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Le centrali elettriche S.E.L.V.E.G.

La collaborazione di Berlam con la Società Elettrica della Venezia Giulia è un argomento spesso trascurato e poco approfondito anche dagli studi più specifici e particolareggiati sulla produzione dell’architetto114, scarsa e spesso inconsistente la documentazione ad essa inerente conservata presso

gli archivi degli Uffici tecnici comunali, limitate anche le notizie riportate da riviste specialistiche dell’epoca (ad esempio il Bollettino Mensile Sindacati Fascisti Ingegneri e Architetti di Trieste o quello relativo alle Opere del Genio).

Tuttavia questo episodio è da considerarsi di grande interesse, soprattutto in relazione a quanto affermato nel capitolo precedente, perché indicativo dello spostamento dell’interesse dell’architetto verso altri ambiti di progettazione, ma soprattutto poiché segna il primo passo dell’evoluzione della concezione architettonica di Arduino in direzione di tipologie costruttive più vicine alle esigenze ed alle caratteristiche dell’epoca moderna.

Berlam nelle sue memorie riporta fedelmente quale fosse la situazione triestina dell’epoca e quali furono le circostanze che lo condussero ad intraprendere quest’impresa, per lui totalmente nuova:

Nell’immediato dopoguerra non si costruivano né case né ville, perlomeno a Trieste dove i capitali erano stati falcidiati dalla conversione delle corone in lire, dapprima al cambio del 40 per cento, migliorato poi nel 60 per cento. Né i commerci e le industrie languenti davano il modo di riparare le perdite di cinque anni di inazione ed ai susseguenti salassi. Si costruivano invece degli edifici industriali, veri strumenti da lavoro, che in parte avevano anche uno scopo dimostrativo o di affermazione, per imporre agli allogeni il rispetto per le attività industriali italiane.

La Società Elettrica della Venezia Giulia (S.E.L.V.E.G.) di cui era ingegnere capo il mio compagno di studii Nane Salerni, simpatico tipo di veneziano purosangue, aveva da costruire parecchie centrali di smistamento e tras- formazione, la principale delle quali era ad Opicina, dove confluivano le energie dell’Alto Piave e dell’Isonzo per essere poi incanalate con voltaggi ridotti a Trieste e nell’Istria.. Mi fu offerto di fare il progetto architettonico di questa centrale di smistamento e lo feci con vero piacere giacchè mi appassionavo a tutto ciò che aveva carat- tere di modernità, di utilità e che fosse immune dall’inutile accademismo.115

La crisi economica dell’immediato dopoguerra dovuta alla svalutazione monetaria ed ai danni della guerra determinando un generale impoverimento ed un forte crollo della domanda nell’edilizia privata residenziale, aveva dato modo quindi a Berlam di approcciare un nuovo tipo di costruzione, più affine al sentimento di modernità e rinnovamento che aveva animato il suo spirito dall’incontro con gli americani negli anni di esilio.

Dopo la prima, ne feci una seconda, alquanto più piccola, a Trieste, vicino all’officina del Gas, poi feci quella di 114 Tra questi si veda ad esempio M. Pozzetto,Giovanni Andrea, Ruggero, Arduino Berlam : un secolo di architettura, op. cit.; L. Pavan, Arduino Berlam architetto: un contributo per lo studio della sua opera., 1970; P. Sticotti, “L’architetto Arduino Berlam”, in

La porta orientale, 11-12, Tipografia Giuliana, Trieste, 1952; A. Boralevi, L’architetto e il monumento: appunti su Arduino Berlam, architetto a Trieste (1880-1946), estratto da “Notizie da Palazzo Albani” a. 12, n. 1-2, 1983, Argalia, Urbino, 1983.

Caroiba in Istria ed, in genere, ero chiamato a dare un po’ di garbo architettonico a tutte quelle che venivano progettate dall’Ufficio Tecnico della Società.

Ne feci persino una in stile ebraico per Tiberiade sul lago di Genezareth (che stridente contrasto fra questi nomi pieni di poesia biblica e il concetto di una centrale elettrica!), e ciò per conto di un consorzio sionistico che mi pagò in sterline sonanti.116

Riguardo alla prima centrale, tuttora esistente benché in evidente condizione di degrado, è stato possibile reperire diverse informazioni, mentre sulle centrali minori da lui realizzate successivamente, di cui qui è data menzione (Broletto e Caroiba), non vi è documentazione sufficiente, né scritta né grafica, per poter dare vita ad uno studio approfondito: la stessa cosa vale per le centraline minori della Società, di cui non è specificata neppure l’ubicazione.

Della centrale di Tiberiade costruita “in stile orientale” sono stati rinvenuti degli schizzi di massima non datati né firmati, ma non conoscendo né il nome del “consorzio sionistico” che aveva commissionato l’opera, né la sua precisa locazione è stato praticamente impossibile ricostruirne la genesi e le fasi di progettazione; per quanto riguarda le sue caratteristiche strutturali e formali, dagli schizzi si può dedurre che lo stile “ebraico” di cui Berlam faceva menzione in realtà si avvicina molto a quello impiegato nella realizzazione della sinagoga triestina, cioè lo stile siriaco antico.

Un’impostazione monumentale scaturisce dall’articolata combinazione dei volumi robusti ed imponenti risolta sulla sommità da due corpi turriti di gusto arabeggiante, dalle superfici sobrie e semplici interrotte solo dalle lineari finestrature e dai grandi arconi dei varchi frontali e laterali.

Non è dato sapere, data appunto l’assenza di documentazione su quest’opera, se la centrale avesse effettivamente mantenuto la configurazione abbozzata in questi disegni, una volta edificata. In base al breve accenno presente nelle memorie di Berlam, si può ipotizzare tuttavia che il prodotto finale non si allontanasse molto da questo primo abbozzo: a riprova di ciò, si può osservare come emerga

chiaramente dalle sue parole e dai suoi schizzi, la volontà tanto di contestualizzare questa costruzione moderna in un territorio di così grande rilievo storico e spirituale, quanto di far scorgere il contrasto (ma senza metterlo troppo in risalto) tra la storicità del luogo e la modernità dell’edificio.

La ricerca di equilibrio tra storia passata e modernità era, come si è visto, uno degli elementi distintivi del modus operandi di Berlam nella creazione della sua architettura ed è interessante notare come anche in questo pressoché sconosciuto progetto, se ne possa trovare riscontro.