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2.1 Effetto del congelamento su uno strato di materiale coesivo

2.1.3 I cicli di gelo-disgelo

I terreni sottoposti a variazioni termiche cicliche fluttuanti tra temperature sopra e sotto il punto di congelamento, si dicono sottoposti a cicli di gelo-disgelo. La successione di questi fenomeni termici causa, come detto precedentemente, una riorganizzazione della struttura delle particelle, la variazione del grado di consolidazione del terreno e l’aumento della conducibilità idraulica.

Il maggiore tasso di consolidazione si riscontra nel primo ciclo di gelo/disgelo, diminuendo sempre più man mano che proseguono i cicli termici. Dopo una sequenza di sette-dieci cicli, il sedimento raggiunge una sorta di equilibrio stabile, che impedisce al materiale di modificarsi ulteriormente anche se sottoposto a successivi influssi termici (Konrad, 1989).

La sensibilità di un terreno alle variazioni termiche dipende da:

-la granulometria: un terreno ricco di argille attive è caratterizzato da forti legami elettrici tra le particelle solide e le molecole d’acqua. Risulta quindi particolarmente sensibile alle variazioni termiche. I nuclei di ghiaccio, non riuscendo ad attrarre facilmente le molecole (fenomeno della suzione), avranno difficoltà ad accrescersi. Il processo di congelamento e successiva consolidazione risulta più lento.

-la permeabilità: in un terreno con un basso coefficiente di permeabilità, il richiamo delle molecole d’acqua per la nucleazione delle lenti di ghiaccio risulterà difficoltoso.

-il contenuto d’acqua iniziale: maggiore è la disponibilità di acqua libera interstiziale, maggiori saranno le dimensioni delle lenti di ghiaccio. Inoltre la consolidazione subita dal terreno in seguito ai fenomeni di gelo/disgelo risulterà maggiore in corrispondenza dei primi cicli, essendo presente una maggiore quantità d’acqua disponibile durante tali cicli rispetto ai successivi;

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-la presenza di sali nel fluido: la presenza di sali nel fluido interstiziale aumenta la forza di legame elettrico che contrasta il congelamento (Dalla Santa et al. (2016)).

Sterpi (2015) ha condotto degli studi per valutare l’influenza dei cicli di gelo-disgelo su terreni limo argillosi utilizzati in discariche per RSU (come il caso studio), in dipendenza al diverso grado di compattazione dei terreni, essendo quest’ultimo un parametro molto importante da cui dipendono le caratteristiche idrauliche a lungo termine delle barriere impermeabili. I campioni di materiali maggiormente compattati, rivelano una minore conducibilità idraulica iniziale in condizioni indisturbate (0 cicli termici). Man mano che aumenta il numero dei cicli di gelo-disgelo, indipendentemente dal grado di compattazione, tutti i campioni subiscono un aumento della conducibilità idraulica, a causa del crescente sviluppo di fessure. I campioni maggiormente compattati hanno, però, un maggiore aumento di variazione della permeabilità in percentuale. Nei suoi esperimenti Sterpi (2015) indica che la permeabilità misurata nei campioni più compattati dopo 4 cicli aumenta di 18 volte il valore iniziale di permeabilità, mentre i campioni meno compattati solo di 5 volte la permeabilità iniziale. Secondo Sterpi (2015), quindi, i terreni più compattati sono più sensibili alle influenze termiche rispetto ai terreni meno compattati. Nonostante ciò Sterpi consiglia comunque di utilizzare, nelle barriere di copertura, materiali più compattati, in quanto dopo 4 cicli di gelo-disgelo la loro permeabilità finale è minore degli altri meno compattati.

Figura 2.3 aumento della conducibilità idraulica con i cicli di gelo/disgelo (Kim e Daniel (1992). Da letteratura è noto che bastano pochi cicli ripetuti di gelo/disgelo per produrre un considerevole aumento della conducibilità idraulica di un’argilla

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compattata (Kim e Daniel (1992), e che inoltre i primi cicli hanno un’influenza maggiore sulla permeabilità rispetto ai successivi cicli (Figura 2.3).

Se un campione di materiale è soggetto ad un carico verticale, l’effetto di aumento della sua permeabilità ne risulta compromesso. Il carico litostatico, infatti, riduce il potere di suzione di un campione di terreno posto ad una certa profondità, inibendo la formazione delle lenti di ghiaccio.

Nel momento in cui il terreno va incontro a scongelamento, il carico litostatico comprime maggiormente i crack, limitando la conducibilità idraulica del terreno e riducendo la possibilità delle molecole d’acqua di migrare durante la successiva fase di congelamento. Nel caso studio dello strato superiore di una discarica però, i pochi centimetri di terreno di copertura che vanno incontro a cicli di gelo/disgelo non sono soggetti a nessun tipo di carico verticale, di conseguenza il potere impermeabilizzante di tali materiali ne sarà sicuramente compromesso.

Mediante una tecnica di trattamento delle immagini digitali è possibile analizzare la comparsa e lo sviluppo delle fessure che si formano sulla superficie di uno strato a seguito dei cicli di gelo-disgelo. In Figura 2.4 si osservano le foto digitali scattate durante un esperimento condotto da Lu et al., (2016) nel quale un provino di terreno argilloso spesso 10 mm è stato soggetto a cicli di congelamento e scongelamento (-20°C per 12 h; 25°C per 12 h).

Le crepe si sono sviluppate grosso modo in tre fasi durante le prove di gelo-disgelo: -prima fase di formazione delle prime fessure: durante i primi sei cicli di gelo-disgelo, l’acqua all’interno del campione migra dalle zone scongelate verso la superficie del campione più fredda. Sulla superficie del campione si osservano leggere irregolarità dall’aspetto filamentoso, non delle vere e proprie fratture; -seconda fase di propagazione delle crepe: i crack formatesi nella precedente fase si allargano e si accrescono diventando più visibili. Questa fase si estende fino al diciassettesimo ciclo;

-terza fase di stabilità: in questa fase (dal ciclo 21 al ciclo 25) si osserva un quadro fessurativo relativamente stabile, senza modifiche evidenti nel numero e nella larghezza dei crack.

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Globalmente si osserva dapprima un andamento lineare delle fessure, per poi diventare poligonale fino a quasi esagonale.

Figura 2.4 fotografie digitali della superficie di un terreno argilloso durante i cicli di gelo-disgelo (Lu et al. (2016))

Figura 2.5 variazione della rapporto di superficie fessurata (altrimenti detto “fattore di intensità di fratturazione” CIF) e del contenuto d’acqua, in funzione del numero di cicli di gelo-disgelo (Lu et al. (2016)).

In Figura 2.5 il grafico testimonia la diminuzione del contenuto d’acqua in funzione all’aumento del numero dei cicli dei gelo-disgelo, più repentina per i campioni meno spessi. Dal grafico si deduce inoltre che in campioni sottili bastano pochi cicli

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di gelo-disgelo per ottenere il valore di massima intensità di fratturazione superficiale.

2.2 Effetto dell’essiccazione su uno strato di