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Le caratteristiche richieste al materiale fine

1.3 Lo strato impermeabile

1.3.1 Le caratteristiche richieste al materiale fine

Il materiale fine utilizzato per la barriera impermeabile delle discariche RSU in genere proviene da un impianto di frantumazione o da una cava proposta dall’Impresa e approvata dalla Direzione Lavori. È compito dell’Impresa e della Direzione Lavori stabilire mediante opportune prove se i materiali disponibili siano conformi alla presente Specifica. I risultati delle indagini dell’Impresa devono poi essere messi a disposizione del Committente. L’Impresa in seguito comunica alla Direzione Lavori, con almeno 30 giorni di anticipo sull’inizio delle operazioni di posa, i nominativi degli impianti o delle cave di prestito che intende utilizzare, e fornisce alla Direzione Lavori campioni del materiale. La Direzione Lavori ha quindi il compito di classificare e verificare l’effettiva utilizzabilità di questi campioni di materiale prescelto mediante l’attuazione di prove di laboratorio, quali analisi granulometriche tramite sedimentazione (diametro particelle <0.06 mm) e/o tramite setacciatura (diametro particelle d ≥ 0.06 mm), limiti di Atterberg, prove di densità Proctor Standard e prove di permeabilità in apparecchio triassiale, previa compattazione.

Tenendo presente che il Decreto Legislativo indica un valore di coefficiente di permeabilità ≤10⁻⁸ m/s, in genere si consiglia vivamente l’utilizzo di materiali con Indice di Plasticità 10<IP<50 (meglio se 10<IP<40), con una percentuale di materiale fino (passante al vaglio ASTM n.200, apertura 75µm) ≥25%, una percentuale di ghiaia (passante al setaccio ASTM n.4, apertura 4.76 mm) ≤40% e aggregazioni d’argilla di dimensioni comprese nell’intervallo 25-50 mm. Il range di indice plastico (10<IP<50 (40)) permette che il terreno sia abbastanza plastico, sufficientemente palabile e che abbia un contenuto d’acqua tale da sopportare i carichi dei diversi mezzi di compattazione. Se il terreno avesse un IP<10, si avrebbe un terreno dal basso contenuto argilloso e basso contenuto d’acqua (terreno secco),

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quindi poco lavorabile durante le fasi di stesa e di compattazione. Se al contrario il terreno presentasse un IP>50, i mezzi di compattazione sprofonderebbero a causa del suo alto contenuto d’acqua. Facendo riferimento alla curva Proctor, in corrispondenza dell’optimum vi è il massimo stato di addensamento del terreno (contatti intergranulari fitti), quindi più basso è l’indice di plasticità, più basso è l’optimum della curva alla quale vi è il massimo addensamento delle particelle fini. Per garantire che la permeabilità della barriera abbia i valori di progetto, bisogna essere in prossimità dell’optimum o leggermente più a destra di tale punto (Figura 1.23).

Figura 1.23 variazione della permeabilità con l’energia di compattazione.

Per ciò che riguarda la conducibilità idraulica di un terreno argilloso, essa dipende dalla configurazione strutturale ovvero dalla macro-porosità del terreno. Quest’ultima a sua volta è controllata da diversi fattori quali la composizione mineralogica, la distribuzione dei grani, la densità, i limiti di plasticità e il livello tensionale applicato. Non è però ragionevole assumere che il valore di conducibilità idraulica ottenuto dalle prove di laboratorio sia lo stesso di quello che si ha sul campo. Ad esempio nei terreni interessati da un fenomeno di percolazione, che vedono un cambiamento della struttura da dispersa a flocculata, avviene inevitabilmente una riorganizzazione delle particelle e dei pori intergranulari, e

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quindi una modifica stessa della conducibilità idraulica. Il passaggio da struttura dispersa a flocculata porta inoltre a una riduzione di volume con fenomeni di ritiro e formazione di crepe o fessure nel terreno. Un esempio in tal senso è dato dalla permeazione nel terreno di una soluzione contenente NaCl: in seguito al fenomeno della consolidazione osmotica, il terreno tende a ritirarsi. La riduzione delle forze di repulsione porta ad una contrazione degli aggregati e all’incremento della resistenza al taglio al contatto tra di essi, per cui la struttura del terreno tende ad irrigidirsi (Favaretti e Moraci, 1995). Il risultato di ciò è una riduzione del volume, seppur minore dell’entità della contrazione all’interno dei singoli aggregati, che comporta la maggiore apertura dei pori e la formazione di vere e proprie fessurazioni. Di conseguenza si verifica un aumento della porosità effettiva e quindi della conducibilità idraulica, ed una diminuzione dell’indice del vuoti. L’unico fattore che può contrastare questo aumento di porosità efficace e di permeabilità è la tensione verticale a cui può essere soggetto il terreno. Sarebbe quindi opportuno realizzare in fase di progetto dei test di conducibilità idraulica affidabili direttamente in sito, ma risultano molto più costosi e di difficile realizzazione. Come è facile intuire dal tema appena trattato, la compatibilità chimica tra il materiale argilloso e il percolato riveste un ruolo fondamentale. La rimozione di alcune sostanze chimiche sciolte nell’acqua può portare ad un incremento della conducibilità idraulica, mentre la loro precipitazione può comportare l’intasamento dei pori, la diminuzione della porosità e conseguente diminuzione della conducibilità idraulica dell’argilla.

La componente inquinata del percolato può migrare attraverso una barriera di argilla sia per convezione, grazie all’effetto di un gradiente idraulico, sia per diffusione molecolare. Quest’ultimo processo non è regolato da un gradiente idraulico (la diffusione molecolare può infatti verificarsi anche in presenza di un flusso d’acqua inverso per direzione), ma bensì da un gradiente di concentrazione chimica presente tra la zona interna alla discarica e l’ambiente circostante. Inoltre il fenomeno dell’adsorbimento consente di ritardare il rilascio di inquinante all’ambiente circostante.

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La % di particelle fini (sabbie fini, limi e argille) è un dato importante, in quanto il fine governa la filtrazione e di conseguenza la permeabilità: maggiore è la % di fine in una struttura, supponiamo più o meno eterogenea, maggiori saranno le occlusioni all’interno dei pori, minori saranno gli spazi per il flusso e minore sarà la permeabilità del terreno. Dall’altra parte, per mantenere il coefficiente di permeabilità fissato da normativa, è richiesta una percentuale di ghiaia minore del 40%. Se questo indice superasse il 50-60%, la permeabilità aumenterebbe molto rapidamente, in quanto il flusso all’interno del terreno sarebbe governato dalle particelle grossolane e non da quelle fini.

Le aggregazioni delle particelle non devono superare la dimensione massima di 25-50 mm. Nel caso risultassero più grandi, dovranno necessariamente essere frantumate prima della posa in opera e della compattazione. Maggiori sono le dimensioni delle aggregazioni, maggiori saranno i pori inter-aggregati e la conducibilità complessiva.

Figura 1.24 effetti della densità e del contenuto d’acqua sulla permeabilità di un’argilla compattata (Benson e Daniel, 1990).

L’argilla è un materiale dotato inoltre di duttilità, che le consente sia di adattarsi agli assestamenti della massa rifiuti su cui poggia il pacchetto di copertura della discarica, sia alle deformazioni generate dalle interazioni argilla-percolato. La duttilità è una caratteristica di fondamentale importanza per un materiale argilloso, in quanto contrasta i fenomeni di fessurazione riducendoli totalmente o in parte. Inoltre l’argilla dev’essere dotata di palabilità e di compattabilità tali da essere

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messa in opera senza eccessiva difficoltà. Per questo il materiale dev’essere caratterizzato da una plasticità variabile tra bassa e media.