3. La disciplina della libertà personale nel c.p.p del
3.1 La cauzione e la malleveria nel codice del 1913
La cauzione era quindi una condizione a cui il giudice poteva su- bordinare, in base alle circostanze del caso concreto, la libertà provvi- soria. Essa trovava disciplina negli artt 335 ss. c.p.p. del 1913. In parti- colare era definita dall’art 336 secondo comma, il quale recitava: «la cauzione consiste nel deposito di una somma di denaro o in titoli ga- rantiti dallo Stato, ovvero nella iscrizione di ipoteca su immobili idonei a garantire il doppio della somma iscritta». Mentre il quarto comma definiva la malleveria come un’«obbligazione che l’imputato assume col concorso, quando il giudice l’abbia imposto, di uno o più fideiusso- ri idonei e solidali, di pagare una somma stabilita». Tali istituti quindi avevano creato un punto di incontro fra due esigenze contrapposte: da un lato quella di risparmiare all’imputato una privazione completa del- la sua libertà personale; dall’altro quello comunque di porre degli argi- ni al pericolo della sua fuga e garantire la sua presenza a tutti gli atti
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del processo, compresa l’esecuzione della sentenza . La cauzione o la 173
malleveria prestata infatti sarebbe stata acquisita dall’erario dello Stato se l’imputato non avesse adempiuto a tutti gli obblighi prescritti dal giudice, anche nel caso di sentenza di assoluzione. Questo perché quel- lo che contava non era tanto se il soggetto avesse o meno commesso il reato, ma se lo stesso avesse rispettato gli obblighi impostigli. Inoltre l’art 336 terzo comma prevedeva che la cauzione potesse essere presta- ta anche da terze persone, le quali così erano incentivate, per evitare di subire una perdita economica, a garantire che l’imputato ottemperasse a quanto gli era stato ordinato.
Gli obblighi che potevano essere imposti all’imputato furono indi- viduati dagli artt. 335 e 336 c.p.p. del 1913. Tali obblighi consistevano, in ogni caso, nel fatto che l’imputato garantisse la propria presenza a tutti gli atti di istruzione, del giudizio e dell’esecuzione della senten- za . In aggiunta il giudice poteva prescrivere: il divieto di dimora in 174
un determinato luogo; l’obbligo di dimora in un determinato comune, che sia distante dal luogo in cui è stato commesso il reato o comunque da luoghi in cui il denunciante, il querelante, il danneggiato, un pros- simo congiunto ha residenza . 175
Nell’ipotesi di trasgressione degli obblighi previsti, le conseguenze consistevano: anzitutto nella spedizione di un mandato di cattura da parte del giudice che ha autorizzato la libertà provvisoria; in secondo luogo nella pronuncia, da parte dello stesso giudice, di un’ordinanza con la quale condanna chi ha prestato la cauzione o la malleveria al
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Art 336 primo comma c.p.p. 1913
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Art 335 secondo comma c.p.p. 1913
pagamento della stessa . 176
Però l’ultimo comma dell’art 340 prevedeva che la condanna do- vesse revocarsi nel caso l’inottemperanza fosse da collegarsi ad un caso di forza maggiore. Inoltre l’imputato con la stessa ordinanza che disponeva la revoca della condanna, doveva vedersi restituire lo stato di libertà provvisoria. In tal caso — più coerentemente rispetto al si- stema previgente — il tempo utile affinché l’imputato potesse presen- tare domanda di revoca era di dieci giorni, da calcolare dal momento in cui la causa di forza maggiore fosse cessata . 177
Per quanto riguardava la determinazione della somma per la cau- zione o la malleveria, l’art 337 disponeva tre criteri che il giudice do- veva seguire.
In primo luogo la «qualità del delitto». Quindi il giudice doveva te- ner conto della gravità del reato e dell’entità della pena, cercando di stabilire una somma che avrebbe posto l’imputato a preferire l’alterna- tiva dell’adempimento degli obblighi impostigli, piuttosto che perderla o farla perdere a coloro che si sono impegnati per lui . 178
In secondo luogo la qualità del «danno da esso prodotto». Per cui il giudice doveva tener presente la gravità del reato, anche se non limi- tandosi a fare riferimento agli effetti penali, ma a tener conto anche degli effetti sociali e patrimoniali. Inoltre la somma doveva anche esse- re commisurata al pregiudizio sofferto dalla parte danneggiata dal rea- to, questo poiché essa poteva comunque rivalersi su quanto versato a titolo di cauzione e malleveria e non destinato all’erario dello Stato ex
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Art 127 comma 1 c.p.p. 1913
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art 340 c.p.p. del 1913 . 179
In terzo luogo si assegna rilievo alla «condizione economica del- l’imputato». Tale criterio era da ritenersi il più importante, dato che, se non si fosse tenuto conto delle capacità economiche dell’imputato, si sarebbe rischiato di applicare una misura che non riusciva ad esercitare alcuna capacità coercitiva sulla volontà dell’imputato : o perché la 180
misura in questione sarebbe risultata impossibile, perché troppo onero- sa; o irrilevante perché troppo lieve.
Inoltre l’art 337 comma 2 prevedeva che nel caso l’imputato fosse stato povero, questi avrebbe comunque potuto godere della libertà provvisoria e venir dispensato dalla cauzione o dalla malleveria, se su di lui risultavano favorevoli informazioni sulla sua moralità. Così, in luogo della cauzione reale, veniva richiesta quella che era definita «cauzione morale» . In particolare quindi, mentre a tutti gli imputati, 181
a prescindere dalle loro risorse economiche, era richiesto comunque che non risultasse alcun giudizio negativo sulla loro moralità, pena al- trimenti la negazione del beneficio della libertà provvisoria; per i sog- getti indigenti, in luogo della garanzia patrimoniale, allora si richiede- va un giudizio in positivo sulla loro moralità . 182
Per quanto riguarda infine l’attuazione pratica della cauzione e della malleveria, c’è da rilevare che, per quanto riguardava l’ipoteca con-
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1914, p. 717
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717
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venzionale nel primo caso, e la fideiussione nel secondo caso, doveva- no trovare applicazione le rispettive norme del codice civile al tempo vigente, salvo non risultassero manifestamente in contrasto con le norme in questione e quelle aventi ad oggetto l’esecuzione agli effetti civili . 183
4. La detenzione preventiva e la libertà provvisoria nel codice