3 Scuole della Seconda Occasione e pratiche di cura »
3.2 L’indagine sul campo »
L'indagine sul campo è partita dall’obiettivo di approfondire la conoscenza delle prassi della Scuola di Seconda Occasione in quanto approccio innovativo volto ad affrontare i problemi della dispersione scolastica e dell'insuccesso formativo. Questo per contribuire alla costruzione di un campo di conoscenza che possa offrire elementi di riflessione utili nell'ambito della formazione degli insegnanti affinchè possano essere facilitati in un approccio efficace ai problemi della dispersione scolastica e dell'insuccesso formativo, e nell'accoglienza delle problematiche della fascia più fragile della popolazione adolescente.
Nella fase iniziale della ricerca sul campo, sono state somministrate sei interviste a coordinatori dei Progetti di Scuola della Seconda Occasione ( 2 ai coordinatori del progetti Scuola della Seconda Opportunità di Roma, due ai coordinatori del Progetto Chance di Napoli, una al coordinatore del Provaci ancora Sam di Torino e a Marco Rossi-Doria, ideatore del Progettto Chance), considerati testimoni privilegiati rispetto al tema da indagare. Attraverso queste interviste che si sono configurate come una conversazione avviata dalla richiesta di descrivere i progetti e di identificare i loro punti di forza nel combattere la dispersione scolastica, si è effettuata una esplorazione molto ampia dei temi. Queste interviste hanno svolto una funzione descrittiva367 utile ad orientare la ricerca e a mettere a punto lo strumento delle successive interviste agli insegnanti.
Attraverso le interviste ai coordinatori dei progetti i temi dell’indagine si sono chiarificati e specificati. La domanda di ricerca relativa alle prassi educative della Scuola di Seconda Occasione è stata infatti inscritta nella cornice interpretativa della cura educativa, identificata, nelle interviste esplorative, come filo conduttore delle pratiche dei progetti.
Questo rapporto circolare tra la domanda di partenza ed i concetti emersi dal campo ha consentito di definire una seconda domanda di ricerca relativa alla individuazione di indicatori empirici della cura educativa. Infatti dall’approfondimento del tema della cura educativa in letteratura, è emersa l’opportunità di una definizione più precisa delle sue prassi e dei loro indicatori in quanto il processo di semantizzazione della categoria della cura, in corso in ambito pedagogico, ha solo di recente iniziato ad affrontarne lo studio sistematico attraverso la ricerca.
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Le interviste “nella fase iniziale dell’indagine…svolgono una funzione descrittiva necessaria alla messa a fuoco dell’oggetto cognitivo. A questo stadio le interviste si presentano come «giri d’orizzonte» utili all’orientamento del ricercatore e alla messa a punto della traccia dell’intervista.” S. Tusini, La ricerca come
Si è dunque partiti da ampie domande di ricerca piuttosto che dalla formulazione di vere e proprie ipotesi per attuare una indagine di carattere essenzialmente esplorativo e dialogico. Sono stati formulati, attraverso lo studio della letteratura, dei concetti iniziali che hanno costituito delle direzioni verso le quali guardare piuttosto che stabilire precisamente ed anticipatamente che cosa vedere.
Mentre nell’approccio standard o quantitativo le ipotesi vengono formulate nel modo più esaustivo possibile prima dell’indagine e la ricerca sul campo serve a verificarle o a falsificarle, il tipo di indagine che si è attuato ha lavorato attraverso una circolarità fra concettualizzazioni iniziali e concettualizzazioni derivate dalla ricerca sul campo, fra elaborazione teorica e ricerca empirica, che si sono influenzate e modificate a vicenda co- costruendo insieme una narrazione sui temi di ricerca.
Per questo si è scelto come strumento di indagine l'intervista che si configura come una forma di interazione sociale basata su un dialogo, su una conversazione in cui però entrambi gli interlocutori, cioè l’intervistatore e l’intervistato abbiano chiaro il proprio ruolo.
“Nelle scienze sociali...con il termine «intervista» generalmente si intende un’interazione diretta (visiva o vocale) tra due soggetti che assumono ciascuno un ruolo specifico (intervistatore e intervistato) allo scopo di produrre informazioni rilevanti su un oggetto cognitivo a fini di ricerca”368
Al contrario del questionario che produce risposte, l'intervista produce dei discorsi relativi a rappresentazioni o a pratiche sociali. L’intervista rende possibile “cogliere la “traduzione” dei fatti sociali che si vogliono indagare, equivale a cercare la rappresentazione congiunta delle prove e delle sfide così come appaiono connesse all’interno della pratica; si ricostruisce in tal modo lo svolgimento della vita sociale nello spazio naturale di attuazione, a partire dalle categorie proprie dell’attore”369.
Prima della stesura dell’intervista le domande di ricerca relative alla conoscenza delle prassi della Scuole di Seconda Occasione, agli indicatori empirici della cura educativa e alle competenze costruite dagli insegnanti nell’esperienza nella Scuola di Seconda Occasione, sono state scomposte in sottodimensioni articolando così i temi che si volevano indagare.
Le sottodimensioni individuate attraverso il contributo della letteratura sulla cura educativa sono state: l’agire educativo nelle sue dimensioni concrete, la dimensione personale ed emozionale della cura, la progettazione educativa e le strategie utilizzate, le competenze
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Ivi, p.19.
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acquisite dagli insegnanti coinvolti nei progetti, la relazione con gli studenti e nel gruppo adulto.
Si è passati poi alla stesura di domande che potessero aiutare l’esplorazioni delle aree individuate.
L’intervista che si è scelto di utilizzare è un tipo di intervista non standardizzato. “Si ritiene non standardizzata (o non direttiva, in profondità, discorsiva, qualitativa, biografica, narrativa, ermeneutica - e la lista è senz’altro incompleta) un’intervista che prevede una traccia comprensiva di una lista di temi (più o meno dettagliata) su cui l’intervistatore deve raccogliere informazioni. Questa fattispecie permette all’intervistatore di affrontare gli argomenti nella sequenza e nella forma che giudica più appropriate e lascia molto margine all’iniziativa dell’intervistato. In questo caso le informazioni così raccolte vengono analizzate secondo un approccio ermeneutico.”370
Da un punto di vista terminologico il termine intervista in profondità, piuttosto che intervista non standardizzata, pare meglio cogliere il concetto geertziano di thickness ottenuta attraverso questo tipo di indagine. Geertz371 parla infatti di descrizioni di tipo thin e di descrizioni di tipo thick a seconda che si tratti di una illustrazione esterna e lineare del fenomeno che non dia conto dell’universo di senso da esso implicato o una descrizione profonda che cerca di interpretarlo e di comprenderlo considerandone il maggior numero possibile di implicazioni. “ Come si intuisce, il prodotto di queste due modalità di investigazione non potrebbe essere più diverso: da una parte una muta fotografia; dall’altra un discorso, una proposta interpretativa basata sulle informazioni raccolte e ricca di «immagini» relative a processi e meccanismi sociali e culturali. Questo secondo è l’obiettivo cui tendono le intervista in profondità.”372
La thick description vuole cogliere il senso che i soggetti attribuiscono alle azioni che svolgono, il loro coinvolgimento personale in esse, considerate parte di fenomeni sociali e culturali più ampi. Questo tipo di indagine è caratterizzata da un
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Ivi, p.21. L’intervista non standardizzata è tipica dell’approccio biografico nel quale gli interventi dell’intervistatore sono minimi e volti esclusivamente alla facilitazione della più libera espressione dell’intervistato L’intervista parzialmente standardizzata, volta soprattutto ad indagare l’universo di valori e di atteggiamenti dei soggetti, raccoglie informazioni su ciascuno degli argomenti previsti, sottoponendoli al soggetto ogniqualvolta egli tenda a tralasciarli. Il tipo di intervista utilizzata in questa ricerca si avvicina a quella parzialmente standardizzata in quanto si configura come una serie di domande aperte con una successione logica che però può essere modificata per rendere più fluida e naturale l’interazione e lascia ampio spazio all’intervistato di aggiungere considerazioni non strettamente inerenti alla domanda.
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C. Geertz, Interpretazioni di culture, Il Mulino, Bologna, 1987, Ed. or. Interpretations of culture, Basic Books, New York, 1973.
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approccio interpretativo che cerca significati piuttosto che da un approccio sperimentale che cerca leggi.
Si è scelto questo strumento per lasciare il massimo spazio agli insegnanti e per cogliere dunque, attraverso un atteggiamento di ascolto aperto, non imbrigliato da griglie troppo strette, non solo informazioni, ma soprattutto interpretazioni, idee creative di soluzioni, valutazioni di esperienze fatte, strategie personali sviluppate, atteggiamenti e sentimenti.
Si è ritenuto opportuno utilizzare l'intervista non standardizzata anche a causa della complessità del tema da indagare, quello delle pratiche di cura educativa, che implica molti aspetti complessamente interrelati tra di loro ed un coinvolgimento personale dei soggetti nell’azione di cui devono dare conto. “Un ulteriore elemento da considerare è la complessità: un tema difficilmente riconducibile a poche dimensioni, infatti, dovrebbe essere indagato mediante strumenti che permettano una certa libertà d’azione sia da parte dell’intervistatore che da parte degli intervistati; in questo modo sarà possibile rintracciare gli ambiti su cui questi ultimi sono inclini a soffermarsi e che l’intervistatore potrà approfondire intervista dopo intervista.”373
Le informazioni ottenute con l’intervista qualitativa hanno un carattere descrittivo, diverso da quelle ottenute con strumenti standardizzati, esse infatti, come si è detto, non sono volte alla verifica delle ipotesi formulate, né a dare una descrizione statistica dei fenomeni, ma a dare descrizioni ed interpretazioni via via più approfondite della tematica affrontata .
Intervista insegnanti
a) Se dovesse presentare i suoi studenti a qualcuno che non li conosce, come li descriverebbe?
b) Cosa significa per lei aver cura dei ragazzi?
c) Secondo la sua esperienza cosa “funziona” con questi studenti e cosa è invece controproducente?
d) Come fa ad individuare i loro bisogni e i loro desideri? e) Come avviene la progettazione educativa?
f) Come organizza i tempi e gli spazi nel suo lavoro? g) Quali strumenti didattici usa?
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h) Come descriverebbe la sua relazione con gli studenti? i) Cosa vuol dire ascoltare gli studenti?
j) Quali caratteristiche personali pensa che la facilitino nel suo lavoro e quali invece le siano di ostacolo?
k) Mi parla dei sentimenti che agiscono nel suo lavoro? l) Mi può descrivere il suo rapporto con i colleghi?
m) Ha bisogno di prendersi cura di sé per affrontare meglio il suo lavoro? In che modo? n) Pensa di aver appreso nuove competenze attraverso questo lavoro? Quali?
o) Con quali altri operatori ha avuto modo di lavorare? Ha appreso qualcosa da loro? Cosa?
p) Questo lavoro la ha modificata come persona?
L'intervista è stata proposta a 12 insegnanti 7 della scuola di Napoli e 5 della scuola di Roma. Il fine non è stato quello di creare una comparazione tra le due esperienze che, pur avendo elementi ispiratori e prassi comuni, si differenziano per organizzazione, quanto quello di arricchire il modello di cura educativa che sarebbe emerso dall'indagine attraverso le testimonianze raccolte in due contesti differenti.
E’ importante sottolineare come i soggetti cui è stata somministrata l’intervista non possono in nessun modo essere considerati un campione374.
Il concetto di campione, come quello di rappresentatività infatti non è epistemologicamente compatibili con la ricerca non standard.
Al concetto di rappresentatività del campione è possibile sostituire in quest’ambito il concetto di centralità problematico-categoriale375, per cui i soggetti da intervistare non sono stati scelti in quanto campione statisticamente rappresentativo, ma poiché, rispetto alle domande di ricerca, sono stati considerati informatori particolarmente significativi.
“Il campionamento naturalistico è, quindi sostanzialmente differente da quello convenzionale, poiché non è preordinato in modo statistico, ma viene operato sulla base delle informazioni che vengono raccolte lungo tutto il processo. La critica che viene mossa a questo
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Per campione si intende infatti un insieme di soggetti che, pur essendo numericamente inferiori rispetto alla popolazione alla quale appartengono, ne sono un sotto-insieme statisticamente rappresentativo estratto secondo un procedimento detto campionamento che può essere effettuato secondo diversi criteri.
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tipo di campionamento è che non consente generalizzazioni; ciò è vero, ma dal punto di vista naturalistico questa obiezione non è pertinente perché l’obiettivo che persegue questo approccio epistemico non è la generalizzazione, ma la trasferibilità delle procedure d’indagine, nonché la significatività dei dati raccolti.”376
Non si parla infatti, nell’ambito della ricerca qualitativa, di generalizzabilità dei risultati quanto piuttosto della loro trasferibilità, ritenendo che le conclusioni tratte possano valere anche per altre realtà che hanno caratteristiche simili377.
Si è preferito registrare le interviste per dare massimo spazio all’ascolto ed evitare di essere impegnati nella trascrizione di appunti durante il colloquio e per neutralizzare al massimo effetti di distorsione. Come ci fa notare Tusini “Per la verità anche il termine «distorsione» (bias), sebbene molto diffuso in letteratura, non è soddisfacente perché rimanda all’idea che esista uno stato standard (conoscibile) in base al quale valutare gli scostamenti.”378
Il tentativo di evitare effetti di distorsione è da intendersi dunque non come il tentativo di cogliere al massimo grado una realtà oggettiva che non coinvolga le soggettività dell’intervistatore e dell’intervistato, ma come il tentativo di lasciare la massima libertà espressiva all’intervistato, supportata dall’ascolto interessato dell’intervistatore che valorizza la sua espressione senza interromperlo, senza dare opinioni, senza distrarsi per prendere appunti, con la possibilità di ricostruire e trascrivere a posteriori in modo integrale e fedele i discorsi raccolti.
Non possiamo escludere comunque, come per ogni intervista, alcuni generi di distorsione derivati ad esempio dalla desiderabilità sociale.379
Possiamo ritenere probabile che un insegnante avrebbe difficoltà, in un contesto di intervista, a manifestare sentimenti di avversione nei confronti dei propri alunni difficili, o
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L. Mortari, Cultura della ricerca e pedagogia. Prospettive epistemologiche, Carocci, Roma, 2007, p. 67.
377
Mortari fa notare partendo dal presupposto che non si possa accedere ad una conoscenza extratemporale ed extracontestuale come sia sempre impossibile parlare di generizzabilità quanto piuttosto di trasferibilità del sapere ad aspetti analoghi in contesti simili.
378
S. Tusini, op. cit.p.51.
379
Il tema potrebbe rientrare, almeno in parte, in quelli che vengono definiti socially-conflicted objects cioè “tematiche su cui insistono specifiche aspettative sociali relativamente a ciò che è giusto o sbagliato; questi valori, sebbene costruiti socialmente non sono stati interiorizzati in modo soddisfacente dalla popolazione e perciò, in questi casi, possono essere causa di reazioni socially desiderable”, cioè la pressione esercitata dalla desiderabilità sociale durante l’intervista potrebbe spingere gli interessati a dare di sé l’immagine migliore possibile, quella socialmente accettabile. Ivi, p.57.
verso i contesti socio-culturali cui appartengono, a esprimere giudizi negativi verso la loro scolarizzazione ecc…E’ socialmente desiderabile che si manifesti comprensione, desiderio di includere ed integrare.
Tutti gli insegnanti, sia quelli della scuola della seconda opportunità attiva presso la scuola media statale di Roma, Pietralata, Luigi di Liegro, che quelli che lavorano presso il Progetto Chance di Napoli si sono dimostrati disponibili ed interessati all’intervista e, durante il suo svolgimento, hanno dimostrato partecipazione, desiderio di approfondire le loro idee ed i loro argomenti. I temi di cui erano invitati a parlare li coinvolgevano profondamente come il loro lavoro cui la maggior parte pare dedicarsi per scelta e con passione. Sono parsi gratificati dall’essere ascoltati con interesse e dal fatto che le loro opinioni e le loro esperienze sarebbero state utilizzate come un contributo per individuare modalità efficaci di lotta alla dispersione scolastica.
Delle interviste è stata operata una analisi restituiva380, una analisi volta cioè a restituire cioè il discorso dell’intervistato, privilegiando le sue categorie concettuali ed il suo linguaggio.
I testi delle interviste sono stati interpretati in un rapporto di scambio circolare tra i concetti del ricercatore e quelli emergenti dal campo.
Si sono individuati una serie di temi in relazione ai quali sono stati raggruppati i brani che si riferiscono allo stesso elemento concettuale per ricostruire il campo semantico emergente dall'indagine.
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Tusini distingue l'analisi restitutiva dalla analisi illustrativa delle interviste che piega il materiale raccolto alle esigenze della dimostrazione del ricercatore. “L'approccio illustrativo e quello restitutivo così esposti possono essere pensati come tipi ideali, come estremi di un continuum che privilegia da una parte le categorie concettuali e il linguaggio degli intervistati, e dall'altra quelli del ricercatore.” S. Tusini, op. cit., p.144.