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CAPITOLO 3: EZIOLOGIA E PREVALENZA DELLA CATARATTA NELLA

3.1 Cataratta primaria

3.1.2 Cataratta congenita

La cataratta congenita è la conseguenza di uno sviluppo anomalo delle fibre embrionarie primarie o secondarie. Questa patologia può essere ereditaria, derivare dall’esposizione ad un agente tossico o infettivo durante lo sviluppo fetale (Carmichael et al., 1965; Koch & Rubin, 1967), essere associata ad anomalie oculari multiple o alla persistenza del sistema vascolare perilenticolare embrionario (Peruccio, 1987). A secondo della localizzazione dell’opacità la cataratta congenita può essere classificata in:

- pulverulenta: o puntata, ovvero caratterizzata da zone di opacità circostanti il nucleo

embrionale, oppure localizzate al suo interno; in quest’ultimo caso si parlerà di cataratta

centrale pulverulenta;

- fusiforme: o coralliforme, a forma di fuso, disposta in senso antero-posteriore;

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La cataratta congenita ereditaria può essere a trasmissione autosomica dominante, come avviene nel Norwegian Buhund (Bjerkas & Haaland, 1995), o più frequentemente a trasmissione autosomica recessiva, come accade nel Schnauzer Miniature (Rubin et al., 1969), nel Boston Terrier (Curtis, 1984), nello Welsh Springer Spaniel (Barnett, 1980) e nel West Highland White Terrier (Narfstrom, 1981). Quando la cataratta congenita è dovuta all'azione di un agente teratogeno in utero, si verifica solo a carico degli strati in via di sviluppo nel momento in cui agisce la noxa patogena, mentre gli altri strati formatisi subito prima o dopo risultano sani (Peruccio, 1987). Di solito si tratta di una cataratta zonulare, la cui estensione è proporzionale alla durata dell’evento patogenetico (Peruccio, 1987). Non di rado, alcuni difetti a carico della lente sono associati a cataratta congenita, come la microfachia e il lenticono. Si parla di microfachia quando la lente risulta caratterizzata da un diametro inferiore alla norma, mentre il lenticono rappresenta un'alterazione della normale conformazione del cristallino. Nello specifico, si tratta di una protrusione conica (lenticonus) o sferica (lentiglobus) della lente che può essere anteriore, posteriore o interessare entrambi i poli (Aguirre & Bistner, 1973). Si ritiene che quest’anomalia si verifichi al momento dell’elongazione delle fibre primarie della lente, ovvero intorno al venticinquesimo giorno di gestazione (Aguirre & Bistner, 1973). Questo fenomeno è frequentemente concomitante ad altre patologie oculari congenite, fra cui la cataratta congenita, la persistenza del sistema vascolare ialoideo, la displasia retinica, l’ipoplasia del nervo ottico, la microftalmia e la microfachia (Gelatt, 1991; Narfstrom & Dubielzig, 1984; Van Rensburg & Petrick, 1992). Si consiglia di escludere tutti i soggetti colpiti da questa patologia dalla riproduzione, in quanto si presuppone, nonostante la mancanza di dimostrazioni scientifiche, che possa rappresentare un difetto ereditario (Lavach & Severin, 1977).

3.1.2.1 Anomalie oculari multiple

Il corretto sviluppo embriologico della lente è fondamentale per l’organizzazione dell’architettura intraoculare; di conseguenza, in occasione della sua manifestazione, la cataratta congenita si presenta spesso associata a difetti oculari multipli (Cook, 1995). Nel Bedlington Terrier, nel Sealyham Terrier, nel Labrador Retriever e nel Cocker Springer Spaniel è stata, ad esempio, osservata una cataratta congenita associata a displasia retinica (Ashton et al., 1968; Barnett et al., 1970; Carrig et al., 1977; Meyers et al., 1983; Olesen et al., 1974;

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Rubin, 1963, 1968) mentre nell’Akita è possibile riscontrare una cataratta congenita associata a microftalmia e displasia retinica (Laratta et al., 1985; Gelatt, 1991). Ancora, nel Beagle e nel Bobtail è stato riportato un’associazione tra cataratta, microftalmia e displasia retinica (Andersen & Shultz, 1958; Barrie et al., 1979).

Nel Pastore Australiano, nell’Alano, nel Collie, nel Bassotto e in alcuni meticci (Hendrix, 2013) il gene Merle è responsabile della "merle ocular disease" o MOD. Questa patologia consiste in un insieme di anomalie oculari congenite come la microftalmia, la microcornea, anomalie dell’iride (coloboma o ipoplasia), discoria, persistenza della membrana pupillare, anomalie della lente (microfachia, cataratta, coloboma, lussazione/sublussazione), difetti della sclera (stafiloma) e difetti retinici (diplasia retinica o distacco di retina). Alcuni soggetti, inoltre, possono presentare vari gradi di sordità congenita (Gwin et al, 1981). La precisa eziologia di queste anomalie congenite non è ancora conosciuta, ma si suppone che possa essere dovuta a un’anomalia primaria a carico dell’epitelio pigmentato o delle vescicole ottiche (Cook et al., 1991). Nel Pastore Australiano, è descritta come una sindrome ereditaria, autosomica recessiva (Bertram et al., 1984; Cook et al., 1991; Gelatt & McGill, 1973; Gelatt & Veith, 1970; Gelatt et al., 1981), la cui prevalenza potrebbe essere ridotta evitando gli incroci tra due soggetti merle (Cook et al., 1991). La prognosi della MOD dipende dalla sua gravità e nei casi più lievi non è necessario alcun tipo di trattamento. In caso di coinvolgimento della lente è essenziale provvedere a un trattamento chirurgico. Nello specifico, i cani affetti da cataratta congenita, in assenza di ulteriori anomalie a carico del segmento posteriore dell'occhio, rappresentano buoni candidati per l'intervento di facoemulsificazione e l’impianto di una IOL (Cook et al., 1991).

3.1.2.2 Persistenza di strutture embrionarie

Durante lo sviluppo embrionario i vasi presenti anteriormente alla lente si sviluppano in uno strato di mesenchima da cui ha origine la camera anteriore e nel settore sovrastante il foro pupillare la Membrana Pupillare (PM) (Cook, 1999). Questa rete vascolare regredisce poi entro 2-4 settimane di vita dell’animale (Boeve et al., 1988; Curtis et al., 1991; Bayón, 2001). La

persistenza della membrana pupillare o PPM è un’anomalia congenita caratterizzata dalla

mancata involuzione della membrana pupillare e dalla conseguente presenza di filamenti di tessuto mesodermico che originano dalla porzione media dell’iride e si attaccano alla

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superficie anteriore dell’iride stessa (Davidson & Nelms, 1999). Se questi filamenti si uniscono alla capsula anteriore del cristallino possono determinare la comparsa di una cataratta a livello dei punti di adesione di detti filamenti con la lente (Peruccio, 1987; Davidson & Nelms, 1999). Oltre alla cataratta, la persistenza delle strutture vascolari embrionarie può essere associata ad altre malattie oculari come la microftalmia. (Barnett & Knight, 1969; Strande et al., 1988) Grahn & Cullen, 2004). Si tratta di una patologia comune nella specie canina che colpisce molte razze (Grahn et al., 2004). Quest’alterazione non è considerata ereditaria, ad eccezione del Basenji (Barnett & Knight, 1969; Bistner et al., 1971; Martin, 1978; Priester, 1972; Roberts & Bistner, 1968; Strande et al., 1988; Turner & Bouhanna, 2010). Tuttavia, nel Bull mastiff, nel bassotto, nel Rottweiler, nel Siberian Husky, nel Cocker, nel Lancashire heeler e nel West Higland white terrier si sospetta che possa essere una patologia a trasmissione ereditaria (Turner & Bouhanna, 2010).

Il vitreo primario è una componente del sistema vascolare embrionario, il quale apporta i nutrienti necessari allo sviluppo della retina e della lente durante la gestazione (Kaste et al.,

1994; Stades, 1983). Nello specifico, il vitreo primario è costituito dall’arteria ialoidea, che

parte dal disco ottico, attraversa il vitreo e si estende fino alla lente, dalla vasa hyaloidea

propria, una rete di capillari che decorrono nel vitreo primario stesso e da un ramo terminale

dell’arteria ialoidea la tunica vasculosa lentis (Wells et al., 1991). L’atrofia del sistema vascolare ialoideo inizia al 45esimo giorno di gestazione e si completa 2-4 settimane dopo la nascita (Aguirre et al., 1972; Boeve et al., 1988). Talvolta, residui dell’arteria ialoidea possono rimanere nei cuccioli fino a 6-8 settimana di età sotto forma di una corda che si estende dal disco ottico al polo posteriore della lente (Boeve et al., 1989; Duddy et al., 1983). Tuttavia, la mancata involuzione del vitreo primario e del sistema ialoideo portano allo sviluppo di un’anomalia congenita: la persistenza della tunica vascolare iperplastica della lente concomitante a persistenza del vitreo primario iperplastico, abbreviata come PHTVL/PHPV (Persistent Hyperplastic Tunica Vasculosa Lentis/ Persistent Hyperplastic Primary Vitreous) (Stades, 1980; Peruccio, 1987; Pollard, 1997; Bayon et al., 2001). Il meccanismo patogenetico responsabile di questa persistenza non è chiaro e più teorie sono state proposte al riguardo (Gemensky‐Metzler & Wilkie, 2004). Questa patologia potrebbe essere dovuta a un disequilibrio tra fattori di crescita e fattori inibitori della crescita a livello oculare, oppure

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risulterebbe da uno sviluppo anomalo del sistema vascolare, che ne impedirebbe pertanto la regressione completa (Bayòn et al., 2001).

La PHTVL/PHPV è stata osservata in varie specie di mammiferi (Stades,1980; Leon et al., 1986) fra cui l’uomo, il cane, il cavallo, il ratto e il topolino (Boeve et al., 1992). Questa anomalia congenita è stata osservata nel Doberman (Stades, 1980; Boeve et al., 1992), nello Staffordshire Terrier (Curtis et al., 1984), nello Schnauzer Miniature (Grahn et al., 2004) e nel Bovaro delle Fiandre (Van, 1992). Sebbene la modalità di trasmissione non sia chiara, sembrerebbe che sia autosomica a dominanza incompleta nello Staffordshire Bull Terrier (Curtis et al., 1984) e nel Doberman (Stades, 1983; Curtis et al., 1984). Ciononostante, la PHTVL/PHPV colpisce sporadicamente molte altre razze (Gemensky‐Metzler & Wilkie, 2004) come: l’Airedale Terrier, il Barboncino Nano (Barnett, 1973), il Greyhound (Grimes & Mullaney, 1969), il Labrador Retriever (Curtis et al., 1984), il levriero irlandese (Kern, 1981) e il Setter Irlandese (Rebhun, 1976). Questa patologia è frequentemente associata a cataratta (Boevé et al., 1993) ma può anche essere all’origine di altre patologie oculari come l’ifema o il distacco retinico (Bayon et al., 2001). In alcuni casi, quest’anomalia congenita non progredisce e non interferisce con la funzione visiva mentre in altri casi può estendersi nei settori corticali contigui della lente e determinare una progressiva perdita della funzione visiva (Peruccio, 1987). A secondo della sua gravità morfologica la PHTVL/PHPV è stata classificata in sei gradi (Stades, 1980; Van Rensburg & Petrick, 1992):

-Grado 1: puntini fibrovascolari pigmentati e isolati nella parte posteriore della lente.

-Grado 2: puntini associati a una placca di tessuto proliferativo attaccata alla capsula posteriore.

-Grado 3: comprensivo delle anomalie precedenti associate a persistenza dell’arteria ialoidea -Grado 4: presenza di un lenticono posteriore in aggiunta alle anomalie precedenti.

-Grado 5: combinazione delle anomalie dei gradi 3 e 4.

-Grade 6: combinazione delle lesioni precedenti associate ad altre anomalie come microfachia, coloboma, depositi di calcio o pigmentazioni intralenticolari (Bayon et al, 2001). La diagnosi si basa principalmente sull’anamnesi e l’aspetto clinico dell’anomalia (Stades, 1980; Goldberg, 1997; Barrie et al., 1981). L’ecografia è molto utile per ottenere immagini del globo oculare (Mattoon & Nyland, 1995; Schmid & Murisier, 1996; Boydell, 1997; Boroffka et

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al., 1998) mentre l’esame Doppler determina la presenza o l’assenza di vasi sanguigni pervi a

livello lenticolare e vitreale (Boroffka et al., 1998; Verbruggen et al., 1999). La terapia è chirurgica e consiste, di solito, in una facoemulsificazione, associata a capsulectomia posteriore e inserimento di un IOL quando possibile (Gemensky‐Metzler & Wilkie, 2004). Le eventuali complicazioni sono un’uveite post-operatoria, la persistenza di parte del sistema ialoideo con conseguenti emorragie intra-oculari e il distacco retinico la cui probabilità d’insorgenza è incrementata dalla capsulectomia posteriore (Gemensky‐Metzler & Wilkie, 2004).In assenza di chirurgia è possibile che, con il tempo, la cataratta sia riassorbita. Tuttavia, la lente catarattosa può portare allo sviluppo di uveite, fibrosi intraoculare, glaucoma e distacco retinico secondari (Davidson, 1991; Van der Woerdt et al., 1992; Paulsen, 1985).

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