• Non ci sono risultati.

Capitolo 1. Social Innovation e valore sociale: una visione d’insieme

1.3 L’evoluzione storica del pensiero

Come discusso in precedenza, l’innovazione sociale origina e si sviluppa nel tempo soprattutto grazie al contributo proveniente dalla sociologia. Il periodo al quale si fa riferimento inizia dalla fine del XIX secolo e si estende ai primi anni del XX secolo, principalmente grazie al contributo di Weber, Durkheim e Schumpeter. Punto di partenza quindi per definire le radici storiche di questa disciplina, è certamente il sociologo ed economista tedesco Max Weber (1864-1920). L’autore, nelle sue numerose opere, ha indagato in profondità le relazioni tra gli attori organizzativi nonché il loro comportamento. Uno degli esempi fondamentali deriva dall’opera The Theory of Social

and Economic Organization, nella quale Weber ([1947] 1968, 112) in merito alle “social

action” sostiene che “[t]he economic activity of an individual is only social if, and then only in so far as, it takes account of the behaviour of someone else”. Pur non trattando in questo elaborato un approfondimento in tal senso, numerosi autori tra i quali Hubert (2010), Cajaiba-Santana (2014), concordano nel far risalire a Weber una possibile origine dei fondamenti della social innovation, la quale avrebbe goduto, anche se dopo molti anni, di un’ampia autonomia scientifica. Anche le opere di Emile Durkheim (1858-1917) contribuiscono secondo alcune fonti, tra le quali Hubert (2010, 31) e l’European Commission (2013a, 25), alla nascita degli studi sull’innovazione sociale. Durkheim ([1902] 1999), in La Divisione del Lavoro Sociale, focalizza la propria attenzione sul superamento del concetto di divisione del lavoro legato al solo aumento di produttività, indagando i cambiamenti e gli effetti che derivano dalla divisione del lavoro, ed in particolare il concetto di “solidarietà organica”. Secondo lo stesso autore infatti la funzione della divisione del lavoro poteva ricercarsi in una sorta di cooperazione tra gli individui. Durkheim ([1902] 1999, 85) in merito alla divisione del lavoro sostiene che, “[n]on servirebbe soltanto a dotare le nostre società di un lusso superfluo […]; essa sarebbe una condizione della loro esistenza. La loro coesione sarebbe assicurata dalla divisione del lavoro […]”. Il terzo autore al quale è possibile fare riferimento è Schumpeter (1883-1950), del quale in precedenza si sono introdotti alcuni concetti riguardanti l’innovazione e il valore sociale. L’analisi dell’economista austriaco è andata ben oltre i temi economici. A Schumpeter si riconosce il merito di aver esteso la propria analisi alla sfera sociale tramite le tematiche dell’innovazione, come confermano Edwards-Schachter et al. (2012) e successivamente Moulaert et al. (2013). In tal senso la figura chiave è sicuramente quella dell’imprenditore, attraverso la quale si instaurano

i primi legami con i temi della social innovation, e non escludendosi inoltre un possibile collegamento con l’imprenditore sociale del quale si dirà in seguito.

E poi il tipico imprenditore è più concentrato in sé stesso di altre figure, perché fa assegnamento molto meno di loro sulla tradizione e sulle relazioni e perché il suo compito caratteristico […] consiste precisamente nello spezzare le vecchie tradizioni e nel crearne delle nuove. Benché questo si applichi soprattutto alla sua azione economica, si estende anche alle conseguenze morali, culturali e sociali di essa (Schumpeter [1934] 1977, 101).

Pur nella sintetica trattazione fin qui compiuta, si può sostenere che Weber, Durkheim e Schumpeter, abbiano creato le basi per lo sviluppo di una disciplina, che solo dopo molti anni godrà di ampia autonomia. In considerazione del fatto che nelle opere presentate non esiste una trattazione autonoma o un riferimento immediato alle tematiche della social innovation, come invece avviene nella letteratura contemporanea, il punto di partenza nello sviluppo dell’innovazione sociale è da ricercarsi nell’analisi e nella comprensione delle dinamiche sociali, che si originano a seguito di profondi mutamenti nel sistema economico o organizzativo. Prima di continuare l’analisi relativa all’evoluzione della disciplina, è opportuno fare un salto temporale nel passato introducendo seppur brevemente il profilo di Benjamin Franklin (1706-1790). Franklin, definito da Mumford (2002) un innovatore sociale, è una delle figure che maggiormente ha contribuito allo sviluppo di pratiche di innovazione sociale. In Social innovation: Ten cases from Benjamin Franklin, Mumford (2002) espone un’interessante analisi, proponendo dieci casi di innovazione sociale ad opera dell’innovatore Franklin. I casi analizzati si collocano temporalmente nella metà del XVIII secolo, precedendo quindi le opere degli autori fin d’ora analizzati. Mumford (2002, 256) sostiene che “Franklin played a key role in the development of multiple social innovations”. Franklin oltre che uno scrittore fu uno statista e un filosofo e si occupò spesso di economia44; è inoltre considerato il padre fondatore dell’Università della

Pennsylvania45. Tra i casi proposti da Mumford (2002) se ne evidenziano due; il primo

relativo alla modalità di fissazione del valore della moneta, ed il secondo riguardante una proposta per la fondazione dell’Università della Pennsylvania; entrambi destinati a cambiare profondamente gli schemi del passato in una prospettiva di innovazione sociale. In Essay on Paper-Currency, Proposing a New Method for Fixing Its Value,

44 Franklin, B. 1987. Writings. A cura di J. A. Leo Lemay.

Franklin ([1741] 1987, 290) sostiene che un sistema che fissi il valore della moneta alla terra, unito ad un sistema di garanzie assicurative, sarebbe in grado di garantire una stabilità nel cambio della valuta ed un conseguente aumento degli scambi commerciali con l’Inghilterra. Nel secondo caso evidenziato, Franklin ([1749] 1987), in Proposal

Relating to the Education of Youth in Pensilvania, evidenziava la necessità di fondare una

“Academy” per la formazione dei giovani; lo stesso autore ([1749] 1987, 325) dichiara: “we may obtain the Advantages arising from an Increase in Knowledge […]”.

L’analisi del percorso storico continua seguendo le opere di William Ogburn (1886-1959) teorizzate nella prima metà del XX secolo. Ogburn, autorevole sociologo statunitense, si occupò di innovazione tecnologica e dei suoi effetti, e fu inoltre in grado secondo Godin (2010) di fornire un approccio sistemico. Nel 1922 in Social change: With Respect to

Culture and Original Nature, Ogburn tratta il tema del cambiamento e dichiara che

([1922] 1950, 60): “[s]ocial evolution, in such case, consists largely in the evolution of social organizations and social ways of behavior, as seen in religion, art, law, custom, etc”. L’autore cerca di indagare i meccanismi che regolano l’interazione e il comportamento nella società, nonché le conseguenze sociali dell’innovazione; termine innovazione che non compare direttamente nello scritto ed è, secondo Godin (2010, 302), sostituito dal termine “material culture”. Il passaggio più importante di quest’opera resta sicuramente la definizione di “cultural lag”. Ogburn ([1922] 1950, 203) spiega che “[w]hen the material conditions change, changes are occasioned in the adaptive culture. But these changes in the adaptive culture do not synchronize exactly with the change in the material culture. There is a lag which may last for varying lengths of time […]”. Quando si crea il lag è necessario un aggiustamento. Secondo Godin (2010, 287) “[t]o Ogburn, social change and social invention are the solutions to maladjustments between technology and culture: material invention invites social invention”.

Delineate le fondamenta storiche, si andrà ora a studiare quello che costituisce il corpo principale della disciplina sviluppatosi tra il 1960 ed il 1980. Gli studi pubblicati in tale periodo storico, sono influenzati principalmente dal termine del secondo conflitto mondiale, e dal successivo periodo di sviluppo economico, che porta sia all’instaurazione di nuovi equilibri in campo economico, sia alla nascita di conflitti sociali nonché all’emergere di nuovi bisogni. In questo periodo numerose sono le pubblicazioni che contribuiranno, anche in futuro, all’evoluzione della disciplina, tuttavia, in questo studio, l’esposizione si limiterà alle opere principali al fine di agevolare la composizione del

percorso storico. Una delle prime opere interamente dedicata all’innovazione sociale si deve a Chambon, David e Devevey, che nel 1982 pubblicarono Les Innovation Sociales. Opera prestigiosa che oltre ad indagare nel profondo il significato del termine, chiarisce i rapporti tra innovazione tecnologica e sociale. Chambon et al. (1982, 14) sostengono infatti che “associa-t-on souvent à tort innovation technologique et innovation sociales. Si les technologies donent à l’homme des pouvoirs supplèmentaires sur l’espace et le temps, elles n’influencent réellement la qualité de la vie sociale que par l’usage social qui en est fait”. Anche all’azione istituzionale si assegna un ruolo di primo piano. Per Chambon et al. (1982, 16) “innover c’est avant tout agir”; inoltre non si tratta di un fenomeno completamente nuovo ma (1982, 85) “n’est que le reprise de ce que faisaient nos aïeux ou nos arrière-grands-parents”.

Qualche anno prima Conger ([1974] 2009) in Social Invention, proponeva una prima definizione delle stesse, nonché riconosceva una distinzione tra “instrumental inventions” e “organizational inventions”. Si può sostenere che Conger abbia anticipato le future tematiche della social innovation, in particolare quando sosteneva ([1974] 2009, 1) che “[i]n the interests of society, we should not stop scientific invention, but rather concentrate on the invention of better methods for the proper functioning of society”. Uno dei passaggi più importanti e moderni, che meglio si identifica con gli attuali programmi della Commissione Europa per il superamento delle disuguaglianze, si può trarre dalla parole dello stesso Conger quanto afferma ([1974] 2009, 15) che: “[o]ne of the pressing needs for a new social invention today is a method of achieving equality between various segments of society”.

Successivamente Peter Drucker (1987), in Social Innovation – Management’s New

Dimension, ha il merito sia di elevare l’innovazione sociale nei confronti dell’innovazione

tecnologica, che fino a quel momento aveva dominato la scena, sia di porla al centro delle pratiche manageriali. Una conferma deriva dalla riflessione di Cajaiba-Santana (2014, 44), il quale afferma che “[i]n management discourse, Drucker was the single voice during the 1980’s to sing the praises of social innovation”. Nelle conclusioni lo stesso Drucker (1987, 33) afferma “[i]t is, above all, to show that social innovation in the 20th century has largely become the task of the manager”. Sempre nello stesso periodo un prezioso contributo è fornito da Brooks (1982), del quale si sono esposti i tratti essenziali in tabella 2. La riscoperta e il consolidamento della social innovation avvengono all’inizio del XXI secolo, grazie a numerose opere, delle quali in parte si è fornita una sintesi in tabella 1. Negli ultimi anni si denota non solo un nuovo interesse

attorno alle tematiche dell’innovazione sociale, ma anche un impegno specifico verso questioni ben definite, quali ad esempio lo sviluppo territoriale, la finanza etica e le politiche sociali. L’innovazione sociale diviene quindi centrale e acquisisce piena autonomia al pari dell’innovazione commerciale, con il moltiplicarsi di pubblicazioni scientifiche, convegni e network di ricerca. Questo grazie anche alla nascita di numerosi centri dedicati all’innovazione sociale, tra i quali si menzionano: il CRISES46 (Centre de

recherche sur les innovations sociales) fondato in Canada nel 1986, lo ZSI47 (Zentrum für

Soziale Innovation) fondato in Austria nel 1990, The Young Foundation48 fondata nel

2005, la SSE49 (School for Social Entrepreneurs) fondata da Michael Young nel 1997, il

CSI50 (Centre for Social Innovation) dell’Università di Stanford fondato nel 1999, e più di

recente il TACSI51 (The Australian Centre for Social Innovation) in Australia. Inoltre si

registra il moltiplicarsi di iniziative supportate dalle istituzioni pubbliche, quali ad esempio il progetto di ricerca e collaborazione TEPSIE52, che coinvolge sei organizzazioni

in ambito europeo53, o il SIF54 (Social Innovation Fund) creato negli Stati Uniti nel 2009.

Di innovazione sociale si è parlato anche al G20 Innovation Hub55, grazie ad un evento

dedicato a tali tematiche, che ha preceduto l’apertura dei lavori del G20 lo scorso mese di novembre in Australia, affrontando il tema “Beyond business as usual”56. Dall’analisi

dell’evoluzione storica, è immediato riconoscere un legame inscindibile tra innovazione sociale, sia in termini di pratiche sia di concettualizzazioni teoriche, ed evoluzione economica. Infatti ad ogni fase di espansione o di recessione economica, segue una fase di innovazione sociale che si sviluppa all’interno degli spazi creati in precedenza; si pensi ai radicali cambiamenti avvenuti in seguito alla terza rivoluzione industriale.

46 CRISES (Centre de recherche sur les innovations sociales). "Présentation", http://crises.uqam.ca/le-

centre/presentation.html.

47 ZSI (Zentrum für Soziale Innovation), https://www.zsi.at.

48 Young Foundation. "History", http://youngfoundation.org/about-us/history/. 49 SSE (School for Social Entrepreneurs). "About us", http://www.the-sse.org/about-us.

50 Stanford Graduate School of Business. Center for Social Innovation. "History",

http://csi.gsb.stanford.edu/history.

51 TACSI (The Australian Centre for Social Innovation). "About", http://www.tacsi.org.au/about/.

52 TEPSIE (Theoretical, Empirical and Policy Foundations for Social Innovation in Europe). "About TEPSIE",

http://www.tepsie.eu/.

53 European Commission. Community Research and Development Information Service, 7th Framework

Programme for Research. "Highlights", http://cordis.europa.eu/fp7/ssh/.

54 CNCS (Corporation for National Community Service), "Social Innovation Fund",

http://www.nationalservice.gov/programs/social-innovation-fund.

55 G20 Innovation Hub. "About", https://g20innovationhub.wordpress.com/about/.

56 Corriere della Sera. "G20: ItaliaCamp all’Innovation Hub in Australia", 11 novembre 2014,

http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/G20-ItaliaCamp-all-Innovation-Hub-Australia/11-11- 2014/1-A_015122663.shtml.

L’innovazione sociale è quindi in continua evoluzione, e molte delle innovazioni sviluppate nel passato sono divenute parte della vita di tutti i giorni. Partendo dai casi di Benjamin Franklin fino ad arrivare alle recenti iniziative della Commissione Europea, si delineano oltre duecentocinquanta anni di conoscenze applicate nell’innovazione sociale. Le carte costituzionali, i sistemi di welfare, network, associazioni e comunità di discussione politica ed economica, assicurazioni, università, ed il microcredito, rappresentano solo alcune delle esperienze che hanno caratterizzato la lunga storia dell’innovazione sociale, e che sono ad oggi divenute, a pieno titolo, patrimonio culturale comune e condiviso all’interno delle nostre società.5758

57 Per un approfondimento, Mulgan, G. Tucker, S., Ali, R., Sanders, B. 2007. Social Innovation: What it is, why it

matters and how it can be accelerated. 3rd edition, p.10.

58 Per un approfondimento, Conger, S. (1974) 2009. "Social invention". The Innovation Journal: The Public Sector