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Charles Avison: An Essay on Musical Expression (1752).

Una nuova organizzazione del sapere musicale

5. Charles Avison: An Essay on Musical Expression (1752).

L’ultimo esempio che tratteremo per illustrare come e quanto musici teorici e pratici abbiano fatto uso di concetti elaborati in àmbito filosofico per arricchire la riflessione sulla propria arte è il celebre Essay on Musical Expression di Charles Avison, già menzionato nella prima parte del nostro lavoro a proposito dei concetti di ‘imitazione’ ed ‘espressione’.

Charles Avison (1709-1770) trascorse la propria vita a Newcastle upon Tyne esercitando la professione di organista e maestro di musica. Fondatore della Newcastle Musical Society, fu attivo promotore di attività concertistiche, nonché compositore.35 E sarà proprio l’intreccio di letture filosofiche, pratica e didattica

musicale, uniti a una particolare attenzione per i problemi esecutivi, a fornire una congerie di stimoli che confluiranno nella scrittura dell’Essay.

Il saggio è suddiviso in tre parti, precedute da un breve glossario di termini musicali (quali melodia, armonia, modulazione, ecc.), la cui ideazione potrebbe essere stata ispirata dalla consultazione del menzionato Treatise on Harmony di Pepusch, che adotta una simile misura. Come nel caso dello scritto di Lampe, è nella prima parte dell’Essay che emerge con più evidenza la partecipazione di Avison ad diventateci familiari nel corso del nostro lavoro: la ricerca dei fondamenti dell’arte nella natura umana, l’idea della presenza di un senso interno che ci permette di percepire bellezza e armonia, l’importanza dell’associazione delle idee. Tutti questi elementi vengono utilizzati da Avison nella prima sezione dell’opera, dedicata a ‘The Force and Effects of Music’, cui fa seguito un paragone tra musica e pittura. La seconda parte dell’Essay è dedicata alla composizione e, in particolare, al rapporto d’equilibrio tra melodia e armonia necessario alla buona riuscita di un pezzo. Infine

35 Per riferimenti più dettagliati alla biografia di Avison cfr. l’introduzione all’edizione

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Avison si dedica alla trattazione del concetto di espressione musicale – sia in relazione alla composizione, sia in relazione all’esecuzione – che va ad occupare i due terzi dell’opera.

Già nella percezione dei contemporanei, l’Essay di Avison si presenta come un’importante novità nel panorama delle riflessioni sulla musica. Charles Burney nell’Essay on musical Criticism, che apre il secondo volume della sua storia della musica, indicherà Avison come il primo autore che abbia dedicato una trattazione sistematica al «musical criticism».36 Come avremo modo di vedere, molte delle

riflessioni del compositore di Newcastle sono riconducibili ad autori precedenti e, in particolar modo, a James Harris. Tuttavia il senso di novità suscitato dall’apparizione del saggio di Avison va preso seriamente in considerazione: quali sono le caratteristiche che gli hanno permesso di godere di tanta fortuna? Da una comparazione con la letteratura trattata in precedenza, l’aspetto che più colpisce è l’eccellente equilibrio che l’autore ha saputo instaurare tra tono divulgativo e pertinenza e puntualità di riflessione. Nell’introduzione all’edizione moderna dell’Essay on Musical Expression il curatore, Pierre Dubois, afferma che «what is actually noteworthy in Avison’s approach is the fact that he endeavoured to write for the general public», cosa a suo parere testimoniata da «the very fact he should feel it necessary to define such technical terms as ‘melody’, ‘harmony’, ‘modulation’, ‘cadence’, at the beginning of the Essay [...]».37 In realtà, come già accennato, l’idea di

fornire ai lettori un glossario non era nuova, né lo era di per sé il tentativo di rivolgersi a un pubblico più vasto dei musicisti professionisti. Tuttavia gli scritti precedenti l’Essay peccavano spesso per eccesso di generalità, mancanza di sistematicità o difficoltà eccessiva. Avison invece riuscirà nella propria opera a spiegare le caratteristiche fondamentali della musica, mantenendo un tono “da

Spectator”. In fondo sia Malcom che Lampe avevano tentato una simile operazione,

ma il primo era entrato troppo nei dettagli tecnici dell’acustica e della composizione per raggiungere un pubblico vasto, mentre Lampe era riuscito a mantenere un tono divulgativo solo nella prima parte della propria opera, abbandonandolo non appena giunto a trattare delle regole della prassi compositiva. Avison eviterà questi

36 Ch. BURNEY, A General History of Music. From the Earliest Ages to the Present Period (1776-

1789), New York, Dover, 1957 (1935), vol. II, p. 7.

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problemi, da un lato scegliendo un genere letterario più adatto alla divulgazione rispetto al trattato, ossia la più libera forma dell’Essay, dall’altro, a differenza di ogni altro testo a lui precedente, lasciando da parte ogni discussione sugli intervalli, sulle scale e sulle consonanze. Avison non ritiene utile fornire queste informazioni perché egli non si rivolge a futuri compositori. Mira piuttosto alla formazione di giudici ed esecutori competenti e attenti alle peculiarità dell’arte musicale. Il suo non è un ‘Essay on Music’, né ha la pretesa di essere uno studio esaustivo: ad Avison interessa focalizzare l’attenzione su quello che ritiene l’aspetto della composizione e dell’esecuzione più direttamente legato all’efficacia della musica, che egli chiama ‘espressione’.

L’abilità di Avison consiste nel riassumere un insieme di riflessioni già più volte elaborato nelle opere di alcuni suoi compatrioti, dando loro una veste più accattivante. Mentre i suoi predecessori sentivano ancora l’esigenza di spiegare e motivare ogni singola asserzione, Avison – che trova alle proprie spalle un terreno già dissodato – può permettersi di dare per scontati alcuni concetti: immaginazione, senso interno, associazioni di idee fanno ormai parte di un vocabolario condiviso e assimilato.

6. Le fondamenta dell’arte musicale: il retroterra filosofico di Avison.

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