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Musica e mente umana: un nuovo fine per la musica dei Moderni Abbiamo affermato in precedenza che l’incipit del Treatise di Malcom richiama alla

Una nuova organizzazione del sapere musicale

3. Musica e mente umana: un nuovo fine per la musica dei Moderni Abbiamo affermato in precedenza che l’incipit del Treatise di Malcom richiama alla

lettera le prime parole del Compendium Musicæ di Cartesio. Si sarà però notato che nel descrivere il ‘fine’ della musica, il nostro autore riprende solo la prima parte della definizione cartesiana: Malcom sostiene che il fine della musica è il ‘piacere’, ma non fa riferimento alla sua capacità di muovere gli affetti. Come si avrà presto modo di vedere, si tratta di una omissione intenzionale, che trova il proprio motivo nella differenza che nella parte storica dell’opera Malcom ravvisa tra musica antica e moderna.

La sezione storica consta di un capitolo (‘Of the Ancient Musick’), articolato in sei paragrafi. Esso ricalca nella forma, nei modi e nei contenuti alcuni argomenti standard del trattato di musica: s’inizia con la definizione di ‘musica’, si prosegue con le origini della musica, con il suo encomio, e vengono forniti cenni sugli antichi scrittori che hanno lasciato opere dedicate a quest’arte. A questa trattazione, che si sarebbe potuta trovare anche in un trattato del Cinque o Seicento e che non introduce novità di sorta, si aggiunge un’ultima sezione il cui oggetto è ‘The ancient and modern Musick compared’ e che s’inserisce, dunque, all’interno dell’ampio dibattito che già abbiamo esaminato nel precedente capitolo. In queste pagine Malcom non solo prende posizione nei confronti delle aspre parole rivolte da Sir W. Temple e Isaac Vossius alla musica dei moderni, ma cerca anche di chiarire in cosa consista la vera e profonda differenza tra le due musiche. L’idea di Malcom, secondo cui musica antica e moderna avrebbero finalità differenti, rimanda alla posizione dell’oppositore di Temple, William Wotton, cui già si è accennato nelle pagine dedicate alla disputa tra antichi e moderni. Il nostro autore sembra riprendere e corroborare la tesi espressa in Ancient and Modern Music del 1694, in cui Wotton sostiene che musica degli Antichi e musica dei Moderni non possono che presentare caratteristiche divese, poiché si rivolgono ad uomini diversi. Due sono i fattori che Malcom prende in considerazione nel proprio confronto: i principî della musica e la pratica musicale.

Per ciò che concerne i primi, il discorso è presto esaurito: dal punto di vista teorico la musica antica si trova di certo a un livello di eccellenza e i trattati che la tradizione ci ha trasmesso testimoniano della ricchezza della teoria antica. Tuttavia

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questo genere di sapere procede per ‘accumulazione’, di conseguenza i moderni si trovano in una posizione di vantaggio perché hanno potuto avvalersi delle solide fondamenta antiche per progredire nell’indagine dei principî musicali.

Più delicato è il discorso relativo alla pratica musicale. Malcom affronta innanzitutto una delle questioni più dibattute in relazione alla musica degli antichi:22

gli antichi conoscevano la polifonia? La sua risposta è negativa. Egli poggia tale affermazione in parte sull’interpretazione delle testimonianze antiche e in parte su un ragionamento relativo al fine della musica, che coinvolge anche una discussione sugli effetti della musica degli antichi. Secondo Malcom, più che nella ‘capacità’ di ottenere determinati effetti, antichi e moderni differiscono nella ‘volontà’ di ottenerli: uso antico e uso moderno differiscono. Gli effetti narrati della musica antica si riferiscono in principal modo al suo potere sugli affetti. Nella musica antica si prestava grande attenzione al legame suono-parola ed era di primaria importanza, per il raggiungimento dell’effetto designato, che le parole venissero ben comprese. Da questo punto di vista, l’assenza di una pratica polifonica sembra funzionale al fine che gli antichi attribuivano alla musica. I Moderni conoscono però un genere musicale ignoto all’Antichità:23

We have compositions fitted altogether for Instruments: the design whereof is not so much to move the passions, as to entertain the mind and please the fancy with a variety of Harmony and Rythmus; the principal effect of which is to raise delight and admiration.

Ecco, dunque, la principale differenza tra antichi e moderni: la loro musica è di genere diverso perché i fini che si propongono non sono i medesimi. E se il piacere resta un termine in comune, il posto del cuore e degli affetti viene ceduto alla mente e all’ammirazione.

È in primo luogo ad armonia e ritmo che Malcom attribuisce il potere di agire sulla mente. Egli si ricongiunge qui al discorso sviluppato nella sezione teorica del suo scritto. Avevamo, infatti, visto in precedenza come la mente si trovi agevolata a operare nel mondo dei suoni musicali in virtù della loro commensurabilità. L’armonia, esito di un continuo integrarsi e susseguirsi di consonanze e dissonanze,

22 Tema che troveremo ancora à la page negli scritti di Hawkins e Burney, di cinquant’anni

successivi.

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soddisfa al più alto grado la mente e la capacità immaginativa, dando luogo a ciò che Malcom definisce «an intellectual beauty».24

Secondo il parere dell’autore, i Moderni attribuiscono meno importanza degli Antichi all’azione della musica sulle passioni perché non hanno bisogno di essa per essere invitati alla moralità e alla virtù; ciò permetterebbe, dunque, di indirizzare la musica verso altri fini. Inoltre l’autore insiste sul fatto che limitare il potere della musica al dominio sulle passioni la porrebbe in una posizione subordinata rispetto ad altre arti:25

If we look upon a noble building, or a curious painting, we are allowed to admire the design, and view all its proportions and relation of parts with pleasure to our understandings, without any respect to the passions. We must observe again, that there is scarce any piece of melody that has not the same general influence upon the heart; and by being more sprightly or heavy in its movements, will have different effects; tho’ it is not designed to excite any particular passion, and can only be said in general to give pleasure, and recreate the mind.

Si trovano qui concentrate più osservazioni degne di nota in relazione alla musica strumentale. Innanzitutto ritroviamo un tema già affrontato: la musica strumentale non suscita passioni determinate, tuttavia ha un’influenza – in particolare grazie ad un moto sostenuto o lento – sull’animo. Ma Malcom aggiunge anche che altre arti che poggiano su un’armonia di proporzioni, come l’architettura, pur non agendo sulle passioni sono considerate nobili per il modo in cui soddisfano il nostro intelletto. Dunque, anche quando un concerto di strumenti non suscita in noi alcuna passione definita, esso può coinvolgere con piacere il nostro intelletto. Malcom non nega che il piacere veicolato dalla ‘bellezza intellettuale’ sia meno semplice da cogliere rispetto all’azione della musica sulle passioni e che esso necessiti di ‘esperienza’. Tuttavia tale difficoltà a suo parere «is no fault in the thing»:26

what, in musick and painting, would seem intricate and confused, and so give no satisfaction to the unskilled, will ravish with admiration and delight, one who is able to unravel all the parts, observe their relations and the united concord of the whole.

24 Ivi, p. 598. 25 Ivi, p. 599. 26 Ibidem.

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Ancora una volta il ragionamento di Malcom si inserisce alla perfezione all’interno della genesi e dello sviluppo dell’analisi della mente di Locke. Si ricorderà come Locke avesse posto attenzione alla natura progressiva dello schiudersi delle facoltà umane. Lo sviluppo ontogenetico segue la medesima sequenza che prevede sempre il momento esperienziale precedere quello riflessivo. Nella costruzione della conoscenza, l’individuo prima percepisce, prova sensazioni, e da queste ricava le idee che poi utilizzerà per paragonarle, comporle tra loro ecc. Ciò avviene anche nello sviluppo individuale, poiché in un primo momento – nello stadio infantile – sono maggiormente utilizzati i poteri percettivi, che – è importante sottolinearlo – sono passivi, solo in una seconda fase della vita si diviene più abili nel riflettere e soffermarsi sulle percezioni e nell’utilizzare la mente in modo attivo.

Ebbene, nella descrizione che Malcom fornisce delle due possibili modalità d’azione della musica sull’uomo, si ha esattamente il medesimo processo. La musica degli Antichi era rivolta in primo luogo a suscitare le passioni: ciò è, agli occhi di Malcom, più immediato; richiede meno esperienza e fatica, si tratta infatti di un piacere ‘passivo’. In questo caso l’animo si trova a essere investito e trasportato dal potere del suono, senza dover ‘operare’ su di esso. Nel caso della musica che ha per fine la bellezza intellettuale, e che è rappresentata dalla produzione strumentale moderna, non ci si può invece fermare al livello di passività: essa trae la propria forza dal fatto che le idee dei suoni possono essere combinate e paragonate dalla mente, restituendo l’idea di armonia come unità dinamica ricca di varietà e contrasti. Ecco perché il nostro autore non può ammettere come un ‘difetto’ della musica moderna la sua maggior complessità: si tratta infatti di una caratteristica che si sposa alla perfezione con le capacità combinatorie della mente, e che conduce quest’ultima a un’attività corrispondente al proprio fine.

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