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CAUSE DI ESCLUSIONE O DIMINUZIONE DELL’IMPUTABILITÀ

Numerosa e variegata è la casistica relativa alle cause di esclusione o diminuzione dell’imputabilità.

L’assenza di definizioni precostituite da parte del Legislatore e l’effetto “totalizzante”

della loro configurazione, in termini di esclusione o diminuzione dell’imputabilità di un reato perfezionato in tutti gli altri elementi, hanno costretto la giurisprudenza ad elaborare “paletti e limiti” in fase applicativa.

Particolarmente interessante è stata l’elaborazione giurisprudenziale dei criteri in base ai quali far rientrare nel vizio di mente la varia e ampia categoria dei disturbi della personalità.

Altrettando indicativa delle difficoltà interpretative sull’argomento è la giurisprudenza in materia di ubriachezza o intossicazione cronica da stupefacenti.

Da ultimo si segnala la tematica sulla individuazione dell’elemento soggettivo nelle ipotesi di ubriachezza volontaria o colposa.

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II.1DISTURBI DELLA PERSONALITÀ E VIZIO DI MENTE.

A) Cassazione penale, Sezioni Unite, 8 marzo 2005, n. 9163

Massima

Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i disturbi della personalità, che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di "infermità", purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale. Ne consegue che nessun rilievo, ai fini dell'imputabilità, deve essere dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della personalità che non presentino i caratteri sopra indicati, nonché agli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultimi non si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro più ampio di infermità. (Nella specie, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, che aveva erroneamente escluso il vizio parziale di mente, sul rilievo che il disturbo paranoideo, dal quale, secondo le indicazioni della perizia psichiatrica, risultava affetto l'autore dell'omicidio, non rientrava tra le alterazioni patologiche clinicamente accertabili, corrispondenti al quadro di una determinata malattia psichica, per cui, in quanto semplice "disturbo della personalità", non integrava quella nozione di

"infermità" presa in considerazione dal codice penale).

B) Cassazione penale, sez. II, 27 marzo 2013, n. 17086

Massima

Il vizio di mente deriva da uno stato morboso, a sua volta dipendente da un'alterazione patologica tale da rendere certo che l'imputato, nel momento della commissione del reato, è per infermità in uno stato mentale da scemare grandemente o da escludere la capacita di intendere e volere. Ne consegue che solo in presenza di un simile stato soggettivo il giudice di merito deve essere sussistente il vizio di mente nonché il ricorso di gravi e fondanti indizi per dar luogo alla perizia psichiatrica. Nel caso di specie, il giudice dì merito, con valutazione non manifestamente illogica [...] ha ritenuto che il disturbo psichico del prevenuto - un ritardo mentale lieve - che aveva in passato condizionato frequenti episodi di furti di piccole somme di denaro, non fosse di consistenza tale da definire una incapacità o semi-incapacità di intendere e volere da

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potersi definire patologica. Anche se ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, perfino i "disturbi della personalità" possono rientrare nel concetto di

"infermità", essi devono presentarsi di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e, ancora devono porsi in nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, in modo tale che il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale.

II.2UBRIACHEZZA ED INTOSSICAZIONE CRONICA DA STUPEFACENTI.

A) Cassazione penale, sez. III, 08/05/2007, n. 35872

Massima

La situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacità di intendere e di volere è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica.

B) Cassazione penale, sez. VI, 20/04/2011, n. 17305

Massima

Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, nessun rilievo può assumere la presenza, in capo all'autore della condotta delittuosa, di un generico stato di agitazione determinato da una crisi di astinenza dall'abituale consumo di sostanze stupefacenti, e non accompagnato da una grave e permanente compromissione delle sue funzioni intellettive e volitive. (In motivazione, la S.C. ha precisato che la su descritta condizione integra gli estremi di uno stato emotivo e passionale, valutabile nella determinazione del trattamento sanzionatorio).

II.3UBRIACHEZZA VOLONTARIA O COLPOSA ED ELEMENTO SOGGETTIVO.

A) Cassazione penale, sez. V, 14/07/2016, n. 45997

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Massima

La colpevolezza di una persona in stato di ubriachezza deve essere valutata secondo i normali criteri d'individuazione dell'elemento psicologico del reato e, poiché l'art. 92 cod. pen. nel disciplinarne l'imputabilità nulla dice in ordine alla di lui colpevolezza, questa deve essere apprezzata alla stregua delle regole dettate dagli artt. 42 e 43 cod.pen.

(Nella specie, la S.C, ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva confermato la responsabilità a titolo di dolo eventuale, nonostante l'ubriachezza, dell'imputato che, dopo aver percorso per più chilometri un tratto di autostrada contromano, si era reso responsabile di omicidio plurimo e lesioni, valorizzando elementi quali il comportamento poco prima tenuto all'uscita da un locale, la corretta condotta di guida nella prima parte del percorso autostradale, il comportamento tenuto durante un diverbio occorso nella serata ed il fatto che, nell'immediatezza dell'incidente, l'imputato non era apparso affatto in stato confusionale agli automobilisti ed agenti intervenuti).

B) Cassazione penale, sez. VI, 17/06/2014, n. 27576

Massima

L'azione esercitata sulla psiche dall'alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato, non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un'analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l'evento ideato e voluto.

C)Cassazione penale, sez. VI, 17/06/2014, n. 27576

Massima

L'azione esercitata sulla psiche dall'alcool e dagli stupefacenti volontariamente assunti dal soggetto imputato, non impedisce di accertare il dolo diretto per la cui esistenza non è richiesta un'analisi lucida della realtà, essendo necessario soltanto che il soggetto sia stato in grado di attivarsi in modo razionalmente concatenato per realizzare l'evento ideato e voluto.

D) Cassazione penale, sez. IV, 25/06/2014, n. 1807

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Massima

Ai sensi dell'art. 92, comma 1 c.p., l'ubriachezza volontaria non esclude ne' diminuisce la imputabilità; l'agente, quindi, risponde del fatto commesso in stato di ubriachezza a titolo di dolo o di colpa, a seconda che il fatto di reato sia stato concretamente commesso con dolo o colpa (riconosciuta, nella specie, la responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 186, comma 7, del codice della strada, atteso che non era stato provato che l'ubriachezza derivasse da caso fortuito o forza maggiore).

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