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Dalle ceneri d’Arcadia

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 149-152)

Parte II Quadri poetici

3. La Società di Minerva 1810-1816

3.1 Dalle ceneri d’Arcadia

Il 5 febbraio 1809 bussarono alle porte dell’Arcadia due giovani dottori in legge, Domenico Rossetti e Lorenzo Miniussi344. Il 4 aprile dello stesso anno furono ufficialmente accolti in Accademia su istanza di Lorenzo Rondolini e Carlo de Maffei345. Il 17 maggio ebbe inizio la terza e più duratura occupazione napoleonica. L’attività dell’Arcadia Romano-Sonziaca languiva ormai da lungo tempo, lontani apparivano i tempi dell’inaugurazione della Biblioteca pubblica o dei festeggiamenti in onore del governatore Pompeo Brigido, i cui successori Lovàsz e soprattutto Goëss avevano dimostrato un invero scarso interesse per i trattenimenti letterari e scientifici. Pochi gli stimoli per due giovani d’ingegno ‘svegliato’ come Rossetti e Miniussi, già compagni di studi a Vienna e ora rientrati a Trieste per prendere parte attiva alla vita cittadina. L’arrivo dei Francesi, pur se deprecato dallo stesso Rossetti in molte delle sue opere, diede tuttavia una notevole spinta al rinnovamento della città: dalle ceneri dell’Arcadia nacque così il Gabinetto di Minerva346.

Rossetti stesso, come si è visto nelle pagine precedenti, riconobbe i meriti dell’Arcadia Romano-Sonziaca, di cui elogiò soprattutto la fondazione della Biblioteca. Egli ne sottolineò, tuttavia, anche i limiti, proponendosi al contempo di superarli, proprio con la fondazione della Minerva:

Ma ciò pure non fece prosperi germogli perché l’Arcadia poco o nulla prestò, che non fosse mero atto di letteraria cerimonia; e perché la biblioteca stessa, considerata isolatamente e priva di eccitamenti per farla proficua, era ed è quanto esser può una fonte salutare, a cui nessuno venga ad attinger salute: essa ristagna, s’impantana e sparisce. Avanti però che ciò avvenga, seguì prima per opera di mercantile industria, poscia per istantaneo entusiasmo di molti, indi per zelo di alcuni, ma finalmente per la perseveranza di pochi, che la nostra società nacque, si crebbe, si sostenne, e vivrà finché almeno anche questi pochi non debbano, o per

344

BCTs AD RP Ms 3-26/3: Stato Attuale dell'Accademia, presentato dal Segretario de Coletti all'Imp. Reg.

Primo Consigliere di Governo G.B. Rinna (nonché membro del Consiglio dei XII), il 5 febbraio 1809. 345

BCTs AD RP Ms 3-26/11: contiene i diplomi arcadici di Domenico Rossetti nobile de Skander e Lorenzo Miniussi, entrambi recanti la data del 4 aprile 1809.

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GUAGNINI 19902, p.28: «La Minerva nasce a Trieste nel 1810, in periodo di occupazione francese, […] per affermarsi l’istituzione approfitta degli spazi concessi dalla politica francese, che favoriva la nascita di istituti culturali nelle diverse lingue nazionali». Su questo punto v. anche PAVAN 1993, p. 9 «L’impulso dato dai Francesi ad ogni espressione della vita collettiva, spirituale e materiale, viene con grande intelligenza raccolto da Rossetti e la fondazione del Gabinetto di Minerva rappresenta per Trieste una conquista culturale nel clima libertario della Rivoluzione».

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intiera fievolezza o per estrema necessità, seguire quella infasuta corrente che gli altri trascinò347.

La creazione del Gabinetto o Società di Minerva si inserì in una generale «fioritura di istituti e di accademie atti a «promuovere una cultura civile»348. Come già ebbe a sottolineare Giosuè Carducci, il periodo compreso tra la Rivoluzione francese e i primi decenni dell’Ottocento vide l’affermarsi di una nuova sensibilità culturale, che di fatto superò la vecchia impostazione arcadica349. Le nuove istituzioni guardavano con interesse alle storie municipali e rivalutavano le peculiarità locali. Avevano, insomma, «un nuovo taglio e impostazione» e si proponevano «di recuperare le radici più antiche della storia italica, e di valorizzare un patriottismo municipale che non era ancora un patriottismo nazionale»350.

La Minerva riunì vecchi arcadi come Giuseppe de Coletti, Lorenzo Rondolini, Matteo e Pietro Antonio Ceruti, gli arcadi e massoni Leonardo Vordoni e Ignazio Gadolla, massoni quali Baraux, Belusco, Griot e Pietro Nobile. Sull’onda delle riforme francesi, non fece differenze tra letterati di professione, commercianti, nobili, artisti e professionisti. Contava così tra i suoi membri il notaio Miniussi, l’avvocato e patrizio Rossetti, il conte Girolamo Agapito, il professore di matematica Giuseppe de Lugnani, l’erudito e medico Joel Kohen, il ricco commerciante Cesare de Cassis Faraone, il predicatore cattolico Giovanni Rado e il sacerdote protestante Antonio Medicus, il pittore Giuseppe Bisson e il maestro di cappella Domenico Rampini351. Scopo dichiarato della Società era, da statuto, «il procacciare alle persone colte un geniale trattenimento di lettura, e di conversazione letteraria e artistica»352.

347

Domenico Rossetti, Discorso tenutosi nella sera del 31 dicembre, p. 9.

348

SALIMBENI 2010, p. 238. Recentemente la Società di Minerva ha festeggiato i 200 anni dalla fondazione, atti delle celebrazioni e catalogo della mostra promossa per l’occasione sono raccolti in PAVAN-MARINI 2011.

349

Si fa qui riferimento alle Letture del Risorgimento Italiano (Bologna, Zanichelli, 1896; riedite nel 2006 per i tipi della Bononia University Press a c. di Marco Veglia) nelle quali Carducci propose una cronologia di lunga durata per il Risorgimento, facendolo principiare nel 1749 e terminare nel 1870. Il periodo 1789-1830, in particolare, era indicato come momento della confusione, dell’aspettazione e della preparazione, durante il quale si formò una nuova cultura e si affermò una nuova classe di intellettuali e studiosi, che si discostarono nettamente dal clima arcadico. Giosuè Carducci sottolineò in particolare il significativi contributo di autori vissuti a cavallo tra i due secoli per lo sviluppo della letteratura risorgimentale: «Dal Trecento in poi non erasi più sentita, ne’ metri nazionali del Trecento, nella canzone del Petrarca e nella terzina di Dante, poesia di storia e di politica viva così splendida e vera come quella del Monti: dal Cinquecento in poi non erasi fatta prosa così elegantemente italiana come quella del Giordani: il Foscolo improntava la sua di modernità vigoroso anche dove retorica e sentimentale, e nel verso rinnovava il Rousseau il Young l’Alfieri con quel che di greco avea nel sangue più che nel colorito e nello stile» (p. xxxi). L’interpretazione carducciana è stata recentemente ripresa, per quanto riguarda la storia letteraria, in QUONDAM 2011, pp. 55-56.

350

SALIMBENI 2010, p. 239.

351

L’elenco completo dei 77 soci fondatori si può leggere in GENTILE 2009 (1910), pp. 104-106.

352

Si fa riferimento allo statuto del Gabinetto di Minerva stilato nel 1809 e comprendente 14 articoli di ben 128 paragrafi, per cui v. GENTILE 2009 (1910), p. 8.

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Il 15 dicembre 1809, pertanto, il direttore di polizia De Lanzo e il generale francese Schilt approvarono ufficialmente la fondazione della Minerva, avendo stabilito appunto che si trattava di «un gabinetto letterario tendente ad estendere il sapere, e a favorire la coltura della società»353. Il 6 gennaio 1810 si ebbe la prima riunione. Il Gabinetto si proponeva di favorire la cultura innanzitutto occupandosi di tutti i rami del sapere, che decise di suddividere in tre classi (scienze fisiche e mediche, giurisprudenza e filosofia, belle lettere e belle arti), in secondo luogo favorendo la produzione di opere scientifiche e letterarie «purché non contrarie a’ buoni costumi, alla religione, a qualunque Sovrano, o a qualsivoglia sistema politico o militare di governo»354. Superamento dell’Arcadia non significava, tuttavia, l’abbandono della poesia, ma anzi particolare spazio era dato a chi «volesse esercitare i suoi talenti di poesia estemporanea ovvero […] recitare alla intera società un competente numero di loro poetiche produzioni»355

. I minervali, poi, come già i loro predecessori arcadi romano-sonziaci, non si limitavano a conversazioni piacevoli o scientifiche, ma cercavano di contribuire concretamente al progresso della città. Così i medici de Garzolli e Francesco Nobile, insieme ai chirurghi Zampieri e Cumano, iniziarono a tenere un ambulatorio gratuito per i poveri sin dal febbraio 1811 e nella primavera dell’anno successivo, sempre gratuitamente, cominciarono a vaccinare i bambini contro il vaiolo, portando avanti una battaglia già da lungo tempo intrapresa da Lorenzo Rondolini356.

Già dopo pochi anni di attività, la Società di Minerva doveva aver raggiunto una certa notorietà, se nel 1814 Francesco IV duca di Modena, di passaggio a Trieste, chiese di potervi essere accolto come ospite. Nel 1824, dando alle stampe la sua descrizione della città, Girolamo Agapito dedicò un capitoletto anche al Gabinetto di Minerva, enumerandolo tra le istituzioni notevoli della città:

La filantropia ed il patriottismo sono le doti caratteristiche degl’individui componenti questa società la quale si è prefisso per suo nobile scopo di sollevare e

353

Il documento viene citato in GENTILE 2009 (1910), p. 7.

354

Il passo, che proibisce anche «le satire personali, o altri scritti di tendenza contumeliosa, o di personale controversia», è tratto sempre dallo statuto citato in GENTILE 2009 (1910), p. 10.

355

Ibidem.

356

Rondolini già nel 1797 aveva dedicato al vaiolo un’opera, stampata con l’approvazione dell’Arcadia:

Dimostrazione al popolo dell’utilità dell’innesto de vajuolo, scritta dal Dottore in Medicina e Veterinaria Lorenzo Rondolini, Membro e Censore Aggiunto dell’inclita triestina Accademia degli Arcadi Romano-Sonziaci,

Trieste, Dalla Priv. Stamperia dell’I. Magistrato, 1797. Anche l’«Osservatore triestino» fu sempre sensibile alla questione del vaccino, dedicandovi periodicamente articoli di varia natura. Il 5 luglio 1788, ad esempio, diede notizia della pubblicazione di un trattato sul vaiolo ad opera di Francesco Maria Scuderi, protomedico di Catania; il 4 luglio 1803 diede alle stampe l’Eccitamento all’innesto della Vaccina, dedicato a questo Rispettabile

Pubblico da Gasparo Casati Dottore di Medicina e Chirurgia; il 6 ottobre 1810 pubblicò un pezzo intitolato Vaccina, firmato dallo stesso Rondolini, nel quale si spiegavano i pregi e i benefici del vaccino; infine, nel

numero del 14-18 luglio 1812 stampò un nuovo appello da parte sempre di Rondolini, allora «delegato per le vaccinazioni in Trieste e nel suo circondario»

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beneficare con ogni suo mezzo la patria e l’umanità. Questo istituto fu visitato da tutti i letterati insigni, da più ragguardevoli forastieri e da principi che, passando per Trieste, vi lasciarono autografa memoria di sé; e da tutti fu trovato superiore ad ogni loro aspettativa in una città che per la sua destinazione mercantile non sembra esservi favorevole357.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 149-152)