamente all’Ufficio e poi, qualora ancora una volta non fosse stato possibile trovare un accordo, in Commissione tributaria.

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A livello operativo quindi sarà necessario predisporre il “ricorso” così come se questo fosse destinato subito alla Commissione tributaria, in quanto poi successivamente non sarà più modificabile, ma da presentare all’Ufficio che procederà in primis alla valutazione.

Qualora l’accordo tra Ufficio e contribuente venisse trovato grazie all’istituto del “reclamo” o a quello della “conciliazione giudiziale”, il contribuente avrà diritto ad una riduzione delle sanzioni amministrative fino al 40%.

Partendo dal presupposto che le controversie tributarie sono tanto onerose per il contribuente quanto per l’Amministrazione finanziaria, la normativa mette a disposizione del contribuente un altro strumento per evitare le liti fiscali: l’”autotutela”.

L’”autotutela” è uno strumento utilizzabile dal contribuente, che andrà a rivolgersi in carta semplice e in prima persona direttamente all’Ufficio che ha emanato l’avviso, a seguito della notifica di un “avviso di accertamento” o di un “avviso di rettifica e liquidazione” che risulti “palesemente viziato”99.

Questo strumento consente quindi all’Ufficio di ravvedersi circa l’avviso emesso, senza continuare in una controversia tributaria che per evidenti ragioni lo vedrebbe sconfitto. È essenziale notare, e questo è fondamentale indicarlo proprio anche nella “lettera” inviata all’Ufficio, come l’”autotutela” non sospenda i termini (di 60 giorni dalla notifica dell’avviso) per poter fare ricorso. Questo è importante da precisare in quanto l’Ufficio non è tenuto alla risposta; pertanto anche qualora l’avviso risulti essere effettivamente viziato, una volta scaduto il termine per il ricorso, questo diverrebbe “definitivo”, ovvero produrrebbe comunque i suoi effetti anche se oggettivamente illegittimo, e contro di esso non sarebbe più possibile effettuare nessuna pronuncia.

Quindi sarà essenziale, qualora l’Ufficio non dovesse rispondere all’”autotutela”, procedere con l’iter descritto in precedenza, ovvero se vi sono i presupposti fare “istanza di accertamento con adesione”, poi in base alla pretesa tributaria fare “reclamo” oppure direttamente “ricorso in Commissione tributaria”.

Nel caso operativo descritto in questo paragrafo lo studio, ritenendo l’”avviso di rettifica e liquidazione” palesemente viziato, ha proceduto proprio con l’”autotutela”. Lo studio infatti ha reputato l’avviso assolutamente illegittimo in quanto l’Ufficio, nel rideterminare l’importo dell’avviamento, basandosi sui ricavi e sui redditi del

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precedente affittuario dell’azienda oggetto della cessione, non aveva tenuto conto che tale affittuario per quegli stessi anni presi in considerazione ai fini dell’accertamento, era titolare anche di un’altra sala giochi ubicata in un altro paese, e svolgeva anche l’attività di noleggio di apparecchi elettrici di intrattenimento. Lo stesso affittuario aveva inoltre a noleggio, a differenza della cliente accertata, all’interno delle sale giochi diverse sloth machines, considerate ben remunerative.

A seguito di queste considerazioni lo studio ha fatto notare all’Ufficio come i redditi dell’affittuario non potessero essere presi in considerazioni ai fini della rideterminazione dell’avviamento dell’azienda oggetto della cessione.

L’Ufficio non ha risposto e quindi lo studio ha proceduto con l’”istanza di accertamento con adesione”.