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Nella pianta del Colonna riportata in sono segnalate tre chiese, due delle quali già sommariamente descritte.

Sul versante Sud orientale dell'altura, nel punto "A", si colloca, per quanto attualmente mimetizzata fra alberature e macere di pietre, la chiesetta di San Nicola, di cui si conserva parzialmente il portale in pietra da taglio (Colonna 1962, p. 105).

Figg. 11-12: la chiesa di San Martino, scavi 1963 (Archivio fotografico Soprintendenza Beni Archeologici del Molise).

Nei pressi della Porta del Tratturo sarebbero invece ubicati i resti di un campanile pertinente alla chiesa di San Vito (Colonna 1962, p. 105), chiesa che dava il nome distintivo a tutta questa parte bassa dell'insediamento sannita. Il toponimo risulta presso i locali ancora del tutto vitale, usato in contrapposizione al toponimo Terravecchia che sta ad indicare la sola area occupata dall’abitato medioevale.

La chiesa di San Martino, edificata nei pressi della Porta dell'Acropoli, nel tratto di terreno interposto fra mura antiche e mura medioevali nel settore occidentale dell’altura, è ben visibile e contrassegnata dalla lettera "G" nella pianta del Colonna, incrodata in piano al margine di un fronte dismesso di cava.

Il Colonna dedica all’edificio non più di un paio di sintetiche menzioni (Colonna 1962, p. 86, p. 105), essendo lo scopo precipuo della campagna di scavo del 1961 quello di indagare ed esaminare in prima istanza la cinta muraria. Un primo riferimento all’edificio è contenuto in questo breve passo:”Presso la Porta dell’Acropoli, al punto G, giacciono tra i rovi gli avanzi di una chiesa anonima a pianta absidata” (Colonna 1962, Tav. LXXIII, 2).

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Figg. 13-14: la chiesa di San Martino, scavi 1963 (Archivio fotografico Soprintendenza Beni Archeologici del Molise).

Un secondo accenno alla struttura è riportato qualche pagina più avanti, dove il Colonna torna ad affrontare l’argomento delle chiese, tutte extraurbane, pertinenti all’abitato medievale. Cita a riguardo documentazione d’archivio risalente al XVII secolo, ovvero un documento in particolare, datato 168813 ed edito da Alfredo Zazo (Zazo 196214, pp. 180-

181), contenente una minuziosa e dettagliata descrizione dell’abitato e la chiara menzione dei tre complessi ecclesiali, dei quali è riportata anche la denominazione: “Dalla parte di settentrione del detto castello anche si vede un altro casaleno: qui si narra sia stata anco chiesa per una lamia che si vede nel muro di dietro, sotto il titolo di S. Martino” (Colonna 1962, p. 105; Zazo 1962, p. 180).

13 Descrizione del feudo sofiano di Castelvecchio, Arch. Stor. Prov. Benevento, Fondo S. Sofia, Platea di

notizie, Vol. XVIII c. 159).

14 “…era per come si può conoscere dalli vestigi rimasti, quadrata ed alquanto grande con alcune poche case

extra le mura che facevano un borghetto verso settentrione dove è una piccola piana; si conoscono le sedimenta delle case le quali stanno abbattute sino a terra; le piazze similmente che stavano ben poste per dirittura…e contigua a questa [alla torre quadrata D] si vede un luogo di casa che fu grande, non so se per castello, alias casa baronale, oppure per altro servì in quel tempo. Hoggi è piena di sterpi”. Si passa quindi a menzionare le chiese, stranamente tutte extra-urbane. Prima viene S. Nicola, a S del borgo, che crediamo poter riconoscere nel rudere segnato in planimetria con la lettera A, a causa della posizione e della struttura del portale in pietra da taglio, parzialmente ancora in posto (“La porta è di pietre lavorate quadre di dietro come è tutta la lamia dove si crede fosse l’altare: l’entrata sta verso mezzogiorno e vi si conosce un’altra porticina che è verso ponente”). Quindi è la volta di S. Vito: “Sotto questa [S. Nicola], poco distante, vi è un’altra [chiesa], che si conosce e vi è un’altra torre abbattuta che dicesi il campanile e vi si puote entrare dentro; dicesi che fosse chiamata la chiesa di S. Vito e questa sta ad oriente”. Ancora oggi gli avanzi del “campanile”, con paramento in pietra da taglio, si incontrano proprio sulla mulattiera che sale dall’Altilia.

Da ultimo si menziona S. Martino, che andrà certamente identificata con la chiesa segnata alla lett. G (“dalla parte di settentrione del detto castello anche si vede un altro casaleno: qua si narra sia stata anco chiesa per una lamia che si vede nel muro di dietro, sotto il titolo di S. Martino”).

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La chiesa è oggetto di un’indagine archeologica solo qualche anno più tardi, nel 1963.

Di tale campagna di scavo, limitata per l’appunto alla chiesa di S. Martino e ad alcune verifiche sul tracciato delle mura megalitiche, si ha, però, solo una modesta e contata, per quanto ovviamente storicamente importante, documentazione fotografica (Figg. 11-16).

La ripresa delle indagini di scavo da parte della Cattedra di Urbanistica del Mondo Classico dell’Università degli Studi di Perugia nell’Agosto del 2012 ha consentito di rimettere nuovamente in luce (a seguito anche di una preliminare ed imponente opera di diserbo) nella sua integrità residuale il minuto complesso ecclesiale, non altrimenti descritto o documentato.

La chiesa si configura come un edificio architettonicamente piuttosto semplice, ad unica navata, con catino absidale semicircolare rialzato mediante gradini rispetto al livello di calpestio di navata. L’originale pavimentazione a grandi lastre è conservata e rimane in situ per una modesta estensione. Gran parte delle lastre, scalzate dal piano pavimentale, sono state rinvenute in addossamento alla muratura perimetrale settentrionale dell’edificio. Le murature si conservano in alzato per tratti talora notevoli. Le componenti lapidee di media e, più spesso, piccola pezzatura sono commesse con leganti e disposte per assise ordinate. In particolare la parete meridionale funge da rivestimento di un tratto di fronte di cava, allo scopo, con evidenza, di nasconderne alla vista la superficie e di uniformarne la sezione irregolare. L’ingresso, rivolto ad Est e inquadrato da massicci stipiti parallelepipedi, presenta una soglia lineare nella quale ricorrono cavità destinate all’alloggiamento dei cardini di una porta a doppia anta. Subito all’esterno, in rovina, lo scavo ha rinvenuto alcuni cunei dell’armilla dell’arco del portale.

L’asportazione di un circoscritto strato di crollo della parete lunga meridionale dell’edificio ha inoltre restituito numerosi e significativi, per quanto minutissimi, frammenti di intonaco policromo figurato.

Un secondo intervento di scavo condotto nel 2014 sempre all’interno ed all’esterno della chiesetta ha consentito di riportare integralmente in luce la navata, sgomberando il piano di calpestio dalle innumerevoli componenti strutturali e architettoniche addossate alla cortina muraria di valle. Ciò ha permesso di scoprire tratti dell’originale lastricato pavimentale e tratti, ancora più estesi, di livelli preparatori realizzati mediante stesura di malta frammista a inerti minuti.

Contestualmente si sono inoltre riportate in luce le originarie murature perimetrali della chiesa, sottraendole al peso e al volume dei caotici accatastamenti di pietre verosimilmente riconducibili agli sbrigativi interventi di scavo del 1963. Ne è scaturita una rinnovata

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configurazione e dimensione degli alzati e una configurazione planimetrica, ugualmente nuova e finalmente sicura, dell’intero complesso.

L’intervento di scavo è valso inoltre a portare a compimento l’azione di documentazione e di rilievo di una consistente parte delle componenti strutturali e architettoniche dell’edificio, tutte quelle nella circostanza rimosse, in numero di 230. Di queste, 187 sono state documentate singolarmente in maniera estremamente dettagliata allo scopo di realizzare modelli 3D texturizzati in scala 1:1, ottenuti attraverso il processamento delle immagini acquisite sul campo con software di modellazione 3D image-based.

Sulla procedura seguita si tornerà tuttavia nel dettaglio nei paragrafi seguenti.

La realizzazione di tali elaborati è finalizzata alla restituzione virtuale dell’impianto della chiesa, ma è anche ovviamente funzionale ad una corretta ricomposizione e ricollocazione in situ della generalità delle stesse componenti originali.

Figg. 15-16: la chiesa di San Martino, scavi 1963 (Archivio fotografico Soprintendenza Beni Archeologici del Molise).

4.6. Le campagne di rilievo.

Nel Luglio del 2013, in concomitanza con la riapertura stagionale del cantiere di scavo, si sono eseguiti una serie di rilievi fotogrammetrici e laser scanning in diversi settori dell’abitato15.

Le difficili condizioni di penetrabilità dell’area, già precedentemente descritte, hanno comportato il raggiungimento del sito a piedi (Fig. 17). La nutrita strumentazione è stata

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invece trasportata in fuoristrada attraverso l’unica via carrabile d’accesso alla cima, una strada sterrata, decisamente acclive ed impervia, di proprietà privata, appena livellata nei punti maggiormente malagevoli e meno praticabili con l’accordo e la collaborazione dei proprietari, al fine di garantirne la percorribilità e di ovviare alle difficoltà poste dal trasporto quotidiano della stessa strumentazione di scavo.

Figg: 17-18: a sinistra, il raggiungimento a piedi dell’altura di Terravecchia, visibile sulla destra.

Figg. 19-22: Terravecchia di Sepino, la c.d. torre rettangolare, la Postierla del Matese, un lungo tratto di mura sannitiche nei pressi della Postierla del Matese, la Porta Medioevale.

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Nel corso delle operazioni di rilievo, eseguite ancora una volta in accordo con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise e grazie alle dotazioni strumentali del Laboratorio di Fotogrammetria dell’Università IUAV di Venezia a seguito di una preventiva pianificazione degli interventi avvenuta nei mesi antecedenti all’intervento di campo, sono state impiegate strumentazioni topografiche (stazione totale Leica 1203 e laser scanner Faro Focus 3D) per i rilievi topografici a terra e un esacottero multirotore Mikrokopter per le prese fotogrammetriche aeree. Il supporto di un generatore ha inoltre supplito alla mancanza di energia elettrica, consentendo la ricarica delle batterie dei dispositivi impiegati in fase di rilievo.