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Cataratta secondarie associate ad altre patologie oculari

CAPITOLO 3: EZIOLOGIA E PREVALENZA DELLA CATARATTA NELLA

3.2 Cataratta secondaria

3.2.2 Cataratta secondarie associate ad altre patologie oculari

3.2.2.1 Cataratta secondaria associata a atrofia progressiva della

retina

L’atrofia progressiva della retina o PRA è una malattia bilaterale degenerativa responsabile dell’alterazione di alcune strutture della retina. Si tratta di una delle più comuni retinopatie del cane ed è una delle principali cause di cecità in questa specie (Ofri, 2006). Questa patologia è nella maggiore parte dei casi a trasmissione autosomica recessiva (Ofri, 2006). In particolare, questa malattia è dovuta a un difetto ereditario a carico degli enzimi della fototrasduzione dei fotorecettori retinici (Ofri. 2006). Inizialmente, la PRA è caratterizzata dalla degenerazione dei bastoncelli, con un deficit visivo prevalentemente notturno (Ofri, 2006; Mellersh, 2014); successivamente si verifica anche un’alterazione a carico dei coni che aggrava il deficit visivo anche in condizioni di luce diurna (Mellersh, 2014). Si tratta di una patologia evolutiva che progredisce fino alla completa degenerazione della retina che porta a cecità completa (Ofri, 2006; Peruccio, 2010). Si riconoscono diverse forme di PRA, classificate a seconda del loro meccanismo di insorgenza, il quale dipende da mutazioni geneticche diverse (Peruccio, 2010; Mellersh, 2014). Tuttavia, indipendentemente dal processo patologico responsabile della PRA, l’esito finale di tutte le forme della malattia è la degenerazione progressiva dei bastoncelli e dei coni (Ofri, 2006).

La PRA può essere ad insorgenza precoce o ad insorgenza tardiva. Ad esempio, nel Bassotto a pelo lungo i primi segni della malattia possono presentarsi a 6 mesi di età, mentre nel Barbone Nano la malattia può svilupparsi anche a 12 anni di età (Ofri, 2006). È possibile diagnosticare questa patologia tramite esame oftalmologico soltanto quando sono evidenziabili delle alterazioni del fondo dell’occhio, le quali sono più o meno precoci a secondo della razza, e in rapporto al processo patologico (Peruccio, 2010).

I cambiamenti tipici osservati sono: una riduzione del calibro della vascolarizzazione retinica (in particolare della componente arteriolare) (Ofri, 2006; Mellersh, 2014), un aumento progressivo della riflettività del tappeto lucido, dovuta ad un assottigliamento della retina

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nervosa (Ofri, 2006; Mellersh, 2014), e atrofia con demielinizzazione della papilla ottica (Ofri, 2006; Mellersh, 2014).

L’elettroretinografia (ERG) permette di effettuare una diagnosi più precoce rispetto all’esame oftalmoscopico (Peruccio, 2010). Nel Barbone, ad esempio, le alterazioni dell’ERG possono essere già presenti a circa 8-10 mesi allorché i segni clinici possano comparire solo dopo 1-2 anni di vita (Ofri, 2006). Inoltre, l’ERG permette di valutare la funzionalità retinica quando una cataratta concomitante impedisce la visualizzazione del fondo oculare (Ofri, 2006; Mellersh, 2014). Di fatto, l’ERG consente di confermare l’utilità della terapia chirurgica della cataratta stessa (Ofri, 2006). Ad oggi sono disponibili test sul DNA (Ofri, 2006; Peruccio, 2010) per diverse razze (le quali sono reperibili sul sito www.optigen.com) (Ofri, 2006). Questi test possono essere condotti a qualsiasi età, e danno la possibilità di identificare i portatori eterezigoti della patologia retinica e i soggetti malati (Ofri, 2006).

Durante il processo degenerativo, i fotorecettori rilasciano dei metaboliti aldeici tossici che possono gradualmente danneggiare il cristallino e determinare una cataratta secondaria (Mancuso & Hendrix, 2016). Tuttavia, nelle razze a rischio, la cataratta e la PRA possono essere concomitanti, e risultare da due patologie ereditaria distinte (Gelatt et al., 2013; Mancuso & Hendrix, 2016). Tipicamente, la cataratta secondaria associata a PRA inizia con delle aree di opacità corticali posteriori e talvolta anteriori localizzate a livello equatoriale (Peruccio, 1987). Due razze particolarmente colpite da cataratta associata a PRA sono il Labrador Retriever e il Barboncino Nano (Gelatt, 1991).

Per formulare diagnosi di cataratta secondaria associata a PRA bisogna raccogliere un’anamnesi accurata, ponendo particolare attenzione ai soggetti che manifestano un deficit visivo in condizione di luce crepuscolare (Peruccio, 1987) ed effettuare un esame oftalmologico completo. Occorre anche valutare il riflesso pupillare, che potrà essere assente o rallentato ed effettuare un'elettroretinografia quando necessario (Peruccio, 1987).

La prognosi di cataratta secondaria a PRA è sempre infausta, in quanto mentre il deficit visivo indotto da cataratta può, quando possibile, essere superato tramite una terapia chirurgica, l’atrofia retinica progressiva determina invece dei danni irreversibili a carico della retina, che in tempi variabili portano inevitabilmente il soggetto affetto alla cecità permanente (Peruccio, 1987).

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3.2.2.2 Cataratta secondaria associata a displasia retinica

La displasia retinica è un’anomalia dello sviluppo della retina. Si tratta di un’alterazione che generalmente si presenta dalla nascita, ma che può insorgere anche tardivamente (Peruccio, 2010). In ogni caso, la displasia retinica si verifica prima del termine dello sviluppo definitivo della retina (Peruccio, 2010). Questa patologia può assumere tre diverse forme: la prima, descritta in oltre 30 razze, è caratterizzata da 'pieghe retiniche' (ovvero da alterazioni nello sviluppo dello spessore della retina, la quale si solleva e si ripiega su sé stessa); la seconda, identificata in ben 11 razze si presenta come delle aree displasiche di colore grigiastro e a forma geografica; e infine la terza, più grave, consiste nel distacco retinico (Peruccio, 2010). Relativamente all'eziologia della displasia retinica, si sospetta una causa genetica con trasmissione autosomica recessiva nell’Akita, nel American Cocker Spaniel, nel Pastore Australiano, nel Beagle, nel Bobtail, nel Doberman, nello Spinger Spaniel (Peruccio, 1987; Peruccio, 2010), nel Labrador Retiever (Peruccio, 1987; Peruccio, 2010), nel Rottweiler, nel Sealyham Terrier (Peruccio, 1987; Peruccio, 2010) e nello Yorkshire Terrier (Peruccio, 2010). Tuttavia, ad oggi non si conosce il processo patogenetico alla base della patologia, e come per la PRA, alla displasia retinica può essere associata una cataratta secondaria (Peruccio, 2010).

3.2.2.3 Cataratta secondaria a uveite

La presenza di cataratta associata a uveite rappresenta un quadro clinico di frequente riscontro nel cane. Tuttavia è difficile stabilire quale delle due patologie sia una la conseguenza dell’altra (Gelatt et al., 2013; Mancuso & Hendrix, 2016). L’esposizione all’umor acqueo delle componenti interne del cristallino indotta dalla presenza di una cataratta, può determinare una risposta infiammatoria a carico dell’uvea (Gelatt et al., 1999). L’uveite può, a sua volta, essere responsabile dello sviluppo di una cataratta in seguito all’estensione, per contiguità, del processo infiammatorio alla lente (Gelatt et al., 2013; Mancuso & Hendrix, 2016). In quest’ultimo caso la cataratta è generalmente equatoriale o subcapsulare anteriore (Gelatt et

al., 2013). Con la miosi, scaturita dall’uveite, l’iride e la lente si ritrovano in intimo contatto.

Questo evento favorisce lo sviluppo di sinechie posteriori, ovvero di aderenze tra iride e cristallino (molto comuni in caso di infiammazione intraoculare), scaturite dall’aggregazione di fibrina, di cellule flogistiche e di altri prodotti dell’infiammazione (Peruccio, 1987; Gelatt et

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Di solito, solo un’uveite da moderata a grave o un’uveite cronica possono scatenare lo sviluppo di una cataratta secondaria (Gelatt et al., 2013). La diffusione dei mediatori dell’infiammazione, come ad esempio le prostaglandine (O’Connor, 1983; Wilkie, 1990), esita in un’alterazione del metabolismo della lente (Peruccio, 1987; Gelatt et al., 2013). I successivi cambiamenti sviluppatisi a carico della lente consistono in una metaplasia dell’epitelio subcapsulare e in una degenerazione o necrosi delle fibre lenticolari (Eagle & Spencer, 1995; Eagle & Spencer, 1996; Steeten, 2000). L’insieme di queste lesioni determina quindi l’insorgenza dell’opacizzazione della lente (Eagle & Spencer, 1995; Steeten, 2000). Nel caso in cui l’uveite sia in atto durante la visita oculistica, bisognerà, dopo un’accurata raccolta dell'anamnesi, stabilirne l’ordine cronologico di insorgenza rispetto alla cataratta. Purtroppo, spesso si dimostrerà difficile determinare l’esatta eziologia di quest’ultima (Mancuso & Hendrix, 2016). Le opacità capsulari formatesi in seguito ad uveite, sono generalmente stazionarie; tuttavia, la persistenza di sinechie o del processo infiammatorio favoriscono la deposizione di pigmento su aree sempre più estese. Inoltre, nel caso in cui la cataratta post- uveitica interessi anche la corticale, essa risulterà generalmente a carattere spesso evolutivo (Peruccio. 1987).

Ad ogni modo, dopo aver stabilito l'eziologia dell'uveite, una terapia medica specifica per la risoluzione del processo infiammatorio intraoculare, permette di prevenire l’insorgenza di una cataratta secondaria o di bloccarne l’evoluzione (Peruccio, 1987). Può essere opportuno somministrare anche un agente midriatico per contrastare il dolore intraoculare, la miosi, ed evitare quindi la formazione di sinechie posteriori. Se le condizioni del soggetto lo permettono, la somministrazione di cortisonici può diminuire l’infiammazione (Peruccio, 1987).

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