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Cercando di tracciare per grandi linee la vita di Alejo Carpentier, salta subito all’occhio la problematica sulla definizione del luogo di nascita. Nonostante lui stesso affermasse, come molte sue biografie, di essere nato a La Habana nel 1904, alcuni studiosi e critici letterari fanno notare come esista un certificato di nascita che indica Losanna, in Svizzera, come città che in realtà avrebbe dato i natali al nostro autore. Non

1 J.M. Oviedo, Historia de la literatura hispanoamericana Vol.3, Allianza Editorial, Madrid, 2001, p.507 2 Il termine viene coniato dalla rivista argentina Primera Plana

è questa la sede per una vera e propria indagine in questo senso, ma ciò che potrebbe essere curioso denunciare è il grande desiderio di Carpentier di essere legato indissolubilmente a questa isola, Cuba, nonostante un certo documento sembri dimostrare il contrario. Queste le parole di Carpentier a riguardo:

“Nací en la Habana, en la calle Maloja, en 1904. Mi padre era francés, arquitecto, y mi madre rusa, que había hecho estudios de medicina en Suiza. Vinieron a Cuba en 1902, por la única razón de que a mi padre le reventaba Europa.”3

Sia questa una menzogna o meno, l’atteggiamento è quello di chi vuol rivendicare la propria appartenenza a un luogo, di chi ricerca una profonda identità e compenetrazione con la terra in cui vive4: non a caso, infatti, il tema dell’affermazione

di una identità americana è quella che permea tutte le sue opere. Proprio per questo desiderio di appartenenza, probabilmente Carpentier voleva affrancarsi dalle origini dategli dai suoi genitori, entrambi europei. Eppure, come nota Jacques Joset nel suo studio Historia cruzadas de novelas hispanoamericanas5, il polo caribeño è sempre in relazione con quello europeo in tutta l’opera di Carpentier, come due forti pilastri che sorreggono la struttura della sua intera narrativa. Questo studioso, infatti, richiama la nostra attenzione sul fatto che Carpentier, in modo molto preciso e puntuale, indica, per ogni suo testo, la data e il luogo della redazione: si spazia da Caracas a La Habana fino a Parigi; si spazia, quindi, dall’America Latina all’Europa. Al di là delle cause pratiche legate alla biografia dell’autore, che lo hanno portato a vivere in entrambi i paesi per periodi di tempo più o meno lunghi, solo questo fatto potrebbe essere indicatore delle referenze culturali di Carpentier: il sincretismo culturale che ritroveremo in alcuni dei suoi personaggi, il “mestizaje cultural”6 che è tematizzato, in molteplici forme,

all’interno della sua narrativa, sembra essere stato vissuto in prima persona dall’autore.

3 L. Scarabelli, Immagine, Mito e Storia. El reino de este mundo di Alejo Carpentier , Bulzoni Editore, Roma, 2011, pp. 13-14

4 Ibid. p.15

5 J. Joset, Historias cruzadas de novelas hispanoamericanas: Juan Rulfo, Alejo Carpentier, Mario Vargas Llosa, Carlos

Fuentes, Gabriel García Márquez, José Donoso, Iberoamericana, Madrid, 1995 6 Ibid. p. 33

Torniamo adesso al dato biografico. Massimo esponente dell’avanguardia cubana, esperto conoscitore della musica afro, difensore dei diritti degli afro-cubani, in Carpentier non mancano però, come abbiamo detto, i legami con il continente da cui provengono i genitori: è a Parigi nel 1928, in esilio forzato da Cuba per allontanarsi dalla minaccia della dittatura di Gerardo Machado, contro la quale aveva lottato clandestinamente. Qui Carpentier entra in contatto con l’ambiente avanguardista del surrealismo da cui sarà molto influenzato in un primo momento, soprattutto per quanto concerne la fede nella sperimentazione linguistica: siamo nella fase in cui si affinano gli strumenti per poi tornare a parlare di America in modo molto americano. Ciò che accomuna il surrealismo francese con la sperimentazione americana è essenzialmente il concetto stesso di surrealtà come rottura attraverso l’immaginazione, portando però frutti differenti. Il frutto più rilevante è sicuramente il real maravilloso americano, nome dato da Carpentier alla corrente di sperimentazione che lui in qualche modo inaugura.

Siamo in un periodo in cui in America Latina è forte la necessità di parlare del proprio paese e della propria cultura in modo unico, perché si è finalmente consapevoli dell’unicità del territorio in cui Carpentier e altri autori si trovano a vivere. E il maravilloso pare essere l’unico mezzo in grado di dare forma alla ricchezza di queste nazioni, che sono indipendenti da pochi anni ma posseggono una storia di tradizioni ampissima e debordante, che deve quindi essere rivalutata ed espressa.

Ma perché proprio in America nasce e si radica il real maravilloso? Abbiamo già lungamente discusso come la meraviglia scaturisca nell’animo di chiunque si approcci a questo territorio, soprattutto per la prima volta: basti pensare alle descrizioni del paesaggio fatte da Cristoforo Colombo nei suoi diari e nelle sue lettere, solo per fare un esempio. A parlare però di real maravilloso è qualcuno che in questa terra è nato, o comunque è cresciuto; Carpentier infatti, dopo i suoi numerosi viaggi da e per l’Europa, comprende e riscopre l’unicità del suo paese, la meraviglia che è connaturata e non creata artificiosamente dall’uomo. Questo fatto è sicuramente degno di nota: il letterato, o l’artista in genere, latinoamericano che riesce a percepire il meraviglioso presente nel suo territorio è riuscito in quel processo culturale che possiamo definire come processo di straniamento, che porta alla riconsiderazione del proprio mondo e a riscoprire la meraviglia come la scopre un estraneo per la prima volta, ma con una consapevolezza e

una comprensione molto più profonda rispetto a quest’ultimo poiché ciò che meraviglia è interno al proprio universo, inconsapevolmente già in suo possesso. Carpentier sembra aver raggiunto questa consapevolezza e sperimentato questa sorta di straniamento, soprattutto grazie al distacco dal continente americano, e, dopo questa esperienza, decide di scrivere una sorta di manifesto per delineare le caratteristiche del real maravilloso americano, una filosofia della percezione del reale più che una vera e propria corrente letteraria. Per manifesto intendo naturalmente il famosissimo prologo a El Reino de este Mundo, nel quale l’autore sviluppa il suo concetto di real maravilloso prendendo nettamente le distanze dal surrealismo francese e da tutto ciò che lui definisce “obtenido con trucos de prestidigitación”7: Carpentier critica in questa sede le

formule utilizzate per “produrre” il meraviglioso in Europa, dove si cerca di stupire e scioccare il lettore con immagini assurde e fittizie8. In America non c’è bisogno di

questi trucchi poiché “ todo resulta maravilloso en una historia imposible de situar en Europa, y que es tan real, sin embargo, como cualquier suceso ejemplar de los consignados, para pedagógica edificación, en los manuales escolares. ¿ Pero qué es la historia de América toda sino una crónica de lo real-maravilloso?”9

Parlando di real maravilloso americano, però, non si può non fare accenno al concetto di realismo mágico con il quale spesso si è confuso o, talvolta, contrapposto. Molto brevemente potremo dire che, limitandoci anche solo ad esaminare il termine realismo mágico, siamo di fronte ad un “ismo” perciò a una corrente, a una pratica letteraria:

“El proyecto de Carpentier se reparte necesariamente en tres aspectos: realidad, percepción y expresión. Lo real maravilloso se refiere únicamente a los dos primeros: datos más o menos objetivos acerca de la naturaleza y del hombre americano (lo real), percibidos desde el ángulo adecuado, afectan al sujeto de tal modo, que éste los interpreta como maravillosos. En cambio, el realismo mágico es, desde luego, un «ismo»: no algo que se es sino algo que se practica, un modo de expresión, un conjunto de procedimientos. Su relación directa no es con la realidad, sino con el arte ( léase

7 A. Carpentier, El Reino de este Mundo, Alianza Editorial, Madrid, 2012, p.10

8 Basti pensare a quadri come quelli di Giorgio De Chirico (1888-1978), solo per fare un esempio. 9 A. Carpentier, El Reino de este Mundo, Alianza Editorial, Madrid, 2012, p.17

«artificio»). De ahí que lo real maravilloso y el realismo mágico no puedan ser sinónimos. Sin embargo, su relación es estrecha. El realismo mágico puede entenderse como expresión literaria de lo real maravilloso.”10

Il realismo magico, in realtà, ha origine in Europa e, più precisamente, nasce come concetto legato all’arte figurativa tedesca11. Ripreso e tradotto in spagnolo, si

arriva al realismo mágico letterario solo negli anni ’50, con un articolo di Angel Flores, Magical Realism in Spanish American Fiction, che introduce definitivamente il termine nel linguaggio della critica letteraria ispanoamericana12. Per la verità, già negli anni

precedenti in America Latina si era aperto il dibattito sopra il realismo mágico, ma solo con Flores si arriva ad un effettivo riconoscimento da parte della critica dell’esistenza di questo fenomeno. Sicuramente lo sforzo di teorizzazione letteraria di Flores fu, in qualche modo, prematuro, arrivando a risultati troppo generalizzanti e vaghi13, ma

siamo di fronte a uno dei molti segnali che possono darci la misura di quel fervore culturale che si ebbe in America Latina in questi anni. Da Flores in poi, moltissimi altri studiosi hanno trattato questo tema, cercando di dare la propria visione di questo fenomeno:

“La acepción más reciente del realismo mágico es la llamada «visión etnológica» basada en la presencia del mito, la leyenda y el sincretismo indio, negro y campesino de las regiones más remotas y aisladas de América, en autores como Carpentier, Asturias, Rulfo y Gacía Márquez. Con el deslinde de lo fantástico, y una vez descartadas las viejas relaciones aleatorias con lo lírico, lo sicológico, lo existecial, lo experimental y lo fenomenológico, la versión etnológica ha venido ganando terreno. A mi parecer es éste el único sentido coherente para el realismo mágico, demostrable en los textos y la

10 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998 p. 110

11 Franz Roh scrive nel 1925 Nach-Expressionismus (Magischer Realismus): Probleme der neuesten Europischen Malerei , opera che tratta la situazione della pittura post-espressionista tedesca, che l’autore definisce come una sorta di sintesi tra tendenze artistiche opposte: l’impressionismo e l’espressionismo. Il risultato è un arte universale, un nuovo stile astorico, che Roh qualificò appunto come “realismo magico”.

12 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998 p. 312

13 Flores, in sintesi, confonde il realismo magico col fantastico novecentesco, strutturando una classificazione preziosa ma generica, trascurando la componente realistica e lasciando da una parte il real maravilloso di Alejo Carpentier.

historia literaria.(..) El concepto de «lo real maravilloso» que propuso Carpentier en su conocido prólogo de 1949 a El reino de este Mundo ha venido con el tiempo a servir de apoyo a la versión etnológica del realismo mágico.”14

A mio parere questa definizione non prende in considerazione una componente importante all’interno del realismo magico, quella europea che, come si è detto fin da principio, è onnipresente storicamente sul territorio americano e, soprattutto, nella narrativa carpenteriana, caratterizzando un’ulteriore tipo di sincretismo culturale all’interno della visione etnologica. Infatti, come è vero che ci si voleva ben distaccare dalle produzioni letterarie europee, basti pensare alle forti critiche che muove Carpentier nel suo prologo all’artificiosità europea, appare molto complesso distaccarsi da una cultura che è ormai presente e radicata nel territorio, e che forma parte di quel sincretismo culturale che rende affascinante il continente americano. Come detto in precedenza, con il real maravilloso siamo molto lontani dal regionalismo narrativo che caratterizzava molta parte della produzione precedente a Carpentier: con questo autore si apre un dialogo importante con la narrativa mondiale, e, al di là delle definizioni che tentano di etichettare e suddividere questa produzione letteraria, il fatto di notevole rilevanza è che finalmente anche la letteratura latinoamericana fu al centro del dibattito critico letterario.

Torniamo però alla biografia del nostro autore e vediamo che al ritorno dal suo esilio parigino fa una serie di viaggi nell’America Centrale che saranno fondamentali per la creazione delle sue più grandi opere. Nel 1943 si trova a Haiti con al moglie e qui scopre la storia di questo popolo e di come si era ribellato all’impero coloniale e alla schiavitù; la storia di Henri Christophe, il re negro, e della sua Cittadella La Ferrière; la storia-mito di Mackandal, schiavo dotato di poteri licantropici nel quale “millares de hombres ansiosos de libertad creyeron (..) a punto de que esa fe colectiva produjera un milagro el día de su ejecución.”15 Da questa esperienza nasce ovviamente El Reino de este

Mundo. Dal 1947 al 1959, per allontanarsi dalla dittatura di Fulgencio Batista, egli si

14 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998, p. 320

trasferisce a Caracas, dove collabora con il giornale El Nacional, portando avanti così il lavoro di giornalista che lo aveva da sempre occupato. Qui, intraprende un viaggio nella selva tropicale venezuelana dove vive per un certo periodo in contatto con tribù indigene primitive: da questa esperienza sviluppa un’ altro importantissimo progetto narrativo che porterà alla pubblicazione de Los pasos perdidos nel 195316. Siamo, inoltre,

nel momento in cui Carpentier inizia un ossessivo lavoro di ricerca storica, di documentazione, di indagine analitica, spinto dall’interesse per il proprio continente, che non abbandonerà più. Questa ricerca lo porterà alla sperimentazione, ad utilizzare i documenti storici in modo innovativo per trovare lo stile più adatto a quella esigenza di parlare dell’America Latina, in modo autentico. Carpentier si accosta così al barocco, trovando in questo stile debordante, ricchissimo nel lessico, carico di cultismi e tecnicismi, il mezzo più adatto per descrivere il meraviglioso che ha intorno a sé. Mario Vargas LLosa, nella sua lettera dedicata appunto allo stile, in Cartas a un joven novelista (1997), definisce in questo modo esemplare la prosa di Carpentier:

“Quella prosa, quando racconta la storia di Ti Noel e di Henri Cristophe in El Reino de este Mundo (..) ha un potere contagioso e soggiogante che annulla le mie riserve e le mie antipatie e mi abbaglia, facendomi credere ciecamente in tutto ciò che racconta. Come può riuscire in qualcosa di tanto formidabile, lo stile incravattato e inamidato di Alejo Carpentier? Grazie alla sua incrollabile coerenza e alla sensazione di necessità che ci trasmette, quella convinzione che fa sentire ai lettori che soltanto in quel modo, con quelle parole, con quelle frasi e con quei ritmi, potrebbe essere raccontata quella storia”17

Ecco, Vargas LLosa esprime in modo chiaro il traguardo raggiunto dall’autore cubano che, attraverso la ricerca quasi spasmodica del linguaggio più adatto per raccontare una realtà ricchissima, e sentendo l’incapacità di trovare le parole più calzanti, da sfogo a descrizioni caratterizzate da una vera e propria cascata di parole,

16 S. Serafin, La Selva. Da soggetto narrativo a ricorso letterario, Bulzoni Editore, Roma, 2006, p. 80

17 M.Vargas Llosa, Lettere a un aspirante romanziere, Einaudi editore, Torino, 1998, p. 30. Si cita dalla traduzione italiana per comodità di reperimento.

ricercate, in pieno stile barocco, che restituisce senza dubbio la sensazione del debordare naturale.

Tornato dal suo esilio in Venezuela, è Cuba dal 1959: l’isola è governata dal presidente Urritía il cui primo ministro è Fidel Castro. Sono gli anni della Rivoluzione Cubana. Carpentier rimase sempre fedele al governo di Castro e ottenne diversi incarichi culturali e diplomatici: è nominato vicepresidente del Consiglio Nazionale della Cultura, ministro consigliere culturale dell’Ambasciata di Cuba a Parigi, trascorrendo gli ultimi decenni della sua vita ricevendo riconoscimenti letterari importanti, primo tra tutti il premio Cervantes dell’Accademia Reale Spagnola di Lingua nel 197718. Muore nel 1980 a Parigi.

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