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2.2 Effetto dell’essiccazione su uno strato di materiale coesivo

2.2.1 Essiccazione

2.2.1.1 Fessure da ritiro

La geometria delle fratture, così come la loro larghezza, profondità e superficie areale, sono parametri importanti perché influenzano le caratteristiche meccaniche e idrauliche del suolo. Secondo Morris et al. (1992) le fessure di più grandi dimensioni (macrocracks) sono prodotte dalla graduale crescita delle micro-fessure. Studi hanno dimostrato che, data una fessura di una certa lunghezza, questa si forma più velocemente in terreni a grana fine rispetto a terreni a grana grossolana, in quanto i primi sono caratterizzati da vuoti intergranulari di più piccole dimensioni e di conseguenza sono in grado di intrappolare un volume d’aria più grande per unità di superficie. Morris et al. (1992) affermarono inoltre che la propagazione delle fratture è favorita in superficie, dove il carico è pari a zero e la suzione è massima.

Grazie ad una prima analisi ad occhio nudo e in seguito mediante l’utilizzo di una tecnica di trattamento d’immagine digitale, è possibile determinare il fattore di intensità di fratturazione (CIF, Crack Intensity Factor) che definisce l’estensione della fratturazione superficiale. Esso è inteso come il rapporto tra l’area di superficie fessurata (Ac), e l’area di superficie totale dello strato (At). La variazione

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del parametro CIF dipende dalla durata del periodo di essiccazione e dal fenomeno della suzione. L’inizio della comparsa delle prime fratture corrisponde al primo periodo (periodo di compattazione dell’argilla, tratto AB della curva a Figura 2.7) (Figura 2.8). Esse sono caratterizzate da un aspetto lineare. Durante il periodo secco-umido (tratto BC della curva), nel quale viene simulata una precipitazione sul terreno, le precedenti fessure formatesi durante il periodo precedente, scompaiono per l’espansione e il rigonfiamento del suolo. Si formano fratture molto estese nel periodo umido-secco (tratto CD della curva), alcune localizzate nella stessa posizione di quelle comparse del primo periodo (Figura 2.8). Le fratture del periodo umido-secco hanno larghezza maggiore rispetto alle fratture comparse nel primo periodo. Durante il periodo umido-secco le fratture hanno forme poligonali. Quando si forma una nuova fessura in prossimità di una fessura preesistente, la nuova crepa è attratta dalla vecchia crepa, fino alla loro congiunzione formando un angolo prossimo ai 90°.

Se si moltiplica il numero dei cicli di bagnatura e di seccatura di un campione di materiale, si osserva l’aumento del parametro CIF e delle dimensioni della fessure. Nel caso l’intensità della pioggia, simulata nei cicli di bagnatura successivi, aumentasse lievemente, si verificherebbe la chiusura delle fessure prossime alla superficie, mentre un elevato aumento di intensità di pioggia porterebbe all’allargamento delle fessure a causa dell’azione erosiva dell’acqua all’interno di esse.

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Figura 2.8 fotografie delle fessure formatesi durante la fase di essiccazione durante l’esperimento condotto da Miller et al.. A sinistra la fessurazione lineare formata durante il primo periodo (periodo di compattazione in condizioni secche); a destra la fessurazione poligonale durante il periodo umido-secco (Miller et al. (1995)).

Un aspetto su cui porre l’attenzione è la dipendenza del parametro CIF dallo spessore dello strato in cui avviene il processo di fessurazione. Questa dipendenza è testimoniata dagli studi condotti da Priyankara et al. (2006) un materiale prelevato da una discarica per RSU localizzata in Sri Lanka (proprietà del materiale testato in Tabella 2.1). Il materiale è stato miscelato con acqua in modo tale che il contenuto d’acqua iniziale risultasse maggiore del limite liquido del suolo. In seguito è stato collocato manualmente, mediante una spatola, su delle piastre circolari di essicazione in diversi spessori (5mm, 10 mm, 20 mm, 50 mm). Le piastre, opportunamente scanalate, in modo da evitare lo scorrimento del terreno sulla superficie di contatto, sono state riposte in una camera asciutta. I campioni sono stati pesati a determinati intervalli di tempo e fotografata, mediante una fotocamera digitale apposita, la loro superficie a determinati intervalli temporali, in modo da visualizzare le varie fasi di formazione delle fessure (forma, temperatura, intervallo di tempo in cui iniziano a visualizzarsi le prime fratture).

Come si osserva in Figura 2.9, tutti i campioni di materiale hanno un simile contenuto d’acqua iniziale. Indipendentemente dallo spessore dei campioni, man mano che il tempo di essiccazione avanza, i campioni registrano la diminuzione

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dell’umidità interna. I campioni più sottili mostrano una riduzione maggiore di umidità rispetto ai campioni più spessi, raggiungendo una percentuale circa costante da una certa ora in poi. Questo è dovuto alla maggiore velocità di evaporazione dell’acqua in campioni di spessore minore. Le molecole d’acqua poste a 5 mm dalla superficie sono infatti maggiormente attratte in superficie rispetto a molecole d’acqua poste a una profondità di 50 mm. Con “AEV” si identifica l’Air Entry Value, che corrisponde al momento in cui l’aria inizia a penetrare nei pori del terreno a causa dell’aumento della suzione (identificato come la transizione dallo stato saturo allo stato insaturo). L’AEV viene raggiunto da tutti i campioni in corrispondenza di un contenuto di umidità pari al 9%. Il campione più sottile (5 mm) ovviamente raggiunge per primo il punto corrispondente all’AEV.

Tabella 2.1 proprietà del materiale utilizzato in una discarica per RSU in Sri Lanka (Priyankara et al. (2006)).

Figura 2.9 variazione del contenuto di umidità in funzione del tempo (con colori diversi vengono rappresentati i campioni di diverso spessore) (Priyankara et al. (2006)).

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Come si nota in Figura 2.10 il parametro CIF aumenta maggiormente nei campioni più sottili, mentre nei campioni spessi 20 mm e 50 mm non si sono sviluppate fessure da ritiro nelle 100 ore in cui i campioni sono stati testati. Si può quindi concludere che lo sviluppo delle fessure da ritiro è dipendente dallo spessore del campione.

In Figura 2.11 si osserva che man mano che diminuisce il contenuto di umidità, il parametro CIF aumenta (per i campioni spessi 5 mm e 10 mm l’andamento è circa coincidente). Questo implica che, anche se i campioni più sottili (5 mm) hanno un tasso di essiccazione più elevato rispetto ai campioni spessi 10 mm, l’area fessurata è direttamente proporzionale al contenuto di umidità del suolo. Quindi si può affermare che, indipendentemente dallo spessore dello strato di argilla compattata, si formeranno comunque fessure da ritiro, con l’unica differenza che esse si formeranno in tempi diversi in dipendenza dello spessore (maggiore tempo per i provini spessi 20 mm).

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Figura 2.11 variazione di CIF con il contenuto d’umidità (Priyankara et al. (2006)).

Priyankara et al. fecero un altro studio molto interessante, nel quale analizzarono il comportamento al ritiro di un materiale argilloso miscelato con diverse percentuali di bentonite, materiale spesso utilizzato in strati d’argilla compattata perché ne migliora le caratteristiche idrauliche, rendendoli più impermeabili. Queste analisi sono condotte sui campioni più sottili, essendo i primi a fessurarsi. Come si osserva in Figura 2.12, il parametro CIF è maggiore nel caso di suolo + bentonite, rispetto al suolo tal quale. La bentonite è costituita principalmente da minerali di montmorillonite, attorno ai quali sono presenti doppi strati diffusi molto spessi, che creano forze repulsive lungo i lati delle particelle di argilla, non consentendo loro di avvicinarsi le une alle altre. Il risultato di questo, è l’apertura di fessure. L’effetto di ritiro in presenza di bentonite è illustrato in Figura 2.13: le fotografie testimoniano che maggiore è il contenuto di bentonite in un campione di terreno, maggiore è il numero di crack formatesi.

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Figura 2.12 variazione del parametro CIF con il tempo per i campioni spessi 5 mm (Priyankara et al. (2006)).

Figura 2.13 a) provino di terreno spesso 5 mm; b) provino di terreno con l’aggiunta del 5% di

bentonite; c) provino di terreno con l’aggiunta del 5% di bentonite (Priyankara et al. (2006)).