3 Scuole della Seconda Occasione e pratiche di cura »
3.1 Le scuole di Seconda Occasione »
3.1.2 Chance-Maestri di Strada e la Scuola della
conseguito la licenza media.
In realtà la storia di Chance ha origini più lontane352, poiché è dal 1991 che, a livello volontario, insegnanti napoletani con esperienza di adolescenti a rischio iniziano il recupero in strada, sia nel centro storico che nelle periferie degradate, dei ragazzi che abbandonano la scuola e sorgono progetti in collaborazione tra scuole, privato sociale ed enti pubblici per il recupero alla scuola degli adolescenti a rischio di marginalità e criminalità. Poi la legge Turco 285/1997 e la legge-quadro 328/2000 offrono lo strumento legislativo perché enti pubblici e privato sociale possano organizzare iniziative integrate.
“Il Progetto Chance ha sperimentato per otto anni nuove pratiche di istruzione ed educazione finalizzate a restituire a giovani cittadini napoletani il diritto di cittadinanza che avevano perso rifiutando la scuola o accettando il rifiuto che questa ha prodotto.”353
In questi otto anni 1056 alunni inadempienti sono stati contattati e monitorati con verbalizzazione, 523 si sono iscritti a Chance e 465, cioè l’89% ha conseguito il diploma. Di questi 330, cioè il 71%, hanno iniziato per almeno un anno i successivi percorsi di offerta formativa integrata.
Il progetto Chance opera in tre quartieri (Quartieri Spagnoli, Soccavo, Barra) e si rivolge ad adolescenti di quattordici o quindici anni che non abbiano conseguito la licenza media, che spesso hanno accumulato un numero considerevole di assenze e poi hanno abbandonato la scuola, oppure non hanno proseguito dopo una bocciatura. Il loro livello di competenza è vario, ma spesso assai basso.
Chance continua a seguire gli studenti anche dopo il conseguimento della licenza, in accordo con le scuole superiori del territorio che si impegnano in un percorso di reale continuità ed accompagnamento.
Il contesto in cui opera Chance è caratterizzato da una grande densità abitativa con prevalenza di case in affitto spesso degradate, con un significativo legame tra geografia sociale e urbana ed un forte senso di appartenenza al territorio-quartiere dove spesso vivono più generazioni della stessa famiglia, con una considerevole stabilità abitativa. Il territorio è caratterizzato dalla presenza di attività criminali. La disoccupazione, la presenza di malattie
352
Si veda a questo proposito M. Rossi-Doria, Di mestiere faccio il maestro, L’Ancora, Napoli, 1999.
353
Gruppo di lavoro “Progetto Chance” (a cura di), Chance da progetto a scuola, Prove di Stampa a cura di Maestri di Strada, 2007.
infettive, l’evasione scolastica, le ripetenze nella scuola dell’obbligo, in particolare in prima media e prima elementare, hanno tassi più elevati rispetto alla media nazionale e spesso anche rispetto alla media della stessa città di Napoli. Bassissimo è il tasso di prescolarizzazione, anche a causa dell’assenza di scuole dell’infanzia. Elevato è invece il tasso di semianalfabetismo e analfabetismo tra i genitori, come pure il numero di mamme giovani, sole, con bassa scolarizzazione e lavoro precario, così come il tasso di condanne penali nelle famiglie e il numero di minori in trattamento presso il Tribunale. Molto diffuso anche l’uso del dialetto.
Le ispirazioni pedagogiche e le metodologie di Chance si sono sviluppate dall’esperienza di scuole e di insegnanti napoletani che, avendo operato a lungo in situazioni estreme adoperandosi per la frequenza scolastica ed il successo formativo di fasce di adolescenti ad alto rischio, avevano sviluppato una serie di modalità di intervento che si rivelavano efficaci ad ancorare i ragazzi alla scuola e costituivano un prezioso serbatoio professionale di pratiche didattiche innovative.
Gli ideatori di Chance hanno trovato i loro riferimenti nelle pratiche educative del CEIS di Margherita Nobeli, dell’asilo italo-svizzero, del Movimento di Cooperazione Educativa, del coordinamento delle Scuole Sperimentali, della Città Pestalozzi, nell’esperienza di Mario Lodi o di Emma Castelnuovo di cui hanno tenuto conto nel loro lavoro, pur nella differenza delle ispirazioni e delle esperienze.
Inoltre Chance si è ispirato a esperienze educative che si sono sviluppate fuori dalla scuola, da quella di Barbiana, al lavoro di strada svolto nei quartieri da volontari e operatori del privato sociale, aderendo allo sviluppo di comunità e cercando di costruire un profondo senso comunitario e stabilendo, fin dall’inizio, una collaborazione attiva con i Servizi Sociali Territoriali e il Tribunale dei minori.
Molte delle pratiche messe in atto nel progetto sono state teorizzate da lungo tempo, come ad esempio le pratiche laboratoriali e la costruzione dei saperi disciplinari a partire dalla pratica concreta, ma sono state raramente, e mai pervasivamente, applicate nella scuola ordinamentale, in particolare in quella secondaria.
L’elemento originale ed innovativo del progetto è costituito, secondo gli operatori di
Chance354
, dalla cura della relazione. Anche se la letteratura psicologica, pedagogica e scientifica si è occupata molto, nell’ultimo decennio, del legame tra apprendimento ed
354
emozioni, tra affettività e cognizione, la scuola ha continuato in gran parte ad operare ignorando sostanzialmente i risultati di questi studi. Le emozioni e gli affetti sono entrati nella scuola solo come psicologismo diffuso, come dichiarazione di intenti, come oggetto di interventi extrascolastici, ma nell’operare quotidiano poco sembra essere cambiato, come è emerso anche dalle affermazione degli studenti sul loro rapporto con gli insegnanti, testimoniate sia dai rapporti IARD e dal vissuto dei drop-outs.
Se l’importanza delle emozioni nell’apprendimento e nella vita scolastica sono fondamentali per ogni studente “In percorsi esistenziali precocemente segnati durante l’età evolutiva da una serie di traumi e abbandoni, il peso delle emozioni e la difficoltà del contenimento e della elaborazione delle parti più esplosive del proprio sentire impediscono a ragazzi e ragazze in questa situazione di poter fruire della scuola nelle modalità consuete. Se non vi è una cura di assetti didattici, organizzativi e pedagogici tali da rispondere a questa situazione, prevarranno o l’abbandono della scuola, o la assoluta incontenibilità dei comportamenti.”355
Gli studi sulla dispersione scolastica hanno messo soprattuttoin evidenza i suoi aspetti linguistici, cognitivi, socio-culturali, ma poco è stato studiato sulla relazione tra questi aspetti e quelli emotivi e relazionali.
Per ragazzi come quelli di Chance, spesso provenienti da famiglie multiproblematiche e da modelli culturali devianti, che trovano grosse difficoltà ad interagire fuori dal loro contesto antropologico di provenienza, non basta l’individualizzazione della proposta scolastica volta al recupero delle lacune cognitive, ma occorre un intervento caratterizzato da un’accoglienza della differenza antropologica, da una vera e propria mediazione interculturale, dalla presenza di adulti in grado di riconoscere e di gestire le emozioni che intervengono nel rapporto con gli adolescenti problematici.
Il progetto parte dall’idea che la formazione scolastica, prima che una funzione dello Stato, rappresenti una parte della cura parentale, affidata ad una istituzione sociale e che occorrano, come condizioni base per l’apprendimento, accoglienza, protezione, sentimenti di fiducia e di sicurezza.
355
L’accoglienza e l’ accettazione degli allievi, la ricerca di un rapporto personale non sono, come afferma Moreno356, retorica paternalistica, ma spazio reale di incontro con misure di protezione per evitare coinvolgimenti eccessivi.
Secondo Moreno, Chance parte dal presupposto che l’attività educativa sia opera di quattro soggetti fondamentali, chi istruisce, chi educa, chi forma e chi cura.
Nel Progetto Chance questi quattro soggetti, da una parte sono rappresentati da quattro figure distinte quali l’insegnante, l’educatore, il formatore ed il genitore sociale357, dall’altro queste quattro diverse professionalità e forme di intervento sono integrate in una vera e propria comunità educante.
“Né l’educatore, né l’istruzione, né il formatore, né la cura da soli fanno niente e
neppure se si coordinano tra di loro, perché il coordinamento significa che ognuno rimane nella sua sfera. Il problema è che questi quattro soggetti si devono integrare e quindi questo ha delle conseguenze molto rilevanti sulla configurazione professionale di ciascuna categoria.”358
Attraverso formazione, azione e progettazioni comuni le competenze si sono ampliate e contaminate. “Nessuno di questi quattro protagonisti può essere puro”. L’insegnante quindi non può essere solo colui che istruisce, ma deve avere competenze anche rispetto alla formazione, alla cura, alla educazione.
“Il Progetto Chance credo sia l’unico (ho indagato, e non è un vanto, anzi un
dispiacere) dentro cui queste quattro situazioni sono rappresentate all’interno di uno stesso organismo.”359
Intorno al tavolo della progettazione infatti siedono il formatore, l’educatore, l’insegnante, il genitore sociale. Dopo dieci anni di collaborazione la stretta relazione li ha trasformati in una vera comunità educante.
Per quanto attiene all’offerta formativa, Chance è caratterizzata dalla strutturazione di quella che i suoi operatori definiscono come una “configurazione pedagogica” innovativa. “Per configurazione pedagogica intendiamo una organizzazione del lavoro, una tecnologia
356
Cesare Moreno è Presidente dell’Associazione Maestri di Strada Onlus e Coordinatore della Sezione Associata Sperimentale per il recupero della Dispersione Scolastica Chance.
357
Sono genitori, in larga maggioranza mamme che hanno un ruolo di interfaccia rassicurante con i genitori degli allievi di Chance non sempre ben disposti nei confronti della scuola, sia per motivi culturali che per esperienze negative spesso accumulate. Ha la funzione specifica della cura genitoriale all’interno del progetto, quella di mitigare i conflitti. Sono figure del quartiere che condividono la stessa cultura dei ragazzi e riescono a risolvere delle situazioni che per gli operatori sono problematiche, i ragazzi verso di loro mostrano meno aggressività. Inoltre hanno un grosso ruolo nell’osservare i ragazzi in situazioni informali. Sono spesso mamme del quartiere che hanno seguito un corso di educazione degli adulti di 80 ore finalizzato a formare operatori di comunità
358
Appendice. Intervista B.
359
che stabilisce relazioni funzionali tra strutture, idee, persone, azioni. Il progetto Chance ha rimesso in discussione ogni minimo particolare riguardante l’organizzazione della scuola: gestione delle presenze, della disciplina, delle regole, di premi e punizioni, quadri orari, benessere psico-fisico…Ma soprattutto il progetto ha rivisitato e riorganizzato il quadro delle relazioni tra città, famiglia, scuola che è alla base dell’esistenza dell’istituzione scolastica.”360
In accordo con gli obiettivi delle Scuole di Seconda Occasione individuati nel Libro Bianco, il Progetto Chance agisce su due fronti. Da una parte un’offerta formativa innovativa e flessibile in tempi, modi e contenuti e dall’altra la ricostruzione di un tessuto sociale intorno alla crescita e alla progettualità dei giovani, attivato soprattutto attraverso un rafforzamento della genitorialità. Il recupero del dropping out si inserisce dunque in un progetto sociale più ampio che coinvolge le famiglie ed il quartiere. La mediazione dei rapporti tra adolescenti ed adulti attiva il sostegno dei gruppi di riferimento dei ragazzi che apprendono e che, per essere coinvolti nel progetto, devono sentire il più possibile la condivisione emotiva da parte degli ambienti sociali di riferimento.
I percorsi didattici proposti sono caratterizzati dalla valenza orientativa delle discipline rinforzata dalle pratiche laboratoriali; dall’espressione artistica capace di far esprimere e comunicare emozioni, da percorsi per la cittadinanza; dallo spazio per la parola scritta ed orale utilizzata come strumento di regolazione del pensiero e di contenimento e non solo come veicolo disciplinare; dalla ricchezza e dalla varietà delle tecnologie didattiche; dal trarre materia di apprendimento da ogni contesto e occasione; dalla valorizzazione delle esperienze informali; da comunicazioni didattiche interattive.
I principi organizzativi che gli operatori di Chance riconoscono come più caratteristici e significativi nel loro approccio sono innanzitutto la capacità riflessiva.
“La nostra forza è la capacità di rielaborare l’esperienza” Le pratiche attuate all’interno del progetto sono sottoposte a continua revisione facilitata da riunioni settimanali di supervisione psicologica e pedagogica.. “Se mancasse questa tensione ricostruttiva
saremmo diversi da come siamo, la riflessività è il nostro pane”.361
Come afferma Moreno: “Bisogna deprivatizzare le pratiche didattiche, quindi, di
conseguenza gli spazi di discussione, di riflessione, di studio sono spazi professionali, non
360
Gruppo di lavoro “Progetto Chance” (a cura di). op. cit., p. 6.
361
Appendice. Intervista C. Vera Manacorda, Coordinatrice Progetto Chance, Componente dei Gruppi di Lavoro del Provveditorato, Componente dei Gruppi di Ricerca dell’IRRE Campania.
spazi privati…abbiamo incrementato fortemente la quantità di ore che dedichiamo alla manutenzione delle risorse professionali”.362
Secondo Manacorda, nel Progetto Chance c’è un rapporto coerente tra i tempi di lavoro con i ragazzi e i tempi di lavoro tra adulti, altrimenti, come nella scuola tradizionale, il docente si sentirebbe e sarebbe isolato. Non può bastare il tempo informale dello scambio in corridoio, o il programmare in fretta, nel tempo di un’ora al mese del consiglio di classe. L’insegnante, secondo Moreno dovrebbe essere un professionista gruppale riflessivo.
Questa condivisione e riflessione sull’esperienza fa sì il docente di Chance non sia chiuso in un isolamento angoscioso ma, avendo i necessari supporti, pur lavorando in un ambiente estremo, sia più soddisfatto e sereno del docente tradizionale: come afferma Moreno, nei corridoi di Chance non si sentono le urla dei docenti, come spesso accade nella scuola ordinamentale.
Insegnanti ed educatori usano la parola, ma parlano soprattutto col loro modo di essere ed i ragazzi sono molto più sensibili all’essere che non al dire. Per questo la cura del benessere dell’insegnante e dell’educatore si configura come un fattore di produzione del servizio e non un fatto privato.
L’altra caratteristica del Progetto, riconosciuta come particolarmente significativa, è il rigore e nella organizzazione degli spazi e dei tempi programmati attraverso un regolare lavoro di equipe che consente scelte significative che tengono sempre conto del punto di vista dei ragazzi e di come questi le leggeranno e le recepiranno.
Come specifica Manacorda il tempo scolastico è scandito dalla autovalutazione a cui i ragazzi lavorano, a seconda della organizzazione, o alla fine del blocco delle prime due ore o a alla fine della giornata. Consiste in una contrattazione con il docente e attraverso l’aiuto del docente rispetto a ciò che il ragazzo ritiene di aver fatto rispetto a presenza, partecipazione, apprendimento, il risultato viene segnato su un apposito cartellone. Dove è possibile nella “contrattazione” sono coinvolti anche i compagni. Questa è una cosa sulla quale è più facile ed opportuno lavorare negli anni successivi, man mano che si allentano i legami verticali e si rinforzano quelli orizzontali. La capacità e la pratica della valutazione dei compagni è un
362
Appendice. Intervista B.“Facciamo 3 ore di discussione psicologica ogni quindici giorni cioè riflettere su ciò che va e su ciò che non va, legata alla operatività, dove è presente uno psicologo che ci aiuta a rielaborare, capire meglio come leggere le emozioni dei ragazzi al fine di capire come intervenire (piuttosto che agire sull’emozione irriflessa del momento)”
elemento di coesione e di responsabilizzazione del gruppo363. Il Progetto di Roma ha al suo attivo dieci anni di attività. E’ stato promosso dall’ARCI in partenariato con il Centro Territoriale Permanente per l’istruzione e la formazione in età adulta ed in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università di Roma La Sapienza. E’ nato attraverso un finanziamento del fondo sociale Europeo ed ha usufruito nel corso degli anni di forme varie e differenziate di finanziamento sia italiane che europee.
Il progetto agisce in una periferia romana a rischio, il quartiere di Pietralata, ed è stato inizialmente rivolto a giovani minorenni che avevano abbandonato la scuola provenienti anche dal circuito penale. Si trattava, all’inizio, di una sorta di centro diurno-scuola che offriva accoglienza e la possibilità di costruire le competenze necessarie per riprendere il percorso scolastico. Esso agiva in collaborazione con la scuola secondaria di 1° grado Luigi Di Liegro, dove i ragazzi sostenevano poi l’esame di licenza media. Il centro era comunque esterno alla scuola ed insegnanti ed operatori, anch’essi esterni alla scuola, operavano una ” presa in carico globale” del minore che veniva seguito dal punto di vista educativo, psicologico, familiare e sociale.
L’esperienza si è dimostrata significativa sia per il riscontro positivo ricevuto dall’utenza, sia per la creazione di un complesso ricco ed articolato di competenze negli operatori coinvolti. Il radicamento sul territorio dell’esperienza ha fatto divenire il progetto un punto di riferimento essenziale per il territorio e l’iniziativa è proseguita oltre il termine del finanziamento europeo. L’Arci di Roma, attraverso un finanziamento della Provincia, ha avviato un nuovo progetto dal titolo emblematico di “La Scuola della Seconda Opportunità-
La sfida di una scuola dentro la scuola.”
Il progetto è stato svolto, dunque, all’interno ed in stretto collegamento con la scuola media ed il Centro Territoriale Permanente ed ha visto agire insieme personale scolastico, come il dirigente e gli insegnanti, e figure provenienti dal privato sociale come la tutor e la psicologa.
L’esperienza ha da un lato facilitato la lettura del disagio e l’intervento sui fenomeni dispersivi della scuola e dall’altro ha offerto una proposta educativa alternativa a quei ragazzi, tra i quindici ed i diciotto anni senza licenza media, che avendo subito già un forte danno
363
motivazionale, causato dagli insuccessi e dalle ripetenze, non si sentivano in grado di proseguire il loro percorso nella scuola tradizionale.
Il percorso si basa su un processo di rimotivazione attuato attraverso una rielaborazione delle sconfitte e la riacquisizione della capacità di stare nel gruppo. Questi obiettivi sono raggiunti attraverso la gradualità della presenza a scuola che sostituisce un modello basato sulla qualità del tempo scolastico, ad uno basato sulla quantità. Il rapporto tra insegnante e discente è all’inizio individualizzato (uno ad uno ) e questo consente un primo passo verso la rimotivazione attraverso la creazione di una relazione significativa. Poi i ragazzi iniziano a lavorare in coppie con la presenza di un insegnante, per essere reinseriti gradualmente a lavorare in un gruppo di pari, sempre coordinato da una persona adulta, fino ad arrivare ad un gruppo molto allargato con la co-presenza di più operatori adulti. Il recupero a livello formativo procede dunque di pari passo con quello affettivo-relazionale.
Il modello è stato poi allargato inserendo adolescenti stranieri a rischio di dispersione scolastica, maggiormente motivati dell’utenza italiana, ma che non hanno trovato nella scuola ordinamentale una risposta ai loro bisogni formativi speciali. Il danno motivazionale nel loro caso è dunque meno forte, forse perché il processo migratorio, pur nella sua traumaticità, attiva motivazione e capacità volte al necessario adattamento al luogo nel quale si emigra . “La consapevolezza del fatto che gli strumenti che potenzialmente la scuola può loro offrire sono utili e necessari per vivere nella terra che li accoglie, potrebbe essere all’origine del fatto che, nonostante la difficoltà di inserimento all’interno del percorso scolastico istituzionale, rimane in loro vivo il desiderio di apprendere e partecipare, desiderio che emerge nel momento in cui si sentono accolti e compresi all’interno di un contesto formativo calibrato sui loro bisogni.”364
L’inserimento dei ragazzi migranti ha costituito, secondo gli organizzatori del progetto, un valore aggiunto e la diversità si è dimostrata essere una ulteriore risorsa attivando una complementarità ed uno scambio tra la maggiore motivazione degli studenti stranieri e la maggiore competenza linguistica di quelli italiani.
Il progetto ha coinvolto sinora centodue ragazzi e ragazze di cui venticinque stranieri. Gli studenti italiani “sono tutti provenienti da esperienze di bocciature ripetute nella scuola ordinaria, alcuni dei quali fuoriusciti dal circuito formativo ormai da uno o due anni. I tratti caratterizzanti comuni sono individuati da esperienze di insuccesso scolastico, situazioni
364
familiari complesse, disagio sociale elevato, difficoltà ad interagire con coetanei e adulti, difficoltà ad accettare e condividere le regole di convivenza di un gruppo sociale, mancanza di motivazione allo studio e alla realizzazione di sé.”365
Il modello di intervento della Scuola della Seconda Opportunità di Roma si fonda anch’esso sul riconoscimento del danno motivazionale366.
365
Ivi, p..158.
366
A. M. Ajello, Insegnare ad adolescenti in difficoltà: la molteplicità delle variabili in gioco, Rapporto di ricerca- Arci Progetto Youthstart, Roma, Arci, 2000, pp.26-41.