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Una nuova organizzazione del sapere musicale

7. Espressione e imitazione

Sebbene la nozione di ‘espressione musicale’ fosse adoperata prima dell’Essay di Avison, possiamo attribuire a quest’autore il merito di averla posta in evidenza e di averla approfondita e descritta nelle sue possibili applicazioni. Laddove gli autori precedenti facevano per lo più uso di locuzioni come ‘capacità di suscitare le passioni’, ‘azione patetica’, ecc., Avison riassume l’intera sfera di effetti che la musica può avere sulla psiche umana sotto il concetto di ‘espressione’, che verrà ulteriormente declinato a seconda che ci si riferisca al compositore, agli esecutori, ai singoli strumenti.

Il testo che fornisce al nostro autore le riflessioni di base da cui prendere le mosse è il Discourse on Music, Painting, and Poetry di James Harris. Nella prima sezione dell’Essay dedicata alla messa a fuoco del concetto di espressione, Avison offre in modo esplicito il proprio tributo al testo del nipote di Shaftesbury. Si ricorderà che nelle pagine dedicate alla musica Harris aveva sostenuto che l’efficacia della comunicazione musicale risiede in un «power, which consists not in imitations, and

40 Ch. AVISON, cit., p. 6.

41 Fr. HUTCHESON, cit., p. 77 sg. 42 Ch. AVISON, cit., p. 6.

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the raising ideas; but in the raising affections, to which ideas may correspond».43

Avison insiste proprio su una tale separazione tra ‘idee’, che fanno capo alla razionalità, e ‘passioni’, che fanno capo alla sfera emotiva dell’uomo. Il pericolo che egli ravvisa nell’errato uso del principio d’imitazione è che esso rischia:44

rather to fix the hearers attention on the similitude between the sounds and the things which they describe, and thereby to excite a reflex act of the understanding, than to affect the heart and raise the passions of the soul.

James Harris aveva insistito sul fatto che poesia e musica traggono il massimo giovamento dal reciproco supporto: la musica infatti può predisporre l’ascoltatore alla ricezione delle idee trasmesse dal contenuto poetico “accordandone” preventivamente l’animo e intonandolo all’affetto più appropriato ai toni del concetto poetico. Avison condivide e arricchisce questa prospettiva. Per lui poesia e musica devono coltivare le rispettive sfere d’influenza in seno a una composizione: se la musica viene piegata in modo da divenire solo la scimmia della parola, la sua funzione viene minata alla base. Il compositore deve badare al corretto bilanciamento di armonia e melodia e solo da queste far scaturire l’espressione, e non deve inserire nel brano dei corpi estranei, incoerenti col resto del pezzo. Questa è l’imitazione contro la quale Avison si schiera, l’imitazione forzata che distrae l’ascoltatore e dimentica che la musica «obtains its end by raising correspondent affections in the soul with those which ought to result from the genius of the poem».45

Nel commento all’edizione moderna del testo di Avison, si interpretano questi passi di critica a una certa concezione di ‘imitazione musicale’ come «a decisive step towards granting music its autonomy as an art independent from poetry».46 Tale

lettura pare però alquanto forzata. In realtà la teoria di Harris ed Avison non procede nella direzione di una dichiarazione di autonomia della musica nei confronti della poesia, ma si limita ad indicare come esse agiscano con mezzi differenti e su diverse facoltà dell’uomo. La musica, in virtù di suono e movimento, agisce sulle passioni senza il coinvolgimento della riflessione, ma solo dell’immaginazione. La

43 J. HARRIS, cit., vol. I, p. 58; cfr. infra, p. 58 sg. 44 Ch. AVISON, cit., p. 24.

45 Ivi, p. 25.

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poesia invece, per mezzo del suono significante, si rivolge alle facoltà intellettive. Harris non nega che anche la musica possa suscitare idee, mediante l’imitazione, o che la poesia possa servirsi del suono privo di significato (utilizzando onomatopee, allitterazioni, ecc.) per raggiungere i propri scopi, ma sottolinea come in questi casi l’esito sia meno efficace. Si noterà come questo discorso non porti a una maggior indipendenza tra le due arti, bensì alla richiesta di una più sapiente e rispettosa applicazione d’entrambe. Come letto in un passo già citato dallo scritto di Harris, musica e poesia sono due arti «alleate» e solo in cooperazione raggiungono il loro fine con massima efficacia. Niente di più lontano da un concetto di ‘autonomia’ e dall’idea che un’arte possa fare a meno dell’altra: nella teoria di Harris e di Avison una dissociazione tra le due arti non può che produrre un impoverimento nell’esperienza estetica dell’ascoltatore, che non potrà più provare quel particolare piacere veicolato dalla simultanea sollecitazione di immaginazione, emozioni e razionalità.

Il maggiore contributo di Avison rispetto alla teorizzazione di Harris sta nell’aver aggiunto una serie di indicazioni pratiche «by way of corollary to his theory»,47 che

aiutano a comprendere meglio l’uso dei principî di imitazione ed espressione. Il primo corollario di Avison, ad esempio, mostra subito alcune ricadute pratiche della considerazione or ora illustrata su poesia e musica. Nel caso in cui nella composizione vengano scelti dei suoni come oggetto di imitazione, Avison avverte di affidare l’imitazione agli strumenti:48

because it is probable, that the imitation will be too powerful in the voice which ought to be engaged in expression alone; or, in other words, in raising correspondent affections with the part. Indeed, in some cases, expression will coincide with imitation, and may than be admitted universally: as in such chromatic strains as are mimetic of the grief and anguish of the human voice.

Se il compositore affidasse alla voce il compito di imitare i suoni, essa non potrebbe più occuparsi dell’espressione e quindi l’effetto del testo poetico verrebbe vanificato. Tuttavia, per ciò che concerne alcuni particolari usi della voce, Avison avverte che imitazione ed espressione possono venire a coincidere: ciò si verifica quando il suono imita l’oggetto dell’espressione, ossia le passioni dell’uomo.

47 Ivi, p. 25. 48 Ibid.

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Nello spiegare l’uso degli artifici a disposizione del compositore, Avison instaura un parallelo – anch’esso parte della tradizione da noi esaminata – tra musica e arte oratoria. Un’orazione si serve di numerosi espedienti retorici, tuttavia l’uditorio non deve rendersi conto degli artifici, ma solo subirne gli effetti. Allo stesso modo, nell’ascoltare un brano musicale non si deve essere condotti a considerare il pezzo “dal di fuori” e quindi riconoscere in che punto è presente l’artificio dell’imitazione: l’ascoltatore deve essere stimolato emotivamente senza rendersi conto degli stratagemmi compositivi che rendono ciò possibile. Se l’ascoltatore si sofferma per identificare l’imitazione, significa che il compositore non è riuscito nel proprio intento: «a pompous display of art will destroy its own intentions».49

Da questo medesimo genere di osservazioni procede anche la critica al virtuosismo, discusso nella sezione dell’Essay che l’autore dedica alla sfera dell’espressione musicale demandata all’esecutore:50

as musical expression in the composer, is succeeding in the attempt to express some particular passion; so in the performer, it is to do a composition justice, by playing it in a taste and stile so exactly corresponding with the intention of the composer, as to preserve and illustrate all the beauties of his work.

Così come il compositore deve rispettare le regole armoniche e il senso generale del testo cui darà veste musicale, l’esecutore deve adoperarsi per mettere in luce la bellezza e costruzione del brano: non è sé che deve esprimere, ma la musica. Il virtuoso rischia di commettere lo stesso errore del compositore che esageri nel mettere in mostra la propria arte e, così facendo, distrae l’ascoltatore dalla musica per orientare l’attenzione verso la propria maestria. Secondo Avison, che si sia compositori o esecutori, coloro i quali «strive, rather to surprize, than please the hearer»,51 sbagliano.

L’‘espressione’ è, dunque, in Avison il fine cui ogni composizione ed esecuzione tende, poiché scopo della musica rimane – in linea con la tradizione che lo precede – quello di suscitare passioni nell’animo umano. E in ciò il compositore di Newcastle non vede alcuna differenza tra musica vocale e strumentale, infatti:52

49 Ivi, p. 28. 50 Ivi, p. 41. 51 Ivi, p. 15. 52 Ivi, p. 51.

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though it is not the advantage of instrumental compositions to be heightened in their expression by the help of words, yet there is generally, or ought to be, some idea of sense or passion, besides that of mere sound, conveyed to the hearer: on that account he [l’esecutore] should avoid all extravagant decorations, since every attempt of this kind must utterly destroy whatever passion the composer may have designed to express.

Le modalità attraverso cui giungere a una perfetta espressione sono molteplici, e l’autore invita i compositori a frequentare con assiduità l’opera dei maestri che li hanno preceduti. Come norma generale, però, si può dire che nella teoria di Avison l’espressione è connessa a doppio filo a un ideale di coerenza. Coerenza nell’equilibrio tra armonia e melodia, coerenza nel rispetto del testo poetico ove presente, coerenza dell’esecutore nei confronti delle intenzioni del compositore: 53

how often does the fate of a concerto depend on the random execution of a set of performers who have never previously considered the work, examined the connection of its parts, or studied the intention of the whole?

Una musica espressiva necessita dunque del concorrere di numerosi soggetti che devono collaborare in maniera virtuosa.

8. La perfezione musicale come connubio ideale di conoscere, fare e

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