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Capitolo 1. Social Innovation e valore sociale: una visione d’insieme

1.5 Il ciclo di sviluppo

Nel momento in cui si devono affrontare problemi complessi o wicked problem è opportuno analizzare alcuni modelli, che permettano di valutare il ciclo di vita dell’innovazione stessa. Questi modelli richiamano in parte quelli utilizzati per l’innovazione tecnologica, ai quali si aggiunge la componente sociale legata al cambiamento. Infatti come ricordato da Bunt (2011, 36) i problemi sociali “can’t be resolved by technology alone”. In questa parte si propongono alcuni modelli generali utili a fornire un quadro complessivo sui percorsi di sviluppo dell’innovazione sociale. Questo studio sarà funzionale agli argomenti trattati nel secondo capitolo, ed in particolare alle criticità legate allo scale up e alla formulazione del modello di business. È fondamentale premettere che i modelli proposti non possono essere letti in modo rigoroso, e neppure trovare efficacia in tutti i progetti. There is no fixed pathway of

development for these social innovations and they cannot be planned in advance according to a set of detailed stages (Science Communication Unit, University of the

West of England 2014, 25). Molti dei modelli articolati in stadi consecutivi presenti in letteratura, sono stati sviluppati prendendo come riferimento l’opera dell’imprenditore sociale, nella realizzazione di una nuova impresa sociale. Come considerato in precedenza, l’innovazione sociale è un fenomeno più ampio e diffuso rispetto all’imprenditorialità sociale; questo conduce a focalizzare l’attenzione solo su alcuni modelli specifici, in grado di descrivere il ciclo di vita dell’innovazione sociale, escludendone a priori altri. Il primo modello al quale fare riferimento è quello a quattro stadi proposto da Santos et al. (2013) riprodotto in figura 4.

Figura 4. Cycle of social innovation

Fonte: Santos, F., Salvado, J.C., Lopo de Carvalho, I., Schulte, U.W. 2013. "The Life Cycle of Social Innovations".

Nel primo stadio il riconoscimento del problema avviene ad opera dell’imprenditore sociale. Proiettando questo modello all’interno del contesto dell’innovazione sociale esaminato in precedenza, si può affermare che il riconoscimento del problema passa attraverso la comunità e attiva sempre un network. La seconda fase riguarda la formulazione del modello di business, nella quale gli autori si focalizzano prevalentemente sulla sostenibilità del progetto. Si può in tal senso concordare per quanto riguarda la sostenibilità sociale e ambientale. Infatti in precedenza si era messo in luce il legame iterativo tra sostenibilità ambientale e innovazione sociale; mentre quest’ultima era stata considerata un fattore abilitante per la sostenibilità sociale. Per quanto concerne la sostenibilità economica e finanziaria, inerente i progetti di innovazione sociale, questa non è di facile ed immediata definizione. Questo argomento riguarda infatti da vicino il tema della misurazione, i cui confini non sono ben definiti, sia per la tipologia dei progetti affrontati, sia per il tema delle esternalità negative in precedenza richiamato. Il terzo stadio riguarda lo scaling up ovvero la diffusione dell’iniziativa, argomento che verrà approfondito nel secondo capitolo. L’ultimo stadio è quello mainstreaming, nel quale l’iniziativa prende la forma di un “modello”, e si astrae dal contesto nel quale è stata creata divenendo così replicabile.Anche questo modello si sviluppa seguendo l’azione dell’imprenditore sociale, ma Santos et al. (2013) riconoscono il ruolo di innovatore sociale, nel passare dalla fase di scaling up alla fase

mainstreaming. Il secondo modello da considerare è quello proposto da Murray et al.

(2010) che si articola in sei stadi:

1. Prompts, inspirations and diagnoses; 2. Proposals and ideas;

3. Prototyping and pilots; 4. Sustaining;

5. Scaling and diffusion; 6. Systemic change 73.

Per questo modello gli stessi autori forniscono una rappresentazione grafica, riprodotta in figura 5. Murray et al. (2010, 12) riconoscono che gli stadi non sono sequenziali e ci possono essere sovrapposizioni. Questo modello è sicuramente uno dei più efficaci proposti in letteratura. Come altri schemi assegna una grande importanza alla figura dell’imprenditore sociale, tuttavia in questo caso l’innovazione sociale ha un ruolo

principale. Si parte dal riconoscimento del problema, per arrivare alla formulazione di soluzioni sostenibili e replicabili, che portino al cambiamento di sistema.

Figura 5. Stages of Social Innovation

Fonte: Murray, R., Caulier-Grice, J., Mulgan, G. 2010. The open book of social innovation, p. 11.

Gli autori supportano la descrizione di ogni stadio con numerosi casi pratici e questo arricchisce la solidità del modello. Il pregio consiste nel presentare questo modello non come un sistema chiuso, ma piuttosto come uno schema iterativo che può ripartire generando nuove idee e proposte. Come affermano Murray et al. (2010, 107) “[s]ystemic innovation is very different from innovation in products or services. It involves changes to concepts and mindsets as well as to economic flows”. Si pensi ad esempio alla riorganizzazione dei sistemi sanitari nazionali, che sta avvenendo negli ultimi anni anche grazie alle nuove tecnologie dell’ICT.

Un terzo modello a sei stadi è proposto da Bates (2012) ed è rappresentato in figura 6. Il primo stadio (define the social challenge) prevede la definizione dei bisogni e dei vincoli, nel secondo (understand and prioritize the needs) avviene la formulazione di un

blueprint, per concludere con lo sviluppo della piattaforma (examine the opportunity).

Nel quarto stadio, grazie alle informazioni raccolte, si concepisce una soluzione. Nel quinto stadio avviene lo sviluppo del business model, del quale si riprenderanno alcuni concetti in seguito, per terminare con la fase della diffusione74. Il framework proposto

da Bates (2012) individua uno step interamente dedicato allo sviluppo del business

model, mentre nel modello di Murray et al. (2010), precedentemente illustrato, tale fase

era ricompresa all’interno del quarto stage “sustaining”.

74 Bates, S.M. 2012. The Social Innovation Imperative: Create Winning Products, Services, and Programs That

Figura 6. Social Impact Framework

Fonte: Riproduzione da Bates, S.M. 2012. The Social Innovation Imperative: Create Winning Products, Services,

and Programs That Solve Society's Most Pressing Challenges, p. xxii.

Due sono gli aspetti che risultano decisamente innovativi nel framework proposto da Bates (2012). Il primo è relativo alla capacità di analizzare, in modo sistemico e approfondito, l’impatto dell’innovazione sociale sul sistema sanitario e sulla cura alla persona; il secondo si riferisce al concetto di piattaforma che viene inserito all’interno del terzo step nel quale si esaminano le opportunità. Bates (2012, 90) sostiene infatti che “[a] value delivery platform […] is the means by which value is created and delivered to the target audience. It includes the capabilities, infrastructure, people, processes, and resources of the ecosystem members”. Si ritiene che tale framework affronti il ciclo di sviluppo con una visione manageriale, e con un approccio di tipo organizzativo che in alcuni punti risulta eccessivamente formalizzato. Un quarto modello da analizzare può essere indirettamente sintetizzato dagli stadi dell’innovazione proposti da Mulgan et al. (2007). Rispetto ai precedenti non si tratta di un vero e proprio framework, ma le quattro fasi individuate, le quali comprendono delle sotto fasi, vengono comunque esposte in modo sequenziale. Secondo Mulgan et al. (2007, 21-25) si inizia con una prima fase, nella quale vengono generate le idee relative ai bisogni e identificate le soluzioni, una seconda fase nella quale avviene lo sviluppo e il test attraverso il prototipo, una terza fase nella

Social Impact

Framework

Define the Social Challenge Understand and Prioritize Needs Examine the Opportunity Devise a Workable Solution Develop a Business Model Diffusion of Innovation

quale si valuta l’innovazione e si replica l’iniziativa (scaling up), per terminare con la quarta fase nella quale l’innovazione sociale diviene apprendimento ed evoluzione. Quest’ultima fase, che in parte richiama il cambiamento sistemico proposto da Murray et al. (2010), costituisce la parte più rilevante dell’analisi. Infatti l’innovazione sociale è un processo con obiettivi di lungo termine, che deve necessariamente prendere in considerazione una sostanziale evoluzione dell’idea o del progetto iniziale, al fine di adattarsi alle mutate condizioni del contesto sociale ed economico. In linea generale, i modelli che studiano il ciclo di vita tendono ad individuare delle fasi con una logica sequenziale, e a riconoscere delle divisioni precise tra di esse. In realtà si tratta, come ricordato nel modello di Murray et al. (2010), di cicli e fasi che in alcuni casi si sovrappongono. Anche all’interno delle stesse fasi ci possono essere dei cicli che si ripetono più volte. In tal senso è sempre indispensabile considerare le difficoltà dovute ai fallimenti nel passare da una fase ad un'altra. Inoltre l’intervallo di tempo necessario affinché una nuova iniziativa si strutturi e diventi un modello, non permette di separare in modo distinto i vari step, che diventano inevitabilmente paralleli. Nel caso, ad esempio, non sia possibile sviluppare un modello di business sostenibile, si deve retroagire modificando in tutto o in parte le soluzioni proposte o le analisi iniziali. In considerazione del fatto che l’outcome riguarda un cambiamento nei rapporti sociali, che comporta un coinvolgimento diretto dei soggetti, è problematico ripensare completamente al progetto una volta che lo stesso è in fase di attuazione. Roome (2013, 307) sostiene infatti che il modo di agire, nel panorama dell’innovazione sociale, “is a completely different orientation to innovation than is normal for business. It is a process that turns every actor into a potential agent of change”. I modelli proposti hanno inoltre dimostrato che per lo sviluppo sono necessarie delle risorse, che variano a seconda della fase in cui ci si trova. Le risorse di tipo finanziario si ricollegano allo sviluppo del modello di business e alla sostenibilità del progetto, nelle fasi iniziali rilevano maggiormente le competenze dell’innovatore sociale, mentre nelle fasi finali la rete di relazioni necessarie per la diffusione. Mulgan (2006, 155) ricorda che l’innovazione sociale “is much more likely to happen when the right background conditions are present”. Il cambiamento generato dai modelli analizzati può essere incrementale o radicale. All’interno del modello proposto da Bates (2012) vengono ad esempio individuate tre tipologie di piattaforme (2012, 102): “(1) existing platform with new features, (2) low-end disruption where the new platform is less complex and less expensive, and (3) high-end disruption where the platform allows the job to be performed better”. Come ricorda Noya (2011,

22) “not all social innovations can be radical and evidence shows that the majority of them are incremental”. In conclusione, si sottolinea come tali schemi rappresentino un’astrazione e una semplificazione rispetto alla complessità del fenomeno analizzato; è inoltre doveroso ricordare che i cicli non sempre si realizzano. Mutuando le parole di Mulgan (2006, 156), “most innovations in business and technology fail. So do most social innovations. Sometimes there are good reasons for failure”.