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La lotta per le investiture rappresentò quindi uno di quegli eventi storici che avrebbero segnato in maniera irreversibile la storia dell’Europa moderna. Essa portò con sé una serie di importanti cambiamenti: innanzitutto contribuì a creare le premesse della modernità, accennando le divisioni tra gli Stati dell’Europa moderna e rimarcando la distinzione fino a quel momento sconosciuta, tra potere temporale e potere spirituale che i protagonisti politici, seppur ‘inconsapevolmente’, puntualizzarono in quella circostanza. Cambiò così il rapporto tra la Chiesa ed il nascente potere politico, a partire da quel confronto. Al contempo mutò altresì in maniera irreversibile l’aspetto della stessa Chiesa di Roma. Quest’ultima, infatti, diede il via ad un processo di istituzionalizzazione radicale di quella sorta di prototipo dello Stato Moderno: la Chiesa Romana90. Se l’individuazione della lotta per le investiture come

momento costitutivo delle premesse della separazione tra spirituale e mondano, appare solidamente accreditata, tanto da trovare d’accordo numerosi studiosi come Mirgeler, Remond e Strayer, i quali hanno tra l’altro una formazione teorica molto differente, l’idea della Chiesa come prototipo dello Stato moderno solleva tra gli studiosi maggiori perplessità. Questo innanzitutto per ragioni di carattere metodologico, ovvero a causa della maggiore attenzione prestata, da parte della storiografia, ai processi di State building dei grandi Stati d’oltralpe, i quali meglio incarnavano il modello hobbesiano di concentrazione del potere sovrano in un determinato territorio (relativamente esteso). Questo spiega anche                                                                                                                

90

J. R. Strayer, Le origini dello Stato moderno, cit. Come ha però sottolineato Paolo Prodi non si tratta « di presentare lo Stato Pontificio come un modello nel processo di gestazione dello Stato moderno, cose che sarebbe forse paradossale, ma di cogliere in esso alcuni elementi che sono stati sperimentati come un prototipo che poi è stato superato, per le contraddizioni interne tra vecchio e nuovo, da altre realtà più adeguate e omogenee ai nuovi rapporti di potere e consenso.» P. Prodi, il Sovrano pontefice, cit., pag. 348.

il motivo per il quale, qualora ci si accinga a studiare i processi di formazione dello Stato moderno, si utilizzino soprattutto, come modelli di riferimento, i grandi stati europei, e solo in rare occasioni, ad esempio, le signorie italiane91.

Oltre a ciò sussiste un motivo tutto ideologico, ovvero il pregiudizio derivante dalla diatriba laico-cattolica, che ha impedito di approfondire serenamente i rapporti tra lo Stato e la Chiesa Cattolica. 92 Questo atteggiamento ha spesso

condotto a considerare la storia della Chiesa un percorso fuori dai binari della modernità, una sorta di appendice impazzita dell’antichità medioevale, attaccata inevitabilmente ad un bagaglio trascendente così forte, che ne impedisce – o peggio ne rende pericolosa sul piano teorico - qualsiasi analogia rispetto allo Stato moderno. È un atteggiamento anche in parte giustificato, se consideriamo che la Chiesa non sempre, nel corso della sua storia, ha tenuto fede allo statuto di modernità che pure potrebbe aver anticipato. Essa ha fatto ricorso, nel corso della propria storia, a metodi non propriamente rispettosi della libertà di coscienza degli individui per rafforzare il proprio potere. Come ha sottolineato Kolakowski93 il fatto che i precetti di fede sia detenuti dalla Autorità religiosa,

che detiene il monopolio della Verità per volere di Dio (im Besitz der Wahrheit) comporta che la quella della Chiesa sia in gran parte una storia di intolleranza. Esiste, in altre parole, un paradosso di fondo che caratterizza il Cristianesimo: esso si presenta come la religione della tolleranza e dell’amore, ma al contempo                                                                                                                

91  Analogo discorso vale per tutti i comuni medioevali, i quali si dimostrarono sin da subito

quasi del tutto incapaci di sostenere una forma democratica. Poiché non riuscirono, di fatto, ad istituire i tempi e gli spazi procedure democratiche: basti pensare che la signoria a Firenze prevedeva come organo di governo un consiglio cittadino composto da migliaia di persone che erano, di fatto, quasi sempre assenti. Girolamo Savonarola fece costruire la sala dei Cinquecento per il governo popolare: tutti sappiamo come finì la storia, ovvero con la vittoria del principato e il rogo di Savonarola il 23 maggio 1498. P. Prodi, Gli affanni della democrazia. La predicazione del Savonarola durante l'esperienza del governo popolare, in G.C. Garfagnini (a cura di), Savonarola e la politica , Ed. del Galluzzo, Firenze 1997, pagg. 27-74.

92 P. Prodi, Il Sovrano pontefice, cit., pag. 348.

93 L. Kolakowski, Toleranz und Absolutheitsanspruch, in Christlicher Glaube und moderner

si dimostra, nel corso della storia, pronta a punire ogni miscredenza anche ferocemente44. D’altra parte, dal punto di vista filosofico-giuridico, è bene

ricordare che la Chiesa ha sempre trovato una fonte di legittimazione certa e sicura attraverso i contenuti trascendenti della fede94. Questa premessa doverosa

non ci impedisce di concentraci sui caratteri di modernità di uno Stato che resta comunque sui generis. Il punto di partenza può essere rappresentato da uno scritto di Böckenförde , il quale, dopo la pubblicazione de «La nascita dello Stato come processo di secolarizzazione», tornerà a riflettere Sul rapporto tra

Chiesa e mondo moderno con un nuovo scritto, in cui, a proposito della nascita

dello Stato pontificio, egli dirà: «Con intento retrospettivo, e mescolando presente e passato, Otto Von Gierke ha detto, a questo riguardo, che la Chiesa si costituì al modo dello Stato. Ciò coglie la sostanza della cosa, ma resta il dubbio che qui il nesso causale sia stato invertito. In verità è stata la Chiesa a sviluppare e liberare quelle forme organizzative e di dominio che sono servite in seguito da modello agli Stati Europei in formazione»95. Ciò che Böckenförde sostiene non

può stupirci: già Weber aveva messo in evidenza quanto la Chiesa fosse stata avvantaggiata nella sua opera di istituzionalizzazione in confronto allo Stato moderno. Rispetto al tradizionale discorso weberiano, quello che emerge dal testo di Böckenförde è, però, un dato ulteriore: «Ciò che importa, in questo processo, non è l’istituzionalizzazione come tale, ma la sua modalità specifica, la quale sviluppa e libera proprio quelle forme e quei mezzi del dominio che sono condizioni necessarie dell’organizzazione statale (moderna) del dominio: la formazione di cariche indipendenti dalle persone che le occupano, con l’organizzazione corrispondente, la centralizzazione delle competenze decisionali, essenziali per l’esistenza e il funzionamento della società, in un                                                                                                                

94  Dobbiamo però precisare che il rapporto del diritto canonico (strumento giuridico principale

della Chiesa) con la trascendenza non è pacifico nella letteratura. Cfr. E. Corecco, L. Gerosa, Il diritto della Chiesa, Jaca Book, Milano 1995, in modo particolare capitolo I, pagg. 1-34.        

95

Böckenförde, Sul rapporto tra Chiesa e mondo moderno, in Id., Cristianesimo, libertà, democrazia, cit., pag.140.

organo direttivo supremo, che a sua volta non è subordinato a ulteriori controlli, la formazione di una gerarchia certa, dal punto di vista organizzativo, degli uffici e dei loro incaricati, intesa come condizione di un’amministrazione efficiente, la creazione di un sistema ordinato delle finanze sulle base di entrate regolari, la rivendicazione di un esteso potere di posizione del diritto nelle mani dell’organo direttivo supremo, inteso come mezzo per dare forma alla vita della società e per sviluppare ulteriormente l’organizzazione»96. Lo Stato pontificio ha anticipato

taluni significativi aspetti del potere politico moderno: come sottolinea Paolo Prodi, esso «ha fornito alla politica europea un anello forse essenziale (e certamente da tenere in considerazione) nella concatenazione di elementi che porta ad un nuovo modo di concepire e di vivere la politica e l’attività di uno Stato che viene ad invadere con la sua presenza ingombrante e protettiva settori e nodi vitali della realtà umana che antecedentemente erano ritenuti del tutto estranei alla sfera del pubblico inteso come politico. Si tratta di un passaggio (se si vuole dare un’ esemplificazione non dimostrativa ma esemplificativa per una comprensione più immediata) dalla pietas, dalla carità alla preoccupazione per la pubblica felicità, assistenza ( e obbedienza) che ha nella doppia figura del papa uno degli strumenti di attuazione »97. Come evidenzia Kantorowicz, già in San

Tommaso emerge la necessità di trasformare la comunione dei fedeli in una realtà unitaria dal punto di vista giuridico: come nella fede, così politicamente la società cristiana viene rappresentata come un corpo unico, rappresentato dalla persona del Pontefice, vicario di Cristo sulla Terra e successore di Pietro. Egli diviene garante dell’unità politica e religiosa della Chiesa universale: l’ecclesiologia medievale restituisce del Papa l’immagine che egli sia un sol corpo con l’ecclesia. «Corpus mysticum ibi est, ubi est caput, scilicet Papa»; egli è il Pater Reipublicae, speculator omnium, e decide del bene pubblico

                                                                                                               

96

Ivi, pag. 139.

97

impartendo la legge dall’alto dell’autorità divina98. Nella opera di ‘statalizzazione’, il potere pontificio si trovò certamente in una condizione di vantaggio rispetto agli altri stati Europei, in quanto poteva diporre di uno strumento tanto significativo, quanto innovativo: il diritto canonico. Quest’ultimo si perfezionò proprio a partire dalla lotta per le investiture. Come ha messo in evidenza Berman, « La rivoluzione pontificia determinò per la prima volta la nascita di un potere separato e autonomo di diritto ecclesiastico: il diritto canonico dell Chiesa»99. Le norme medioevali costituivano infatti

notoriamente un insieme caotico e disorganico. Il diritto tendeva ad identificarsi «con la realtà ordinante e fondante; come tale, come realtà non scalfita dal quotidiano, immune dal disordine caotico della vita di ogni giorno «il diritto aveva « il ruolo di piattaforma stabile e stabilizzante, garanzia di continuità»100.

In un sistema siffatto, in cui il diritto aveva soprattutto un carattere consuetudinario, nessun ordinamento giuridico poteva certo aspirare a divenire un sistema razionale e compiuto. La riduzione a sistema del diritto canonico, posto in essere per la prima volta tra il 1050 e il 1200, muoveva invece proprio dall’intento di consegnare alla Chiesa un corpo di leggi completo e sistematico, autonomo e razionale. Esso si presentava come un diritto che, relativamente al proprio oggetto, aveva un carattere ‘limitato’: non si sarebbe presentata certamente la necessità, per un diritto illimitato, di ridursi a sistema. Come ha sottolineato Hans Barion, il diritto canonico figurava come una «funzione del concetto di Chiesa»101. Esso costituiva certamente una proclamazione della fede

in Cristo, ma questo, secondo i canonisti, non rendeva meno marcata la sua natura giuridica, tutt’altro. Gli argomenti usati dai canonisti nell’ XI secolo, e                                                                                                                

98

E. Kantorowicz, I due corpi del re. L’idea di regalità nella teologia politica medievale cit., pagg. 173-174.

99

Berman, Diritto e rivoluzione, tr. it. di E. Vianello, il Mulino, Bologna 2010, pag. 277.

100

P. Grossi, L’ordine giuridico medioevale, cit.

101

H. Barion, Rudolph Sohm und die grundlegung der Kirchenrechts, Mohr, Tübingen 1931, pag. 26 (traduz. mia)

ripresi nel Novecento da Hans Barion nella polemica con Rudolph Sohm, sottolineano che il diritto e la fede non solo sono compatibili ma costituiscono una sorta di ‘binomio necessario’. In primo luogo in quanto i dogmi, prescrivendo degli obblighi di fede, sono annunziati in forma prettamente giuridica, pertanto, dal punto di vista formale, essi rappresentano degli elementi di diritto divino formalizzati in norme giuridiche (Barion utilizza l’espressione tedesca rechtssatz, ovvero principi di diritto). Essi contribuiscono a definire giuridicamente la Chiesa: il canonista tedesco afferma infatti: «La fede determina il concetto di Chiesa e quest’ultima determina il diritto canonico»102.

Il diritto canonico rappresentava dunque un elemento indispensabile e costituitivo della struttura (invariabile) della Chiesa, ed assolveva la funzione di non permettere alla Chiesa di discostarsi dalla sua origine divina. Questo elemento chiama in causa direttamente la gerarchia della Chiesa: la gerarchia fondata sul diritto divino produce il diritto canonico. Quest’ultimo, allora, in quanto direttamente fondato sulla rivelazione, era diritto spirituale ed in quanto fondato sulla gerarchia, era diritto ecclesiale: tale duplicità di aspetti consente di affermare che il diritto canonico rappresenta uno sviluppo della fondazione della Chiesa da parte di Cristo103. Il diritto canonico rappresentò allora una sorta di

costituzione per il nascente ‘Stato-Chiesa’, fornendo inequivocabilmente un esempio agli Stati europei. Una burocratizzazione del potere, quindi, quella posta in essere dallo Stato pontificio che anticipa uno degli aspetti più significativi del potere politico moderno: il neonato Stato vaticano si muove tra le rovine della Res Publica Christiana, e oltre a provvedere alla burocratizzazione del potere politico, ovvero a neutralizzare il ‘mero potere decidente’ attraverso la costruzione di apparati, si trova ad occuparsi di decisioni ‘politiche’ inerenti alla società, rivendicando quella che ex post possiamo definire una funzione di polizia e cerca di istituire un sistema previdenziale                                                                                                                

102

Ibidem.

103

‘ante litteram’104. Con la sua riduzione a sistema, inoltre, il diritto canonico riconosceva per la prima volta nella storia, l’esistenza di entità politiche e ordini giuridici del tutto privi di funzioni ecclesistiche105. Ciò che era fuori dal diritto

canonico era ‘temporale’, ovvero legato al tempo, e secolare. Dopo la rivoluzione papale, ciò che era rimasto fuori dal diritto canonico, non era però soltanto un ordine giurdico, bensì diversi: feudale, regio, mercantile, signorile, urbano. Il partito pontificio aveva utilizzato l’espressione ‘spirituale’ proprio per ricoprire il diritto canonico di quell’aura di sacralità che non intendeva certamente riconoscere al diritto temporale, ma questo non significava che esso non fosse in qualche modo disposto a riconoscere dignità giuridica alle forme di diritto ‘temporali’106. «L’ordine secolare, compreso il diritto secolare, non fu più

considerato fondamentalmente caotico e privo di scopo. Esso non era redento, ma poteva divenirlo. Poteva essere rigenerato. Alla pari del diritto ecclesiastico, si riteneva che il diritto secolare fosse un riflesso, per quanto imperfetto, del diritto naturale, e da ultimo di quello divino; era soggetto alla ragione ed alla coscienza che affondava le proprie radici nella rivelazione divina»107. In questo

modo cominciò la lentissima ma inesorabile opera di imitazione del diritto canonico da parte di quello secolare. Questa opera fu in parte resa naturale perché la maggior parte dei professionisti del diritto avevano una formazione religiosa, e in ogni caso essi vantavano una certa familiarità con le strutture del diritto canonico. Al contempo, proprio al fine di rendere inammissibili, prima dal punto di vista concettuale oltre che pratico, le intromissioni del diritto                                                                                                                

104  Vale la pena di ricordare, ad esempio, che esso tenta la revisione dei sistemi di contabilità

pubblica, e di archiviazione, ridefinisce la funzione di notariato, grazie all’istituzione di registri ‘pubblici’ che documentano le nascite, i matrimoni, le morti dei cittadini. Al contempo, nello Stato pontificio proliferano le scuole di catechesi per l’istruzione dei fanciulli, i centri di assistenza pubblica e la fondazione di ospedali per i mendicanti e di altre istituzioni caritatevoli.

105

Berman, Diritto e rivoluzione, cit., pag. 277.

106

Ibidem.

107

secolare in ambito spirituali, le autorità religiose avevano tutto l’interesse a che il diritto secolare sviluppasse la coesione e la raffinatezza del diritto canonico. La lotta per le investiture aveva insomma aperto uno spiraglio perfino nell’ambito del diritto secolare, indirettamente conferendo a tutti i cristiani il compito di rendere il diritto secolare quanto più possibile conforme al suo scopo naturale di giustizia e verità. In questo percorso di emulazione ed al contempo di concorrenza tra diritto spirituale e diritto temporale, si sarebbero sviluppati i sistemi giuridici secolari. La Chiesa Romana, prima ancora dei grandi Stati territoriali mitteleuropei, sperimentò l’autonomia politica in un senso per certi aspetti vicino a quello moderno sotto molti aspetti.

Se lo Stato Moderno porta avanti, oggi, il tentativo di utilizzare uno strumento limitato, il diritto, per risolvere questioni che, prima della modernità, non appartenevano alla sfera della politica (il benessere pubblico, la pubblica assistenza etc…) lo Stato pontificio anticipò questo tentativo, e nel far questo, si dotò di strumenti giuridici razionali, nonché di una serie di uffici, organi, apparati che si riveleranno indispensabili per il potere burocratizzato che caratterizza la modernità. Naturalmente, per certi aspetti il percorso compiuto dalla Chiesa cattolica resta assolutamente peculiare, e lontano dalla modernità. Quello che intendiamo mettere in evidenza, a partire dalle riflessioni di Böckenförde, e della storia dei papi sovrani è che il neonato Stato pontificio si trovò già a dover affrontare le due ‘sfide’ che investiranno il potere politico moderno : il rapporto con i nemici esterni (ovvero il rapporto gli altri Stati, quando questi si affacciano nello scenario politico europeo) e le relazioni con i dissidenti interni (come avviene nel caso dei contrasti tra il papato e i vescovi, i quali, nell’attività di centralizzazione del potere statale da parte della monarchia pontificia, vedevano un attentato alla loro autonomia territoriale). Lo Stato pontificio dimostrò una sostanziale incapacità di «accettare la logica dello Stato nazionale sia all’interno, rispetto ai ceti emergenti, sia all’esterno nel gioco

sempre più duro dell’equilibrio delle potenze»108. La Chiesa sperimentò la difficoltà di legittimazione del potere sovrano, ovvero le ritrosie dei centri di potere a ‘farsi soggiogare’ da un potere centrale, le difficoltà di relazioni con i poteri che premono sui confini esterni. Essa, in molte occasioni, risolse in maniera antimoderna i problemi che di volta in volta si ponevano109, grazie alle

risorse di senso che provenivano dalla sfera trascendente, e agli apparati di potere di cui disponeva, per applicare (anche ferocemente) i precetti religiosi in norme giuridiche. Lo Stato liberale democratico, invece, alle difficoltà ‘congenite’ del potere sovrano non può sottrarsi attraverso queste scelte.

                                                                                                               

108

P. Prodi, Il sovrano Pontefice, Il Mulino, Bologna 2006, pag. 349. Un processo, quello della Chiesa romana che, come ha sottolineato Paolo Prodi, continua il suo sviluppo e che la storiografia con difficoltà potrebbe continuare a definire meramente reazionario, ma che invece rappresenta un tentativo di affrontare l’ambiguità e la complessità - tutta moderna- del rapporto tra religione e politica.

109

A. Prosperi, L’inquisizione romana, letture e ricerche, Edizioni di storia e letteratura, Roma 2003.

1. 3 Accenni di Storia Costituzionale della Germania: il ruolo dei