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Cenni storici del passato coloniale di una nazione postcoloniale

Capitolo 2 – Postcoloniale italiano tra storia e narrazione

2.2 Cenni storici del passato coloniale di una nazione postcoloniale

Il volto delle città italiane sta innegabilmente cambiando, al punto che interi quartieri di metropoli come Roma, Milano o Torino presentano evidenti elementi di multiculturalità, una situazione che, se riferita alla presenza delle suddette soggettività in transito dalle ex-colonie, potrebbe essere interpretata come una sorta di legame ancora persistente tra le metropoli della madrepatria e gli ex- possedimenti oltre confine. 174

In Italia, le inclinazioni razziste che, in passato, si erano manifestate nelle ideologie colonialiste e in seguito considerate solo come dei prodotti delle leggi razziali di fine anni ’30, per poi esprimersi in pratiche anti-meridionaliste nell’epoca unitaria e protratte fino agli anni ‘70 in occasione delle migrazioni interne del sud agricolo verso il nord industrializzato, negli ultimi due decenni sono riemerse di fronte alla crescente presenza di immigrati sul territorio nazionale, palesandosi, però, in iniziative politiche volte a mettere in “sicurezza” i confini nazionali o meglio, la sopravvivenza dell’identità italiana, dalle incursioni esterne.175

È proprio il concetto di sicurezza che ha caratterizzato le politiche italiane, passate e contemporanee che, tuttavia, hanno instaurato una relazione piuttosto problematica con quegli elementi di “disturbo” (dai briganti meridionali dell’‘800, ai turchi che occupavano i territori libici durante il periodo coloniale, agli africani e agli ebrei durante l’epoca fascista, fino ai clandestini di oggi) che, in qualche modo, avrebbero potuto/potrebbero (e dovrebbero) minare la già instabile definizione dell’identità italiana.176

173 Idem, p. 11.

174 Esemplari, a tal proposito, sono i romanzi di Amara Lakhous, scrittore algerino, che offre uno sguardo puntuale e

ironico sulla realtà italiana, ambientando, infatti, i suoi romanzi nei quartieri multietnici per eccellenza di Roma, quali Piazza Vittorio o Viale Marconi, e San Salvario a Torino.

175 V. Pisanty, La difesa della razza, Bompiani, Milano, 2006, pp. 65-140. Inoltre, Chiara Mengozzi approfondisce il

legame tra le prime produzioni letterarie da parte di immigrati avvenute in concomitanza dell’approvazione della prima legge volta a una regolamentazione del fenomeno dell’immigrazione (39/1990), nonché successivi provvedimenti legislativi sulla cittadinanza che hanno influenzato non poco le tematiche di racconti e romanzi successivi, uno fra tutti il racconto Salsicce di Igiaba Scego, nel quale si ironizza sulla legge Bossi-Fini (189/2002) relativamente alla raccolta delle impronte digitali. C. Mengozzi, «Scena interlocutoria e paradigma giudiziario nelle scritture italiane della migrazione», Between, II. 3 (2012) http://www.Between-journal.it/.

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Dopo i Trattati di Parigi del 1947 che decretarono ufficialmente la fine della Seconda Guerra Mondiale, la questione sul colonialismo e successiva decolonizzazione non è stata mai affrontata pubblicamente in Italia. Una circostanza assai sorprendente, soprattutto in considerazione del fatto che, già verso la fine degli anni ’40, la lotta antifascista e anti-coloniale, innescata dalla sinistra del PCI, si avviava verso una conclusione. Questo partito politico aveva attuato una feroce opposizione alla politiche razziste nate con l’imperialismo, esprimendo, altresì, una profonda solidarietà con le popolazioni assoggettate, dando luogo a una forma di “narrazione oppositiva” riferita, in particolare, alla guerra d’Etiopia.177

In quel periodo, inoltre, la maggior parte degli stati africani stava sviluppando un profondo sentimento anticoloniale; pertanto, le iniziative della sinistra italiana di risvegliare sentimenti di resistenza contro l’invasore, trovarono, in questa colonia, terreno fertile. Nel frattempo, tanto a Londra,178 quanto a New York, soprattutto nel quartiere di Harlem, sorsero dei movimenti a sostegno dell’unità politica e identitaria dei popoli africani, i cui leader puntavano alla rinascita di una coscienza africana in contrapposizione proprio alle politiche oppressive dell’Italia che, in quegli anni, procedeva all’attacco dell’Etiopia. Da questo punto di vista, la resistenza etiope ebbe un respiro più ampio, incarnando, infatti, la resistenza dell’intero popolo africano contro il colonialismo europeo.179

Al di là delle controversie relative alla gestione delle ex colonie che l’Italia voleva amministrare, negli anni Cinquanta la questione coloniale venne quasi messa da parte nella coscienza nazionale o, per meglio dire, anche sulla base delle analisi di Derek Duncan e Jacqueline Andall, non si verificò tanto un processo di rimozione di questa fase storica, quanto piuttosto di una sistematica omissione di memorie e voci subalterne (sia individuali, sia collettive) che, in quanto tali, non trovarono spazio nel dibattito pubblico.180 Nonostante ciò, il colonialismo continuò a esercitare una forte influenza su questioni che si protraggono fino ai giorni nostri, in Italia come nelle sue ex colonie, intrappolato com’è tra la memoria (anche abbastanza recente) e il silenzio. Ponzanesi sottolinea come la costante replica dello slogan “italiani brava gente”, unita alla diffusione di un’immagine di un colonialismo quasi di “terza classe”, piuttosto che strategico e aggressivo come quello inglese o francese, hanno fatto sì che, per diversi decenni, sia avvenuta non

177 N. Srivastava, “Anti-Colonialism and the Italian Left. Resistances to the Fascist Invasion of Ethiopia”, in Interventions, Vol.1, issue 3, 2003, pp. 413-429 http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/.VC0GSfm_vfA.

178 George Padmore fu una fra le figure di spicco del movimento panafricanista. Insieme ad altri intellettuali neri, fondò,

infatti, a Londra l’IAFA (International African Friends of Abyssinia).

179 A. Bekerie, “African Americans and the Italo-Ethiopian War”, in B. Allen, M. Russo (eds), Revisioning Italy. National Identity and Global Culture, University of Minnesota Press, Minneapolis, 1997, pp. 116-133.

180 J. Andall, D. Duncan, “Memories and Legacies of Italian Colonialism”, in J. Andall, D. Duncan (eds), Italian Colonialism, Legacy and Memory, Peter Lang, Bern, 2005, pp. 9-15.

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solo la rimozione di questa fetta di storia italiana, ma anche una sua manipolazione.181 Si assiste piuttosto a quelli che sono stati definiti da Alessandro Triulzi “eccessi di memoria e di oblio”, dal momento che, come si vedrà nel capitolo dedicato al memoriale di Ragusa, la memoria stessa si presenta come un processo in divenire tra quanto viene ricordato e quanto, al contrario, è dimenticato o, addirittura viene volutamente distorto.182 La battaglia di Adua, in Etiopia, del marzo 1986 è indicativa di questo processo di costruzione congiunta di ricordo e dimenticanza, durante la quale gli italiani affrontarono una pesante sconfitta, e questo fece sì che le ambizioni coloniali nel Corno d’Africa subirono una battuta d’arresto. Questo episodio si configurò come un circostanza chiave, sia nella storia coloniale italiana, sia in quella europea, dal momento che vennero riconfigurati, tra l’Europa e l’Africa, quindi tra il nord e il sud del mondo, i rapporti di potere tra colonizzatori e colonizzati. In particolare, emerse, per tutti i popoli sottomessi, la possibilità di poter fronteggiare, se non addirittura eliminare, il colonialismo europeo, così da reagire non solo contro la supremazia europea, ma anche contro il più generale progetto di suddivisione, assoggettamento e sfruttamento degli stati africani che andò sotto il nome di “Scramble for Africa”.183

La letteratura e gli intellettuali hanno instaurato dei rapporti trasversali con la politica espansionistica dell’epoca, e questo ha contribuito alla nascita e alla diffusione di stereotipi chiaramente razzisti. Come l’Oriente nella tradizione anglosassone, l’Africa, infatti, si presentava come un luogo affascinante ma, al tempo stesso, depositario di ansie e pulsioni negative legate a sentimenti di rivincita (a seguito della sconfitta di Adua) che si intrecciavano, come ovvio immaginare, al desiderio persistente di dominio bianco sulla razza africana.184