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4.9 Imprenditoria agricola straniera

5 Imprenditorialità agricola straniera

5.1 Caso studio

L’azienda agricola è sita in Via De Stefano, 23 a Meduno, nell’alta pianura Pordeno- nese a ridosso della zona montuosa. Il titolare Corneliu Tachici, cittadino della Romania, è arrivato in Italia nel 2000 come extracomunitario irregolare ed è rimasto tale fino al 2002 per poi regolarizzare la sua posizione con la legge Bossi-Fini. Il signor Tachici dal 2000 al 2004 ha lavorato presso un’impresa di smaltimento solventi industriali, a Roma; dal 2004 al 2008 ha trovato occupazione in una società di servizi per lo smaltimento dei rifiuti in provincia di Pordenone. La sua attività imprenditoriale è iniziata nel 2008 con l’avvia- mento dell’impresa agricola a conduzione familiare. L’indirizzo aziendale è zootecnico- caprino con trasformazione del prodotto e produzione di vari formaggi tipici freschi. La superficie aziendale è di 12 ha con appezzamenti a prato e bosco. Le razze caprine allevate sono la Camosciata delle Alpi e la Saanen per un totale di 50 capi. Poiché la richiesta del mercato esige prodotti con caratteristiche sensoriali diverse dal tipico formaggio caprino, l’imprenditore in alcuni casi produce del formaggio con latte vaccino misto al caprino per creare un prodotto più delicato. La vendita dei prodotti aziendali avviene principalmente nei Farmers Market, nelle fiere e direttamente in azienda. Tra gli obiettivi che l’azienda si prefigge vi sono anche il recupero, la manutenzione e il mantenimento delle aree tendenti alla marginalità, dismesse da precedenti attività agro-zootecniche. A breve l’impresa am- plierà la proposta dei propri prodotti sul mercato attraverso l’introduzione di trasformati di carne suina. Sebbene l’azienda sia piuttosto recente e di piccole dimensioni, pare riesca ad essere concorrenziale rispetto ad altre aziende della zona maggiormente consolidate e mostra, dunque, un carattere piuttosto attivo.

Alberto Sturla

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agricoltura, agroindustria e agriturismo

La maggior parte della ricchezza prodotta dall’agricoltura ligure deriva dal comparto ortofloricolo. Dalle produzioni ortoflorovivaistiche, infatti, derivano i tre quarti del valore aggiunto agricolo ligure.

Questo forte sbilanciamento economico si traduce, sul territorio regionale, in una netta divisione tra l’orto-floricoltura intensiva, tipica di alcune zone del Ponente e l’agri- coltura estensiva che invece caratterizza la collina litoranea, dove predominano la vite e l’olivo, e le zone appenniniche, caratterizzate da una diffusa copertura boschiva e da una certa attività zootecnica organizzata attorno a strutture cooperativistiche.

Il florovivaismo ligure sta attraversando una crisi strutturale dovuta essenzialmente agli eccessivi costi di produzione e alla concorrenza delle produzioni provenienti dal Sud America e dall’ Africa centrale.

Queste problematiche spingono un sempre maggiore numero di imprenditori a spe- rimentare nuovi ordinamenti produttivi. Si segnala, in particolar modo, che nella Piana di Albenga, da alcuni anni a questa parte si assiste ad un abbandono delle tradizionali colture floricole a favore delle specie aromatiche. In Provincia di Imperia, invece, si ha una progressiva sostituzione della superficie dedicata alla coltura protetta a favore del pieno campo, le cui produzioni, pur non essendo costanti come quelle in serra, non sono gravate da costi di produzione altrettanto elevati.

Il 2010 è stato caratterizzato da un’ulteriore diminuzione del valore aggiunto della branca agricoltura (- 2% circa). D’altra parte è diminuita pure la spesa per i consumi inter- medi (- 3% rispetto al 2009) soprattutto per via della diminuzione delle quantità impiegate. Nonostante ciò, la quota della spesa per i fattori di produzioni sul valore aggiunto si è man- tenuto sui livelli degli anni precedenti, superiore, cioè, al 30%. La scarsa redditività è la prima causa della mortalità delle aziende agricole attive, il cui stock, nel 2010 si è ridotto del 2,5%, rispetto all’anno precedente.

Nel complesso, tuttavia, l’annata agraria è stata positiva per il comparto florovivai- stico, nonostante le produzioni non siano tornate ai livelli del 2008. Il forte aumento delle esportazioni ha fatto da vero e proprio traino per l’intero settore.

Le produzioni della vite e dell’olivo sono state caratterizzate da produzioni inferiori a quelle dell’anno precedente, con riduzioni piuttosto sostenute. L’ISTAT infatti rileva un calo nei raccolti pari al 27% per l’olivo e del 10% per l’uva da vino. Anche i prezzi all’origine sono diminuiti di circa il 10% per entrambe le tipologie colturali.

Le produzioni orticole in pieno campo mostrano variazioni negative di notevole en- tità della quantità prodotte, soprattutto per alcuni prodotti tradizionalmente coltivati in Liguria quali fagioli, melanzane, carciofi e zucchine. Al contrario, le produzioni in serra fanno registrare un aumento del 3%. I prezzi alla produzione sono notevolmente aumentati

rispetto all’anno precedente, soprattutto nella seconda metà dell’anno, mente il prezzo al consumo degli ortaggi è aumentato di circa il 3%.

Il settore zootecnico non è stato interessato da variazioni di rilievo, in termini di quantità e di prezzo all’origine, sia per la filiera carne che per il comparto lattiero caseario. Si segnala tuttavia una notevole eccezione in provincia di Genova, dove il latte, opportu- namente valorizzato all’interno delle filiere dei prodotti locali, viene pagato 50 centesimi al litro.

Per quanto riguarda le politiche, l’attuazione del PSR è sicuramente l’esperienza di politica che più ha inciso sul comparto agricolo ligure nel corso del 2010. Si sono infatti superate le difficoltà avute in fase di avvio della programmazione, quando per una serie di ritardi attuativi la maggior parte della spesa ha riguardato sostanzialmente gli impe- gni assunti nel precedente periodo programmatorio 2000-2006 (e liquidati con le risorse dell’attuale).

Terminate le risorse della transizione e superate parte delle difficoltà iniziali, sono state finanziate le prime domande riferibili all’attuale programmazione, dapprima l’impor- to liquidato è stato al di sotto delle aspettative, ma si è avuto un deciso recupero nell’avan- zamento della spesa nel corso del 2010 a seguito dell’entrata a pieno regime dell’intero sistema. Da un’analisi dello stato di attuazione finanziaria appare evidente come le misure con tiraggio maggiore siano la 1.2.1 (38% della spesa erogata), la 2.1.4 (20%), la 2.1.1 (11%) e la 3.1.1 (5,5%).

Il Rapporto di valutazione intermedia del PSR ha messo in luce alcuni fenomeni ri- guardanti l’attuazione di queste misure che vale la pena di riportare. E’ stato rilevato, per esempio, che le aziende che beneficiano dell’aiuto accordato dalla misura 1.2.1, propendo- no per lo più per investimenti atti a rendere più efficienti i processi produttivi già in atto, senza ricorrere a strategie innovative. Inoltre, nonostante la mole delle risorse finanziarie erogate, con l’esaurirsi dei pagamenti legati ai trascinamenti della scorsa programmazione, si assiste ad una progressiva diminuzione nel numero dei beneficiari delle misure agro- ambientali; soprattutto a causa della riduzione dei premi da una programmazione all’altra. La modifica al PSR più rilevante riguarda l’applicazione dell’articolo 68 del Reg (CE) n. 73/2009, che ha comportato l’ammissibilità delle carni bovine ed ovicaprine prodotte con il metodo biologico al sostegno previsto dalla misure 1.3.2.

Tra le altre norme si ricordano le delibere regionali che, nel corso del 2010, hanno dato piena attuazione alla L. R. 66/2009 sull’agricoltura biologica, attraverso al quale la Regione promuove l’agricoltura biologica come strumento di sviluppo dell’entroterra ligure ed intende coinvolgere gli operatori del settore nei processi decisionali che riguardano il comparto mediante la costituzione dell’apposita consulta per l’agricoltura biologica.

Nel corso del 2010 sono divenute efficaci le disposizioni di cui alla DGR n. 236/2010 per l’avvio delle procedure per la concessione di aiuti alla realizzazione di infrastrutture rurali nel territorio del Parco nazionale delle Cinque Terre (L. R. 8/2009) in seguito alla nota n. 110564 del 02/03/2010 della DG agricoltura e sviluppo rurale -Direzione M - Legi- slazione agricola con la quale la Commissione europea afferma che tale tipologia di inve- stimenti non costituisce aiuto di Stato. La legge prevede l’erogazione di contribuiti per il miglioramento delle infrastrutture rurali nel territorio del Parco Nazionale delle 5 Terre.

Considerato il perdurare della crisi economica, nel corso del 2011 è stata garantita la continuità agli strumenti che garantivano un più facile accesso al credito per le aziende

In particolare è stato esteso fino alla fine del periodo di programmazione l’innal- zamento al 50% del massimale del contributo erogabile sotto forma di anticipo dell’aiuto pubblico per gli investimenti in base alla norma (art. 1, punto 9 del reg. CE n. 363/2009).

In secondo luogo la Commissione europea, con decisione n. C(2010)9496 del 20 di- cembre 2010, ha autorizzato il prolungamento a tutto il 2011, della validità del regime di aiuti temporaneo n. SA.32036(2010/N) riferito al cosiddetto “de minimis rafforzato”.

Infine si segnala che, per il 2011, è stato approvato il piano di promozione dei pro- dotti agroalimentari. Sostenuto da un finanziamento di 550.000 euro, il piano compren- de numerose iniziative e manifestazioni nazionali e regionali legate ai settori floricolo ed agroalimentare.

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norme ed accordi locali

Rispetto all’anno precedente, nel corso del 2010 non ci sono state variazioni di rilie- vo. Benché, infatti, nel Maggio 2010 sia stato inoltre rinnovato il CCNL per gli operai agri- coli e florovivaisti, ancora non sono stati rinnovati i contratti provinciali. Solo il contratto regionale per gli impiegati e quadri del settore agricolo è stato rinnovato nel febbraio 2010.

Nel corso del 2010 il Distretto Florovivaistico del Ponente Ligure si è fatto promotore della certificazione “fiore giusto”, che recepisce gli standard “Fair flowers fair plants”.

Nell’ottobre 2010 erano certificate 16 aziende floricole, tutte liguri, che sono quindi chiamate a rispondere ad elevati standard ambientali e sociali. Questi ultimi , in partico- lare, interessano anche i lavoratori extracomunitari in quanto stabiliscono norme parti- colarmente stringenti in materia di equità di trattamento e salubrità dei luoghi di lavoro.

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dati ufficiali

I dati forniti dal Ministero degli Interni riguardanti la Regione Liguria, mostrano come, rispetto al 2009, nel 2010 si sia avuto un aumento del 13% nel numero di cittadini extracomunitari soggiornanti in Regione. La maggior parte dei quali, il 56%, risiede in Provincia di Genova.

Dall’osservazione dei dati forniti dagli osservatori provinciali del mercato del lavoro si evince che il numero degli iscritti al primo trimestre 2010 sia rimasto pressoché co- stante rispetto allo stesso periodo del 2009. Anche il numero medio di avviati al lavoro è rimasto praticamente invariato, anche se si registra una diminuzione dell’11% a carico del numero di lavoratori extracomunitari impiegati nell’industria. Gli avviati al lavoro impie- gati nel terziario, invece, aumentano di circa il 18% rispetto all’anno precedente. In questo caso, il numero delle lavoratrici cresce più velocemente rispetto a quello dei lavoratori so- prattutto per effetto del settore “servizi alla persona”, che impiega soprattutto donne. Nei servizi il numero dei lavoratori maschi è aumentato, nel 2010, del 15%, mentre il numero delle lavoratrici di circa il 20%.

La distribuzione del numero di avviati tra i sessi rimane pressoché costante rispetto all’anno precedente, tuttavia si ha un forte aumento delle lavoratrici nei servizi che porta quasi alla parità il rapporto tra i sessi in questo settore. Nel corso del 2010, quindi, si è in- terrotta la tendenza in atto nei due anni precedenti, quando il numero di maschi impiegati

nei servizi cresceva più rapidamente di quello delle donne.

Nel complesso, nel 2010, in Regione l’impiego femminile è cresciuto del 6% mentre quello maschile è diminuito del 2,5%.

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l’indagine Inea

4.1 Entità del fenomeno

Il numero di extracomunitari impiegato in agricoltura è diminuito dell’11% rispetto al 2009. Parallelamente, anche il numero totale di giorni lavorati si è ridotto del 10%.

Le colture che più hanno contribuito a tale diminuzione sono essenzialmente quelle floricole, che hanno perduto il 18% degli addetti, pari, in valore assoluto, a 682 addetti in meno, distribuiti su tutte le mansioni. Anche l’olivicoltura e la viticoltura hanno registrato perdite nel numero degli addetti, pari a circa il 30% e 50% in meno rispetto all’anno prece- dente. In compenso, la manodopera impiegata nel settore dell’orticoltura è aumentata del 25%. Non è da escludere, anche considerando l’andamento del 2009 rispetto al 2008, che si abbia un “passaggio” di lavoratori dall’orticoltura alla floricoltura e viceversa a seconda della richiesta di manodopera, che evidentemente si rivolge ad un’offerta costante e già pre- sente in loco. L’ortoflorovivaismo, comunque, rappresenta ancora nel 2010 la prima fonte di lavoro per gli extracomunitari impiegati in agricoltura, occupando l’80% dei lavoratori.

Il numero degli addetti agli agriturismi è aumentato del 14%, si assiste anche ad una maggiore specializzazione del personale del settore, che è sempre più destinato al servizio ai piani e sempre meno impiegato in cucina o nelle altre attività aziendali. Il numero di lavoratori che, nell’agriturismo, svolgevano mansioni diversificate è infatti diminuito del 20% rispetto al 2009.

Nei settori “minori” (zootecnia, pesca e selvicoltura), non si sono registrate variazio- ni di rilievo.

Nei settori interessati dalla diminuzione del numero di lavoratori, non si è avuto un aumento del numero di giornate lavorative pro capite. D’altra parte, l’aumento del numero di lavoratori nelle imprese specializzate in orticoltura ha portato ad una diminuzione delle giornate lavorative, soprattutto per le fasi della raccolta, per la quale il numero di giornate è diminuito del 43%.

4.2 Le attività svolte

Gli extracomunitari sono per lo più impiegati come braccianti agricoli. Per questo in tutti i comparti prestano la loro manodopera soprattutto per le operazioni di raccolta o altre mansioni generiche. Analogamente quanto verificato con l’indagine 2009, si ha una ulteriore diminuzione della richiesta di operai agricoli, al punto che si può dire che nel 201° nessun extracomunitario è stato impiegato in questa mansione. Allo stesso tempo, il settore florovivaistico, il principale datore di lavoro per gli extracomunitari impiegati in

dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro Regionale che infatti stima una progressiva ridu- zione del fabbisogno di questa figura professionale.

Nell’ortoflorovivaismo questi lavoratori sono impiegati essenzialmente nella raccolta o nella messa in vaso, mentre l’olivicoltura, la viticoltura e la frutticoltura ricorrono alla manodopera extracomunitaria per le fasi di potatura, per la raccolta e per le attività con- nesse alla trasformazione.

Operai con un maggior grado di specializzazione si trovano negli allevamenti e nell’industria della trasformazione. Le attività agrituristiche, invece, richiedono operatori di ristorazione (aiuto cucina) e camerieri di sala.

4.3 Le provenienze

La maggior parte dei lavoratori extracomunitari impiegati in agricoltura proviene dall’Albania o dal Marocco, Le organizzazioni sindacali rilevano come, in generale, la mag- gior parte degli impiegati in agricoltura provenga dalla zona del Maghreb. La Piana Ingau- na, in particolare, è divenuta una vera e propria meta tradizionale per i lavoratori stagionali provenienti dal Nord-Africa. Tuttavia, nel 2010, i lavoratori provenienti dall’Est Europeo (Romania ed Ucraina) si è fatto più rilevante.

4.4 Periodi ed orari di lavoro

Ad eccezione delle attività zootecniche ed agrituristiche, tutti gli altri comparti pre- sentano forti caratteri di stagionalità. Questa è più evidente per le colture arboree, mentre per l’orticoltura e la floricoltura la richiesta di manodopera è essenzialmente concentrata nei mesi primaverili, ma si protrae anche nei mesi autunnali e, per certe specie ornamen- tali, anche nei mesi invernali.

Gli orari di lavoro oscillano tra le 6 e le 8 ore per tutti i comparti produttivi ad ac- cezione di quello agrituristico, dove l’impiego medio giornaliero oscilla tra le 3 e le 5 ore. Tuttavia, è probabile che le persone impiegate in agriturismo per un numero limitato di ore siano chiamate a svolgere altre mansioni in azienda. Questo spiegherebbe anche il forte ricorso a forme di retribuzione irregolari che caratterizza il settore.

L’orario medio giornaliero supera tale soglia solo nel caso di tecniche produttive inten- sive (florovivaismo) o che possono richiedere moli di lavoro supplementari (allevamento).

L’olivicoltura, la viticoltura e la frutticoltura ricorrono alla manodopera extracomu- nitaria, per le fasi di potatura, per la raccolta e per le attività connesse alla trasformazione. Naturalmente il lavoro si concentra nei mesi autunnali e in inverno. Contrariamente a quanto affermato negli anni precedenti, visto il forte carattere di stagionalità delle pro- duzioni liguri, è probabile che il flusso di lavoratori stagionali in Liguria si concentri in concomitanza dell’avvio delle operazioni colturali più importanti e che questi poi riman- gano in forza all’azienda per il resto dell’anno. Il fenomeno è evidente soprattutto nel caso dei braccianti agricoli. Come già notato a proposito delle mansioni, si ha una progressiva saturazione della disponibilità di posti per questo tipo di lavoratori. Se ne deduce, quindi, che le persone assunte con contratti di tipo stagionale, vengono riconfermate in azienda per più periodi continuativi.

4.5 Contratti e retribuzioni

Nel 2010, il 33% degli extracomunitari impiegati in agricoltura è stato assunto con contratto stagionale, mentre i lavoratori a tempo determinato ammontavano al 60%. Si conferma quindi la tendenza, già verificata nel 2009, alla progressiva sostituzione dei con- tratti di lavoro stagionale con quelli a tempo determinato.

Secondo quanto riportato dalle Camere di Commercio, l’agricoltura è il settore che nel 2010 ha fatto registrare gli aumenti salariali più elevati rispetto ai medesimi periodi dell’anno precedente.

Nell’ultimo mese di riferimento (aprile), infatti, a fronte di un aumento tendenziale dell’1,8% le retribuzioni del settore agricolo sono aumentate del 3,8%. Alla formazione del dato hanno sicuramente contribuito gli aumenti salariali previsti dal rinnovo dei contratti territoriali per impiegati e quadri del settore agricolo e gli aumenti previsti dal rinnovato CCNL per gli operai agricoli e florovivaisti.

Le paghe orarie previste variano a seconda dei diversi settori agricoli, del tipo di rapporto lavorativo e del livello di specializzazione, sono comunque comprese tra i 6,20 €/ ora ed i 10,20 €/ora.

Si registra anche una forte prevalenza delle forme di impiego regolari, soprattutto nei settori più orientati verso il mercato (fiori e ortive). Strutture forti possono distribuire più razionalmente la forza lavoro e quindi sostenere gli oneri derivanti da una assunzione rego- lare con più facilità. Tuttavia, bisogna sottolineare che alcune indagini condotte dalle asso- ciazioni di categoria e di volontariato mostrano alcune irregolarità nell’impiego degli extra- comunitari; i maggiori punti di criticità si rilevano soprattutto nell’ambito della sicurezza sul lavoro e nel mancato rispetto degli orari giornalieri per i lavoratori del florovivaismo.

La maggioranza di rapporti di lavoro irregolari sia in termini di contratto che di sala- rio si registrano presso le aziende con colture arboree e strutture agrituristiche. La tecnica produttiva delle colture permanenti fa sì che ci sia bisogno di manodopera solo nella fase di potatura e soprattutto di raccolta. Agli occhi del datore di lavoro, quindi, l’esiguità del perio- do di impiego non giustifica gli oneri burocratici necessari alla regolarizzazione di un lavo- ratore extracomunitario. Nei settori del turismo rurale e della trasformazione si osserva la maggior incidenza di forme di contratto parzialmente regolare e di retribuzioni non sinda- cali. La causa di ciò deve essere rintracciata nella forte diversificazione delle mansioni che il lavoro in questi comparti richiede. Oltretutto, ai dipendenti delle aziende agrituristiche è spesso richiesto di dedicarsi ad altre attività che, sebbene non connesse all’agriturismo, rientrano comunque in quelle relative alla conduzione dell’azienda agricola.

4.6 Alcuni elementi qualitativi

La maggior parte delle attività svolte dalla manodopera extracomunitaria è ascrivibi- le al profilo di “bracciante agricolo”; benché gli Osservatori Provinciali sul Mercato del La- voro rilevino come, almeno nel settore floricolo, si stia verificando una maggiore presenza di figure specializzate, l’indagine sull’entità dell’impiego non ha messo in luce cambiamenti significativi nel tipo di mansioni affidate agli extracomunitari.

ganizzati dagli enti pubblici sia attraverso l’accumulo di esperienza lavorativa. Non vengono registrati casi di conflittualità con i lavoratori italiani, soprattutto perché gli extracomuni- tari vanno ad occupare posizioni che gli Italiani o i comunitari ormai non prendono più in considerazione.

Allo stato attuale, nell’ambito delle politiche lavorative rivolte agli extracomunitari, gli interventi più urgenti riguardano la prevenzione degli infortuni e delle malattie pro- fessionali (modalità di lavoro con mezzi meccanici, utilizzo fitofarmaci, ecc.) e quindi la promozione presso i lavoratori di una adeguata formazione.

Nel Ponente ligure, dove l’agricoltura è una fonte di impiego privilegiata per gli extra- comunitari, le amministrazioni comunali iniziano a porsi il problema di politiche abitative rivolte a questi lavoratori: affitti calmierati e alloggi dedicati ai braccianti stagionali sono alcune delle soluzioni che si stanno prendendo in considerazione.

Le organizzazioni sindacali e le associazioni di volontariato, infine, sottolineano effet- tive difficoltà di integrazione degli extra-comunitari impiegati in agricoltura. In particolare si osserva la tendenza a formare comunità chiuse poco aperte allo scambio interculturale.