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3.1. Il santuario italico di San Pietro di Cantoni di Sepino

3.1.7. L’edificio ecclesiale

La fase più tarda di vita dell’area di San Pietro di Cantoni si incentra, fra fine IV-inizi V e VII secolo, su un grande edificio ecclesiale (Fig. 29), che si sovrappone al podio del tempio, replicandone ed anzi accentuandone sostanzialmente le dimensioni perimetrali (Matteini Chiari 2003, pp. 199-204). L’abside, disegnata in asse con la navata centrale, è, difatti, fondata all’esterno del lato di fondo in appoggio a grandi macigni rocciosi all’apparenza scompostamente franati e accatastati a ridosso del podio stesso. L’alzato perimetrale si conserva solo in minima parte sulla fronte, che replica l’originario orientamento ad Est del tempio, e per l’intera sua estensione lungo il lato meridionale e ancora, di nuovo in parte, lungo il lato occidentale di fondo. La muratura presenta caratteristiche costruttive distinte:

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sulla fronte alla cortina in opera quadrata si addossa, all’interno, un secondo muro in blocchetti lavorati sommariamente e commessi con malta abbondante. Come inerti si utilizzano anche materiali di spoglio. Di prassi più corsiva la composizione dei muri meridionale e occidentale. Questi presentano un doppio paramento realizzato per disciplinate sovrapposizioni di filari tendenzialmente orizzontali di blocchetti di calcare, la cui sagomatura è talora la risultante di frazionamenti di elementi paramentali in reimpiego. La parete interna appare neutralizzata dal rivestimento di una spessa pellicola d’intonaco monocromo. Analogo rivestimento monocromo è documentato anche all’esterno, ad esempio, ancora in aderenza alla parete, lungo un tratto del muro posteriore, ma talora anche sulla fronte. Per contro, all’interno, si riscontrano anche stesure di pellicola pittorica policroma, a disegni geometrici e figurati, talora raramente su più strati, lungo un ampio tratto della parete di fondo e lungo la stessa parete dell’abside.

Fig. 29: l’edificio ecclesiale.

In particolare, se l’andamento accentuatamente concavo di alcuni tratti del muro meridionale evidenzia la risposta plastica e graduale della struttura alla pressione del terreno retrostante, il tratto alto e mediano dello stesso muro è vistosamente rovinato sulla pavimentazione trascinando in crollo le stesse colonne e arcatelle della navata. La causa va ricercata, dunque, non tanto nella spinta del terreno a monte quanto, assai più probabilmente, in un cedimento conseguente ad un evento sismico. Stesso vettore di caduta, da Sud a Nord, da monte a valle,

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presentano, difatti, almeno tre colonne calcaree lisce di spoglio, composte di più rocchi e visibilmente in reimpiego su plinti rettangolari incassati a livello dello stilobate. Questi ultimi consentono di definire con sicurezza l’interna articolazione planimetrica del complesso. La navata centrale sembra, dunque, affiancata da due navate laterali di luce più ridotta, verosimilmente ribassate e scandite ciascuna dal ricorso regolare di non più di sei colonne. Il presbiterio sembra ridisegnare, forse con qualche aggiustamento, le dimensioni non anguste della cella del tempio italico ricavata sull’asse mediano longitudinale dell’edificio.

Le rare scansioni murarie interne sembrano perimetrare un vano in corrispondenza della navatella meridionale, sul fianco del presbiterio, destinato verosimilmente ad accogliere il fonte battesimale. Della pavimentazione rimangono tratti assai estesi del massetto di preparazione. Tuttavia solo raramente si conserva il piano di calpestio originale in signino.

Fig. 30: lastricato e gradinata d’accesso alla chiesa.

Per contro la zona presbiteriale presenta un diverso disegno pavimentale restituito da una composizione di grandi lastre calcaree fra loro perfettamente commesse. E risalenti verosimilmente all’originaria lastricatura della cella.

Al centro della fronte (Fig. 30) è ricavato l’accesso (un portale con soglia a doppio cardine). Il raccordo fra piano di campagna e stilobate sembra realizzarsi in via definitiva attraverso una rampa aperta sull’asse mediano longitudinale del podio, risparmiata e fiancheggiata da una duplice tozza muratura d’invito che, ricomposta in prevalenza da eterogenei elementi di

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spoglio, sembra dare vita, a monte con sicurezza e a valle, con buona probabilità ma con minor sicurezza, forse in un momento inoltrato di vita del complesso, a un doppio avancorpo, forse alte e consistenti strutture turrite rettangolari in addossamento alla fronte medesima o, assolutamente più probabili, raccorciate cubature pertinenti ad ambienti di servizio o ad uso abitativo. Sembra, invece, doversi escludere l’uso, anche in una fase iniziale di realizzazione del complesso, dell’antica rampa a gradini in precedenza ricordata per superare il dislivello fra percorrenze e piano pavimentale interno alla chiesa. Proprio perché elementi di pedata della medesima gradinata sono reimpiegati ampiamente nei paramenti interni dell’edificio ecclesiale e soprattutto nel presbiterio, dove appunto ridisegnano la gradinata che conduce all’altare e all’abside, dove poteva forse trovare posto la stessa cattedra episcopale. Le due strutture in addossamento, con sicurezza quella meridionale meglio conservata, si schiudono in un’apertura che le pone in comunicazione con un’ampia corte scoperta, una sorta di atrio definito a terra da un acciottolato minuto e ben commesso che campisce sistematicamente e funzionalmente la superficie interna della struttura templare minore.

A partire dal vertice settentrionale di quest’ultima, si disegna poi a terra, nell’area antistante la fronte e per un largo e arioso giro, un muro convesso a doppio paramento ricco di reimpieghi, evidentemente posto a recingere la superficie di immediata pertinenza del complesso ecclesiale. Al contrario, un sottile cordolo murario solo in parte rimesso allo scoperto lungo il margine meridionale della trincea di scavo può forse costituire la linea di facciata, piuttosto che di fondale, di un portico. In un disegno che pare forse ricalcare orientamenti di strutture più antiche. Del resto la rilevante quantità di tegole di copertura in rovina rinvenute al di sopra dell’acciottolato, non associate a materiali d’alzato suggerisce più la presenza di una struttura aperta lungo questo settore che quella di un vero e proprio diaframma murario, che peraltro sembrerebbe dichiaratamente privo di un qualsivoglia sufficiente dispositivo di fondazione.

Più ad occidente, lungo lo stesso versante, verosimilmente protetto a contatto con il paramento esterno da interventi di drenaggio realizzati mediante vespai di pietre costipate in profondità, e rimontando di quota, si distribuiscono alcune tombe tutte analogamente orientate da Ovest-Sud-Ovest a Est-Nord-Est, in un tratto di terreno fortemente acclive e incombente dall’alto sul volume residuo dell’edificio ecclesiale. La ripetitività del disegno, dell’orientamento, delle soluzioni struttive adottate nella redazione delle tombe suggeriscono una loro sostanziale contemporaneità e predicano una contestualità organica con il complesso adiacente, delineando, al contempo, a risparmio, gli stessi percorsi d’avvicinamento e di servizio interni all’area di culto. Si tratta di una serie di tombe di

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inumati adulti foderate e ricoperte con lastre di pietra e con fondi livellati mediante stesura in piano di un impasto di calce, prive di corredo. Altre tombe, aperte sulla fronte, a ridosso del podio, e, in due casi, fra le rocce immediatamente ad Ovest e a Nord della grande struttura templare, anch’esse prive di corredo e destinate piuttosto a infanti che ad adulti, sembrano correlarsi a fasi avanzate di distruzione e di abbandono dello stesso edificio ecclesiale. Lo stesso evento finale di vita della chiesa segnalato, da ultimo, dalla rovina della parete e dell’intera navata meridionali non è di per sé causa di una distruzione irreversibile, in realtà è solo la testimonianza di un degrado ormai avanzatissimo dell’edificio, proprio perché lo scavo non ha documentato in alcun modo il crollo delle coperture. Queste non dovevano più esistere già da tempo, così come da tempo, del resto, non doveva più svolgersi attività di culto all’interno dell’edificio.

Quanto detto sembra configurare, peraltro con molte ovvie necessità di verifica e di approfondimento, un complesso che appare nella evidente semplicità di disegno planimetrico, talora anche ripetitivo di soluzioni adottate, almeno in parte, già in antico nell’articolazione interna dello stilobate, sostanzialmente unitario e rapportabile forse ad un’unica fase progettuale e realizzativa d’impianto.

Con rare giunte e rari interventi di riqualificazione e di trasformazione, almeno per ciò che riguarda l’interno del corpo edificato della chiesa (si pensi, ad esempio, alle stesure successive di rivestimento pittorico) o l’esterno per i possibili addossamenti di strutture frontali. Tuttavia rimane ancora difficile (nonostante la storia del complesso ecclesiale risulti più chiara e scandita rispetto alla storia stessa del santuario, come è ovvio che sia a scavo ancora aperto) il disporre in esatta e corretta sequenza questi specifici interventi e queste circoscritte realtà, ancora evidenziate del tutto parzialmente dallo scavo (per alcuni elementi acquisiti, ad esempio, non sembra improbabile anche la presenza di una cripta ricavata per sgrottamento dell’interno del podio sulla verticale del presbiterio). Invece sufficientemente certa, e non necessariamente recenziore rispetto al primitivo disegno icnografico dell’edificio ecclesiale, appare la trasformazione e la ricomposizione della parete di fondo da absidata a lineare. L’abside, pur ricavata all’esterno della dimensione del podio, sembra nel tratto inferiore tamponata, sulla verticale della muratura antica, da una regolare e serrata disposizione in serie di blocchi di reimpiego di grande pezzatura. Volti verosimilmente a creare lungo la parete di fondo del presbiterio, alle spalle dell’altare, un piano sopraelevato dove poteva forse trovare posto anche la cattedra episcopale.