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Le elezioni regionali del 2014 in Emilia-Romagna

4. Gli spostamenti di voto: un esame retrospettivo dei flussi elettorali in Emilia-Romagna

4.4 Le elezioni regionali del 2014 in Emilia-Romagna

Osserviamo ora le elezioni regionali in Emilia-Romagna. L’analisi che venne svolta in quell’occasione dall’Istituto Cattaneo riguardava i flussi tra le europee e le regionali del 2014 in quattro capoluoghi di provincia, Bologna, Modena, Parma e Reggio Emilia. Ovviamente, in una tornata elettorale in cui l’astensione ha raggiunto il 62,3% c’è da aspettarsi che tutti i partiti abbiano perso una parte del proprio elettorato verso l’area del non voto. La consistenza di questi flussi, però, è diversa da partito a partito. Inoltre, rispetto ai flussi abituali delle elezioni «di second’or- dine» degli anni precedenti, vi sono alcuni aspetti di indubbia novità.

Notiamo anzitutto che, sebbene tutti i partiti abbiano perso quote consistenti di voti verso l’astensione, il M5s è il partito che maggior- mente soffre di questa emorragia: verso il non voto si dirige una percen- tuale fra il 63% (Bologna) e il 74% (Reggio Emilia) di chi aveva scelto i 5 stelle alle europee.

Il Partito democratico e Forza Italia perdono voti verso l’astensione in maniera più contenuta ma pur sempre assai rilevante, e sostanzial- mente nella stessa misura (la media delle quattro città si aggira attorno al 43% del proprio elettorato). La Lega è la forza che riesce a limitare maggiormente i danni, subendo flussi verso l’astensione compresi fra il 20 e il 30% del proprio elettorato delle europee.

Tutte le altre dinamiche elettorali possono considerarsi secondarie rispetto alla frana collettiva verso l’astensione. Si tratta comunque di segnali importanti sui quali val la pena di soffermarsi brevemente.

Consideriamo in primo luogo il successo (indubbio) della Lega: è noto il fatto che nell’intera regione la Lega ha avuto il doppio di voti di Forza Italia, e questo risultato è sorprendente: un sorpasso di notevole valore simbolico. Il successo della Lega appare determinato da quattro dinamiche. In primo luogo, la maggiore tenuta (anche se non assoluta, come abbiamo già detto) verso l’astensione. Poi un voto proveniente da Forza Italia: si tratta di un flusso presente in tutte le città con una accen- tuazione a Parma, dove addirittura gli elettori di FI che hanno votato Lega sono superiori a quelli che hanno confermato il voto a FI. Una terza componente è un flusso di origine M5s, non rilevantissimo, ma si- gnificativo in quanto presente in tutte le città analizzate. Sappiamo che il successo di M5s nel 2013 fu determinato anche da elettori ex leghisti che avevano visto nel partito di Grillo un canale di protesta più credibi-

le della Lega di allora: di fronte alle attuali difficoltà dei cinquestelle è facile ipotizzare un loro parziale «ritorno a casa».

Infine notiamo che a contribuire al successo leghista c’è – in tutte le città – un flusso di voti dal Pd. Si tratta di un movimento elettorale a prima vista inaspettato. Tuttavia è possibile che l’appello di destra esplicita di Salvini (in particolare i toni aggressivi verso le minoranze etniche) abbia avuto una certa accoglienza presso frange popolari ed esposte al primo impatto con la marginalità sociale (ricordiamo come in Francia il lepenismo si sia avvalso di questa dinamica catturando simpatie presso ceti popolari già di sinistra).

Tornando al Partito democratico, rileviamo in tutte le città analiz- zate un flusso di voti verso l’area che abbiamo chiamato della «sini- stra radicale» (Sel + L’altra Emilia-Romagna), ed anche, in tre città su quattro, un flusso verso i cinquestelle. Il primo movimento è proba- bilmente da ricondursi alle resistenze anti-renziane interne al Pd (e ad alcuni scontri fra Renzi e il sindacato prima delle elezioni); il secondo potrebbe essere imputabile a ex elettori pentastellati che nelle europee erano confluiti su Renzi e che ora, disillusi, «ritornano a casa» (ma si tratta – evidentemente – di pure ipotesi).

La capacità, manifestata in questa occasione, dalla Lega di attrar- re voti ad ampio raggio è il dato che oggi appare più significativo, in quanto mostra una tendenza che si è in seguito sviluppata, non solo in Emilia-Romagna, ridefinendo in modo radicale il sistema politico. 4.5 Le tre fasi del Movimento 5 stelle. Analisi dei ballottaggi Nelle pagine precedenti abbiamo parlato dell’origine dei consensi pen- tastellati. Il carattere e la composizione di questo partito sono però mu- tati nel tempo. E l’Emilia-Romagna, che nello sviluppo del M5s è stata «all’avanguardia», ha partecipato in modo peculiare di questa evolu- zione. In un precedente studio dell’Istituto Cattaneo [Vignati 2016] ab- biamo esaminato questa evoluzione analizzando il comportamento dei suoi elettori in occasione di ballottaggi comunali dai quali il candidato di questo partito era escluso. In tal modo erano state individuate, in base alle scelte prevalenti operate da questo elettorato, tre fasi. La pri- ma (fino al 2012) è quella che è stata chiamata la fase «movimentista», durante la quale il Movimento 5 stelle pesca i suoi elettori nella base dei

partiti e dell’associazionismo di sinistra, grazie ai temi dei discorsi di Beppe Grillo (ecologismo, consumerismo ecc.). In questa fase iniziale, nella quale i consensi sono limitati e il Movimento non è ancora in gra- do di porsi come sfida al sistema dei partiti tradizionali, l’identità degli elettori resta in larga misura subalterna alla sinistra, di cui si percepisce come una momentanea alternativa, necessaria a dare una «scossa» al sistema. Nelle elezioni comunali di quegli anni, in assenza di propri candidati, al secondo turno prevale quindi il voto per i rappresentanti di sinistra.

La seconda fase (dal 2013 al 2015) è quella che abbiamo chiamato «identitaria»: nel momento in cui il M5s amplia i propri consensi e si pone quale forza che aspira a sfidare apertamente gli altri partiti, cam- biano le cose anche ai ballottaggi. Centrodestra e centrosinistra sono ormai entrambi rifiutati e l’astensione diventa la scelta largamente pre- valente. Questa scelta afferma dunque l’affrancamento del Movimento dalle sue origini e l’affermazione della propria «alterità» che porta al rifiuto di entrambe le coalizioni nei ballottaggi. Il passaggio dalla pri- ma alla seconda fase si svolge tra il 2012 e il 2013. Ovviamente, non si tratta di una scansione precisa e identica in ogni zona del paese: là dove i consensi sono cresciuti prima o in aree come l’Emilia-Romagna, dove i partiti di sinistra erano egemoni e venivano quindi più facilmente identificati come «nemico» da combattere, la fase identitaria è proba- bilmente giunta prima che altrove. In questa regione, ad esempio, il ballottaggio a Rimini nel 2012 sembra già ascrivibile a questa seconda fase: nello stesso anno in cui al secondo turno in altre aree del paese fra i cinquestelle continuava a prevalere il centrosinistra, a Rimini, la scelta maggioritaria (60% nell’altro) era già orientata verso questa astensione «identitaria».

La terza fase, cosiddetta «politica» (dal 2016), è quella di cui le elezioni del 2016 hanno dato vari segnali. A questo punto, la lealtà degli elettori verso il partito non è più legata esclusivamente ai temi (come prima fase) o all’affermazione della propria alterità (come seconda fase): il legame è piuttosto con gli obiettivi di vittoria politica del parti- to. In quest’ottica, i «giochi» politici, i vincoli e le opportunità del con- testo politico non sono più rifiutati in nome della purezza identitaria, ma contribuiscono in modo decisivo alle scelte degli elettori. Per questo, le scelte al ballottaggio tendono a premiare i candidati di centrodestra (perché in quella fase politica è soprattutto il Pd ad essere identificato come il «sistema» e quindi come «nemico» da battere). Il ballottaggio

(2016) di Bologna (come, fuori dalla regione, quelli, nello stesso anno, a Novara o Grosseto) è un esempio in cui si può osservare l’operare di tale logica. L’affermarsi di questa fase «politica» è indicativa del fatto che l’elettorato cinquestelle si consolida e lo fa attraverso un’identità che si contrappone in modo crescente al Pd.