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Entriamo adesso nel vivo del nostro studio e andiamo ad indagare in che modo l’opera ci presenta il tentativo di ribellione e di affrancamento dalla situazione di

37 Ibid. pp. 57-58

38 F. Orlando, Il soprannaturale letterario. Storia, logica e forme, Einaudi, Torino, 2017, p. 19

39 C’è da dire che per molti studiosi la visione verso cui si propende nel testo è quella di autenticazione negrista, e sicuramente questo può essere attestato dal fatto che attraverso l’esperienza di Ti Noel, la narrazione si apre moltissimo al versante autoctono e la credibilità di certe pratiche aumenta.

40 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998, p. 128

schiavitù e le sue conseguenze. Abbiamo già accennato che Carpentier parte da una ricerca storica documentata per poi riutilizzare il materiale raccolto in modo del tutto personale. Seguendo il suo approccio, iniziamo a delineare gli eventi che ne El Reino de este Mundo sono narrati: l’opera abbraccia un periodo di tempo che va circa dal 1750 al 1820, anni in cui nasce e si estingue la rivoluzione di Haiti. Nell’agosto nel 1791, infatti, scoppia la rivolta degli schiavi negri contro i coloni francesi: fino a questo momento l’isola era parte integrante della vita economica della Francia, che aveva potere su Haiti dal 169541 - inoltre, è bene non dimenticare che siamo in anni molto delicati per la

nazione francese, scossa dalla Rivoluzione del 1789. Ad Haiti il conflitto andrà avanti per 12 anni, fino a che, nel 1803, gli schiavi vincono l’ultima offensiva della spedizione francese capitanata dal cognato di Napoleone, marito di Paolina Bonaparte. Da qui si ha la costituzione dello stato negro di Haiti, nel 180442.

Nella maggior parte della bibliografia che tratta questo tema, questa rivoluzione è definita come la prima contro l’uomo bianco, e viene messa in primo piano la personalità di Toussaint L’Ouverture, come il fautore della Rivoluzione; anche lui era uno schiavo, divenuto cocchiere del suo padrone grazie alla sua particolare intelligenza e da una cultura assicuratagli da alcune circostanze fortunate, perciò in una posizione favorevole rispetto a chi era sfruttato direttamente nelle coltivazioni di canna da zucchero. Insieme a lui spiccano altre figure storiche come Dessalines, nato in una piantagione, fuggito nella macchia, come molti altri suoi compagni, per unirsi alla ribellione negra. Queste personalità di spicco sono relegate a poche righe nel testo di Carpentier43, che invece mette in luce la forza e l’importanza che hanno avuto le

credenze e le pratiche tradizionali, come il vudù, all’interno delle dinamiche ribelli. Queste credenze sono incarnate e veicolate dapprima attraverso Mackandal e in seguito dal giamaicano Bouckman, anch’esse figure storiche, dei quali però si ha una conoscenza che sfuma nella leggenda. Perché l’autore attua questo oblio volontario? La risposta è sicuramente legata al real maravilloso, di nuovo: Carpentier vuole mettere

41 Trattato di Ryswick. La Francia vince la contesa con la Spagna sulla parte occidentale dell’isola (Haiti) 42 C.L.R. James, I giacobini neri, Feltrinelli Editore, Milano, 1968, p. 8

43 Es. : III sezione, capitolo 1: Ti Noel torna da Cuba ad Haiti, dopo l’abolizione della schiavitù e l’installazione del regno di Henri Christophe. Qui si accenna a Dessalines e al suo trionfo che “se debía a una preparación tremenda, en la que habían intervenido (..) todas las divinidades de la pólvara y del fuego”: la credenza ha raggiunto la vittoria, non semplicemente l’azione umana.

l’accento sul mito che può muovere la storia, dando una forte importanza ai personaggi minori della Storia, trascurandone altri.

Questo è solo un aspetto dell’atteggiamento che ha il nostro autore cubano nei confronti della Storia. Vediamo adesso come si muove per raccontare questa rivoluzione, procedendo per grandi salti storici e temporali, con il preciso obiettivo, a mio avviso, di far posare l’attenzione del lettore più sulle cause e sulle conseguenze, che sul risultato immediato di certe dinamiche d’azione. Questo perché, come vedremo nel dettaglio, il movimento della storia narrata è presentato per cicli, che si muovono su se stessi come una spirale che si evolve, certamente, ma non modifica i suoi meccanismi principali: ad ogni grande (o piccola) rivoluzione, segue un periodo di eccitazione e poi uno di disillusione. Leggendo il romanzo, infatti, si avverte la sensazione che il presente sia in costante collegamento con il passato in una relazione di necessità quasi fatalista, e questo rende ancora più evidente la ciclicità degli avvenimenti. A tal proposito, lo studioso venezuelano Alexis Márquez Rodríguez riporta, nel suo studio sull’opera di Alejo Carpentier, questa riflessione fatta dallo stesso scrittore segnalando il significato della presenza di Paolina nei caraibi:

“Mi encuentro con Paulina Bonaparte ahì, (..) fue, para mí, como una revelación. Vi la posibilidad de establecer ciertos sincronismos posibles, americanos, recurrentes, por encima del tiempo, relacionando este con aquello, el ayer con el presente.”44

Márquez Rodríguez commenta, in relazione alla tematica del tempo, che “una de la múltiples facetas que dicho tema adquiere en la obra de Carpentier es la frecuente coincidiencia en un mismo lugar y en un mismo momento de diferentes tiempos. (..) Paulina es el presente en la escala de valores de Europa, el continente que en aquel momento representa el más alto grado de civilización alcanzado hasta entonces por el hombre. Solimán simboliza el pasado respecto de los europeos cultos con su cargas de valores ancestrales. (..) Tal tipo de convivencia en un mismo lugar y en un mismo istante de tiempos diferentes, ha sido e sigue siendo uno de los elementos específicos

44 A. Márquez Rodríguez, Lo barroco y lo real maravilloso en la obra de Alejo Carpentier, Siglo Veitiuno Editores, México, 1982, p. 94

de nuestra realidad cultural.”45 Quello che Márquez Rodríguez trova, giustamente, nella

relazione tra le figure di Paolina e Solíman è sicuramente uno degli aspetti di questo legame tra passato e presente, “relacionando el ayer con el presente”: in questo caso, nello stesso momento storico convivono due realtà (cosmovisioni) che incarnano due temporalità diverse, a causa del proprio bagaglio culturale. Quello che potremmo aggiungere in questo studio è che una cosa simile, ma differente, può essere detta sugli avvenimenti storici descritti nel testo: il momento storico cambia, ma i meccanismi d’azioni si ripetono in modo similare nello stesso (alle volte identico) luogo. Passato e presente in stretta relazione, quindi, sia attraverso una “contemporaneità del non contemporaneo”46 (come per Paolina e Solíman) sia attraverso una riproduzione a

spirale degli eventi storici. In questo ultimo caso, troviamo quel motivo del fallimento di cui si è parlato in precedenza: oltre all’avvenimento storico in sé, anche le conseguenze e i risultati sembra ritornino ciclicamente, portando solitamente situazioni di disagio o comunque realtà diverse o peggiori rispetto a quelle auspicate.

Facciamo adesso degli esempi concreti che ci rendano più chiaro questo concetto di ciclicità che si ripercuote sulle azioni spesso fallimentari nel testo preso in esame di Alejo Carpentier. Abbiamo detto che nella prima sezione di El Reino de este Mundo si narrano gli avvenimenti antecedenti alla rivoluzione dei negri contro lo stato coloniale francese, rivoluzione che verrà poi messa in atto nella seconda parte del testo. In questa prima parte è Ti Noel che ci narra i fatti dal suo punto di vista, quello di un giovane schiavo al servizio di Monsieur Lenormand de Mezy, un ricco colone francese: già a pagina 2647 ci viene presentato Mackandal, il mandinga che attuerà il primo processo di

sabotaggio contro il regime bianco di Haiti. Ti Noel aveva appreso da lui la storia mitica delle origini africane del suo popolo, durante riunioni clandestine in luoghi di fortuna, e ne portava nella mente un vivo ricordo:

“No hubiera sido necesaria la confirmación de lo que ya pensaba, porque el joven esclavo había recordado, de pronto, aquellos relatos que Mackandal salmodiaba en el

45 Ibid. p. 95

46 Concetto di Ernst Bloch ripreso da F. Moretti in Opere Mondo. Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent’anni di

solitudine, Einaudi, Torino, 1994

molino de cañas, en horas en que el caballo más viejo de la hacienda de Lenormand de Mezy hacía girar los cilindros. Con su voz fingidamente cansada para preparar mejor ciertos remates, el mandinga solía referir hechos que habían ocurrido en los grandes reinos de Popo, de Arada, de los Nagós, de las Fulas. (..) Anque sus luces fueran pocas, Ti Noel había sido instruido en esas verdades por el profundo saber de Mackandal.”48

Ecco che Ti Noel ci presenta la fonte delle sue credenze e del suo personale bagaglio culturale: uno schiavo come lui, ma dotato di una sapienza ancestrale che riferiva attraverso la sua seducente voce grave e sorda che “le conseguía todo de las negras”49. Il contatto sempre più frequente con Mackandal fa sì che Ti Noel sia a

conoscenza dei piani rivoluzionari del mandingo, e possa quindi parteciparne attivamente: attraverso la preparazione di un veleno potentissimo, si sarebbe iniziata una lenta ma efficace decimazione dei bianchi, così da indebolirli e facilitare la sollevazione negra. Per far ciò Mackandal deve allontanarsi, fugge nella macchia e inizia la preparazione del liquido mortale. Ti Noel sarà scelto per il compito di dar inizio al corso del veleno: somministrandolo ad alcuni animali da pascolo del suo padrone, comincia l’inesorabile marcia della morte che arriverà ben presto a contagiare gli uomini bianchi, dopo aver decimato gli animali. La colonia non riusciva a capire cosa causava tale piaga abbattutasi sul paese, e torturava gli schiavi per farli parlare: era chiaro per tutti che questi negri dovevano saperne qualcosa visto che parevano immuni a tale epidemia. Alla fine nel quinto capitolo, uno degli schiavi decise di mettere termine ai soprusi subiti dichiarando chi fosse “el Señor del Veneno”50. Da qui inizia la ricerca di

Mackandal da parte dei coloni per condannarlo a morte. Questa ricerca abbraccia circa quattro anni in cui la vita coloniale prosegue il suo corso normale, felice di aver arrestato il cammino del veleno, e l’interesse degli schiavi è orientato a seguire le varie metamorfosi che Mackandal attua per evitare la cattura e continuare a vegliare sul suo progetto di sabotaggio. In questo momento è chiarissimo al lettore come siano distanti la visione del popolo negro rispetto a quella dell’europeo:

48 Ibid. p. 26

49 Ibid. p. 27 50 Ibid. p. 46

“Todos sabían que la iguana verde, la mariposa nocturna, el perro desconocido, el alcatraz inverosímil, no eran sino simples disfraces. Dotado del poder de transformarse en animal de pezuña, en ave, pez o insecto, Mackandal visitaba continuamente las haciendas de la Llanura para vigilar a sus fieles y saber si todavía confiaban en su regreso. De metamorfosis en metamorfosis, el manco estaba en todas partes (..) y reinaba ya sobre la isla entera. Ahora, sus poderes eran illimitados.”51

Questo è ciò in cui credevano gli schiavi e questa credenza fu la forza che animò il punto del vista del popolo anche nel momento in cui, finalmente catturato, Mackandal fu condannato al rogo. Come già esposto sopra, nel capitolo 8 della prima sezione, intitolato significativamente El gran vuelo, si ha quello sdoppiamento di cosmovisioni, quell’oscillazione del pendolo, che può far vacillare qualunque lettore: il capitolo ha un titolo che ci preannuncia il “volo” che farà Mackandal nell’istante in cui, prima della morte carnale, si eleva al di sopra di tutti volando via ed entrando ufficialmente nel mondo della leggenda, nell’eternità forgiata dal mito popolare. Eppure, nonostante la scelta del titolo, il narratore ci dà subito anche il punto di vista dell’europeo, che vede concretamente la morte di Mackandal e si stupisce della superficialità e forse anche crudeltà di un popolo che gioisce per la morte di un suo connazionale. Le due visioni ci vengono esposte, chiaramente, una dopo l’altra; Carpentier non dà una spiegazione: attraverso il testo ci presenta una realtà perfettamente giustificata da entrambe le prospettive. Ma andiamo avanti nel nostro discorso. Passano gli anni, Mackandal è ancora vivo nella mente del popolo, ma la situazione non è cambiata, o comunque la schiavitù e lo sfruttamento ancora persistono. Nella seconda sezione sono appunto trascorsi 20 anni, e Ti Noel è ancora al servizio di Monsieur Lenormand de Mezy. Invecchiato certamente, ha dodici figli ai quali tramanda il suo sapere oralmente, come aveva fatto nel passato Mackandal, al fine di non perdere la conoscenza del passato e delle proprie origini. Qui entra in scena un nuovo leader che guiderà una sollevazione concreta contro l’ormai decadente impero coloniale francese: il giamaicano Bouckman. Adesso però, il discorso di insurrezione schiavista è tinto di influenze ideologiche, data la recente Rivoluzione Francese,

51 Ibid. p. 49. Il corsivo è mio

veicolatrice di quel paradigma di valori come la libertà e l’uguaglianza che ovviamente attecchirono facilmente in un terreno così sensibile a queste tematiche come era Haiti alla fine del 1700. La Rivoluzione negra di Haiti però sarà spinta soprattutto da credenze ancestrali, tradizionali e davvero poco ortodosse, ed effettivamente ebbe successo in una prima battuta. Bouckman chiede un patto di sangue, “El Pacto Mayor”52, a cui aderisce anche il nostro Ti Noel, fatto necessario perché il lettore sia

coinvolto nel tumulto. La ribellione, infatti, non tarda ad arrivare: durante una notte, al richiamo di “una trompa de caracol”53, il popolo negro si alza contro i propri padroni e

inizia una strage di sangue bianco. Bouckcman viene però catturato e ucciso, proprio nello stesso luogo in cui, vent’anni prima, era morto Mackandal. La storia si ripete, l’eroe è cambiato, ma non il risultato:

“La cabeza del jamaiquino Bouckman se engusanaba ya, verdosa y boquiabierta, el en preciso lugar en que se había hecho ceniza hedionda la carne del manco Mackandal.”54

Nonostante la morte di uno dei leader, l’avanzata della rivoluzione negra non si ferma, costringendo alla fuga i coloni francesi, che si recano a Santiago de Cuba. La situazione sull’isola di Haiti è sempre più tragica per l’europeo, che prende coscienza solo in questo momento delle cause di questa sanguinosissima ribellione: già alla vigilia dello scoppio del tumulto negro, Monsieur Lenormand de Mezy aveva avuto un confronto con l’amico governatore Blanchelande, il quale si lamentava delle idee che arrivavano da Parigi, idee di “idiotas utopistas que se apiadaban, en París, del destino de los negros escalvos.”55 Ci si lamentava del fatto che era troppo facile, seduti in caffè

parigini, sognare l’uguaglianza di tutti gli uomini “entre dos partidas de faraón”56, se

non si era mai vissuti, come loro, davvero all’interno di una colonia. Una scena simile si svolge nei giorni successivi alle violenze, quando troviamo nuovamente questi due personaggi intenti a discutere sul da farsi. Il governatore, collerico e sconvolto, è deciso a sterminare tutti coloro che hanno nelle vene una goccia di sangue negro. È in questo

52 Ibid. p. 66

53 Ibid. p. 71

54 Ibid. p. 75 Il corsivo è mio 55 Ibid. p. 70

momento che si parla per la prima volta apertamente del Voudoux e siamo simbolicamente nel momento in cui c’è la presa di coscienza dell’altro da sé, con il suo bagaglio di credenze che incutono non poco timore nell’animo del bianco, ma che comunque rimane forte della sua presunzione di superiorità:

“¿Pero acaso una persona culta podía haberse preocupado por las salvajes creencias de gentes que adoraban una serpiente?”57

Emerge chiaramente, quindi, che le spinte sovversive all’ordine coloniale sono mosse da un malcontento diffuso e longevo che si fa forza grazie a una fede tradizionale e popolare, rinvigorita dall’influenza delle nuove ideologie arrivate dall’Europa. Questa sorta di sincretismo ideologico è esplicitato dalla scena in cui Bouckman, durante i momenti che precedono l’inizio della ribellione negra, esorta all’azione i partecipanti dell’assemblea clandestina nel Bois Caimán: il suo discorso si apre facendo leva sul fatto che in Francia “unos señores muy influentes habían declarado que debía darse la libertad a los negros” e conclude:

“El Dios de los blancos ordena el crimen. Nuestros dioses nos piden venganza. Ellos conducirán nuestros brazos y nos darán la asistencia.”58

Perciò gli ideali della Rivoluzione Francese arrivano in America Latina e vengono accolti e rivisti in una prospettiva culturale molto diversa rispetto a quella in cui erano sorti: se ne estrapola il messaggio positivo, senza dubbio, adeguandolo alla realtà specificatamente latinoamericana, tingendo il pensiero moderno della Rivoluzione di forti sfumature politeiste e mitologiche. In accordo con il pensiero della studiosa Laura Luche, sembra che ci sia, consciamente o inconsciamente, un’attitudine imitativa da parte dell’Americano nei confronti dell’Europa59, e questo non si nota soltanto nelle

influenze rivoluzionarie francesi, ma anche e forse più chiaramente, come vedremo tra

57 Ibid. p. 77

58 Ibid. p. 67

59 L.Luche, “Arar en el mar”. Las imagenes de los esfuerzos inútiles de Simón Bolívar a Roberto Bolaño, in Independencias

poco, nell’impostazione governativa di Henri Christophe, l’imperatore negro europeizzato. A tal proposito, è interessante soffermarsi su questo punto e prendere in esame lo studio del teorico della letteratura Roberto Schwarz, nato in Europa ma cresciuto in Brasile. In un saggio intitolato Misplaced ideas: literature and society in late nineteenth-century Brazil (1992) l’autore parte dallo studio delle dinamiche produttive e lavorative del Brasile, per arrivare ad una interessante riflessione teorica che abbraccia anche la letteratura, vista come una delle migliori testimoni dei meccanismi sociali di questi contesti. Queste dinamiche considerate in modo più generico possono essere universalmente riscontrabili in tutte le realtà che hanno conosciuto il colonialismo europeo, come appunto l’America Latina nel suo complesso. Curiosamente Schwartz apre il suo studio con un’affermazione che pare abbia poco a che vedere con il Brasile: “Free labor is one of the principles of Political Economy”. Questi principi comprendono appunto l’idea della manodopera libera, ma anche dell’uguaglianza di fronte alle legge e all’interno della società in genere, e sono sorti essenzialmente nel XIX secolo, figli di quel progresso industriale e culturale nato in seno agli stati più sviluppati dell’epoca, l’Inghilterra e la Francia. Siamo di fronte ad un’ideologia europea che, secondo Schwartz, è da tutti sentita come una cornice inviolabile in cui inscrivere ogni struttura sociale civilizzata. Ora, nel XIX secolo il Brasile non rientrava certo in questa cornice:

“As it is well-know, we were an agrarian and independent country, divided into latifundia, whose productivity depend on the one hand on slave labor and on the other on a foreign market.”60

L’incompatibilità ideologica tra lo schiavismo e il liberalismo è chiara a tutti. Eppure, la tesi che porta avanti Schwartz si basa sul concetto che, nella pratica, non si trova poi questa enorme differenza tra un proprietario di schiavi in Brasile e un capitalista europeo: queste due realtà non sono altro che due tipi di investimento economico diverso. In Europa, infatti, l’ideologia dell’uguaglianza, della libertà dell’individuo, nasconde essenzialmente lo sfruttamento del lavoratore nel concreto,

come se per l’ideologia europea “the test of reality did not seem important”61. Quello

che è interessante per il nostro studio è leggere il testo di Carpentier utilizzando la chiave di lettura veicolata da Schwartz, per il quale queste ideologie propagatesi in Europa, sono in realtà ideologie vuote dal punto di vista pragmatico, e quando arrivano in America Latina vengono prese per assolute e danno risultati deludenti, come se fossero fuori posto, misplaced appunto. In concreto, la Rivoluzione Francese professava

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