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comportamento elettorale in Emilia-Romagna di Pier Giorgio Arden

7. Capitale sociale, fiducia e cooperazione in Emilia-Romagna

7.1 Il centro della «zona rossa»

L’Emilia-Romagna, insieme alla Toscana, rappresenta il fulcro di quel- la che è stata definita la «subcultura politica territoriale rossa». Come le altre regioni che hanno conosciuto una subcultura politica territoriale forte1, è stata una zona caratterizzata da un forte localismo, da una rete

associativa diffusa – collegata alla forza politica dominante (il Pci nelle «zone rosse» e la Democrazia Cristiana nelle «zone bianche») – e da un sistema politico locale capace di aggregare e mediare efficacemente gli interessi a livello locale, generando sviluppo economico endogeno [Trigilia 1986; Caciagli 1988; Baccetti e Caciagli 1992; Messina 2001; Almagisti et al. 2018; Bordandini 2006]. Nel secondo dopoguerra il Pci ha costituito il centro di una rete associativa radicata e capace di promuovere un sistema di valori diffusi e una forte identità collettiva. Si trattava di valori fondati sulla fedeltà al partito, sul mito di Stalin e dell’Urss, sulla Resistenza, sull’antiamericanismo, ma anche su una profonda etica del lavoro. Il movimento cooperativo in particolare ha promosso un patrimonio di esperienze e di valori che hanno diffuso ne- gli anni un modello di impresa volto a coniugare occupazione e profitto, valorizzazione del territorio, nonché principi di solidarietà e responsa- bilità collettiva.

Il movimento cooperativo e il Pci possono dunque essere conside- rati i principali promotori in Emilia-Romagna di una forte coesione so- ciale, di un diffuso consenso nei confronti delle istituzioni locali, di un alto grado di partecipazione politica e sociale e di elevata fiducia gene- ralizzata. Caratteristiche che hanno attirato le attenzioni degli studiosi

1 Umbria e Marche per la «zona rossa» e Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia

anglosassoni fin dagli anni ottanta del secolo scorso, che hanno messo in evidenza la elevata dotazione di comunità civica sociale di questa re- gione [Putnam, Leonardi, Nanetti 1985; Putnam 1993]. Un primato che è arrivato agli anni duemila, con le province emiliano-romagnole collo- cate nella parte alta della classifica degli indicatori di capitale sociale, definito empiricamente in termini di partecipazione elettorale, interesse per la politica, partecipazione associativa e la diffusione di donazioni di sangue [Cartocci 2007; Bordandini e Cartocci 2018].

L’Emilia-Romagna ha costituito in sostanza il paradigma della «Terza Italia» [Bagnasco 1977; Bagnasco e Trigilia 1985]: zone che hanno conosciuto una subcultura politica radicata, dove il partito – o, nel caso del Nord-est cattolico, la Chiesa – attraverso una rete associa- tiva in grado di socializzare e integrare identità locali forti e orgogliose della propria storia [Bordandini 2004; Cartocci 2004].

In queste aree si realizzava una sorta di circolo virtuoso tra valori universalistici, fiducia diffusa, partecipazione politica e sociale, effi- cienza delle istituzioni locali (regioni e municipi) e legittimità del siste- ma politico (partiti inclusi): la presenza di valori condivisi – alimentati dalla tradizione social-comunista e cattolica – favoriva coesione sociale e partecipazione. A sua volta l’implementazione di politiche pubbliche efficaci alimentava il sostegno diffuso nei confronti del sistema politi- co e la protezione dell’identità partitica (o religiosa) di riferimento. Si trattava, in sintesi, della combinazione tra due circoli virtuosi, uno sim- bolico e l’altro strumentale. Il primo volto alla riproduzione di una mo- ralità civica condivisa (valori universalisti promuovono partecipazione sociale che facilita la coesione sociale), il secondo, quello strumentale, finalizzato alla tutela e alla mediazione degli interessi locali e alla pro- duzione di politiche pubbliche efficienti. Una partecipazione politica consapevole facilita una domanda politica esigente, fatta di beni pubbli- ci più che di benefici parcellizzati. Ne consegue da un lato la selezione di amministratori capaci di realizzare politiche efficienti e dall’altro lato un sostegno diffuso che promuove una partecipazione politica consape- vole [Bordandini 2015; Cartocci 2011].

Indipendentemente dalle loro contrapposizioni ideologiche, dun- que, le due subculture politiche territoriali avevano garantito in que- ste aree un elevato grado di integrazione sociale, particolari relazio- ni fiduciarie a difesa della società locale, reti di solidarietà allargate, partecipazione politica e sociale, relazioni industriali non conflittuali, ma anche istituzioni locali altamente legittimate. Una cultura politica

dunque orientata all’interesse collettivo, alla fiducia negli altri e nel si- stema politico e partitico locale. La caduta del muro di Berlino, la fine dell’Urss, e soprattutto il passaggio dal Pci al Pds con la scissione di Ri- fondazione comunista e la perdita di contatto del partito con il territorio, hanno aperto una profonda crisi identitaria in tutta l’Emilia-Romagna (così come nelle altre «zone rosse»), accentuata anche dalle altre sfide portate dalle trasformazioni economiche e sociali che hanno coinvolto negli ultimi trent’tanni il panorama politico nazionale e internazionale.

Il sistema politico subculturale si è trovato così a gestire fenomeni nuovi e sempre più complessi, connessi alla terziarizzazione, alla pre- carizzazione e delocalizzazione del mercato del lavoro, al fenomeno dell’immigrazione e alla perdita dei valori universalistici di riferimen- to propri dell’ideologia comunista [Baccetti e Messina 2009; Floridia 2019]. Le nuove modalità di mobilitazione collettiva, la personalizza- zione della politica, la drastica riduzione degli iscritti, la legittimazione del partito fondata sulle «primarie aperte» e, soprattutto, la perdita di importanza del territorio e dei suoi luoghi di socializzazione politica hanno accentuato la disarticolazione della rete subculturale rossa e la- sciato queste aree orfane di punti di riferimento politici e identitari. È una destrutturazione che alla fine si è manifestata anche sul piano elettorale, inizialmente con l’incremento dell’astensionismo; poi, so- prattutto con una progressiva perdita del consenso del Pd a favore della Lega e del M5s.

Del resto, la forza del legame tra comportamento di voto, apparte- nenza subculturale e orientamenti civici era già stata documentata da tempo in diversi studi di caso [Ginsborg e Ramella 1999], così come era stata denunciata da politologi e sociologi [si guardino ad esempio Ramella 2005 e Caciagli 2017] la tendenza dei cittadini delle «regioni rosse» a votare Pd più per «abitudine» che per «appartenenza». Com’è noto, nelle elezioni politiche del 2013 la rete si smaglia inevitabilmente da più parti2, tanto che nelle politiche del 2018 si è registrata la quasi

scomparsa della «zona rossa» [Cataldi e Emanuele 2019]. Nelle ultime elezioni politiche il centrosinistra nella «zona rossa» viene infatti bat- tuto dal centrodestra leghista in 19 collegi su 40 e dal M5s in tutti e 5 i collegi delle Marche (2 dei quali conquistati del M5s già nel 2013).

2 Nelle elezioni politiche il M5s rappresentò il più insidioso competitore del Ps in tutta

la «zona rossa» e nelle Marche divenne il primo partito, conquistando la maggioranza dei voti [Maggini e De Lucia 2014].

Dunque, ad oggi il centrosinistra è riuscito a resistere solo nel cuore della «zona rossa».

Posto questo quadro retrospettivo, in questo capitolo focalizziamo l’attenzione sulla cultura politica dell’Emilia-Romagna, cercando di ri- spondere ad alcuni interrogativi: cosa resta oggi del capitale sociale che caratterizzava le aree a subcultura politica territoriale? Gli emiliani e i romagnoli si caratterizzano ancora per un diffuso grado di civismo? La vecchia rete subculturale – e in particolare il mondo delle cooperative – può oggi contribuire ad arginare il disorientamento identitario e l’ap- pannamento della coesione sociale?

I dati presentati qui per descrivere i caratteri distintivi degli ita- liani in generale, e degli emiliano-romagnoli in particolare, derivano dall’indagine Multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana dell’Istat (anni 2018 e 2015)3 e da una ricerca commissionata nel 2017

da Legacoop di Bologna all’Istituto Cattaneo dal titolo Cooperazione come valore e come modello organizzativo4.

7.2 Capitale sociale e fiducia nell’Italia plurale della Terza repubblica