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1.2 La copertura

1.2.3 Componenti della copertura del caso studio

Nella discarica di Torretta di Legnago i lotti sono stati ricoperti con tre modalità diverse di copertura superficiale, che si differenziano in base al diverso numero e al diverso tipo di strati:

-Modalità di copertura superficiale 1

Figura 1.15 pacchetto di copertura, Lotto D (Tavola 7, Relazione di Approfondimento e contributi scientifici, Legnago Servizi Spa).

La configurazione del pacchetto di copertura a cui si fa riferimento in questa tesi è riportata nell’immagine sottostante (Figura 1.16). Come si osserva, la sequenza di strati è costituita dal basso verso l’alto da uno strato di regolarizzazione, un sottile livello di geotessile tessuto, uno strato granulare di captazione del biogas, uno strato di materiale fine impermeabile compreso tra due strati di geotessile nontessuto, uno strato di ghiaia con funzione di drenaggio delle acque meteoriche, un livello di geotessile tessuto, e uno strato superficiale di terreno vegetale. In figura gli strati

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vengono rappresentati a giacitura orizzontale, mentre normalmente è richiesta una pendenza minima di 4 gradi.

Figura 1.16 configurazione della copertura superficiale.

Lo strato di regolarizzazione, situato sopra la massa rifiuti, ha permeabilità >10⁻⁶ m/s e spessore medio di 20 cm. Tale livello dev’essere compatibile dal punto di vista granulometrico con i sottostanti rifiuti, quindi è costituito da materiali di notevole pezzatura, così da evitare il depauperamento, nell’ambito del corpo rifiuti, delle frazioni più fini e la conseguente instabilità del piano di posa della copertura. I granuli dello strato in esame devono possedere inoltre un’adeguata resistenza meccanica per l’assorbimento delle sollecitazioni di esercizio. Per lo strato di regolarizzazione potranno quindi essere utilizzati materiali di scarto, rifiuti, tout venant.

Situato al di sopra dello strato di regolarizzazione vi è il geotessile tessuto di massa areica pari a 300 g/m². Questo materiale ha lo scopo di separare lo strato di regolarizzazione dal sovrastante strato di rottura capillare e drenaggio del biogas, al fine di garantire la compatibilità granulometrica d’interfaccia. In taluni casi il geotessile tessuto può non venir utilizzato. Molto spesso le particelle fini del terreno soprastante il geotessile si accumulano all’interfaccia tra quest’ultimo e lo strato di captazione del biogas, formando una zona a bassissima permeabilità, con il conseguente incremento delle pressioni neutre del biogas, che non può diffondersi liberamente nello strato a ciò preposto.

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Per lo strato di captazione e drenaggio del biogas, spesso 50 cm, viene utilizzato inerte a granulometria ghiaiosa con contenuto di fine (passante al vaglio 200 ASTM) < al 5% e dimensioni dei granuli comprese nell’intervallo 16-32 mm. Anche l’utilizzo di sabbie medie potrebbe costituire una buona alternativa per il drenaggio del biogas. Inoltre questo strato deve fungere da rottura capillare. È buona norma evitare l’insorgere di significative pressioni da biogas sulla copertura, pur in presenza di condizioni di stabilità. Concludendo, questo strato dev’essere costituito da un coefficiente di permeabilità minima nell’intorno di 10-4 m/s. Così come per lo strato di regolarizzazione, i materiali potenzialmente utilizzabili nello strato in esame devono possedere idonee caratteristiche di resilienza e di resistenza meccanica, in grado di assorbire le sollecitazioni di esercizio. Oltre che da materiale ghiaioso, anch’esso può essere costituito da materiale di scarto o da rifiuti.

Per lo strato impermeabile il decreto legislativo n.36 del 2003 fissa dei valori molto importanti: il codesto strato deve avere spessore di almeno 50 cm ed una conducibilità idraulica pari a k ≤ 10-8 m/s (paragrafo 1.3).

Lo strato impermeabile è compreso tra due fogli di geotessile nontessuto di massa areica pari a 300 g/m² con funzione di separazione.

Salendo verso il piano campagna si incontra lo strato di drenaggio ipodermico delle acque meteoriche. In genere questo strato ha spessore ≥ di 50 cm ed è costituito da materiale inerte ghiaioso (frazione granulometrica di notevole diametro). Ha il compito di drenare lo strato protettivo aumentando la capacità di immagazzinamento d’acqua, e di ridurre la pressione interstiziale nella copertura migliorandone la stabilità. Nel D.Lgs 36/2003 non vi è nessuna indicazione sulla struttura, sulla permeabilità, sulla pendenza minima della copertura. La pendenza è comunque un fattore molto importante perché essa condiziona il moto interno del drenaggio. Il materiale deve garantire quindi una permeabilità minima di 1·10⁻² cm/s, verificabile attraverso metodi indiretti (analisi granulometriche) e prove in sito. Il materiale deve avere un contenuto di fine (passante al vaglio 200 ASTM) <5% e grani di dimensioni comprese tra 30-70 mm, in taluni casi tra 16-30 mm. Il parametro caratteristico più importante degli strati drenanti granulari è la

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conducibilità (o permeabilità) idraulica, k, che ha le dimensioni di una velocità (m/s) e dipende principalmente dalla natura del mezzo poroso e dal fluido. Il suo campo di variazione, per miscele di sabbie e ghiaie, è compreso tra 10-5 e 10-1 m/s, come illustrato in Tabella 1.4.

Tabella 1.4 campo di variazione del coefficiente di conducibilità idraulica per i vari tipi di terreno. Lo strato di terreno vegetale superficiale dev’essere spesso, secondo il D.Lgs 36/2003, almeno 1.00 m (del quale i primi 30-40 cm adatti all’inerbimento), caratterizzato da terreni prevalentemente fini, ma non adatti a fornire un’adeguata tenuta idraulica. Esso consente la crescita della vegetazione, dando al sito un aspetto quanto più gradevole. La vegetazione deve comunque avere un apparato radicale di modeste dimensioni, per contribuire a limitare l’erosione e favorire la stabilità delle scarpate. Questo strato sommitale è interessato dagli afflussi meteorici, al netto della componente relativa all’evapotraspirazione (che nei nostri climi può essere maggiore del 60% del piovuto annuo) e al ruscellamento superficiale (stimabile, per i nostri climi, nell’ordine del 10% del piovuto annuo). Questo strato ha il compito di minimizzare i fenomeni erosivi del vento e dell’acqua e di contribuire alla stabilità delle scarpate. L’entità dell’erosione dipende dall’erodibilità del suolo, che dipende a sua volta dalle sue caratteristiche fisiche, e dal potere erosivo dell’acqua, cioè dall’energia cinetica della pioggia. Questi due fattori rientrano nella formula di Wischmeier, con la quale è calcolabile l’erosione (u.d.m. t/anno):

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A = R ∙ K ∙ LS ∙ C ∙ P

dove R è il potere erosivo delle piogge; K è la propensione del terreno all’erosione (calcolabile utilizzando il nomogramma di Figura 1.17); LS è la funzione della lunghezza e della pendenza della superficie interessata (determinabile grazie al diagramma riportato in Figura 1.18); C è la capacità della vegetazione di assorbire l’energia di pioggia (C=1,0 per terreno nudo; C=0,60 per prato appena seminato; C=0,40 per prato dopo due mesi dalla semina; C=0,05 per prato dopo un anno dalla semina; C=0,01 per prato pienamente sviluppato); P dipende dall’adozione di accorgimenti tendenti a limitare la velocità di ruscellamento, che assume un valore ridotto nel caso di manti antierosione in fibre vegetali intessute (geojuta) che si biodegradano completamente dopo 2 anni.

Figura 1.17 nomogramma per la stima di K nella valutazione dell’entità dell’erosione (fonte: Sistemi barriera).

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Figura 1.18 diagramma dei valori di LS in funzione della lunghezza e della pendenza della superficie interessata (fonte: Sistemi barriera).

-Modalità di copertura superficiale 2

Figura 1.19 pacchetto di copertura; Lotto A-F (Tavola 7, Relazione di Approfondimento e contributi scientifici, Legnago Servizi Spa).

Nelle superfici a bassa pendenza il pacchetto di copertura può essere integrato con un filtro-dreno, sovrastante un tappeto evacuatore in geocomposito e una geomembrana in LDPE armato (Figura 1.19 e Figura 1.19). La geomembrana in LDPE armato viene disposta sopra allo strato impermeabile dopo averne opportunamente rullato e lisciato la superficie. L’aggiunta di questa geomembrana potrebbe portare inevitabilmente ad una ingente diminuzione di umidità nei rifiuti,

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con conseguente interruzione e/o riduzione della degradazione biologica. L’acqua è infatti un elemento fondamentale per il processo di formazione del biogas. Per ovviare a questo, molto spesso si installano delle sonde drenanti adacquatrici che permettono di eliminare il fabbisogno di umidità della massa rifiuti.

Nel dettaglio la geomembrana si compone di una rete in HDPE interclusa fra due film in LDPE. Essa è dotata di buona resistenza a trazione e a lacerazione ed è in grado di contrastare il peso del terreno sovrastante, garantendo una maggiore stabilità globale al pacchetto di copertura. Inoltre deve avere una flessibilità del manto e una scabrezza della superficie in modo da permettere un discreto contatto al taglio con gli elementi sovrastanti. La membrana, grazie alla sua notevole resistenza e leggerezza, può essere presaldata in stabilimento (quindi in condizioni ambientali ideali) fino a ottenere manti di notevoli dimensioni (es. in 40 x 100 = 4.000 m2 cadauno di superficie), minimizzando le connessioni in discarica (solo il 10%). Le saldature effettuate in stabilimento realizzano linee di continuità con caratteristiche di resistenza pressoché identiche alla membrana integra. Le giunzioni avvengono per termosaldatura a doppia pista. In Tabella 1.5 sono elencate le caratteristiche minime di una geomembrana idonea all’utilizzo preposto:

Resistenza a trazione minima [EN 18492] 27 kN/m Spessore nominale minimo [EN ISO 527-4] 0,55 mm Allungamento massimo al carico massimo [EN ISO 527-4] 30% Resistenza minima a punzonamento statico CBR [EN 12236] 4.300 N

Resistenza a trazione delle presaldature [UNI 8202/30] Rottura fuori giunto

Resistenza agli U.V. Stabilizzata

Permeabilità idraulica massima [UNI 8202/23] 2,80 x 10-14 m/s

Permeabilità al metano massima [ASTM D 1434] 40 x 10-6 m3/(m2 x day) Resistenza alle temperature -30°C ÷ 70°C

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Il tappeto drenante evacuatore sovrastante è costituito dall’accoppiamento a caldo di una georete (con funzione di distribuire i carichi e di drenaggio) e di un geotessile nontessuto (con funzione filtrante). Questo tappeto evacuatore è in grado di allontanare in sicurezza il deflusso ipodermico, annullando in questo modo il battente sulla barriera impermeabile sottostante. Lo strato chiamato filtro-dreno autocicatrizzante dev’essere spesso almeno 0.50 m, in terreno naturale e/o materiale similare di transizione granulometrica tra il sottostante tappeto evacuatore in geocomposito e il sovrastante strato vegetale, in grado di proteggere il sottostante livello evacuatore da possibili intasamenti, a fronte delle migrazioni di granuli fini e finissimi provenienti dal sovrastante strato vegetale, eliminando il filtro in geotessile.

Figura 1.20 accoppiamento filtro-dreno, tappeto evacuatore in geocomposito e geomembrana in LDPE armato.

-Modalità di copertura superficiale 3

Figura 1.21 pacchetto di copertura, Lotto A (Tavola 7, Relazione di Approfondimento e contributi scientifici, Legnago Servizi Spa).

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Oltre a queste configurazioni, è possibile in taluni casi osservare un pacchetto di copertura molto semplificato composto soltanto da: uno strato di argilla impermeabile sottostante dello spessore di 50 cm, una geomembrana in LDPE, un geocomposito drenante e un terreno naturale spesso ben 70 cm (Figura 1.21).