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Capitolo 2. La social innovation in azione

2.5 Scaling up: soluzioni e criticità

La fase di scaling è inserita tra le ultime nell’analisi dei modelli che descrivono il ciclo di sviluppo, presentati nel primo capitolo. Come sottolineato anche da Santos et al. (2013, 184), è utile ricordare che il ciclo del quale si argomenta riguarda la soluzione proposta dall’innovazione sociale, e non fa riferimento ad un ciclo aziendale. Dopo che l’idea iniziale è stata tradotta in un’iniziativa, i cui risultati sono stati valutati positivamente, ed è stato possibile sviluppare un modello organizzativo associato, ove richiesto ad un modello di business efficace e sostenibile nel tempo, si pone il problema di diffondere la soluzione fuori dal contesto nel quale è nata e cresciuta. L’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, in merito ad un progetto di riforma scolastica, 172affermava che “[n]early

every problem has been solved by someone, somewhere. The frustration is that we can’t seem to replicate [those solutions] anywhere else173”. La fase di scaling consiste quindi

nel replicare la soluzione per risolvere bisogni sociali simili, con la finalità di coinvolgere ed includere un numero sempre maggiore di partecipanti e beneficiari. Le idee, i progetti, i programmi, i nuovi servizi, i regolamenti e le nuove modalità organizzative, possono diffondersi attraverso diverse modalità, al fine di apportare il cambiamento sistemico che costituisce il fine ultimo del percorso intrapreso. La diffusione dell’iniziativa consente inoltre di fornire una prima risposta, sicuramente positiva, alla domanda posta in apertura del presente elaborato: “la social innovation dispone degli strumenti necessari per la creazione di benessere sociale in piena autonomia, rispetto al concetto di filantropia, alle pratiche volontarie della CSR e ai programmi finanziati dall’attore pubblico?” La fase di scaling, oltre ad essere una delle fasi conclusive del ciclo, consiste in una sorta di test per verificare la solidità dell’innovazione stessa. È infatti in questa fase dove emergono le maggiori difficoltà, e si devono superare alcune barriere, che possono essere ricondotte sia alle limitate risorse interne, sia all’impossibilità di replicare l’iniziativa fuori dai confini entro i quali è maturata. La diffusione dell’innovazione, generata in un contesto locale, si rende necessaria per affrontare le sfide globali delle quali si è detto in apertura del presente lavoro. Con il termine scaling, ci si riferisce sia alla diffusione dell’iniziativa in grado di aumentare l’impatto sociale, solitamente attraverso un’estensione geografica (scaling up), sia allo scaling deep, che secondo Santos et al. (2013, 189) permette di focalizzarsi sul target esistente fornendo

172 Olson, L. 1994. "Growing pains". November 2, 1994. Education Week.

173 Bill Clinton In Bradach, J. L. 2003. "Going to scale: The challenge of replicating social programs". Stanford

servizi diversi o migliori. La fase di scaling è molto complessa e per la comprensione è utile fornire un percorso completo di analisi. Il primo passo da compiere è quello di identificare il what dell’iniziativa. In che cosa consiste l’innovazione sociale che deve essere replicata? Numerosi autori, tra i quali Coffman (2010), Mulgan et al. (2007), Dees et al. (2004), hanno formulato diverse interpretazioni, che si possono sintetizzare in:

 idee generali, principi, regole, modelli;  programmi;

 servizi.

Il secondo passo riguarda l’individuazione di una metodologia vera e propria per la fase di scaling. Una sintesi dei contributi più importanti (Mulgan et al. 2007; Russo e Mueller 2013; Santos et al. 2013; Dees et al. 2004; Bradach 2003; Sezgi e Mair 2010), ha consentito di studiare le seguenti tecniche:

branching social franchising dissemination affiliation organizational growth adaptation.

Con il branching l’organizzazione mantiene un grado elevato di controllo ed effettua la fase di scaling grazie all’apertura di nuove unità operative. Il social franchising, del quale si è detto in precedenza, permette di applicare i “principi” del franchising ad un’iniziativa sociale, riducendo i rischi legati alla diffusione della stessa. Le tecniche di dissemination consistono principalmente nella diffusione di idee, metodi, buone pratiche, conoscenze, strategie. La diffusione può avvenire con l’utilizzo di modalità tradizionali (meeting e presentazioni, public relations, pubblicazioni), o con strumenti basasti sul web (forum,

social media, piattaforme dedicate). Con la tecnica della dissemination si crea un

collegamento tra l’iniziativa sociale, solitamente sviluppata da un’organizzazione non profit, e la comunità che ne diviene partecipe. Con il termine affiliation si fa riferimento alla partecipazione attiva e formale di un’organizzazione ad un network; il legame che si crea può assumere diversi livelli di commitment, e di conseguenza prevedere la condivisione di risorse o il mero coordinamento delle attività (Wei-Skillern e Anderson 2003; Dees, Anderson e Wei-Skillern 2004). L’organizational growth prevede lo sviluppo interno dell’organizzazione, mantenendo uno stretto controllo sul progetto iniziale. Tale modalità viene solitamente utilizzata per attuare la fase di scaling nei servizi, nel caso in

cui l’organizzazione disponga delle risorse necessarie, oppure riesca ad ottenere economie di specializzazione che le permettono di elaborare una strategia di scaling

deep. Infine, l’adaptation riguarda la replica di iniziative strutturate nella forma di

programmi, che vengo modellate sulle esigenze dei partecipanti locali. Tabella 9. Vantaggi, svantaggi ed esempi delle strategie di scaling

Strategie Vantaggi Svantaggi Esempio

Autonom ia Contro llo Organizational growth Economie di specializzazione Affidabilità

Migliore gestione della comunicazione Utilizzo di risorse interne Rigidità organizzativa Assenza di ibridazione Territorialmente limitata Piattaforme di microcredito peer to peer

Branching Controllo della qualità Migliora l'apprendimento organizzativo

Vicinanza all'utente

Moltiplicatore di conoscenze, visibilità, partnership network

Ingenti investimenti Diminuzione della motivazione dovuta alla mancanza di autonomia Microcredito Social franchising

Coerenza del brand Investimenti condivisi Incoraggia lo spirito imprenditoriale Difficoltà di coordinamento con l'unità centrale Deviazione dalla mission Food bank (UK)174175

Affiliation Condivisione e scambio di risorse

Brand leverage

Limitata autonomia Network di imprenditori sociali a livello globale Adaptation Scaling efficace nel breve

termine

Utilizzo limitato di risorse

Mancata definizione di standard Replica di programmi educativi, sanitari, culturali Dissemination Diminuzione dei costi

La soluzione è diffusa

rapidamente a livello regionale La soluzione si adatta alle condizioni locali

Diminuzione del controllo

Rischio di deviazione dalla mission e perdita di coerenza

Rischio di perdita di reputazione e legittimità

KaBOOM!176177

Fonte: traduzione, elaborazione e adattamento da Santos et al. 2013. "The Life Cycle of Social Innovations". In

Social Innovation: Solution for a Sustainable Future, p. 190.

174 Trusell Trust. "UK Food bank", http://www.trusselltrust.org/foodbank-projects.

175 Berelowitz, D. 2012. Social Franchising innovation and the power of old ideas: What can the social sector

learn from the experience of franchising in the commercial sector? p.15.

176 Kaboom. "Our Mission & Vision", http://kaboom.org/about_kaboom/our_mission_vision.

177 Dees, J. G., Anderson, B. B., Wei-Skillern, J. 2004. “Scaling Social Impact: Strategies for Spreading Social

In tabella 9, elaborando un modello di Santos et al. (2013), sono presentati vantaggi e svantaggi dei meccanismi sopra esposti. Ognuna delle metodologie assorbe risorse sia interne che esterne all’organizzazione, implica un determinato livello di rischio e comporta un diverso grado di controllo. Dees et al. (2004, 28) sostengono infatti che “these mechanisms for spreading impact as a continuum, from dissemination to affiliation to branching, requiring an increasing degree of central coordination, and typically greater resources”.

Figura 13. Il modello SCALERS

Queste metodologie di scaling tendono a sovrapporsi; una ricerca condotta da LaFrance Associates (2006), su un campione di imprese sociali, ha infatti dimostrato che “[o]rganizations employed multiple scaling strategies: Three-quarters (77%) scaled by branching, 41% by affiliation and 36% by dissemination178”. L’ultimo passo da compiere

è la scelta della strategia da utilizzare per la fase di scaling. Tale decisione è vincolata al “what” dell’innovazione sociale, e prevede una valutazione degli elementi interni all’organizzazione e del contesto esterno. In ambito scientifico sono stati presentati numerosi modelli utili a supportare tale decisione. Tuttavia il modello che si ritiene più utile, per effettuare una valutazione completa dell’impatto, è lo SCALERS proposto da Bloom e Chatterji (2009), illustrato in figura 13. Gli autori individuano sette drivers (staffing, comunicating, alliance building, lobbying, earnings-generation, replicating,

stimulating market forces), in grado di influenzare positivamente la diffusione

dell’innovazione sociale. Ogni capability impatta su alcune delle restanti, ed è a sua volta influenzata da un fattore contingente che ne aumenta o diminuisce l’impatto. Tale schema può essere utilizzato nell’ambito dell’impresa sociale per mappare l’andamento delle variabili negli anni, ed effettuare previsioni circa l’impatto delle singole variabili, come dimostrano gli studi empirici di Bloom e Smith (2010). Il modello offre uno strumento di supporto alle decisioni, al fine di indirizzare le risorse verso le modalità di

scaling più appropriate.

178 LaFrance, S., Lee, M., Green, R., Kvaternik, J., Robinson, A., Alarcon, I. 2006. Scaling Capacities: Supports for