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Capitolo 1. Social Innovation e valore sociale: una visione d’insieme

1.2 Le due dimensioni in una prospettiva multidisciplinare

1.2.1 La dimensione dell’innovazione

1.2.1.1 I vantaggi dell’open innovation

Le tematiche dell’open innovation emergono e si consolidano nella letteratura a partire dal 2003 grazie al contributo di Chesbrough, il quale individua un nuovo modello aperto di innovazione, che si contrappone al precedente modello di closed innovation. L’autore sostiene infatti che in numerosi settori emerga una nuova strategia legata all’open

innovation, in grado di superare il modello tradizionale basato su forti investimenti in

ricerca e sviluppo interni, integrazione verticale e controllo esclusivo delle risorse, soprattutto attraverso l’utilizzo dei diritti di proprietà industriale (Chesbrough 2003a, 2003b, 2003c). L’autore propone quindi un nuovo modello nel quale i confini organizzativi sono aperti, e permettono la partecipazione di numerosi attori, attraverso un flusso di conoscenza sia dall’esterno verso l’interno, sia dall’interno verso l’esterno dell’organizzazione (Chesbrough 2003a, 2003b, 2003c). Successivamente, Chesbrough (2013) ha ulteriormente sviluppato tali tematiche, pubblicando nuove ricerche legate all’innovazione del business model, della quale si tratterà in seguito. L’open innovation non interessa solo i settori ad alto contenuto tecnologico, ma sta assumendo sempre maggior rilievo nell’ambito dei servizi quali ad esempio l’e-health care (Chesbrough 2003c, 38). Il modello di innovazione aperta ha avuto nel tempo una notevole diffusione ed ha saputo costruire, sviluppare e consolidare importanti network, basati principalmente sulla condivisione della conoscenza. I progetti in essere ad oggi riguardano infatti l’open hardware, si pensi al progetto Arduino, l’open software il cui esempio più conosciuto è la community di Linux, e l’open design37. La strategia dell’open

innovation, mette in discussione anche il tradizionale modello per la gestione del

processo di innovazione stage-gate proposto da Cooper (2000). Grönlund et al. (2010) propongono un modello open Stage-Gate, che permette di integrare un nuovo set di criteri di valutazione, definiti (2010, 118) “Open Innovation Evaluation Criteria”. I nuovi criteri proposti da Grönlund et al. (2010, 118), considerano il contributo alle attività di

inbound e outbound open innovation, offerto nelle varie fasi (define, design, validate),

da parte di ricercatori, utilizzatori, inventori, fornitori, intermediari, clienti e altre imprese. Dopo aver analizzato come il fenomeno dell’open innovation abbia radicalmente modificato l’innovazione commerciale e tecnologica, è utile comprendere i legami tra open innovation e social innovation. Uno dei vantaggi principali legati all’introduzione dell’open innovation nei processi di innovazione sociale, consiste nel

37 Menichinelli, M. 2013. "Il societing come pratica collaborativa: tecnologie, spazi e processi di open design".

pensare all’open innovation come fattore abilitante. L’utilizzo del software open source, la rete internet, l’open hardware, e gli open data, hanno supportato numerosi progetti. Grazie all’open innovation molti processi di innovazione sociale hanno assunto una logica bidirezionale, favorendo un maggior coinvolgimento della comunità. Kiwa38,

un’organizzazione non profit che ha creato un network per i servizi di microcredito peer-

to-peer a livello internazionale, è un esempio concreto di come l’open innovation possa

supportare e sviluppare i tradizionali servizi di microcredito esistenti, dei quali si tratterà in modo approfondito in seguito. Un’integrazione tra open innovation e social

innovation è proposta da Chalmer (2012, 29), il quale sostiene che “[a]lthough the fields

of social and open innovation have thus far remained somewhat distinct, it is suggested that adoption of openness with regards to solving societal problems is a promising avenue for future research and practice”. Come si analizzerà in seguito, ci sono diversi fattori che impediscono lo sviluppo dell’innovazione sociale; Chalmer (2012, 18) individua alcune barriere alla social innovation, che riguardano: “market protectionism, risk aversion, problem complexity, access to networks and access to finance”. Tali barriere possono essere superate secondo l’autore adottando un modello di “open”

social innovation. In particolare Chalmer (2012, 27-28) sostiene le seguenti ipotesi:

 l’adozione di un approccio ‘open’ riduce il rischio associato all’introduzione di innovazioni;

 l’adozione di soluzioni provenienti da diversi campi riduce il rischio di fallimento;  l’incorporazione della conoscenza dell’utilizzatore all’interno del processo di

innovazione aumenta le possibilità di successo.

Sulla stessa linea Clay e Paul (2012), i quali illustrano le potenzialità dell’open innovation, relativamente alla diffusione delle iniziative dell’imprenditore sociale. In questo caso l’open innovation permette la partecipazione degli attori all’interno del network, partecipazione che costituisce uno degli elementi fondanti della social innovation, trasformando il semplice utilizzatore finale in un co-creatore. Clay e Paul (2012, 17) affermano infatti che “[o]pen innovation communities are characterized by transparent communication, decentralized decision making, and widely distribute action”. Quanto esposto poco sopra trova un valido esempio nelle attività svolte da Innocentive39.

Chesbrough (2003a, 13) definisce tale piattaforma come un “on-line knowledge broker”, mentre secondo Murray et al. (2010, 134) si tratta di un “innovation broker”. In sintesi

38 Kiwa, http://www.kiva.org.

Innocentive, è un’organizzazione di intermediazione che, grazie ad un network formato da milioni di problem solver, offre soluzioni innovative a società private, governi ed organizzazioni non profit, che devono affrontare problemi o progetti complessi. In questo caso l’open innovation, che sta alla base della strategia, permette la collaborazione e la soluzione di problemi sociali, dimostrando di fatto come l’open

innovation possa supportare concretamente le iniziative di innovazione sociale, ad

esempio attraverso la raccolta fondi, la sensibilizzazione verso progetti di interesse sociale e la gestione dell’innovazione40. Un’ultima riflessione in merito all’open

innovation riguarda i diritti di proprietà intellettuale. Chesbrough (2003b, 157)

evidenzia, come solo in parte la conoscenza venga protetta attraverso l’utilizzo delle garanzie, offerte dal sistema di tutela della proprietà intellettuale. Una vasta area di conoscenza è liberamente disponibile e trasferibile; Arvidsson e Giordano (2013, 14) sostengono infatti che “[l]e grandi società multinazionali hanno scoperto il potenziale di questa nuova innovazione socializzata, e cercano di catturarlo in schemi di open

innovation user-led design”.

Esaurita la dimensione dell’innovazione, anche attraverso l’analisi dei vantaggi derivanti dall’adozione di sistemi open, si introdurrà nella sezione seguente la dimensione sociale.