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La circolazione d'azienda tra trasferimento della titolarità e trasferimento della disponibilità. Casi operativi.

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Academic year: 2021

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INDICE

CAPITOLO 1

1.1 L’azienda e l’imprenditore ... 3

1.2 I “beni” aziendali e il trasferimento... 4

CAPITOLO 2

2.1. La “cessione d’azienda”: profili civilistico–contabili-fiscali ... 10

2.1.1 La disciplina civilistica ... 10

2.1.2 La disciplina contabile ... 29

2.1.3 La disciplina fiscale ...32

2.1.4 Caso operativo: “Avviso di rettifica e liquidazione”...43

2.2 La “cessione di partecipazioni”: profili civilistico-fiscali ...48

2.2.1 La disciplina civilistica ...48

2.2.2 La disciplina fiscale ...64

2.2.3 Caso operativo: “La rivalutazione delle partecipazioni” ... 73

2.3 Il “conferimento d’azienda”: profili civilistico-contabili-fiscali...…...…80

2.3.1 La disciplina civilistica ...80

2.3.2 La disciplina contabile ...89

2.3.3 La disciplina fiscale ...93

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2

CAPITOLO 3

3.1. L’”affitto d’azienda”: profili civilistico-contabili-fiscali ... 103

3.1.1 La disciplina civilistica ... 103

3.1.2 La disciplina contabile ... 114

3.1.3 La disciplina fiscale ...128

3.1.4 Casi operativi: “Contratti di affitto di rami d’azienda” ... 141

CAPITOLO 4

4.1 Conclusioni ... 143

BIBLIOGRAFIA ... 154

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3

CAPITOLO 1

1.1. L’azienda e l’imprenditore

Per analizzare approfonditamente la disciplina del trasferimento d’azienda è opportuno partire dalla definizione e dalle concezioni che, circa l’azienda stessa, nel corso del tempo si sono sviluppate.

Il codice civile definisce l’azienda come:

[…] il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa1

.

Tale articolo individua quindi nel “complesso dei beni”, nell’”organizzazione”, e nella finalità dell’”esercizio dell’impresa” i tre elementi fondamentali e imprescindibili per poter parlare di azienda.

Al fine di chiarire meglio la materia è tuttavia opportuno definire anche l’imprenditore e stabilire quale sia il suo ruolo relativamente alla sfera aziendale stessa:

È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi2.

L’imprenditore è quindi colui che in maniera individuale oppure collettiva impone ai beni che costituiscono l’azienda l’organizzazione essenziale per svolgere attività di impresa:

L’azienda può essere condotta dall’imprenditore individuale o da quello collettivo, sotto forma di società di persone o di capitali3.

1

Definizione ai sensi dell’art. 2555 C.C. Il corsivo presente nella citazione è personale.

2 Definizione ai sensi dell’art. 2082 C.C. Il corsivo presente nella citazione è personale.

3

(4)

4

In altri termini, l’imprenditore è colui che si serve dell’azienda per fare impresa.

Ora, al fine di introdurre e analizzare l’istituto del trasferimento, ritengo sia opportuno soffermarmi sul significato di “bene” aziendale e su quelle che sono le teorie prevalenti circa la natura giuridica aziendale.

1.2 I “beni” aziendali e il trasferimento

Il trasferimento di azienda, nell’accezione più generica del termine, consiste in sostanza nel trasferimento del complesso aziendale dall’imprenditore, sia esso individuale o collettivo, nelle mani di un altro imprenditore, anch’esso individualo oppure collettivo. Nel termine ampio di “trasferimento” è possibile di fatto individuare diversi istituti, quali per esempio “cessione”, “cessione di partecipazioni”, “conferimento”, “donazione” i quali vanno a trasferire definitivamente la titolarità del complesso aziendale e che quindi presuppongono che l’imprenditore alienante sia il titolare del complesso aziendale stesso; altri istituti, come invece l’”affitto d’azienda” trasferiscono soltanto a titolo temporaneo un diritto di godimento, e più precisamente trasferiscono dall’imprenditore affittante (che non necessariamente debba essere titolare del complesso aziendale, ed è questo il caso di sub-affitto d’azienda), all’imprenditore affittuario, il diritto di fare attività di impresa, e di godere o di soffrire temporaneamente dei risultati rispettivamente positivi o negativi provenienti dall’esercizio di tale attività. Di fatto si può quindi dire che l’affitto d’azienda crea una dissociazione temporanea tra il titolare del complesso aziendale e tra colui che del complesso aziendale si serve per fare attività di impresa.

Per poter parlare però di trasferimento d’azienda e ricondursi alle varie discipline civilistiche e fiscali che regolano tale istituto è opportuno chiarire quale sia il significato da attribuire all’espressione “beni” utilizzata nell’art. 2555 c.c..

Tale approfondimento è essenziale poiché la Corte di Cassazione con la sentenza numero 4319 del 28/04/1998 ha stabilito che la condizione necessaria per poter parlare di trasferimento d’azienda, sia l’effettivo trasferimento di beni organizzati in un contesto produttivo dall’imprenditore per l’attività d’impresa, precisando la non sufficienza della cessione dei singoli beni aziendali:

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5

[…] deve sottolinearsi - per impedire arbitrarie attribuzioni di qualifiche-che il carattere rilevatore dell'azienda è la "organizzazione" dei beni per l'esercizio dell'impresa; il che induce, immancabilmente, a rimarcare l'opera unificatrice dell'imprenditore con riferimento sia al momento della cessione dei beni sia al momento del loro acquisto da parte di altri imprenditori, indipendentemente dalla circostanza che l'attività produttiva sia la stessa. Perché - lo si ribadisce - è il mantenimento del rapporto di complementarietà dei beni finalizzato alla produzione che, di per se, determina l'esatta qualificazione […]4

.

Individuare l’esatta definizione da attribuire all’espressione “beni” non è tuttavia agevole; nel tempo infatti giurisprudenza e dottrina si sono scontrate fornendo interpretazioni differenti.

Da un lato infatti la giurisprudenza ritiene che genericamente il termine “trasferimento d’azienda” debba necessariamente comprendere non soltanto beni mobili e immobili, materiali e immateriali, ma anche rapporti di lavoro e obbligazioni:

La giurisprudenza ha frequentemente affermato che nell’accezione di azienda devono ricomprendersi “cose materiali, mobili e immobili, beni immateriali, rapporti di lavoro, debiti e crediti con la clientela ed, in genere, tutti gli elementi organizzati in senso funzionale per l’esercizio di un’impresa”5

.

Dall’altro lato invece la dottrina si divide in una duplice interpretazione dell’azienda. La prima più restrittiva e vincolata al senso letterale, riconosce appartenenti al complesso aziendale solo i beni “in senso stretto” ovvero quelli materiali e immateriali organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

La seconda invece molto più estensiva e più vicina alla giurisprudenza comprende tutti gli elementi che siano funzionali all’attività d’impresa:

Più articolata appare la posizione della dottrina, stante la contrapposizione, in primo luogo, tra:

 l’orientamento maggiormente aderente al dato letterale, secondo cui farebbero parte del complesso denominato azienda soltanto i beni “in senso stretto” – materiali ed immateriali (marchi, insegna, ditta), mobili ed

4

Estratto della sentenza della Corte di Cassazione numero 4319 del 28/04/1998 disponibile online sul sito: http://www.studiolegaleinternazionaleavvocatoalfonsomarra.it/PDF/cessione-azienda-locazione.pdf

5 Luca Fornero, Massimo Negro, Gianluca Odetto, Cessione, Conferimento, Affitto e Donazione D’Azienda, Terza Edizione IPSOA, Milanofiori Assago, 2011, p. 23. Il corsivo presente nella citazione è dell’autore.

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immobili – organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa, e non anche i rapporti giuridici ad essa inerenti (contratti, crediti e debiti);

 l’impostazione (che sembrerebbe essere quella maggiormente condivisa) che, basandosi su una nozione estremamente ampia di azienda, vi ricomprende tutto ciò che, contribuendo alla funzionalità e all’avviamento del complesso aziendale, serva all’esercizio dell’impresa. Secondo i sostenitori di questa tesi, nel concetto di “bene” di cui alla disposizione civilistica risulterebbero, dunque, ricompresi non soltanto tutti gli elementi patrimoniali (materiali e immateriali), bensì anche i crediti, i debiti ed i rapporti obbligatori in generale.

Va poi presa in considerazione la posizione di chi, pur attribuendo al concetto di “bene” un significato estensivo, ritiene corretto:

 ricondurre nel novero degli elementi costitutivi di un complesso aziendale tutti gli elementi patrimoniali (materiali e immateriali), tutti i rapporti obbligatori attivi (crediti e posizioni contrattuali “attive”, ossia diritti dell’impresa verso le controparti) ed i contratti stipulati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa;

 escludere, invece, da tale nozione gli elementi del passivo aziendale (debiti e altri rapporti obbligatori “passivi”, ossia obblighi dell’impresa verso le controparti contrattuali e i terzi). In base a tale impostazione, infatti, questi ultimi costituirebbero non un elemento costitutivo dell’azienda, bensì un elemento “relativo” all’azienda (come fonte di finanziamento o come impegno assunto dall’impresa ai fini della creazione o gestione del complesso aziendale)6.

Nel corso del tempo la dottrina economico-aziendale ha sviluppato anche altre questioni interpretative relative alla natura giuridica dell’azienda. Più precisamente, la teoria “universalistica”, che considera l’azienda nel suo insieme ovvero come un bene unitario distinto dai singoli beni che ne fanno parte, si contrappone alla teoria “atomistica”, per la quale l’azienda non è data altro che dalla somma dei singoli beni che la costituiscono e che l’imprenditore organizza per l’esercizio dell’impresa:

 secondo la teoria “unitaria” (o “universalistica”), l’azienda – considerata quale “universitas” – costituirebbe un bene unitario, distinto dai singoli beni che la compongono e suscettibile di essere autonomo oggetto di diritti;

 secondo la teoria “atomistica”, l’azienda rappresenterebbe, una semplice pluralità di beni, collegati alla persona dell’imprenditore da diritti eventualmente diversi […] e tra loro coordinati per l’esercizio dell’impresa. In base a tale impostazione, non esisterebbe, dunque, un

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7

bene azienda che possa formare oggetto di un diritto reale autonomo, distinto dai diritti aventi ad oggetto i singoli beni aziendali7.

In ogni caso comunque l’adesione alla teoria “atomistica” prescinde dal fatto che in sede di trasferimento l’azienda venga considerata come un “complesso unitario”. Da quanto esposto fino ad adesso si evince quindi l’importanza che assume la concezione che si ha dell’azienda e dei beni che la costituiscono, soprattutto quando siamo d’innanzi a operazioni di carattere straordinario come il trasferimento e quindi a tutti gli istituiti giuridici che di fatto lo attuano.

Ciò che sarà opportuno fare pertanto nella pratica operativa per comprendere se si è effettivamente dinnanzi al trasferimento di un’azienda o piuttosto soltanto in presenza di una semplice cessione di beni, sarà proprio cercare di capire se l’oggetto del trasferimento sia o meno funzionale all’esercizio dell’impresa8.

Di fronte per esempio a un’operazione di “cessione di ramo aziendale”, ovvero al trasferimento della titolarità di una parte dell’azienda dal cedente al cessionario verso un corrispettivo in denaro, tale analisi assumerà la massima importanza, in quanto sarà essenziale capire se ciò che è stato trasferito sia semplicemente una somma di singoli beni o se effettivamente l’oggetto del trasferimento siano dei beni organizzati e funzionali all’esercizio dell’impresa. Nel primo caso non si ricadrà sotto l’istituto e quindi sotto la disciplina civilistico-fiscale della cessione, mentre nel secondo caso sì.

Emerge da tale affermazione come elementi imprescindibili per riconoscere la natura aziendale nell’insieme di beni ceduti siano:

 l’organizzazione individuata dall’art. 2555 c.c. quale elemento caratterizzante la nozione d’azienda e intesa come “attività di coesione funzionale alla realizzazione di un rapporto di complementarietà strumentale tra beni destinati alla produzione”

 l’idoneità, dal punto di vista strutturale e organizzativo, a consentire lo svolgimento di una determinata attività d’impresa, con la precisazione che non occorre che l’esercizio della stessa sia attuale, essendo sufficiente che

7 Ivi, p. 25. Il corsivo presente nella citazione è dell’autore.

8 Così come specificato dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 4319 del 28/04/1998, di cui alla nota numero 4.

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8

“il complesso dei beni presenti una attitudine a tale esercizio, ovvero una potenzialità produttiva”9.

In questo frangente una particolare importanza viene assunta anche dalla volontà delle parti. Infatti l’operazione sarà da connotare soltanto come semplice cessione di beni qualora i contraenti abbiano deciso di cedere dei singoli beni strumentali che siano di fatto insuscettibili di esprimere la potenzialità produttiva dell’impresa10.

D’altro canto però qualora i beni oggetto del trasferimento non esauriscano i beni dell’azienda o di un ramo dell’azienda stessa, sarà possibile ugualmente connotare l’operazione come cessione, purché - i beni mancanti non siano tali da alterare l’unità

economica e funzionale del complesso aziendale11 - e purché sia palese la volontà delle parti di trasferire non una semplice somma di beni ma piuttosto un insieme di elementi finalizzato e idoneo all’esercizio dell’impresa.

Adesso che, attraverso l’analisi e l’approfondimento delle definizioni civilistiche di azienda e di imprenditore ho individuato quelle fattispecie che effettivamente rappresentano il trasferimento aziendale, l’obiettivo del mio lavoro sarà quello di analizzare il panorama degli istituti giuridici che realizzano tale trasferimento, concentrandomi in particolar modo su “cessione”, “cessione di partecipazioni”, conferimento”, “donazione” e “affitto”.

Alla luce del fatto che – la scelta delle modalità di circolazione dei patrimoni

aziendali impone agli imprenditori e ai professionisti una serie di valutazioni che, sempre più, attengono ad una pluralità di aspetti di carattere civilistico, fiscale e previdenziale12 – cercherò di immedesimarmi nella figura del consulente aziendale che dinnanzi al proprio cliente intenzionato al trasferimento debba saper consigliare quale via intraprendere esponendo e individuando gli aspetti positivi e quelli negativi di ogni

9 Luca Fornero, Massimo Negro, Gianluca Odetto, op. cit., pp. 26 e 27. Il corsivo presente nella citazione è dell’autore.

10 Così come stabilita dal sentenza della Corte di Cassazione numero 23857 del 19/11/2007. Il corsivo presente nella citazione è personale.

11

Sentenza della Corte di Cassazione numero 12049 del 14/05/2008. Il corsivo presente nella citazione è personale.

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istituto, in relazione alla natura del cedente/affittante e del cessionario/affittuario e tentando, qualora sia possibile, di individuare l’istituto maggiormente conveniente tenuto conto di tutte le discipline di riferimento.

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CAPITOLO 2

2.1 La “cessione d’azienda”: profili civilistico-contabili-fiscali

2.1.1 La disciplina civilistica

Possiamo definire in senso stretto il contratto di cessione d’azienda come il contratto di compravendita con il quale il cedente trasferisce al cessionario la proprietà dell’azienda verso un corrispettivo in denaro.

Come già visto nel capitolo precedente la peculiarità principale della cessione d’azienda è l’unità di tipo funzionale e l’unicità della destinazione dei beni che costituiscono l’azienda stessa e pertanto gli articoli 2555 – 2560 del Codice Civile che regolano l’istituto della cessione aziendale, costituiscono di fatto una deroga alla disciplina ordinaria in tema di cessione di singoli beni e di diritti.

Per quanto attiene alla forma del contratto, l’art. 2556 c.c. dispone che - per le imprese soggette a registrazione […] i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto (2725), salva l’osservanza delle forme stabilite dalla legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del contratto13

- pertanto la forma scritta del contratto è richiesta soltanto ai fini della prova e non per la sua validità. Nonostante questo è opportuno sottolineare che lo stesso articolo 2556 c.c. al secondo comma stabilisce che – i contratti di cui al primo comma, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante14 - la forma scritta e il successivo deposito nel termine di 30 giorni sono quindi comunque fondamentali per la pubblicità del contratto e per poter opporre ai terzi l’avvenuto passaggio di proprietà:

Pertanto, se, da un lato, è vero che, come si è detto, la legge non impone una particolare forma per la validità del trasferimento dell’azienda (salvo il caso in cui

13 Definizione ex art. 2556 co. 1 c.c..

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una forma particolare sia richiesta dalla natura dei beni trasferiti o dal tipo di contratto da cui origina il trasferimento); dall’altro, è altrettanto vero che, in base alla norma da ultimo citata, gli atti di cessione d’azienda, relativi a imprese soggette a registrazione presso il Registro delle imprese, devono:

 essere a loro volta iscritti presso il suddetto Registro;

 a tal fine, essere redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, con deposito per l’iscrizione, nel termine di 30 giorni, a cura del notaio autenticante o rogante […]

Ecco quindi che, seppure non richiesta “ad substantiam”, la veste dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata viene ad essere di fatto un requisito formale ineludibile per la circolazione di un complesso aziendale15.

In caso di inadempimento dell’obbligo di iscrizione dei contratti di cessione d’azienda nel Registro delle imprese l’imprenditore individuale sarà punito ai sensi dell’art. 2194 c.c. con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da un minimo di euro 10 un massimo di euro 516, mentre l’ imprenditore collettivo sarà punito ai sensi dell’art. 2630 c.c. con una sanzione amministrativa pecuniaria che va da un minimo di euro 103 a un massimo di euro 1032. Inoltre mancando l’effetto pubblicitario non sarà possibile l’opponibilità dell’atto ai terzi.

Salvo quanto disposto dagli artt. 2626 e 2634, chiunque omette di richiedere l’iscrizione nei modi e nel termine stabiliti dalla legge, è punito con la sanzione amministrativa da euro 10 a euro 51616.

Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese, ovvero omette di fornire negli atti, nella corrispondenza e nella rete telematica le informazioni prescritte dall’articolo 2250, primo, secondo, terzo e quarto comma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1032 euro […]17

.

Se tuttavia da un lato la forma scritta è richiesta essenzialmente ad probationem, da un altro punto di vista lo stesso articolo 2556 c.c. al comma 1 ammette anche la possibilità del trasferimento d’azienda prevedendo l’osservanza delle forme previste dalla legge in tema per esempio di trasferimento di singoli beni; vi sono infatti dei beni

15 Zanetti E., Manuale delle operazioni straordinarie, Manuali, Eutekne, Torino, 2011, p. 139, citato in Luca Fornero, Massimo Negro, Gianluca Odetto, op. cit., p. 32. Il corsivo presente nella citazione è dell’autore. 16 Definizione ex art. 2194 c.c..

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quali “immobili”, “beni mobili registrati”, “marchi”, “brevetti” per il cui trasferimento la normativa richiede un contratto avente forma scritta ad substantiam.

la norma dispone che il trasferimento in proprietà o in godimento dell’azienda deve avvenire con contratto scritto da depositare nel Registro delle imprese entro 30 giorni, salvo le disposizioni specifiche riguardanti i singoli beni che la compongono. La forma scritta è richiesta soltanto per la prova del contratto (la forma scritta e il successivo deposito sono necessari per la pubblicità del contratto e quindi per poter opporre ai terzi l’avvenuto passaggio di proprietà) e non per la sua validità. […] Quindi la forma scritta è richiesta ad probationem e non ad substantiam. […] I beni per il trasferimento de quali la forma scritta è richiesta ad substantiam sono, oltre agli immobili, i beni mobili registrati, i

marchi, i brevetti […]18.

Tali regole sulla forma del contratto non si applicano invece quando:

alienante e acquirente sono piccoli imprenditori19 in quanto non soggetti a registrazione, né quando il trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda formino oggetto di conferimento in una società di fatto20

, né al trasferimento di aziende agricole2122.

Importante inoltre è fare alcune considerazioni circa gli aspetti procedurali di cui cedente e cessionario devono tener conto nell’impostare l’operazione di cessione d’azienda.

18 Leo de Rosa, Alberto Russo, Michele Iori, Operazioni straordinarie, Sistema Frizzera, Gruppo 24 Ore, 2014, Seggiano di Pioltello (MI), p.370. Il corsivo e il grassetto presenti nella citazione sono dell’autore.

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«Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo (1674), gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.». Definizione ex art. 2083 c.c..

20 «Il contratto di società si può perfezionare anche per fatti concludenti e si parla in tal caso di società di fatto. La società di fatto è regolata dalle norme della società semplice se l’attività esercitata non è commerciale. È invece regolata dalle norme della collettiva irregolare se l’attività è commerciale, con la conseguenza che tutti i soci risponderanno personalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali.». Estratto da G.F. Campobasso,

Diritto Commerciale 2 Diritto Delle Società, UTET Giuridica, Settima edizione, p. 60.

21 «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.[…].». Definizione ex art. 2135 co. 1 c.c..

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Nel caso di un imprenditore individuale quest’ultimo dispone di tutti i poteri necessari ai fini della conclusione dell’operazione, mentre più complesso è il caso dell’imprenditore collettivo.

Per la società cedente la cessione d’azienda è un atto di straordinaria amministrazione e pertanto sarà necessaria l’approvazione da parte dell’organo amministrativo. Più precisamente nelle società di persone sarà opportuno valutare se l’amministrazione sia congiuntiva oppure disgiuntiva e qualora la cessioni implichi una variazione dell’oggetto sociale sarà necessaria l’approvazione da parte dei soci all’unanimità; mentre nelle società di capitali sarà necessario valutare inizialmente se l’organo amministrativo sia dotato dei poteri per poter approvare un’operazione straordinaria e qualora la cessione implichi un cambiamento dell’oggetto sociale sarà richiesta la delibera dell’assemblea straordinaria.

Nel caso di impresa individuale, non vi sono particolari forme da rispettare, in quanto l’imprenditore ha tutti i poteri necessari per poter decidere e concludere l’operazione. Diverso è invece il caso del cedente che ha una veste giuridica societaria.

Per le società di persone, si dovrà verificare se l’amministrazione è congiunta o disgiunta, e nel caso in cui la cessione implichi la modifica dell’oggetto sociale, sarà necessaria l’unanimità dei consensi da parte dei soci.

Per quanto attiene invece alle società di capitali, poiché la cessione di azienda è un’operazione straordinaria, è necessario verificare se l’organo amministrativo possieda i poteri.

Qualora la cessioni implichi una modifica dell’oggetto sociale, è necessaria una deliberazione dell’assemblea straordinaria23

.

Per la società cedente la cessione d’azienda è un atto di straordinaria

amministrazione:

occorre pertanto preventivamente accertarsi dei poteri dell’organo amministrativo in relazione all’effettuazione dell’operazione in esame.

Nel caso in cui l’oggetto di cessione sia l’intera azienda, e la cessione implichi modifiche tali da ravvisare la necessità di procedere al mutamento dell’oggetto sociale, la competenza è dell’assemblea dei soci, che per deliberare in tal senso deve riunirsi in sede straordinaria24.

Mentre per quanto riguarda la società cessionaria, l’operazione di cessione dovrà essere portata all’attenzione dei soci qualora questa comporti cambiamenti strutturali:

23 Francesco Poddighe, op. cit., p. 92.

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Per […] la società cessionaria, sembra opportuno portare all’attenzione dell’assemblea dei soci progetti di acquisizione d’azienda ogni qual volta l’acquisizione medesima comporti sostanziali alterazioni nella struttura aziendale25.

Nello specifico, l’operazione di cessione d’azienda si attua attraverso la redazione di un “contratto preliminare” (non obbligatorio) e di un “contratto definitivo”. Le finalità di questi due distinti contratti sono differenti; infatti il contratto preliminare che ai sensi dell’art. 1351 c.c. deve essere redatto, pena la nullità del contratto stesso, nella stessa forma del contratto definitivo che lo seguirà, fa nascere un’obbligazione tra cedente e cessionario circa la futura stipula del contratto di compravendita; mentre il contratto definitivo, con i requisisti di forma visti in precedenza, attua nel concreto il trasferimento della titolarità aziendale:

Il contratto definitivo e il contratto preliminare di vendita si differenziano per il diverso contenuto dell’intento comune delle part; il primo è diretto ad attuare il

trasferimento del diritto, il secondo, invece, alla assunzione da parte di ciascun

contraente delle obbligazioni di prestare in epoca successiva il consenso per la conclusione del contratto (definitivo) avente l’effetto transitivo del diritto medesimo26.

Proseguendo nell’analisi della disciplina civilistica della cessione d’azienda è opportuno considerare l’art. 2557 c.c. in tema di “divieto di concorrenza”. Quest’ultimo stabilisce che:

Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta (2301).

Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell’alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento (2596).

Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento (2596).

Nel caso di usufrutto o di affitto dell’azienda (2561 s.) il divieto di concorrenza disposto dal primo comma vale nei confronti del proprietario o del locatore per la durata dell’usufrutto o dell’affitto27

.

25 Ibidem.

26 Così come stabilito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza numero 5940 del 05/11/1980. Citata in Leo de Rosa, Alberto Russo, Michele Iori, op.cit., pp. 371;372. Il grassetto presente nella citazione è dell’autore. 27 Definizione ex art. 2557 c.c..

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La ratio della norma ha sostanzialmente il fine di tutelare il cessionario dall’attività che il cedente potrebbe porre in essere a seguito della cessione, tale da poter sviare la clientela e comportando così un danno economico al cessionario stesso. La norma si riferisce quindi a un’attività uguale o comunque abbastanza simile a quella oggetto dell’azienda ceduta tale da compromettere la fidelizzazione della clientela nei confronti dell’acquirente. Importante è notare che il cessionario è tutelato non soltanto in presenza di un danno effettivo, che gli venga arrecato dal cessionario, ma anche dinnanzi a un danno semplicemente potenziale, nel caso per esempio che l’alienante apra una nuova attività nelle immediate vicinanze di quella ceduta.

Lo scopo del divieto è di consentire al cessionario l’esercizio dell’attività di impresa relativa all’azienda acquistata, ponendolo al riparo dall’attività concorrenziale del cedente, il quale, approfittando del rapporto di fiducia che lo lega al pubblico ed essendo a conoscenza dell’organizzazione e della rete commerciale dell’azienda ceduta, potrebbe sviare, a proprio vantaggio, la clientela dell’azienda stessa28

.

Questa norma ha comunque una portata essenzialmente derogabile; è infatti fatta salva la possibilità delle parti di disapplicare tale divieto, di ridurne la portata o i tempi purché non venga superato il limite dei cinque anni ex art. 2557 c.c.

Il divieto di concorrenza è un effetto naturale della vendita dell’azienda che si produce anche se le parti non l’abbiano previsto (Cass. 16 febbraio 1998 n. 1643). Le parti possono, però, pattiziamente decidere di escluderne l’applicazione o limitare od ampliare il divieto purché non ecceda la durata di legge e purché non sia tale da impedire all’alienante ogni attività professionale, in relazione alle sue capacità ed attitudini, nel settore economico in cui opera l’azienda ceduta29

.

La Corte di Cassazione con la sentenza numero 5940 del 05/11/1980 ha stabilito che il divieto di concorrenza sia da considerarsi come un effetto naturale del contratto di cessione d’azienda e quindi applicabile ex lege, soltanto nel caso di alienazione di un’azienda o di un ramo autonomo d’azienda; mentre non sia direttamente applicabile, salva diversa pattuizione tra le parti, nel caso di cessione di quote sociali. Pertanto “il

divieto di concorrenza non si applica automaticamente, ma deve essere previsto

28 Francesco Poddighe, op. cit., p. 105.

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contrattualmente nel caso di cessione di quote sociali, sia in società di persone, sia in società di capitali. In questo caso infatti non si cede l’azienda ma il «contenitore»”30. Ai fini della completa trasparenza è altresì opportuno sottolineare che la validità del divieto è circoscritta all’inizio di una nuova attività di impresa; tale normativa non troverà pertanto applicazione nel caso di prosecuzione di esercizio di impresa preesistente all’alienazione stessa oppure nel caso di acquisto speculativo d’azienda, ovvero nel caso in cui l’acquirente acquisti e rivenda sequenzialmente l’azienda senza di fatto svolgere attività di impresa.

La stessa ratio non rende applicabile il divieto di concorrenza, salvo diversa pattuizione tra le parti, al cessionario che compra e rivende l’azienda ai fini speculativi, senza ver gestito l’azienda, così come all’erede (cessionario) che aliena l’azienda ricevuta in eredità senza essere mai stato coinvolto nella relativa gestione31.

È senza dubbio però dall’analisi dell’art. 2558 c.c., in tema di “successione nei contratti”, che si evince la più profonda natura dell’azienda come un vero e proprio “universo” di diritti e obblighi e non un mero insieme di beni. L’articolo in questione infatti stabilisce che con il contratto di cessione d’azienda transitano automaticamente dal cedente al cessionario tutti i contratti, salvo quelli a carattere strettamente personale, che siano ancora in essere al momento della cessione stessa. È fatta salva comunque la possibilità delle parti di escludere dalla successione alcune categorie di contratti che non siano “indispensabili” per lo svolgimento dell’attività di impresa:

Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale (2112)32.

È importante sottolineare che la norma parla di “subentro” e non semplicemente di “successione”, in quanto – il subentro è a titolo originario e prescinde dalla volontà delle parti, mentre la successione è a titolo derivato33 - inoltre la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5336 del 19/06/1996 ha stabilito che, salvo diverso accordo tra

30 Ivi, pp. 104;105. Il corsivo presente nella citazione è personale.

31 Ivi, p. 105. Il corsivo presente nella citazione è dell’autore.

32 Definizione ex art. 2558 co. 1 c.c..

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17

le parti, il subentro si verifichi anche laddove l’alienante non abbia comunicato all’acquirente l’esistenza di un determinato contratto.

Il trasferimento del contratto è efficace nei confronti del terzo contraente senza che questo debba accettarlo oppure senza che debba necessariamente essergli data informazione. Tuttavia lo stesso articolo 2558 c.c. al secondo comma stabilisce che – il terzo contraente può […] recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell’alienante34 – quindi è palese che alienante e acquirente possano decidere di dare

comunicazione al terzo dell’avvenuta cessione del contratto.

Ai fini della tutela del terzo inoltre la normativa prende in esame il caso in cui il terzo contraente adempia in “buona fede” all’alienante; per valutare tuttavia se a seguito di questo adempimento il terzo sia effettivamente liberato dall’obbligazione o meno, è opportuno chiarire se vi possa già essere l’opponibilità ai terzi circa gli effetti del contratto di cessione. Qualora quindi non fosse ancora avvenuta l’iscrizione nel Registro delle imprese del contratto di cessione, il terzo contraente potrà considerarsi liberato; se di contro l’iscrizione fosse già avvenuta e quindi conseguentemente fosse già scattata l’opponibilità ai terzi, tale adempimento non potrà essere considerato risolutivo dell’obbligazione, in quanto il terzo avrebbe potuto con ordinaria diligenza conoscere i fatti:

Nel caso in cui il contraente ceduto in buona fede (che ignora l’avvenuta cessione dell’azienda e quindi il subentro nel contratto di cui è parte sostanziale) adempia la sua prestazione nei confronti di chi ha venduto l’azienda (creditore apparente), si rende necessario distinguere due fattispecie:

1. quando l’iscrizione della vendita non è ancora stata eseguita p è stata omessa: il contraente ceduto è liberato dalla sua prestazione;

2. Quando l’iscrizione è stata effettuata, non è liberato, in quanto l’iscrizione è comunque opponibile ai terzi, a meno che non provi la propria incolpevole ignoranza circa l’inerenza del proprio rapporto contrattuale all’azienda o ramo d’azienda ceduti35

.

Un contratto particolare che nell’ambito della cessione d’azienda deroga la disciplina generale in tema di cessione dei contratti è il “contratto di locazione”.

Qualora infatti l’alienante eserciti attività di impresa in un immobile condotto a titolo di locazione, sarà facoltà dell’imprenditore cedente trasferire insieme al complesso

34 Definizione ex art. 2558 co. 2 c.c..

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18

aziendale anche il contratto di locazione senza necessariamente chiederne approvazione al locatore.

L’art. 36 della Legge 392/78 istitutiva dell’equo canone infatti stabilisce che:

Il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi per gravi motivi entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione36.

Questo costituisce di fatto una deroga alla disciplina generale, in quanto se al di fuori della cessione di azienda il conduttore avesse voluto cedere esclusivamente il contratto di locazione, avrebbe dovuto obbligatoriamente assoggettarsi al preventivo consenso del locatore stesso.

Ma è soprattutto in tema di “contratti di lavoro” che la cessione di azienda realizza delle particolarità di carattere assolutamente fondamentale.

L’articolo del codice civile di riferimento è il 2112 modificato dal D.Lgs. numero 18 del 02/02/2001e recita così:

In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro, continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano37.

La conseguenza principale dell’applicazione di tale articolo è pertanto che la cessione di azienda non è causa di risoluzione del contratto di lavoro, che continuerà quindi in capo al cessionario salvo che il rapporto di lavoro non si sia interrotto tra cedente e lavoratore prima dell’effettiva cessione. Fondamentale è inoltre il fatto che il cessionario sarà obbligato con il cedente per tutti i crediti che il lavoratore vantava al momento della cessione verso il cedente stesso; purché però tali crediti fossero conoscibili dal cessionario, ovvero risultassero dalle scritture contabili obbligatorie:

la cessione non comporta la risoluzione del rapporto di lavoro in quanto non costituisce motivo di licenziamento.

Ne derivano due conseguenze fondamentali:

36 Definizione ex art. 36 L. 392/78, citata in Francesco Poddighe, op. cit., p. 96.

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- Se il cedente prima della cessione o il cessionario dopo la cessione intendono sciogliere il rapporto di lavoro, devono dare preavviso e corrispondere il trattamento di fine rapporto. La disdetta deve essere data in tempo utile, ovvero, dando preavviso con un anticipo di tempo tale da fare in modo che il termine si esaurisca, e di conseguenza, il rapporto si risolva, prima che l’azienda sia trasferita;

- In caso contrario, il rapporto di lavoro continua con il cessionario; il cessionari è obbligato in solido con il cedente per tutti i crediti che il prestatore di lavoro vantava al tempo del trasferimento dell’azienda in forza del lavoro prestato, compresi quelli derivanti dalla disdetta data dal cedente. Occorre, tuttavia, che il cessionario abbia avuto conoscenza di tali crediti all’atto del trasferimento, oppure che gli stessi risultino dai libri contabili dell’azienda trasferita o dal libretto di lavoro. In tal caso, l’onere della prova ricade sul prestatore di lavoro38.

Nell’ottica della massimizzazione della tutela del lavoratore, consapevole della situazione di squilibrio che vi è per definizione tra datore di lavoro e lavoratore, la sezione lavoro della Corte di Cassazione è arrivata recentemente a pronunciarsi sancendo addirittura l’esenzione da nullità dell’atto con cui il lavoratore rinunci di propria iniziativa a passare alle dipendenze del cessionario:

Non è affetto da nullità l’atto, stipulato dal lavoratore con la società datrice di lavoro nelle forme della conciliazione in sede sindacale (anche in assenza di una già prospettatasi vertenza tra le parti), con cui il medesimo, in relazione alla prevista e prossima cessione, da parte della società datrice di lavoro, della sua azienda ad un’altra (specificata) società, rinunci al diritto, garantito dall’art. 2112 cod. civ., di passare alle dipendenza, dell’impresa cessionaria, dato che il diritto oggetto della rinuncia in questione deve ritenersi determinato ed attuale, e ciò anche nel caso di passaggio dell’azienda da un privato ad una P.A. […]39

.

L’articolo 2112 c.c. garantisce comunque al lavoratore la possibilità di poter rassegnare le proprie dimissioni entro tre mesi dalla cessione, qualora le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica.

Inoltre è pacifico ritenere che indipendentemente dalla cessione sarà comunque facoltà del cedente poter procedere al licenziamento per motivi economici, tecnici, organizzativi, ovvero quei giustificati motivi di licenziamento che sono insindacabili

38 Francesco Poddighe, op. cit., 99.

39 Estratto della sentenza della Cassazione Civile, sezione lavoro, numero 11723 del 26/05/2014, citata in Leo de Rosa, Alberto Russo, Michele Iori, op. cit., p. 383.

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20

nel merito anche dal giudice; tale facoltà è attribuibile in linea teorica al cedente anche se però di fatto sarà attuabile post-cessione all’acquirente:

Secondo un orientamento non è preclusa all’alienante la possibilità di procedere a licenziamenti per motivi economici, tecnici e organizzativi purché sussistano ragioni che siano giustificate autonomamente dall’alienante a prescindere dalla vicenda traslativa. [...] In ogni caso pur ammettendo che tale facoltà di licenziamento sia esercitabile dall’alienante, di fatto sarà l’acquirente a procedervi, e perciò dovrà darne informazione, ai sensi dell’art. 47, comma 1, lett. c), legge n. 428 del 1990 alle rappresentanze sindacali e seguire le procedure previste dall’art. 4, legge 23 luglio 1991, n. 22340

.

Il profilo però più rilevante e dibattuto in tema di successioni nei contratti di lavoro è il “trattamento fine rapporto”.

Vi è di fatto un duplice orientamento in tema di T.F.R. che conseguentemente produce due differenti profili di responsabilità post-cessione. Secondo il primo orientamento il T.F.R. è un diritto che sorge alla cessazione del rapporto e pertanto in caso di cessione l’unico responsabile di fronte al lavoratore sarà quel datore di lavoro che avrà in essere il rapporto di lavoro al momento della cessazione dello stesso. Secondo invece il secondo orientamento (maggioritario) il T.F.R. sorge con la nascita del rapporto di lavoro e matura con esso e pertanto in caso di cessione, il lavoratore sarà garantito ai sensi dell’art. 2112 c.c. secondo comma, per la parte di T.F.R. maturata prima della cessione, dalla responsabilità solidale di cedente e cessionario; è fatta salva comunque la possibilità del lavoratore di liberare il cedente da tale responsabilità:

Come è noto due sono essenzialmente le tesi sulla natura e qualificazione del t.f.r. Secondo un orientamento minoritario in giurisprudenza il t.f.r., al pari della vecchia indennità di anzianità è un diritto che si costituisce alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre il lavoratore, prima della cessazione si trova in una situazione di aspettativa di mero fatto41.

Secondo l’altra tesi invece, il t.f.r. sorge con la costituzione del rapporto, matura on lo svolgimento, e diventa esigibile alla cessazione del medesimo.

40 Giuseppe Santoro Passarelli, Il rapporto di lavoro nel trasferimento d’impresa e di articolazione funzionalmente autonoma, G. Giappichelli Editore, Torino, 2014, pp. 70;71.

41 Giugni, De Luca Tamajo, Ferraro, Il trattamento di fine rapporto, Padova, 1984, p. 34, citato in Giuseppe Santoro Passarelli, op. cit., p. 62.

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21

Il t.f.r. dovrebbe qualificarsi secondo quest’ultimo orientamento42

come credito del lavoratore soggetto a termine di adempimento.

A seconda che si accolga l’uno o l’altro orientamento diverse sono le conseguenze in caso di trasferimento di azienda.

Infatti accogliendo la prima tesi, il datore di lavoro acquirente risponderebbe come obbligato unico ed esclusivo, in quanto il diritto al t.f.r. si perfeziona quando cessa il rapporto di lavoro e perciò si costituisce quando il trasferimento si è già verificato. […] Se invece, come sembra più corretto, il t.f.r. si configura come credito che sorge con la costituzione del rapporto e diventa esigibile alla cessazione del medesimo, il lavoratore, in caso di trasferimento di azienda, è sicuramente garantito per la parte di t.f.r. maturata nel periodo precedente il trasferimento dalla responsabilità solidale dell’alienante e dell’acquirente sancita dall’art. 2112,43

comma2, c.c. 44.

Si può quindi affermare che l’articolo 2112 c.c. nei confronti del lavoratore aggiunge al primo naturale debitore ovvero il cedente, un secondo debitore ovvero il cessionario: “pertanto il prestatore di lavoro è legittimato a far valere anche nei confronti del cessionario, in forza della solidarietà sancita a maggior garanzia della sua posizione creditoria, i crediti maturati anteriormente al trasferimento45”.

Al fine di massimizzare la chiarezza sulla disciplina della successione dei contratti inserisco una tabella riepilogativa:

Tabella 2.1. – Successione nei contratti Contratti

di lavoro

L’art. 2112, c.c., prevede che in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Contratto di

agenzia

Nel rapporto di agenzia è configurabile un trasferimento dell’azienda preponente i cui effetti sono disciplinati dalla normativa generale dell’art. 2558, c.c. e non dall’art. 2112, c.c. relativo al rapporto di lavoro subordinato (Cass. Lav. 22 ottobre 1998, n. 10512; conforme: Cass. Lav. 16 novembre 2004, n. 2004, n. 21678 […].

Contratti Il conduttore del contratti di locazione può cedere il

42 Giuseppe Santoro Passarelli, Dall’indennità di anzianità al trattamento di fine rapporto, Giuffrè, Milano, 1984, e Il trattamento di fine rapporto, Giappichelli, Torino, 1995, citati in Giuseppe Santoro Passarelli, Il

rapporto di lavoro nel trasferimento d’impresa e di articolazione funzionalmente autonoma, p. 62. 43 Così come stabilito anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 19291 del 22/09/2011.

44 Giuseppe Santoro Passarelli, op. cit., pp. 62;63.

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22

di

locazione

contratto assieme all’azienda anche senza il consenso del locatore (art. 36, L. 392/1978), dandone comunicazione al locatore con raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi solo per gravi motivi (retai penali o svolgimento di attività illecite) da notificare al conduttore entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.

Contratto di leasing

La giurisprudenza (Tribunale Milano, 30 gennaio 1978) ha stabilito che in caso di cessione di azienda si ha successione ipso iure dell’acquirente nel contratto di leasing a meno che il cedente non si opponga espressamente. La cessione del contratto di leasing nell’ambito di cessione d’azienda non dovrebbe dar luogo a sopravvenienza attiva (così come previsto dall’art. 88, co. 5, D.P.R. 917/1986 […]) perché l’acquirente subentra in tutti gli obblighi e i diritti del cedente. Proseguirà quindi nel pagamento dei canoni fino a scadenza del leasing.

Contratti di

carattere personale

Secondo la giurisprudenza i contratti non funzionali all’esercizio dell’impresa sono da ritenersi di carattere personale. La Suprema Corte ha anche chiarito che occorre provare il «carattere personale» del rapporto stesso.

Fonte: Sistema Frizzera, Operazioni Straordinarie46.

Un’altra deroga alla disciplina generale operata dall’operazione di cessione d’azienda si apprezza in tema di “cessione dei crediti” disciplinata dall’art. 2559 c.c.:

La cessione dei crediti (1260) relativi all’azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese […]. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante (1264)47

.

Tale articolo dispone quindi il passaggio automatico dei crediti aziendali dal cedente al cessionario al momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, senza la necessità quindi della notifica o dell’accettazione del debitore ceduto. Questa norma deroga proprio l’articolo 1264 c.c. in tema di “efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto” che dispone che l’effetto del trasferimento del credito nei confronti del debitore ceduto si abbia solamente a seguito della sua notifica o della sua accettazione:

46 Leo de Rosa, Alberto Russo, Michele Iori, op. cit., p.376. Il corsivo utilizzato nella tabella è dell’autore.

(23)

23

La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata (1407).

Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione […]48

.

Di fatto si può sostenere che l’iscrizione nel Registro delle imprese, voluta dall’art. 2559 c.c., non richieda la conoscenza del trasferimento al debitore ceduto, ma semplicemente la sua mera conoscibilità. Il legislatore tuttavia interviene ponendo un correttivo ovvero precisando che, data la non necessarietà della conoscenza del debitore ceduto, questo sarà ugualmente liberato dalla sua obbligazione qualora paghi in buona fede all’alienante; per evitare pertanto situazioni di questo genere, tanto lecite quanto sconvenienti, il cessionario potrebbe decidere di propria iniziativa di dare comunicazione ai debitori ceduti dell’avvenuto trasferimento.

Differente invece è il trattamento riservato dal legislatore ai crediti tributari, i quali non si trasferiscono automaticamente in capo al cessionario. Nel caso specifico dei crediti maturati relativamente a imposte dirette49, l’art. 43-bis del D.P.R. 602/73 dispone che affinché possano essere trasferite unitamente all’azienda in maniera automatica, quest’ultimi debbano risultare dalla dichiarazione dei redditi e non debbano essere stati chiesti a rimborso; inoltre la cessione deve avvenire obbligatoriamente mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, che sia stata notificata all’Agenzia delle Entrate competente per il territorio.

Circa la disciplina dei “debiti relativi all’azienda ceduta” dobbiamo citare invece l’art. 2560 c.c.:

L’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito (1273).

48 Definizione ex art. 1264 c.c..

49 «Le imposte sono variamente classificate, secondo criteri e scopi assai diversi. La distinzione basilare è quella tra imposte dirette e imposte indirette. […] I giuristi spiegano questa terminologia in ragione del fatto che le imposte dirette colpiscono manifestazioni dirette (o immediate) della capacità contributiva (reddito, patrimonio, ecc.) […]. Le imposte dirette si dividono in personali e reali. Nelle imposte personali sul reddito assume rilievo la situazione personale o familiare del contribuente […]. Nelle imposte reali, invece, la tassazione si commisura ad un reddito o ad un elemento patrimoniale oggettivamente considerati; non hanno rilievo elementi di natura personale.». Estratto da Francesco Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Parte speciale, UTET Giuridica, Ottava edizione, 2010, pp. 3;4.

(24)

24

Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda (2112) se essi risultano dai libri contabili obbligatori […]50

.

Questo articolo è fondamentale perché chiarisce che il trasferimento aziendale non è una condizione sufficiente per la liberazione dell’alienante dei crediti assunti durante l’attività di impresa; viene richiamato a tal proposito l’art. 1273 c.c. in tema di “accollo”, il quale stabilisce che non vi può essere liberazione del debitore, se non vi è stato precedente consenso da parte del creditore ceduto:

Se il debitore e un terzo convengono che questi assuma il debito dell’altro, il creditore può aderire alla convenzione, rendendo irrevocabile la stipulazione a suo favore.

L’adesione del creditore importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisce condizione espressa dalla stipulazione o se il creditore dichiara espressamente di liberarlo ( 1274 s.).

Se non vi è liberazione del debitore, questi rimane obbligato in solido (1292) col terzo51.

Mentre da un lato risulta pacifico limitare la responsabilità del cedente ai crediti sorti antecedentemente al trasferimento, dall’altro lato, possiamo individuare nella congiunzione “anche” utilizzata dal legislatore nel secondo comma dell’art. 2560 c.c., l’intento di quest’ultimo di massimizzare la tutela dei creditori sociali nell’ambito delle imprese commerciali, individuando così una responsabilità solidale di cedente e cessionario relativa ai debiti risultanti dalle scritture contabili e sorti antecedentemente al trasferimento; ovvero relativa a quei crediti conoscibili e documentabili in sede di trasferimento.

Per tali ragioni l’acquirente deve essere messo in condizione di conoscere l’entità dei debiti dell’azienda e, nell’atto di cessione, è bene elencare analiticamente i debiti stessi. Sempre nell’atto di cessione è opportuno precisare che l’acquirente risponderà solo per i debiti ivi elencati, escludendo la responsabilità solidale relativa ad altri debiti non espressamente specificati. Nei rapporti interni tra alienante e acquirente, nulla disponendo la legge, l’orientamento più recente ritiene che i debiti (e crediti) non passino automaticamente all’acquirente, ma occorra espressa pattuizione e pertanto, poiché ciascuno risponde dei debiti relativi alla propria gestione, salvo patto

50 Definizione ex art. 2560 c.c..

(25)

25

contrario l’acquirente che abbia pagato un debito ha diritto di ripetere dall’alienante quanto versato.

Minoritaria risulta essere la tesi favorevole al passaggio automatico dei debiti e

crediti, pur se condivisa ed appoggiato fortemente dalla giurisprudenza. La

cessione dell’azienda pertanto, non è di per se idonea ad incidere sulla situazione di insolvenza dell’imprenditore cedente, in relazione agli indicati debiti, anche al fine della dichiarazione di fallimento del medesimo.

Come già evidenziato si ribadisce nuovamente che l’alienate risulterà liberato dei debiti pregressi con il necessario consenso del creditore, il quale deve esplicitamente riferirsi alla cessione del debito e cioè riguardare espressamente la liberazione dell’alienante52

.

A questo proposito, relativamente a quelle specifiche tipologie di imprese per cui vi è di fatto l’inesistenza di libri contabili, la Corte di Cassazione con la sentenza numero 1429 del 20/02/1999 prima e con la sentenza numero 8363/2000 dopo, ha sancito l’insussistenza del profilo della responsabilità.

l’iscrizione dei debiti pregressi nei libri contabili obbligatori è elemento

costitutivo della responsabilità dell’eventuale acquirente. La giurisprudenza di

è espressa in modo favorevole sul punto. Vieppiù da sottolineare che tale responsabilità sussiste anche se i libri contabili obbligatori non sono regolarmente tenuti. Al contrario, qualora risulti difettare in toto la contabilità ovvero manchi l’iscrizione del debito nei libri contabili non obbligatori, l’acquirente è esonerato da responsabilità, a nulla rilevando che fosse a conoscenza dei debiti all’atto di trasferimento53.

Per ragioni di chiarezza, ancora relativamente alla tipologia di responsabilità del cessionario ex art. 2560 co. 2 c.c., ritengo opportuno citare alcuni recenti sviluppi giurisprudenziali che di fatto individuano tale responsabilità soltanto qualora questa sia connessa a debiti considerati in senso “autonomo” e non anche sotto ai profili contrattuali ex art. 2558 c.c.:

Il regime fissato dall’art. 2560 co. 2, c.c. quanto ai debiti relativi all’azienda ceduta, è destinato a trovare applicazione solo quando si tratti di debiti in sé soli considerati e non anche quando si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora esaurite in cui il cessionario sia subentrato ai sensi dell’art. 2558 c.c.54

.

52 Leo de Rosa, Alberto Russo, Michele Iori, op.cit., p. 379. Il grassetto della citazione è dell’autore.

53 Ivi, p. 380. Il grassetto presente nella citazione è dell’autore.

(26)

26

Il regime di cui all’art. 2560 c.c. è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé considerati e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato ex art. 2558 c.c., nel qual caso la responsabilità si inserisce nella più generale sorte del contratto. La successione nei contratti regolata dall’art. 2558 c.c., in particolare, riguarda quei contratti a prestazioni corrispettive, che al momento del trasferimento dell’azienda non siano stati ancora interamente eseguiti, né dall’imprenditore alienante, né dal terzo contraente. In caso contrario avrà luogo, qualora il contratto era stato integralmente eseguito dall’imprenditore alienante, ma non dal terzo contraente, la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta regolata dall’art. 2559 c.c., ovvero, se il contratto era stato integralmente eseguito dal terzo contraente, e non dall’imprenditore alienante, l’accollo da parte dell’acquirente dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, previsto dall’art. 2560, co. 2,c.c.55

.

La responsabilità solidale di cedente e cessionario si apprezza anche nell’ambito dei debiti tributari. Infatti l’art. 14 del D.lgs 472/1997 stabilisce proprio che:

Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore56.

Alla responsabilità solidale del cessionario la normativa riconosce tuttavia una serie di limiti. In primis la “preventiva escussione57” del cedente, poi la disposizione che limita la responsabilità al valore dell’azienda o del ramo d’azienda acquisito. Inoltre l’art. 14 co. 2 e 3 del D.Lgs. 472/1997 stabilisce che è facoltà del cessionario richiedere all’Agenzia delle Entrate il rilascio di un “certificato” che attesti quale siano le sanzioni in corso e quali quelle definite; qualora il certificato non preveda contestazioni, il cessionario deve considerarsi responsabile solo per il periodo intercorrente tra la data di rilascio del certificato e quella del trasferimento aziendale.

55

Estratto da Sentenza del Tribunale di Firenze, Sezione III, del 05/06/2013. 56 Definizione ex art. 14, punto 1, D.lgs n. 472 del 18/12/1997.

57 «È l’onere dei creditori sociali delle società di persone di soddisfare le proprie ragioni sul patrimonio della società prima di aggredire quello particolare dei soci». Definizione disponibile online sul sito: http://www.enciclopedia-juridica.biz14.com/it/d/preventiva-escussione/preventiva-escussione.htm.

(27)

27

Prima di procedere con il paragrafo successivo dedicato agli aspetti contabili della cessione d’azienda, inserisco una tabella che riassuma gli aspetti finora trattati di questa disciplina.

Tabella 2.2. – Schema riassuntivo dell’operazione di cessione d’azienda

Definizione Norma Sintesi Termine

degli

adempimenti

Definizione Art. 2555, c.c. La cessione d’azienda consiste nel

trasferimento della proprietà di

un’azienda, contro corrispettivo in denaro.

Azienda Art. 2556, c.c. Per azienda si intende un complesso di beni e di risorse organizzati al fine dell’esercizio di impresa. Si tratta di un complesso di beni eterogenei (materiali ed immateriali) collegati dall’organizzazione, ossia dalla loro

utilizzazione unitaria e coordinata

al fine dell’esercizio dell’attività di impresa.

Avviamento Art. 2557, e 1453 e segg., c.c.

L’avviamento è l’attitudine del complesso aziendale a produrre

reddito (Cassazione 18 giugno 1980,

n. 3860 e 3 ottobre 1968, n. 3083) e può essere soggettivo (capacità personale dell’imprenditore di attrarre clientela) o oggettivo

(intrinseco nell’organizzazione aziendale. Tale elemento è

suscettibile di valutazione economica (art. 2426, c.c.).

Ramo d’azienda

Art. 2565, c.c. Si tratta del complesso di beni organizzati atti all’esercizio dell’impresa ma rispetto ad essa ne

rappresenta solo una parte

(Cassazione 4 dicembre 2002, n. 17207). Trasferimento d’azienda Art. 2573 e 2558, c.c. e D.Lgs. 48/1992 Il trasferimento in proprietà o in godimento dell’azienda avviene con

contratto scritto (la forma scritta è

richiesta ad probationem e non ad substantiam). Per gli immobili, i

mobili registrati, i marchi ed i brevetti nonché per gli immobili di proprietà di terzi locatari la forma

scritta è richiesta per la validità del

contratto e non solo come prova di

esso. Il trasferimento deve poi risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata. In difetto di forma scritta si rende

inammissibile la prova testimoniale

ex art. 2725, c.c., per dimostrare l’esistenza del contratto. Si ricorda che le autorizzazioni amministrative non sono suscettibili

di trasferimento in virtù del loro

carattere personale. Il contratto scritto avente ad oggetto il trasferimento va depositato nel Registro delle imprese entro 30 giorni.

Divieto di Art. 2558, c.c. Il cedente è tenuto ad astenersi per un periodo di cinque anni

(28)

28

concorrenza dall’iniziare un’altra impresa che

per oggetto, ubicazione ed altre

circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Detta

situazione può verificarsi quando si inizia una nuova impresa in proprio o a mezzo di prestanome o per conto

altrui, quando si assume la qualità di

socio illimitatamente responsabile in una società concorrente ovvero la carica di consigliere delegato di una società concorrente subito costituita. Perché sussista violazione di tale divieto è sufficiente un danno

potenziale. Si consegue i tal modo la risoluzione del contratto (artt. 1453

e segg.) nonché l’inibitoria

dell’attività vietata, salvo il risarcimento del danno.

Trasferimento della ditta

Art. 2559, c.c. La ditta non può essere trasferita in

maniera separata rispetto all’azienda, in applicazione del principio dell’appartenenza di diritto e della tutela dell’affidamento incolpevole. Marchio Artt. 2560, 1273, 2112 c.c.; art. 14, D.Lgs. 472/1997

Il marchio può essere trasferito o

concesso in licenza e qualora sia

costituito da un segno figurativo, da una denominazione di fantasia o da una ditta derivata, si presume che il

diritto all’uso esclusivo si trasferisca con l’azienda. Il marchio

non è vincolato all’azienda bensì è

liberamente trasferibile,

indipendentemente da essa. Il trasferimento, inoltre, è un contratto non formale.

Successione nei contratti

Art. 2558, c.c. L’atto di cessione di azienda implica il subentro da parte dell’acquirente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda che non abbiano carattere personale, sempreché non risulti diversa pattuizione. Il terzo contraente può recedere se sussiste giusta causa di recesso entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento dell’azienda. In caso di danno l’alienante è responsabile dei danni provocati al terzo contraente. La successione non avviene nei casi di

patto contrario ovvero di contratto avente carattere personale. Crediti Art. 2559,c.c. La cessione dei crediti dell’azienda

ceduta ha effetto nei confronti dei terzi dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel Registro delle

imprese. È comunque liberato il

debitore che paga l’alienante in

buona fede. Ogni credito relativo

all’azienda si trasferisce al cessionario, salvo diversa pattuizione, ed il trasferimento di essi ha luogo ipso iure. I crediti contemplati dalla norma sono i crediti in moneta, quelli relativi a beni diversi dalla

moneta aventi ad oggetto elementi essenziali ed i servizi.

I terzi contraenti possono recedere

entro 3 mesi dalla

notizia della cessione Debiti Artt. 2560, 1273, 2112, c.c.; art. 14, D.Lgs. 472/1997

L’alienante non è liberato dai debiti

anteriori al trasferimento, inerenti

all’esercizio dell’azienda ceduta ed

evidenziati nelle scritture contabili,

a meno che non risulti che i creditori vi abbiano acconsentito. L’acquirente

L’Agenzia delle Entrate deve rilasciare all’interessato che ne faccia richiesta un certificato

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