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Come abbiamo detto fin da principio, le opere che questo studio prende in esame sono testi che nascono nella periferia, in un momento storico in cui ci si sta avviando alla globalizzazione economica e sociale. Seppur parlando di realtà molto peculiari e locali, tali opere ci parlano, in molti modi differenti, di Mondo, universalmente inteso. Ora, questo accade anche con il Pedro Páramo, primo e unico romanzo di Juan Rulfo.

“En Pedro Páramo encontramos la realidad mexicana trascendida, es decir, una realidad que desborda sus límites de espacio y tiempo de tal manera que, siendo la novela muy local, toca verdades universales. Ahondando en sus propios orígines, Rulfo llega a la médula de la condición humana, a los problemas antagónicos de la vida y la muerte, de la opresión y la libertad, del sufrimiento y la felicidad, del desencanto y la esperanza, por medio de un realismo que sabe captar la multiplicidad de matices con que se presenta la vida.”23

Ovviamente, il realismo di cui si parla non è certo quello legato al naturalismo del 1800. Siamo all’interno della corrente del realismo mágico, la cui caratteristica principale, che troviamo anche nel romanzo rulfiano, è quella di sapersi confrontare con “lo extra o sobrenatural, de adentrarse por los inmensos corredores de la

imaginación y la fantasía.”24Una realtà altra, che nasce da un tipo di letteratura alla

ricerca della propria identità nazionale, che dà le spalle al mimetismo europeo e che, dopo aver assimilato l’eredità culturale del vecchio continente, la rinnova partendo dallo sperimentalismo modernista ma arrivando ad un prodotto completamente unico, che ha le sue radici nella tradizione ancestrale americana e nella necessità di descriverla.25

Nel caso particolare di Juan Rulfo, però, è doveroso prendere in considerazione l’evento decisivo che ha portato allo sviluppo di una letteratura nazionale specifica in Messico nel 1900: la Rivoluzione messicana del 1910 e le sue conseguenze.

“Podemos decir que hay en la obra de Rulfo una denuncia del momento histórico concreto de la revolución en México, de forma que al analizar cómo se presenta este tema literariamente, no podemos menos que tener constantemente presente su referente externo: los hechos históricos tal como sucedieron. Sólo así apreciaremos en su justa medida el valor literario de este tema.”26

Effettivamente, la Rivoluzione messicana darà origine a una letteratura di grande forza: inizialmente il romanzo “della rivoluzione” rientra a pieno all’interno del romanzo tradizionale, sulla linea del romanzo-reportage. In seguito, come fa notare appunto Carlos Fuentes ne La nueva novela hispanoamericana27, si introduce nelle narrazioni una nota di ambiguità di fronte al lento ma progressivo disincanto nei confronti dei risultati di questa rivoluzione, fino al momento in cui si arriva ad un approccio moderno e ad una visione forse più obiettiva ma comunque innovativa dell’avvenimento storico:

“Había que esperar a que (..) en 1953, al fin, Juan Rulfo procediese en Pedro Páramo, a la mitificación de las situaciones, los tipos y el lenguage del campo mexicano,

24 E. Miró, Juan Rulfo, in Helmy F. Giacoman, Homenaje a a Juan Rulfo, Esograf, S.A., Madrid, 1974, p. 235 25 Ibid. p. 210

26 José C. González Boixo, Claves narrativas de Juan Rulfo, Colegio Universitario de Leon, Leon, 1980, p. 62 27 Carlos Fuentes, La nueva novela hispanoamericana, México, 1969

cerrando para siempre – y con llave de oro – la temática documental de la Revolución”28

Probabilmente, ciò che adesso interessava descrivere erano le conseguenze di una rivoluzione che sicuramente ebbe un forte impatto sulla città, ma lasciò totalmente inascoltati i desideri del popolo contadino, che non vide mai effettivamente applicata e sviluppata quella riforma agraria che si era promessa in prima battuta:

“Se trajo en primer plano a la gente del pueblo, y la literatura expresó sus esperanzas, sus intereses y sus fracasos. (..) Nada más alejado de la obra de ambiente político que El llano en llamas o Pedro Páramo; nada más distante del hombre público que sus personajes pobres e iletrados, y sin embargo, y por la misma razón, nada más cercano al verdadero pueblo de México, a esa gente humilde con toda su carga de desaliento, frustración y escepticismo”29

Rulfo, infatti, si interessa soprattutto di questa parte del popolo messicano, la “periferia all’interno della periferia”, potremmo dire. Rulfo ha vissuto nella campagna, si sente un uomo di campagna, cresciuto ad ascoltare il linguaggio di queste persone. Perciò è questo il mondo che vuole raccontare. L’innovazione, come sempre, sta nel modo in cui lo fa. Decide di affrontare un tema scottante e molto noto come quello della riforma agraria, della promessa di ridistribuzione da parte dei latifondisti di terra coltivabile per tutti, ma lo fa, come appunto diceva Fuentes, restituendo un’aura mitica a questi eventi, ma soprattutto, rendendoli individuali e servendosi di un punto di vista molto introspettivo. L’attenzione, un po’ come succedeva nel testo di Carpentier, non è tanto sulle rivolte ( Rulfo non si riferisce, sia nei racconti che nel romanzo, solamente alla Rivoluzione del 1910 ma anche alla ribellione de los Cristeros degli anni 1926-28) ma spesso interessa le immediate conseguenze di tali fatti storici e comunque sempre utilizzando un punto di vista parziale. Parlo di punto di vista parziale perché in molti studi sull’opera di Rulfo si è riflettuto su questo aspetto, sviluppando la teoria di una

28 Ibid. p. 16

29 S. Lorente-Murphy, Juan Rulfo: Realidad y mito de la Revolución Mexicana, Editorial Pliegos, Madrid, 1988, pp. 23-24

totale assenza del narratore all’interno dei suoi testi, soprattutto in relazione al Pedro Páramo:

“La escisión de la perspectiva que tanto problematizó sendas novelas de Carpentier y Asturias, entre un narrador ilustrado, en tercera persona, y el punto de vista ideológico y cultural del primitivo que informa el mundo narrado, esa escisión, desaparece por completo en Pedro Páramo. Un recurso primordial sostiene su consistencia ideológica, y es el hecho que Rulfo plantea en su novela la total extinción del narrador. Y, claro, si no hay narrador, si la voz del autor se ha suprimido, no hay a quien reclamarle la autoridad del texto, sólo a los personajes.”30

Nei testi di Rulfo si passa dall’aborigeno, come nel caso di Carpentier, al provinciale messicano, anche perché, come lo stesso autore fa notare, l’impatto della conquista spagnola in Messico fu molto violento e la popolazione indigena venne praticamente sterminata nella sua interezza31. In questo modo, comunque, la distanza

tra autore e narrato, ma anche tra narrato e lettore, sono un poco mitigate rispetto a ciò che accadeva ne El Reino de este Mundo, nonostante sia ancora ben presente il sincretismo tra credenze antiche e ancestrali, superstizione rurale e cristianesimo32. Il lettore,

nonostante quanto detto sulla distanza ideologica con il narrato, è comunque chiamato ad avere un ruolo molto attivo nelle narrazioni di Rulfo: essendo il Pedro Páramo un “ejercicio de eliminación”33, poiché, come vedremo, segue uno sviluppo narrativo

piuttosto frammentato e non lineare, il lettore è obbligato, implicitamente, a gestire una realtà completamente aliena, incerto tra chi è vivo e chi è morto, mettendo insieme i “pezzi” che il testo gli presenta in modo disordinato.

30 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998, p. 206

31 In José C. González Boixo, Claves narrativas de Juan Rulfo si legge una citazione dello stesso Rulfo: “Yo soy de una zona donde la conquista española fue demasiado ruda. Los conquistadores ahí no dejaron ser viviente. Entraron a saco, destruyeron la población indígena, y se establecieron.” p. 48

32 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998, pp. 207-209

33 Ibid. p. 208: qui vengono citate le parole di Rulfo durante un’intervista dove rifletteva sull’importanza di aver scritto prima racconti, la cui struttura breve ed essenziale gli aveva insegnato a non intervenire eccessivamente sul narrato.

“Esencialmente, la técnica de Rulfo consiste en negar su propria omnisciencia forzando al lector, de ese modo, a compartir su imperfecta visión de la realidad y a complementar los datos no conocido. (..) El autor no ya guía al lector, lo deja en libertad para construir.”34

Questo lettore complice sarà costretto quindi a risolvere il puzzle della storia di Comala che si presenta in forma di frammenti che non seguono l’ordine convenzionale di causa ed effetto, ma un ordine puramente artistico. Completata questa operazione, però, ci si trova di fronte a un’immagine molto fedele ma trascesa del Messico post- rivoluzionario, un’immagine che “se relata da sola”35 e che può darci la misura del

fallimento storico e individuale di questa nazione.

3.3 Studio dell’opera

Entrando più nello specifico all’interno della tematica che qui ci interessa, possiamo partire da un fatto: Comala, la città-mondo in cui si svolge l’azione de Pedro Páramo, si presenta immediatamente come un paese degradato, praticamente fantasma, in rovina, che però ha avuto un passato, non remoto, fiorente e vitale. Il confronto tra passato e presente è forzato e già ci da la misura di un fallimento: come vedremo, l’opera ci guida nella lenta scoperta dei meccanismi e degli avvenimenti che hanno avviato questo degrado, che è appunto conseguente al fallimento dell’uomo nel gestire il suo paese e la sua società.

Juan Preciado, che possiamo definire come uno dei protagonisti dell’opera, e che ci narra parte della storia in prima persona, è in viaggio verso Comala per uno scopo che subito ci viene chiarito, e in questo momento si apprende tra le righe la condizione in cui si trova questo villaggio della campagna messicana:

34 S. Lorente-Murphy, Juan Rulfo: Realidad y mito de la Revolución Mexicana, Editorial Pliegos, Madrid, 1988, pp. 72-73

35 E. Camayd-Freixas, Realismo mágico y primitivismo. Relecturas de Carpentier, Asturias, Rulfo y García Márquez, University Press of America, New York, 1998, p. 207

“Vine a Comala porque me dijeron que acá vivía mi padre, un tal Pedro Páramo. Mi madre me lo dijo. Y yo le prometí que vendría a verlo en cuanto ella muriera. (..) Pero no pensé cumplimir mi promesa. Hasta que ahora pronto comencé llenarme de sueños, a darle vuelo a las ilusiones. Y de este modo se me fue formando un mundo alrededor de la esperanza que era aquel señor llamado Pedro Páramo, el marido de mi madre. Por eso vine a Comala. - Comala, señor. - ¿Está seguro de que ya es Comala? – Seguro, señor. - ¿Y por qué se ve esto tan triste? ”36

Comala è fin da subito definito come un paese triste. Proseguendo, poi, nella lettura, la descrizione dell’ambiente in cui ci troviamo appare gradualmente sempre più chiara e definita, ancora descrittaci dagli occhi di Juan Preciado:

“ Era la hora en que los niños juegan en las calles de todos los pueblos, llenando con sus gritos la tarde. Cuando aún las paredes negras reflejan la luz amarilla del sol. Al menos eso había visto en Sayula, todavía ayer, a esta misma hora. (..) Ahora estaba aquí, en este pueblo sin ruidos. Oía caer mis pisadas sobre las piedras redondas con que estaban empedradas las calles. Mis pisadas huecas, repitiendo su sonido en el eco de las paredes teñidas por el soldel atardecer. (..) Miré las casas vacías; las puertas desportilladas, invadidas de yerba.”37

Comala è presentato come un paese triste perché è un paese senza rumori, senza bambini che giocano per le strade, le cui case vuote, invase dalle erbacce, sono il sintomo della desolazione in cui vive questo luogo. Ma c’è di più. Siamo ancora nelle prime pagine quando già si introduce nella narrazione una tematica che poi sarà quella che investirà tutto il romanzo: la dimensione della morte.

“Ahora que si quiere quedarse aquí, ahi se lo haiga; aunque no estaría por demá que le echara una ojeada al pueblo, tal vez encuentre algún vecino viviente. (..) Busque a doña Eduviges, si es que todavía vive. (..) Para esto hay que estar prevenido, y la madre

36 J. Rulfo, Pedro Páramo, El Llano en llamas y otros textos, Seix Barral, España, 1983, pp. 7-8. Il corsivo è mio. 37 Ibid. p. 10

de usted no me avisó sino hasta ahora. – Mi madre – dije - , mi madre ya murió. – Entonces ésa fue la causa de que su voz se oyera tan débil, como si hubiera tenido que atraversar una distancia muy larga para llegar aquí.”38

Come abbiamo potuto leggere nelle brevi citazioni sopra riportate, fin da principio la narrazione ci mette davanti alla difficile decifrazione di una realtà in rovina, dove chi è di passaggio, come il contadino Abundio che accompagna per un tratto di strada Juan Preciado, ha dei forti dubbi che qualcuno ancora possa essere vivo a Comala, e soprattutto, una volta avuto il primo incontro in questo paese-fantasma con colei che darà ospitalità al protagonista, si rivela con molta tranquillità lo stretto contatto che hanno i vivi(o chi si presume sia vivo, come si vedrà andando avanti nella lettura) e i morti. Di fronte a queste circostanze, risulta evidente agli occhi di Juan Preciado che Comala non è più il paradiso che gli aveva descritto sua madre, ma anzi è un luogo infernale dove non si riesce a respirare a causa del calore insopportabile.

“…Llanuras verdes. Ver subir y bajar el horizonte con el viento que mueve las espigas, el rizar de la tarde con una lluvia de triples rizos. El color de la tierra, el olor de la alfalfa y del pan. Un pueblo que huele a miel derramada...”39

Queste sono le parole della madre Dolores nel descrivere Comala, un paese che, come abbiamo visto, non esiste più se non nei ricordi di questa donna. Ed ecco di seguito quelle di Damiana Cisneros, antica balia di Juan Preciado:

“Este pueblo está lleno de ecos. Tal parece que estuvieran encerrados en el hueco de las paredes o debajo de las piedras. Cuando caminas, sientes que te van pisando los pasos. Oyes crujidos. Risas. Una risas ya muy viejas, como cansadas de reír. (..) Y en días de aire se ve al viento arrastrando hojas de árboles, cuando aquí, como tú ves, no hay árboles. Los hubo en algún tiempo, porque si no ¿de dónde saldrían esas hojas? Y lo peor de todo es cuando oyes platicar la gente, como si las voces salieran de alguna

38 Ibid. pp. 11-13. Il corsivo è mio. 39 Ibid. p. 19

hendidura y, sin embargo, tan claras que las reconoces. (..) Así que no te asustes si oyes ecos más recientes, Juan Preciado. (..) - ¿Está usted viva, Damiana? ¡Dígame, Damiana! Y me encontré de pronto solo en aquellas calles vacías.”40

Queste parole ci fanno riflettere in molti sensi e da qui anche il lettore inizia ad acquisire una consapevolezza maggiore rispetto al testo. Comala non è più la città di un tempo. Ma, oltre al degrado fisico ed economico, ci troviamo in una realtà che pare sospesa, legata all’eco del passato che non lascia le strade vuote; e soprattutto, siamo in una realtà dove i morti possono intervenire e comunicare con i vivi, senza che questi ultimi siano realmente consapevoli di chi hanno di fronte.

Abbiamo parlato di Comala come inferno per il calore che opprime il respiro, ma forse, in accordo con uno studio di Brugnolo e Luche, Comala può essere letto come uno spazio purgatoriale. Nell’ articolo Los muertos que no mueren en Pedro Páramo y en Cien años de soledad41 si analizzano le cause storiche che hanno portato al fallimento di alcuni progetti di modernizzazione, trattati in maniera simbolica sia nel Pedro Páramo che, come vedremo, in Cien años de soledad. Ciò che è utile per il nostro studio è la riflessione che viene sviluppata nell’articolo in cui si identifica Comala come un luogo in cui l’azione sembra sospesa tra un passato che non passa e un futuro che non arriva. Questa idea fa sì che si possa appunto vedere in Comala una sorta di purgatorio metafisico che, come vedremo, è allegoria del purgatorio storico in cui si trovava il Messico, e molto in generale l’America Latina, nel secolo successivo alle indipendenze, e in questo caso specifico, dopo la Rivoluzione del 1910. Ma cosa si intende per purgatorio storico messicano? Adiamo per gradi e utilizziamo il testo per avvalorare le riflessioni di Brugnolo e Luche. A Comala, tutte le voci, le ombre, gli echi, fanno parte di un passato che non vuol passare o che non si riesce a affrancare dalla vita di chi tenta di andare avanti. Rulfo, ovviamente, utilizza Comala come trasposizione della realtà in cui è cresciuto, e diventa allegoria storica. Interessanti sono le prime affermazioni dell’articolo:

40 Ibid. pp. 36-37

41 S. Brugnolo, L. Luche, Los muertos que no mueren en Pedro Páramo y en Cien años de soledad, Taller de Letras N°46, 2010, pp. 125-148

“Los muertos-vivos de la literatura latinoamericana se mueven en este espacio- tiempo suspendido: el de una tradición que ha muerto pero no completamente, y el de una modernidad que se ha afirmado pero no por completo, y de todas maneras de una forma distorsionada.”42

Il Messico ha vissuto momenti molto tragici, fin dal primo momento in cui ha conosciuto gli effetti della Conquista; lo stesso Rulfo, come abbiamo visto, ha parlato dell’impatto violentissimo e delle conseguenze che lo sbarco dei conquistadores hanno avuto nel suo paese43. Anche seguendo la riflessione fatta da Octavio Paz, possiamo

dire che l’America Latina, ma il Messico in modo particolare, è segnata da una sorta di trauma storico che in qualche modo la perseguita nel tempo. La difficoltà maggiore è riscattare il passato, riscattare i secoli di violenze e sottomissioni per vivere finalmente sul proprio territorio in modo pacifico. Arrivano le indipendenze, certo, ma non arriva la stabilità e la serenità sperate. Come abbiamo visto in Carpentier, pare che il legame con gli errori fatti in passato, con i traumi subiti, non si possa realmente recidere. E Comala è il frutto concreto di questa impossibilità. In quale senso? Potremmo dire che Comala è il risultato di un processo di modernizzazione fallito poiché a un periodo prospero e fiorente, ne segue uno contrassegnato dalla povertà, dall’abbandono e, infine, dalla morte; e la causa risiede nel reiterarsi di errori, di peccati, da parte degli uomini che hanno gestito questa terra:

“Vivimos rompiendo nuestro mundo a cada rato, si es válido decirlo.”44

Il tema del peccato è, secondo Brugnolo45, il nucleo intorno al quale ruota la

narrazione del Pedro Páramo : in questo purgatorio terreste, il peccato condanna tutti gli uomini; è un peccato metafisico che, risemantizzato da Rulfo, ci parla del grande peccato storico del popolo messicano. Come anche Paz afferma, il Messico fugge dal suo passato, rinnega le sue origini e si inoltra nel futuro da solo. Il problema è che il

42 Ibid. p. 126

43 Vedi nota 31

44 J. Rulfo, Pedro Páramo, El Llano en llamas y otros textos, Seix Barral, España, 1983, p.

45 La riflessione sul Pedro Páramo viene sviluppata dal professore S.Brugnolo, mentre la seconda parte su Cien

passato da cui si fugge è macchiato da quel peccato di violenza che pare ormai irrimediabile e che torna a pesare sul presente. Questa è senza dubbio una condizione purgatoriale. Brugnolo ci spiega in questo modo la natura di questo “peccato storico”:

“¿cuál es su pecado? Pues bien, ellos han destruido una tierra que era próspera, benévola, materna. Han malgastado una gran ocasión: la de habitar en paz en una especie de paraíso terrenal. El texto está lleno de referencias a un pasado edénico. (..) Y naturalmente esta tierra maravillosa no corresponde sólo a un dato naturalista, sino a

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