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1 5 I corpi intermedi nell’età moderna Dalle soggettività allo Stato.

La interpretazione della libertà germanica come elemento caratterizzante della storia tedesca non appare certo filologicamente ineccepibile, in quanto non pone adeguatamente in luce la discontinuità posta in essere dalla modernità, rispetto alle epoche storiche che la hanno preceduta, e rischia di degradare la ricostruzione storica ad una sorta di ‘filosofia della storia’ sulle vicende del popolo tedesco. Essa tuttavia risulta illuminante per problematizzare una lettura ‘lineare’ della modernità, la quale rischia di lasciare irrisolto il problema del ruolo che, nello Stato moderno, assumono i corpi intermedi. Essi risultano dalla riflessione teorica di Böckenförde, dai suoi primi lavori, fino a quelli di oggi, come i più significatvi mediatori tra lo Stato come persona giuridica e le istanze provenienti dalla società civile. Il percorso che Böckenförde segue presenta indubbiamente una matrice hegeliana, in quanto, nell’analisi dello Stato, egli si sofferma sulla sua capacità di conciliare la libertà del soggetto con un ordine superiore, anzi proprio di costruire l’ordine a partire dalle soggettività. Pur non volendo aderire all’opinione di chi riconosce in Hegel un reazionario nostalgico dell’antica rappresentanza per ceti, e un acerrimo nemico della rappresentanza popolare151, è opportuno sottolineare che le gilde, le corporazioni, le giurie

                                                                                                               

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Tra i filosofi che hanno visto in Hegel un sostenitore del sistema corporativo, Pelcynski, il quale attribuisce ad Hegel l’interesse a mantenere il sistema di rappresentanza per ceti per l’elezione della dieta, cfr. Z.A. Pelcynski The State and Civil Society, University Press, Cambridge 1984. L’interpretazione che è stata offerta, nel corso degli anni, della filosofia di Georg Wilhelm Friedrich Hegel è stata molto conflittuale. Il modello politico proposto da Hegel, ovvero il Rechtstaat, lo “Stato di diritto”, si presenta di difficile inquadramento teorico, in quanto, come ha affermato Bobbio, si presenta come espressione dell'eticità, ed al contempo generato dalla forza, più che dal contratto sociale. Esso non rappresenta quindi una semplice associazione di uomini, bensì un’unione, un organismo vivente che non è un

semplice prodotto artificiale. (Cfr. N. Bobbio, Studi hegeliani, Einaudi, Torino 1981) La peculiarità della costruzione teorica hegeliana ha generato numerose questioni relative alla usa interpretazione: in modo particolare, è stata materia di ampia discussione il rapporto di Hegel con la Restaurazione, le letture di un Hegel come « filosofo dello Stato prussiano” (Rudolf Haym, uno dei maggiori sostenitori di tale tesi, identifica il pensiero del filosofo come la «

assumono un ruolo fondamentale nella produzione teorica del filosofo. Negli anni di Francoforte, in Costituzione della Germania (1801-2) soprattutto, egli condanna la tradizione associativa tedesca, veicolo di particolarismi feudali e i diritti di ceto che, radicandosi nelle consuetudini, avevano soffocato il compimento della forma statale e avevano impedito la formazione di uno Stato                                                                                                                

dimora speculativa della restaurazione prussiana”, definendolo come “il dittatore filosofico della Germania” R. Haym, Hegel und seine zeit, Giinter, Berlin 1857) si sono scontrate con quelle che lo hanno invece visto come portavoce della rivoluzione (Erich Weil ha cercato di dimostrare che non solo lo Stato hegeliano non sia una copia del modello prussiano, ma che lo stesso Hegel, nei Lineamenti, abbia polemizzato con Carl Ludwig von Haller, noto teorico della controrivoluzione, e con coloro i quali si riconoscevano nelle dottrine restauratrici. Cfr. E. Weil, Hegel e lo Stato e altri scritti hegeliani, Tr. it. a cura di Burgio, Guerini e associati, Milano 1988.). Un’ulteriore questione a cui deve essere fatto cenno è il rapporto tra filosofia di Hegel e l’istituzione dei regimi totalitari nel Novecento: Karl Popper ha menzionato Hegel tra i filosofi della “società chiusa”, considerandolo quindi un “profeta del totalitarismo”. Questo a causa della vocazione predittiva dello storicismo di Hegel, e della sua filosofia della storia, la quale pretende di cogliere la legge oggettiva dello sviluppo sociale, può essere considerata come un importante alleato del totalitarismo, o meglio dell’utopia totalitaria. Tale lettura, è stata spesso estremizzata fino a ritenere lo Stato hegeliano un’anticipazione teorica dei regimi totalitari, come è avvenuto nel caso di Reale e Antiseri, i quali hanno sostenuto che il totalitarismo politico abbia desunto le armi concettuali per la propria autolegittimazione in larga misura da Hegel. D. Antiseri, G. Reale, Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, Editrice La Scuola, Brescia 1983. Questo tipo di interpretazione è stata osteggiata da diversi studiosi, come Marcuse, il quale ha sottolineato che esistono differerenze strutturali tra lo Stato hegeliano e lo Stato totalitario: soltanto il secondo, infatti, è fondato su una

politicizzazione integrale della società e sulla sottomissione delle masse attraverso il terrore. H. Marcuse, Ragione e rivoluzione. Hegel e il sorgere della teoria sociale, tr. it di A. Izzo, Il Mulino, Bologna 1997. A noi sembra equilibrata la lettura che del filosofo tedesco fornisce Bobbio, il quale descrive Hegel non come un reazionario né come un liberale: il filosofo è piuttosto presentato come un conservatore, che privilegia l’autorità alla libertà, e l’obbedienza alla resistenza, N. Bobbio, Studi hegeliani, cit. La filosofia di Hegel, pur non avendo ispirato i regimi totalitari non può dirsi ‘liberale’. Lo Stato hegeliano risulta infatti incompatibile sia col modello liberale che con quello democratico: lo Stato liberale, infatti, è un semplice strumento che garantisce i diritti e la sicurezza degli individui, mentre per Hegel lo Stato non può

assolutamente essere ridotto a semplice garante dei particolarismi della società civile. Il modello democratico, secondo cui la sovranità risiede nel popolo, viene invece esplicitamente criticato dal filosofo tedesco, in quanto gli individui, fuori dallo Stato, sarebbero solo una “moltitudine informe” senza valore. Come osserva Cesa, infine « se fosse vero, poi, che Hegel avesse simpatizzato, sia pure a suo modo, per l’ala più avanzata dell’opinione liberale, non si giustificherebbero né le testimonianze, quasi univoche, dei contemporanei, né,

soprattutto, le sue reazioni nei confronti della rivoluzione del luglio 1830 e delle agitazioni inglesi per la riforma elettorale” C. Cesa (a cura di), Il pensiero politico di Hegel Guida storica e critica, Laterza, Roma-Bari 1978; Id., Hegel, filosofo politico, Guida Editori, Napoli 1976.

unitario152. Hegel, le cui posizioni tra l’altro risultano notevolmente influenzate dalle vicende politiche che vive in prima persona153, pur disprezzando i ceti in

quanto portatori nella costituzione moderna di antichi pivilegi, sostiene la necessità di riconsiderare il ruolo degli Stände, una volta che in Germania appare tramontata in maniera definitiva l’epoca dell’Impero, e i diversi principi fondano i nuovi ‘Stati’, rivendicando con forza la propria sovranità. Ritiene quindi di poter «rendere produttiva, per quella funzione politica che è la rappresentanza, la diversità del ruolo sociale dei ceti».154 La sua indiscussa

premessa teorica resta la superiorità e la diversità dello Stato rispetto alla società civile: solo lo Stato si presenta come ‘la realtà dell’idea etica’155, esso

rappresenta ‘la realtà della volontà sostanziale, realtà che esso ha nell’autocoscienza particolare innalzata alla sua universalità, è il razionale in sé e per sé’156. La netta distinzione tra Stato e Società pone problemi, tanto seri

quanto diffusi nell’epoca moderna, da una parte di un’eccessiva distanza tra la istituzione Stato e la comunità dei cittadini, dall’altra della incapacità da parte dello Stato di garantire la libertà dei singoli. Nella Verfassung dello Stato, sostiene Hegel, i corpi intermedi possono contribuire a creare dei momenti di eticità, che saranno inglobati nel momento più alto e comprensivo della eticità dello Stato. Nello scritto sugli Atti dell’Assemblea di Württemberg, egli scrive: «Dopo che, ai nostri tempi, i supremi poteri dello Stato hanno raggiunto forma compiuta, quelle associazioni corporative, quelle comunità subordinate sono state sciolte, almeno, sono state private della posizione e del ruolo politico che avevano nel diritto pubblico interno. Finora si è provveduto soprattutto a organizzare le sfere dell’alta amministrazione statale; ma sarebbe ormai tempo                                                                                                                

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C. Cesa, L’atteggiamento politico di Hegel nel 1817, in Id. Hegel Filosofo politico, cit.

153

C. Cesa, Hegel filosofo politico, cit.

154

E. Cafagna, La libertà nel mondo. Etica e scienza dello Stato nei ‘Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel’. Il mulino, Bologna 1998, pag. 338.

155

G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, tr. it. di G. Marini, Laterza, Roma-Bari, par. 258.

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di restituire un assetto e un onore politico anche alle sfere inferiori, e, purificate da privilegi e ingiustizie, inserirle nello Stato inteso come formazione organica: un insieme vivente si ha soltanto in una totalità articolata, le cui parti formino, a loro volta, sfere particolari disposte in ordine gerarchico»157. Lo Stato precede

ontologicamente la famiglia e la corporazione: essi sono momenti di una totalità superiore ed è solo nello Stato che acquistano significato: «La corporazione costituisce la seconda radice etica dello stato, la radice poggiata nella società civile. Il fine della corporazione siccome limitato e finito ha la sua verità (…)nel fine universale in sé e per sé e nella realtà assoluta di esso; la sfera della società civile trapassa pertanto nello Stato. (…) questo sviluppo dell’eticità immediata attraverso la scissione della società civile, a stato, il quale si mostra come loro verace fondamento, e soltanto un tale sviluppo è la dimostrazione scientifica del concetto di Stato».

Partendo da questi presupposti, la sua produzione teorica si dimostra allora tesa ad indagare i confini effettivi della libertà moderna. Nelle Lezioni sulla filosofia

della storia, egli sostiene che il Liberalismus, il principio degli atomi (Prinzip der Atome) si trova a dover affrontare un problema: lo Stato, che incarna una

volontà universale, deve ritenersi al contempo voluto dalle volontà individuali, e per questo motivo esso «deve avvenire in virtù della loro forza esplicita e della loro esplicita approvazione»158. Questo conduce ad una inevitabile collisione, a

cui va incontro lo Stato moderno, che non può essere superata, se non soffermandosi sui rapporti esistenti tra i singoli e la comunità, tra la libertà intesa in senso astratto, e la libertà che si incarna concretamente nei rapporti dei                                                                                                                

157

G. Preterossi, I luoghi della politica. Figure istituzionali della Filosofia del diritto hegeliana, Guerini, Milano 1992, pag. 19.

158

G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, Tr. it. di G. Calogeno e C. Fatta, Vol. IV, La Nuova Italia, Firenze 1981, pag. 213. (par. 255-256) Una attenta analisi sul ruolo che Hegel assegna ai corpi intermedi è fornita da M. Tomba, Hegel, Pensare la pluralità, in G. M. Chiodi, G. Marini, R. Gatti, (a cura di) La filosofia politica di Hegel, Franco Angeli, Milano 2003, pagg.105 e ss.

gruppi. Questa è la finalità precipua della dottrina etica dei doveri159 (ethische

Plifchtenlehre), ovvero il modo in cui il filosofo intende la dicotomia diritto-

libertà. La libertà è dal filosofo intesa non come libertà nei confronti dello Stato, bensì come libertà sostanziale, ovvero nello Stato in quanto cerchia che ingloba le altre cerchie sociali. Gli individui sono avvolti in rapporti che hanno conotazioni etiche che li costituiscono. In questi ultimi, Hegel individua il modo in cui la libertà umana può divenire concreta: il singolo costruisce le sue relazioni con gli altri, per soddisfare i propri bisogni, e per rendere concreto il suo essere ed il suo operare: questo avviene nella famiglia, nelle associazioni, negli Stände. Questo insieme di rapporti vengono a costituire, per l’uomo, una sorta di seconda natura, soltanto alla luce della quale può effettivamente determinarsi quale sia la volontà umana.160 Più che limiti normativi per i suddetti

rapporti, queste connotazioni etiche rappresentano piuttosto la modalità attraverso la quale avviene la ‘liberazione’ reale degli individui, ovvero la sua proiezione verso la libertà sostanziale161. Esse liberano l’individuo dall’impulso

naturale e dall’arbitrio soggettivo su ciò che è consentito fare e ciò che non lo è. La libertà diviene necessaria, in quanto si impone come necessità sottesa ai rapporti vissuti dall’uomo. Solo in questo senso la libertà si congiunge alla necessità, e la costituzione, con le sue istituzioni, consentendo questa unione, può ritenersi razionale. Le istituzioni intermedie diventano allora luogo di mediazione di interessi, in cui gli uomini, liberamente, sviluppano una ‘eticità’ che assume una rilevanza pubblica e si innalza al livello massimo di eticità                                                                                                                

159

G. W. F . Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, cit., paragrafo 40.

160

Il concetto di ‘seconda natura’, in Hegel, si rivela particolarmente interessante per definire concettualmente il suo pensiero. Su questo tema, cfr. V. Verra, Letture hegeliane, Idea, Natura e storia. Il Mulino, Bologna 1992, pag. 81-98. Questo naturalmente non implica la sostituzione dei diritti soggettivi con i diritti comunitari. Questo tema si rivela particolarmente interessante se si pensa che esso è stato oggetto di discussione recentemente tra liberals e communitarians. L’attribuzione dei diritti alla comunità e i conflitto che ne derivano per l’attrbuzione di tali diritti ai singoli sono stati presi in considerazione da affrontata Taylor e Habermas in C. Taylor, J. Habermas, Multiculturalismo, Lotte per il riconoscimento, tr. it. di G. Rigamonti, Feltrinelli, Milano 1998.

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possibile: quella statale.

Solo in tal senso quella di Hegel è una ständische Verfassung162. La costituzione,

che Hegel definisce razionale ( vernünftige Verfassung ), e che rappresenta la libertà pubblica (öffentliche Freiheit), può definirsi tale non semplicemente in quanto essa garantisce la libertà, ma in quanto, attraverso le sue istituzione, assicura l’unione di libertà e necessità. Soltano in tal modo si articolano le cerchie di potere che esistono nella società civile.

Egli comprende che la sfida della modernità consiste proprio in questo: concedere libertà ai singoli, ma ricondurla al tempo stesso all’unità sostanziale: Il filosofo è ben consapevole dei rischi che porta in sé la modernità in tal modo costruita: la instabilità politica, la mancanza di legittimazione per lo Stato, la disaffezione per la politica: «Il principio degli Stati moderni ha questa enorme forza e profondità, di lasciare il principio della soggettività compiersi fino all’estremo autonomo della particolarità personale e, in pari tempo di ricondurre esso nell’unità sostanziale e così di mantener questa in esso medesimo»163.

La elevazione del soggetto alla sfera politica non può pertanto avvenire in maniera individualistica, perché in tal caso resterebbe condizionata dall’arbitrio del singolo, e legata ad un concetto di libertà in astratto, bensì sfruttando la politicità che già si trova nella società civile, negli enti, nelle corporazioni, negli

Stände. Il percorso che segue Hegel è inevitabilmente rischioso, tanto più che

egli non cede alla lusinga, che pure aveva affascinato Fichte, di attribuire allo Stato una funzione educativa nei confronti dei suoi sudditi164: lo Stato di Hegel

                                                                                                               

162

La ständische Verfassung , dal punto di vista istituzionale prevedeva non di attribuire il potere interamente alla corona, ma ai deputati , come rappresentanti di corpi e interessi , il diritto di petizione e la possibilità di rifiutare imposte particolarmente onerose. È evidente la possibile natura liberale di tale assetto costituzionale.

163

G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, cit., paragrafo 260.

164

C. Cesa, Hegel filosofo politico, cit., pag. 142. Secondo Fichte, lo Stato è gravato della responsabilità di assicurare ai consociati condizioni di vita dignitose. (C. De Boni, I contenuti

rinnega questo ruolo seduttivo e pedagogico, e si impone solo in virtù della propria razionalità. Il ruolo dei ceti non si presenta come complementare rispetto alle istanze libertarie dello Stato: la ständische Verfassung è qualcosa di più di una sovrastruttura di architettura costituzionale che può rendere effettiva l’idea di libertà, garantendone l’effettiva attuazione: è piuttosto il risultato di un assetto di forze presenti nella società civile che possono dar vita ad uno Stato in cui l’individuo è libero: è l’effetto della libertà, non la sua causa165.

                                                                                                               

del contratto sociale secondo Fichte, in Id., Lo stato sociale nel pensiero contemporaneo, University press, Firenze 2007)

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In questo senso si è espresso Tomba, il quale ha puntualizzato che la produzione teorica hegeliana non si limita a fornire degli aggiustamenti alla teoria contrattualista, piuttosto ne mette in evidenza l’aporeticità. Quest’ultima consisterebbe nel fatto che essa pretende di costruire uno Stato di liberi sulla libertà generale di individui che restano dotati di un assoluto arbitrio. Tomba conclude che proprio questa aporecità della costruzione contrattualistica, evidenziando l’evidente falsità della riuscita del meccanismo del patto, rappresenta il momento di verità della teoria medesima. M. Tomba, Hegel, Pensare la pluralità, in G. M. Chiodi, G. Marini, R. Gatti, La filosofia politica di Hegel, Franco angeli, Milano 2003, pagg. 105-109.