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4. Il legno lamellare

4.1. Cenni storic

Uno dei problemi che si manifestarono fin dall’inizio, nell’utilizzo del legno nelle costruzioni, era rappresentato dalle limitazioni di forma e dimensioni imposte dai fusti arborei. Pertanto, pur dipendendo dalle tecnologie e dalle attrezzature disponibili, l’uomo sì è prodigato nell'escogitare provvedimenti con i quali coprire luci sempre maggiori e realizzare forme architettoniche sempre più complesse.

Ben presto, la ricerca fu indirizzata verso la costituzione di travi composite, variamente accoppiate tra loro in modo da garantire, per quanto possibile, la perfetta solidarietà tra le parti.

Il legno lamellare incollato può dunque essere considerato come il risultato finale di una lunga ed articolata sperimentazione: il connubio ideale tra due tecniche originariamente distinte, risalenti a motti secoli fa.

Difficile è l’indagine sulle origini del procedimento di incollaggio, ma è comunque certo che esso era utilizzato sin dal tempo dell’antico Egitto (circa 1500 anni a.C.). Ciò è dimostrato da alcuni sarcofagi rinvenuti nella tomba di Tutankamen, i cui assemblaggi d'angolo mostrano ancora, con sorprendente longevità, il ricorso ad impiallacciature con collanti organici. Risalendo il

corso della storia, dai Romani fino al Medio Evo, si moltiplicano le testimonianze sull'uso delle colle che, seppur largamente applicate, venivano approntate dagli artigiani secondo ricette empiriche in grado di conferirgli ben poca durabilità e resistenza, soprattutto nei riguardi dei funghi e delle intemperie.

Quanto alla tecnica della laminazione, certamente più recente, ha iniziato ad essere utilizzata in maniera concreta a partire dal ‘700 sotto forma di tavole curvate a forza e mantenute in posizione per mezzo di fasce metalliche, chiodi o bulloni.

Il ricorso alla giustapposizione dei pezzi era comunque piuttosto diffuso già dal XVI sec., epoca a cui risalgono cospicui esempi di coperture e soffittature per teatri e grandi saloni.

Tra i diversi procedimenti adottati, merita di essere ricordato quello messo a punto dall’architetto francese Philibert Delorme: questi prevedeva la realizzazione di strutture portanti ad arco, mediante la formazione di «pacchi» di tavole affiancate di testa con giunti sfalsati e bloccate tra loro per mezzo di chiodi e caviglie.

La coniugazione tra le due tecniche sopra menzionate, quantomeno per utilizzazioni di tipo strutturale, si ebbe però soltanto a partire dal XX secolo, In concomitanza con il fiorire dette industrie ed il concretizzarsi degli studi sulla composizione e la produzione delle colle.

Vero e proprio artefice di questa trasformazione fu il maestro carpentiere Otto Karl Freidrich Hetzer (1846-1911) che nel 1901, per l’assemblaggio delle lamelle, sostituì a staffe e bulloni un collante a base di caseina: era nato il legno lamellare incollato.

In pochi anni il brevetto di Hetzer si diffuse in tutta Europa, riscuotendo ovunque premi e riconoscimenti, mentre in Svizzera, paese di origine del nuovo materiale, già nel 1920 si potevano contare oltre 200 realizzazioni. Nello stesso periodo il brevetto viene esportato negli Stati Uniti ove però susciterà diffidenza e incontrerà molte resistenze, almeno fino alla metà degli anni Trenta.

Anche in Italia, nel periodo compreso tra il 1935 e il 1939, vengono realizzate le prime opere in legno incollato, soprattutto sotto forma di archi a tre cerniere, con luci che raggiunsero i 30 metri.

Il procedimento adottato consisteva nella curvatura a freddo, e nella successiva sovrapposizione delle tavole, con interposti strati di colla alla caseina; l’assemblaggio era effettuato a piè d’opera, inchiodando il primo strato alla sagoma e fissando tra loro i successivi con un prefissato numero di chiodi o bulloni.

Gli spessori e le intestature delle tavole erano particolarmente curati e le lunghezze scelte erano tali da non permettere né sovrapposizioni, né eccessivi avvicinamenti dei giunti.

Per contro, non veniva effettuato alcun controllo sulla qualità del legname, impiegando di fatto sempre una terza scelta, e soprattutto rimanevano irrisolte le tradizionali problematiche relative all’attaccabilità del legno da parte di funghi ed insetti, nonché alla sua infiammabilità.

E' solo nel secondo dopoguerra che l’industria chimica, con l'introduzione delle resine sintetiche, degli impregnanti e dei prodotti ignifughi, ha permesso di apportare al settore quel contributo tecnologico grazie al quale la «tecnica del lamellare» si è potuta sviluppare ed evolvere fino ai giorni nostri.

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4.2. Generalità

Nel legno si legge la storia dell’uomo. L’uso del legno quale componente per costruzioni risale senza soluzione di continuità ai tempi delle prime capanne e delle palafitte. Di fatto, non esiste al mondo altro materiale che abbia accompagnato in modo così incisivo e duraturo il susseguirsi delle civiltà, mantenendo sempre e comunque una sua validità d’uso, sia in campo edilizio che nel campo dell’arredo. Oggi, grazie alla più evoluta tecnologia del legno lamellare, la perfezione della natura, la perfezione della più evoluta produzione industriale e la creatività dell’uomo si armonizzano insieme, aprendo scenari applicativi senza frontiere d’immaginazione, nel campo dell’architettura e dell’ingegneria civile.

I legno è sempre stato utilizzato come materiale da costruzione; in origine in quanto materiale naturale, quindi di facile reperibilità e “pronto all’uso”, successivamente apprezzato per le sue caratteristiche estetiche, oggi il legno è soprattutto considerato per le sue caratteristiche tecnologiche, che lo rendono particolarmente competitivo rispetto agli altri materiali da costruzione.

Leggero, resistente ed economico: sono solo tre dei tanti aggettivi con i quali è possibile evidenziare le principali caratteristiche del legno lamellare.

Leggero, perché il suo peso specifico è inferiore ai 500 chilogrammi al metro cubo, contro, ad esempio, i 2.000-2.500 del cemento armato e i 7.800 dell’acciaio.

Resistente, perché l’efficienza prestazionale del legno lamellare, ai fini strutturali, ha qualità simili a quelle dell’acciaio.

L’efficienza prestazionale può essere definita come il rapporto tra il modulo di elasticità E ed un parametro di resistenza f (es. resistenza a compressione).

Materiale E/f

Calcestruzzo (Rck300, fck 25 Mpa) 1250 Acciaio Fe430 (ft = 430 Mpa) 480 Legno lamellare (BS 11 ÷ BS 18) 470 Alluminio (lega 7020, ft 355 Mpa) 200

Economico, perché il suo ciclo di produzione ottimizza l’uso di una risorsa

naturale di per sé povera, offrendo elementi altrimenti non utilizzabili in natura e limitati solo dalle dimensioni di trasporto.

Affidabile, perché l’intero processo produttivo segue una prassi normata e continuamente monitorata. Il risultato finale è un prodotto dalle prestazioni definite e certificate.

Innovativo, perché le tecniche di progettazione, lavorazione, assemblaggio e giunzione sono in continua evoluzione e offrono sempre nuove possibilità sia in termini di fattibilità che di contenimento dei costi.

Di aspetto gradevole, perché il materiale viene selezionato anche sotto l’aspetto estetico per essere presentato, in tutta la sua naturalezza, compatto e privo di difetti.

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