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8 Emilia-Romagna: locomotiva di un Frecciarossa

9. La sfida dell’integrazione in una società che cambia

9.6 Politiche di integrazione

Quando si parla di politiche di integrazione degli immigrati si tratta di distinguere tra accesso universalistico ai servizi di welfare e politiche di integrazione vere e proprie, come corsi di lingua italiana e mediato- ri culturali, rivolte specificamente all’utenza immigrata. Queste ultime sono di competenza di regioni ed enti locali. Il fatto che le politiche de- gli ingressi e quelle legate all’ordine pubblico siano ovviamente decise a livello nazionale condiziona fortemente le politiche locali, anche sul piano amministrativo.

L’influenza della politica ha sempre esercitato un peso determinan- te sulla materia, soprattutto nell’alimentare sentimenti xenofobi che si

sono radicati in profondità nella società italiana. L’analisi dei differen- ti contesti territoriali (pensiamo a Lombardia e Veneto, da un lato, ed Emilia-Romagna e Toscana, dall’altro) può tuttavia riservare sorprese, nel senso che la penuria di risorse investite e la delega degli enti locali verso le associazioni del terzo settore a gestire i progetti di integrazione degli immigrati ha contribuito a ridurre le distanze tra diverse ispirazio- ni politiche.

L’elemento da tenere presente è la velocità del fenomeno che nel primo decennio del secolo vede quasi quadruplicare le presenze da 110mila ad oltre 400mila residenti stranieri.

Verso la metà degli anni novanta solo i tre comuni più grandi della regione – Bologna, Modena e Reggio Emilia – si erano dotati di strut- ture tecniche apposite sul fronte dell’immigrazione (quella di Bologna con caratteristiche interassessorili).

In questa fase prevale ancora una visione del fenomeno in chiave di emergenza (che durerà a lungo) e che porterà ad alcune concentrazioni abitative che poi risulteranno difficili da rimuovere come il residence «Garibaldi 2» di Calderara di Reno (Bo), lo stabile «Errenord» a Mode- na, la zona nei pressi della stazione di Reggio Emilia, il quartiere Braida a Sassuolo, i grattacieli di Ferrara e di Rimini ecc.

Dopo l’approvazione della legge Turco-Napolitano (legge n. 40/1998), modificata poi dalla legge Bossi-Fini (legge n. 189/2002), il dibattito politico si polarizza e la regione Emilia-Romagna dapprima stipula un protocollo d’intesa sulla materia con le parti sociali (dicem- bre 2001) e poi approva la legge regionale n. 5 nel marzo 2004. L’im- pianto della legge si ispira ai documenti europei di Tampere del 1999 e contiene un impianto culturale basato sul concetto di parità di diritti e doveri; non si iscrive nel filone culturale delle affirmative actions di stampo anglosassone (cioè dare di più, in termini di garanzie minime, ai soggetti più deboli), riprendendo in sostanza i valori della legge Tur- co-Napolitano.

Tra l’altro vengono istituiti un osservatorio regionale sul fenomeno migratorio e una programmazione triennale in raccordo con il piano sociale regionale (poi piano socio-sanitario) e i piani sociali di zona. La clausola valutativa sarà rispettata con periodici monitoraggi. Dopo il ricorso del governo di centrodestra, la Corte costituzionale darà il via libera alla legge con la sentenza n. 300 del luglio 2005.

L’inserimento della problematica dell’immigrazione nei cosiddetti «tavoli tematici» dei piani sociali di zona risulta senz’altro positiva,

poiché fornisce un contesto amministrativo alle azioni sulla materia. L’impegno del terzo settore risulterà lodevole anche se si nota una certa proliferazione e frammentazione dei contenuti.

9.7 Priorità

Occorre sempre ricordare che il quadro politico generale non è favo- revole: l’iniziativa xenofoba descrive all’opinione pubblica supposte «condizioni di favore» per gli stranieri.

Nel primo programma triennale (2006-2008) la preoccupazione della regione sembra quella di cogliere tutte le implicazioni di una ma- teria che si sta sviluppando e articolando sempre più, per poter svolge- re al meglio la propria funzione di programmazione. Il documento ha quindi una valenza intersettoriale e si suddivide in capitoli che cercano di analizzare e fornire indicazioni nei vari settori come scuola, sociale, sanità, casa ecc.

Nel secondo programma triennale (2009-2011) prevale il tentativo di evitare una eccessiva frammentazione dei progetti, con il rischio di una loro dispersione e separazione tra accesso ai servizi e nuove proget- tualità. Vengono quindi individuate tre priorità generali: alfabetizzazio- ne, mediazione ed antidiscriminazione.

La promozione dell’apprendimento e dell’alfabetizzazione della lingua italiana recepisce tra l’altro le indicazioni previste da un accor- do del dicembre 2007 tra regione e Ministero della solidarietà sociale. L’insegnamento della lingua italiana rappresenta anche una delle prio- rità del Fei (Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi 2007-2013), mentre la legge n. 94/2009 dal 2011 prevederà l’obbliga- torietà del superamento di un test di italiano per conseguire il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo.

Su questo terreno la regione ha sempre cercato di operare in siner- gia con le strutture del Ministero per l’Istruzione operanti in Emilia-Ro- magna, a partire dai Centri per l’istruzione degli adulti (Cpia, ex Cpt) che hanno svolto un lavoro importante.

Per quanto riguarda i mediatori culturali, si tratta di figure di im- migrati residenti in Italia già da un certo numero di anni che svolgono un ruolo di facilitatori nei confronti degli arrivi più recenti della stessa comunità. In Emilia-Romagna si tratta di alcune centinaia di persone,

appartenenti alle comunità più numerose, che svolgono questo lavoro soprattutto in ambito sanitario e scolastico, in genere come dipendenti di cooperative sociali. Nella maggioranza delle situazioni sono donne, con un titolo di studio elevato e che in alcuni casi svolgono anche altri lavori.

Una variante è costituita da mediatori sociali o di conflitti, nell’am- bito dei servizi abitativi. Ad esempio, il comune di Reggio Emilia aveva avviato il progetto «Le regole del gioco» affrontando i temi della diffi- cile convivenza tra italiani e stranieri nel quartiere vicino alla stazione, dalla traduzione dei regolamenti condominiali, al controllo del paga- mento delle utenze, con un profilo che si potrebbe definire di educazio- ne civica.

Sul terreno delle discriminazioni su base etnica, più che sulla fase di rimozione e su sporadiche cause legali, si è cercato di lavorare alle fasi di prevenzione, che richiedono presupposti di tipo culturale, soprat- tutto presso le giovani generazioni, cercando di affrontare i pregiudizi alla base dei comportamenti discriminatori.

Come per gli sportelli informativi, si è cercato di dare alla rete anti- discriminatoria sul territorio regionale, una dimensione distrettuale, pur nella scarsità delle risorse a disposizione.

Il programma triennale 2014-2017 si propone di accompagnare gradualmente l’insieme dei servizi di welfare, nella definizione di ri- sposte efficaci di fronte ai bisogni espressi dagli stranieri.

9.8 Conclusioni

La fase più recente viene assorbita dalla gestione del fenomeno profu- ghiri-chiedenti asilo, in cui però la responsabilità principale fa capo al Ministero dell’Interno e che non ha mai superato la soglia massima di circa 15mila ospiti nelle strutture in Emilia-Romagna (2017).

Più che di fronte a numeri elevati, l’insofferenza dell’opinione pub- blica si è manifestata rispetto ai tempi lunghi nell’esame delle domande di asilo e ai relativi costi.

È indubbio che l’efficacia della propaganda sul tema dell’immi- grazione abbia avuto un rilievo nella campagna elettorale delle elezioni politiche del 2018. Vale però la pena osservare che, ad esempio, l’avan- zata della Lega in Emilia-Romagna si sia manifestata soprattutto nelle

aree con una relativa minore presenza di immigrati (Ferrara, Romagna ecc.), mentre in province come Piacenza e Parma il radicamento della Lega preesisteva alla crescita del fenomeno migratorio (vedi Cap. 6).

Il centrosinistra si difende meglio nelle aree centrali della regione, quelle più forti economicamente, che sono anche quelle di maggiore immigrazione. Più che nel rapporto diretto con l’immigrazione, la cre- scita della Lega è maggiormente visibile, oltre che nei piccoli comuni, nelle aree relativamente meno forti economicamente della regione.

Duque, nello spiegare i flussi elettorali, il nesso con la situazione economica appare più convincente di quello diretto con la presenza di immigrati. Ciò non toglie che l’effetto della campagna anti-immigra- zione, attraverso social e media nazionali, sia stato notevole anche in Emilia-Romagna. Le politiche locali di integrazione ne hanno inevita- bilmente risentito, come in tutto il paese.

L’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro ha aiutato a mantenere un clima di convivenza, per quanto indebolito da pregiudizi. Regione e comuni dell’Emilia-Romagna hanno cercato di favorire per- corsi di integrazione soprattutto nel mondo della scuola e della sanità. Si è cercato di evitare una lettura ideologica, pericolo sempre presente in questa materia. Prova ne sia che nel settembre 2019, la Provincia autonoma di Trento ha restituito a Bruxelles circa un milione di euro di fondi europei (Fami) con la motivazione che prima occorre fare gli inte- ressi degli italiani. Un esempio che dimostra quanta strada ci sia ancora da percorrere in Italia per affermare percorsi condivisi di integrazione sociale degli immigrati.

10. Identikit dell’elettorato in Emilia-Romagna: