3. Trieste ‘restaurata’
3.1 Trieste liberata o conquistata?
In seguito alla disastrosa campagna di Russia l’Impero francese iniziò a sgretolarsi e già «il 13 ottobre 1813 gli Austriaci, condotti dal generale Lattermann, entravano a Trieste accolti come liberatori con grandissimo giubilo»96. La guarnigione francese si asserragliò nel forte di San Vito e nel Castello e resistette fino al 25 ottobre all’attacco congiunto delle forze austriache, inglesi e borboniche.
La città si sentiva ‘liberata’, ma diversa era l’opinione del governo di Vienna che, in un proclama diramato da Lattermann il 17 ottobre, la dichiarò «città di conquista». Benché salutato come il ‘ritorno di Astrea’, il rinnovato dominio austriaco si presentò, pertanto, almeno inizialmente, come una dura conquista: gli antichi privilegi e autonomie, che risalivano ai patti del 1382, non furono restaurati e la città, sottomessa, entrò a far parte delle Provincie Illiriche, annesse anch’esse all’Impero a partire dal 23 luglio 1814; furono inoltre abolite le scuole italiane create dai Francesi, sostituite da una singola scuola elementare tedesca97.
Gli animi dunque, pur inizialmente entusiasti, iniziarono a raffreddarsi e lo stesso Lattermann scrisse il 13 dicembre 1813 «mi accorgo da varie informazioni confidenziali che in Illiria l’affetto del popolo per l’amorevolissimo monarca d’Austria incomincerebbe a raffreddarsi, mentre in sul principio la devozione a lui era stata quasi entusiastica»98. Anche a Trieste si registrarono episodi di disaffezione: il 12 febbraio 1814, giorno natalizio dell’imperatore, non vi fu alcuna illuminazione della città, alla rappresentazione teatrale, sempre in onore di Francesco I, ci fu poca gente e alle scene allegoriche riguardanti l’imperatore stesso «non s’era avuto che un gelido applauso»99
.
96
TAMARO 1989 (1924), p. 246; v. anche STEFANI 1932, p. 53: «Il ‘ritorno di Astrea’ fu salutato anche a Trieste con grandi manifestazioni gioia. Era [...] la speranza di un migliore avvenire dopo la catastrofe economica dell’emporio, che il regime francese non aveva saputo o potuto arginare. Era soprattutto l’illusione […] che la vita avrebbe ripreso al punto dove l’epopea napoleonica l’aveva interrotta, e la certezza che l’Austria ritornando avrebbe ricostituito in integro la situazione del periodo prerivoluzionario. Così la classe patriziale sognava il ripristino puro e semplice degli antichi ordinamenti comunali, così il ceto dei mercanti postulava il ritorno alle vecchie franchigie dell’emporio prenapoleonico». COSSUTTA 1989, p. 39: «L’Austria della reazione aveva proclamato Trieste terra di conquista, e i funzionari austriaci operavano con una mentalità restauratrice, cioè noiosa, pedante e burocratica, affatto diversa dalla mentalità aperta, vivace e intelligente con cui avevano esercitato il proprio compito i funzionari imperiali del secolo precedente».
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Sulla Trieste asburgica ottocentesca v. CATTARUZZA 2002.
98
Cit. da STEFANI 1932, p. 11.
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Le autorità ritennero dunque un più stretto controllo di quegli elementi che erano stati partigiani dei Francesi e ora erano sospettati di fomentare il malcontento. Sia a Trieste sia a Capodistria i maggiori indiziati erano vecchi massoni come Leonardo Vordoni, Ignazio Hagenauer, Ignazio Gadolla, Federico Carlo Ossezky, Giovanni Weber e naturalmente Baraux. La massoneria d’altra parte era stata nuovamente vietata negli Stati Asburgici con un proclama uscito a Padova nel settembre 1814:
Gli Ordini segreti, le Adunanze, Corporazioni, e Fratellanze, come sarebbero le Logge de’ così detti Franchi Muratori, ed altre consimili società qualunque ne sia la denominazione, delle quali non si conosce il preciso oggetto, o le cui discipline, ed operazioni appaiono enigmatiche, sono, e s’intendono a tutto rigore proibite100
.
In particolare, quando Baraux tentò di riottenere il posto di Console del Regno d’Olanda nel 1814, il direttore di polizia Cattanei stilò un rapporto fortemente accusatorio, nel quale Baraux venne presentato come massone, filofrancese e sedizioso:
È noto che già prima del 1809 egli era framassone e uno dei più zelanti fautori della Francia. […] Questo uomo che pretende di essere un erudito e uno scrittore, già allora [nel 1813] sprezzava e criticava pericolosamente tutte le misure prese e le ordinanze emanate dal Governo austriaco e anche presentemente non può frenarsi. […] I suoi sforzi tendono a seminare sfiducia, scredito e malcontento nei riguardi del Governo. Egli si trova spesso col debole Maire Maffei e lo induce con i suoi obliqui pareri e suggerimenti a mostrare poco zelo nel servizio, ciò che del resto gli costa poco sforzo. Con Crampogne ex Presidente della Camera di Commercio, notoriamente fanatico francofilo, è nella migliore intesa e ambedue influiscono con la loro facondia e la loro sfacciata saccenteria, specialmente a danno del sovrano servizio sul Maire Maffei. […] Questo triumvirato deve venir sciolto, annientato. Sarebbe estremamente pericoloso, se a questi partigiani della Francia venisse consentita una qualsiasi influenza sull’amministrazione pubblica; essa finirebbe col paralizzare più o meno tutte le disposizioni della Autorità101.
Una lista del 13 marzo 1814 contiene anche coloro che invece si sono segnalati per la loro fedeltà verso la Casa d’Austria come il parroco Giuseppe Tognana, Francesco Teodoro Reyer, il barone Leopoldo Burlo, Ignazio de Capuano. In un successivo elenco stilato proprio da Burlo nel luglio 1815 viene indicata come sospetta anche la Società di Minerva, perché fondata sotto il governo francese e perché contava tra i suoi membri molti massoni e filofrancesi. Particolarmente ‘pericoloso’ era considerato Pietro Nobile, massone membro della loggia La
100
Testo completo del proclama si può leggere in PACORIG 1992, pp. 195-196.
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Vedovella e convinto bonapartista: «Pietro Nobile appena entrati li francesi si applicò subito a
formare de’ piani per erigere degli Archi Trionfali a Bonaparte ecc.»102
.
Nobile in particolare era reo di aver pronunciato, in occasione dell’inaugurazione della Società di Minerva nel 1810, un discorso apertamente filofrancese, nel quale aveva definito Napoleone «Genio Restauratore» e gli aveva attribuito il merito di aver «fissata la felicità nazionale»:
Volgete per un momento lo sguardo alla rinascente Italia, e la vedrete di nuovo sedere sopra quel decoroso seggio dal quale dettarono le leggi del Bello alle Nazioni. […] Possa quest’epoca di Felicità, di Commercio, di Scienze, d’Arti, e di Lettere venirci concessa dall’alta volontà del Grande, ed essere noi nella cultura di quelle fortunati a segno da poter con il frutto delle medesime mediante il braccio di Minerva, offrire degna corona al Trionfatore de Secoli, nel sublime dignitoso atto di Marte pacifico103.
Parimenti a Capodistria ‘i soliti’ erano tenuti sotto osservazione: il governo di Trieste inviò presto un agente in loco e il 6 aprile 1814 ricevette un primo fitto rapporto104.
Lo spirito frammassonico è bensì rallentato, perché la forza lo ha oppresso, ma non è estinto, non li ha cambiato il cuore malvagio che nutre costantemente verso il Governo austriaco. […] Tutte le logge italiche, e francesi sono tendenti alla distruzione di tutte le religioni e di troni; di formare una monarchia universale, e di vivere nello stato di natura del più perfetto epicureismo. […] Molti degli associati di questa loggia [di Capodistria] sono degni di compassione a riguardo dell’età, dell’ignoranza, della seduzione, dell’ozio, della pessima educazione, e della miseria, li quali per vivere devono essere empi e scellerati.
Seguirono quindi i dettagliati ritratti in negativo degli «individui frammassoni, nemici del governo Austriaco». Di ciascuno si mette in rilievo la corruzione morale e l’empietà.
Petronio Bendetto, capo della loggia […[ fungendo il suo impiego di capo
ingegnere sotto il medesimo governo austriaco rubava a salva mano somme grandi. […] In questa maniera è divenuto ricco possidente. Egli è presentemente un uomo assai pericoloso per la società, ed un accanito ad acerrimo nemico del nome Austriaco
Calafati Angelo […] nel 1802 scrisse al general Massena di massacrare senza
pietà le truppe austriache, e non perdonarla nemmeno al tiranno del Danubio (accennando l’Imp. Francesco). […] La corte spedì l’originale foglio al fu governatore dell’Istria Filippo de Roth che citò Calafati; in vece di farlo appiccare, lo assolse e pose in libertà. […] Nemico al maggior segno del nome Austriaco […] li continui sarcasmi scagliati contro l’Austria nel foglio di Capodistria sotto la sua prefettura sono abbastanza noti al governo austriaco. Ora ritrovasi chiuso in Venezia.
102
Cit. in STEFANI 1932; p. 45. Pietro Nobile era effettivamente un libero muratore ed era stato un fervente e sincero sostenitore di Napoleone, v. PACORIG 1991 e 1992; per un profilo biografico completo, v. PAVAN 1989, pp. 375-415..
103
Su questo episodio v. PAVAN 1993, che contiene anche il testo completo del discorso
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Totto Gio Battista […] protocolato nel numero de’ frammassoni l’anno 1805 […]
ora è presidente della provincia d’Istria. […] egli praticava da molti anni una donna maritata che ultimamente l’ha abbandonata con la venuta degli Austriaci; l’acutezza, la politica, l’egoismo, ed il raggiro sono li suoi indivisibili compagni.
Un nuovo rapporto del maggio 1814 dà conto degli individui sospetti in tutti i centri dell’Istria ex-Veneta. La relazione principia con l’elenco dei massoni capodistriani tra cui figurano ovviamente Totto («saprà fare il suo mestiere di scorzer ed il negoziante, come l’ha fatto sin’ora, ma non già quello di reggere gli affari di una provincia nella sua ignoranza, poiché egli non ha fatto alcun studio in veruna scuola politica in vita sua»), il suo segretario Pietro Favento («è finalmente diventato nell’ignoranza del Sig. Totto il regolatore dispotico degli affari di questa provincia») e Benedetto Petronio, al quale viene dedicato un lungo e feroce profilo:
Petronio Bendetto di già accennato nel primo rapporto come impiegato nel 1802
in qualità di capo ingegnere della provincia d’Istria, ora confermato nello stesso impiego mediante decreto del governo interinale di Lubiana. Tutta la provincia d’Istria esclama contro questo decreto che favorisce un giacobino il più infame,
ateo dichiarato, che da trenta anni in poi non riconosce né chiesa né sacramenti,
ma che vive continuamente come un brutale naturalista, capo dei più zelanti della loggia di Capodistria, che ha ingaggiato un gran numero di proseliti che in oggi infestano le città e le terre di questa provincia, che ha tradito l’Austria, […] che ha rubato continuamente alla cassa erariale, […] il cui giuramento di fedeltà è nullo, né ammissibile, perché egli è un estratto di tutte le iniquità, che non puonno e non potranno giammai influire a nessun segno di rettitudine, né di onestà; sempre nemico acerrimo della casa d’Austria e del suo governo, che se ride di lui e del personale che lo compongono. Il trionfo di questo empio e scellato [sic] avvilisce tutti li ben pensanti ed affezionati sudditi Austriaci, non meno che tutti li uomini dotti in religione e in politica.
Il rapporto offre poi un interessante tour attraverso tutta l’Istria con brevi (e a tratti gustosi) schizzi delle personalità sospette, città per città. A Pinguente troviamo Lunazzi
Sebastiano «senza morale, ha cacciato la propria moglie da casa e vive con la concubina da
sei anni impoi, è odiato da tutti del suo paese»; a Barbana il canonico Stancovich «senza morale, acerrimo nemico del presente governo austriaco»; a Dignano il parroco Tromba Gio. «che altro non ha predicato che le glorie di Napoleone, e l’avvilimento a tutti i sovrani d’Europa, per cui stomacato il popolo non interveniva più alle sue prediche. In oggi invece di assistere ai penitenti, agli ammalati, ed alle funzione ecclesiastiche, si è dato totalmente ad imprese secolari e politiche», il medico Ragazzini «senza morale, eccitatore di sollevazioni rivoluzionarie […] non ha mancato di fare l’accusatore, e tutto il male possibile a tutte le persone che erano sospette di sentimento austriaco», Bradamante Giovanni «senza morale, bestemmia continuamente contro il Sovrano d’Austria, perché vincitor di Napoleone, e contro
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il governo austriaco»; a Pola il canonico capitolare Svevo «vero ateo, nemico di tutte le potenze acerrimo e scandaloso, adoratore del solo Napoleone per cui piange giorno e notte; sarebbe proposito di mandarlo all’Isola d’Elba a fargli compagnia, acciò non si disperi» e
Varenton Antonio «che non conosce né Dio, né Religione, tumultuante, rivoluzionario con de’
vagabondi del paese, da esso eccitati in questi momenti sotto il governo austriaco, con dei sarcasmi contro l’Austria»; a Fasana Boison Pietro «nativo francese, senza alcuna morale, vive con una donna di mondo condotta seco da Trieste. Egli è parroco. Uomo che non sa la lingua italiana. Il popolo è malcontento di esso, perché non sa predicare, non insegna la dottrina cristiana, non amministra i sacramenti, non assiste né ammalati, né moribondi»; a Rovigno Albertini «avvocato consacrato a Napoleone […] non si vergognò di unirsi più volte in attruppamento con li malviventi geniali francesi. […] Ha pubblicamente disprezzato, e rifiutato qualunque impiego nel suo principio del governo austriaco […] ateo furibondo»,
Corner Telemaco «è quello, che nel 1805 lordò di sterco le aquile imperiali Austriache in
Pirano a vista di tutti. […] Nel passato settembre in Rovigno baccante con dei sarcasmi contro la Casa d’Austria, maledicendo il Governo austriaco con piena voce, correndo per le strade come un forsennato facendo degli evviva a Napoleone» e Basilisco Carlo «già da quattro anni che ha abbandonato la moglie, nello stesso tempo ha rapito una nubile e giovinetta figlia di onesta famiglia sotto il governo francese. Vive tutt’ora con questa infelice figlia, ora madre di due creature in Capodistria. […] questo uomo bestemmiatore contro la persona di S. M. l’imperatore per essere riuscito a deprimere l’orgoglio di Napoleone, e d’averlo esiliato all’isola d’Elba, si lascia pacifico a godere il suo libertinaggio, ed il suo furibondo carattere»; a Parenzo l’avvocato Baldini «sotto il governo francese ha sposato politicamente la moglie del conte Lazzaro Borisi di Capodistria, con esso unita in legittimo matrimonio dal vivente allora vescovo Daponte, esistente il governo austriaco. Questa capricciosa donna secondata dall’empia sua madre, che da molti anni si è divorziata dal marito, datasi in preda al libertinaggio dai francesi protetta, ha ritrovato un frammassone per illegittimo marito, con cui ha già due creature»; a Isola il sacerdote Prè Marco d’Udine «scacciato dall’impiego di cooperatore e sagrestano della parrocchia di S. Antonio Nuovo in Trieste per essere stato scoperto ladro nelle limosine […] e per l’incorreggibile sua condotta scandalosa, tenendo presso di sé una concubina, che poi partorì, e poi consegnò il neonato allo spedale». A conclusione l’agente mette una serie di osservazione generali relative alla pericolosità dei massoni:
La gran catena dei scellerati frammassoni divisi in tutta l’Istria ex Veneta, che occupano i posti di maggior importanza, non solo a vista ingannano le buone
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intenzioni del presente governo, ma tentano in tutti i modi di esacerbare le popolazioni contro lo stesso governo.
Particolarmente perniciosa, infine, è l’azione dei medici, che abusano del prestigio guadagnato presso la popolazione attraverso la loro professione, che peraltro conducono come «ciarlatani», per inculcare le idee rivoluzionarie:
Sono questi medici dotati di una loquacità naturale, che imitano perfettamente i ciarlatani, ed invece di applicarsi allo studio della patologia medica, che gli è tanto necessaria, e di assistere ai loro malati affatto negletti per ignoranza dell’arte, […] si consacrano totalmente alle poesie satiriche ed adulatorie, agli affari politici, alle cause, ai maneggi, ai raggiri. […] Essendo dunque quasi tutti infetti dalla frammassoneria, saranno sempre tanti mantici occulti al fuoco rivoluzionario.