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I grandi viaggiatori che andarono in ogni parte del glo- bo a cercare ricchezze da riportare in patria, tornarono con strani animali e strane piante. Le piante furono messe nei giardini botanici, in modo che tutti le potessero ammirare. Gli animali furono esposti nei musei, impagliati, e se arri- vavano vivi finivano nei giardini zoologici. Luoghi magici, dove si potevano (e si possono) fare incontri emozionanti con specie mai viste prima.

I romani, quelli antichi, non quelli di ora, si divertivano un mondo a vedere combattimenti tra fiere, e poi tra uma- ni e fiere o, ancora, si divertivano a nutrire le fiere usando i cristiani come mangime. I circhi dove si uccidono bestie e umani non sono più di moda (a parte la corrida, dove il massimo dell’emozione si ottiene quando il toro incorna il torero) ma ancora resistono i circhi. Lì le fiere sono mo- strate al pubblico che le guarda a bocca aperta. E il prode domatore entra nella gabbia dei leoni e li fa saltare nel cer- chio di fuoco. Oppure fa stare gli elefanti in equilibrio su una grossa palla.

Oggi i circhi non sono più di gran moda. La nostra sen- sibilità verso gli animali ci porta a dire che non è giusto usarli per fare spettacoli, soprattutto se alla fine il gioco pre- vede che vengano uccisi, e non è giusto tenerli in gabbia.

Intendiamoci, gli amanti degli animali che non concepi- scono i circhi e le corride spesso hanno comunque animali “schiavi” con cui soddisfano i propri bisogni, prima di tut- to quello di affetto. Ma di questo abbiamo parlato già a lungo.

I pesci sono, pare, gli animali da compagnia più diffusi,

forse perché sono poco impegnativi e non ci fanno sentire troppo in colpa, visto che sono molto diversi da noi.

Oltre che a casa, dove sono necessariamente piccoli, og- gi sono di moda i grandi acquari. Sono esattamente la stes- sa cosa dei giardini zoologici. Gli animali non sono in gab- bia, ma vivono in zone recintate: le vasche.

Gli animalisti, giustamente, gridano che queste specie vanno liberate. Hanno ragione, ma poi ripenso a chi non ha mai visto una zampa di gallina. Questi ambasciatori ingab- biati del mondo naturale hanno svolto una funzione molto importante, e ancora la svolgono: ci emozionano, ci com- muovono, e ci fanno indignare se gli altri della loro specie sono danneggiati dalle nostre attività. Un delfino in una grande vasca rinforza il nostro sentimento verso i delfini, e questo vale per tutti gli altri animali.

Nella mia infanzia ho visitato moltissime volte il Museo di storia naturale di Genova e mi ha sempre fatto male il fatto che a Genova non ci fosse uno zoo. Andavo a vedere quelli di altre città e provavo molta invidia. Portare i bam- bini allo zoo fa bene alla loro educazione.

Certi animali non dovrebbero essere messi in gabbia. I leoni sembrano soffrire meno in uno zoo, e spesso dormo- no tutto il giorno. Ma è solo un’impressione che deriva dal fatto che altri felini, tipo leopardi e ghepardi, in gabbia so- no uno spettacolo molto più duro da sopportare. Girano avanti e indietro, non stanno mai fermi e fanno una vita stressata. La vita in gabbia non fa per loro come, del resto, non fa per nessun animale.

Ci sono comunque differenze. I gorilla di montagna (Gorilla beringei) non sopravvivono in cattività, mentre i gorilla di pianura (Gorilla gorilla) sono più adattabili e si riproducono.

Gli acquari, poi, sono una finestra sul mondo marino che, altrimenti, la massa della popolazione non avrebbe. Gli animali tenuti nelle vasche devono star bene, e sono preziosi. Vengono trattati benissimo e assolvono a una missione importante: aumentare la nostra cultura nel cam- po della natura.

La percezione delle mie amate meduse è cambiata quan- do si è trovato il modo di metterle in mostra negli acquari, con vasche speciali. Il pubblico finalmente ha capito che sono gli animali più belli che ci siano e il mio “sentimento” per loro non è più visto come una cosa strampalata. Una volta capito che sono bellissime, e che sono animali, si può andare oltre e si può spiegare che le meduse sono gli ani- mali più antichi tra quelli viventi oggi. Gli animali di oggi, ci dicono i reperti fossili, si sono originati nelle forme an- cestrali dei vari gruppi circa 500 milioni di anni fa. Ma i fossili più antichi di meduse risalgono a 650 milioni di an- ni fa, e le meduse di allora non erano tanto differenti da quelle che vediamo fluttuare nelle vasche degli acquari. Gli altri animali hanno tutti dovuto cambiare moltissimo, per restare “al passo con i tempi” e adattarsi al mondo che cambiava attorno a loro. Le meduse no. Sono state perfet- te sin dal primo momento della loro comparsa. Un capola- voro. Se Dio ha fatto l’essere più perfetto a sua immagine e somiglianza allora, mi spiace, Dio è una medusa. Guarda- tele bene, negli acquari, e non potrete non darmi ragione.

Oltre a divertirci, quindi, gli animali possono essere usati per istruirci e farci meditare, anche se in passato sono stati usati in modo fuorviante.

Prima di passare a loro, però, parliamo di fisiognomica.

Lombroso

Ho visitato il Museo Lombroso, a Torino. È esposto persino lo scheletro del buon Cesare, che ha trattato se stesso come ha trattato i suoi conspecifici. Lombroso pen- sava che esistessero due tipi di delinquenti. Quelli “nati co- sì” e quelli che diventano delinquenti per le circostanze. Per lui, i delinquenti nati dovrebbero avere caratteristiche particolari e si dovrebbero poter riconoscere dall’aspetto. Per Lombroso un delinquente ha la faccia da delinquente. E il suo museo è pieno di maschere di cera ricavate dai vol- ti di chi aveva compiuto varie tipologie di delitto. Sotto al volto c’è la scritta che definisce il crimine: ladro, stuprato- re, e via così.

Un delinquente “ce l’ha scritto in faccia”. Oppure no. Ci possono essere persone di aspetto angelico che compio- no crimini efferati. Se ci pensate, i delinquenti spesso ten- dono a non esibire la loro attitudine al delitto. Pensate a un banchiere che vi vende titoli tossici. Sembra una così brava persona! Invece vi sta rovinando. E se mettete “fuori con- testo” le facce di persone che magari vi hanno salvato la vi- ta, penso a un cardiochirurgo, per esempio, magari vi ver- rebbe da pensare che, se li incontraste in un vicolo buio, vi sentireste in pericolo. Solo a guardarli.

I delinquenti che vogliono mostrare di essere pericolosi tendono a esasperare certe caratteristiche e finiscono per assumere una fisionomia che genera timore.

Ma pensare che l’attaccatura dei lobi delle orecchie, o l’ampiezza della fronte, e la distanza tra le sopracciglia sia- no indici di maggiore o minore propensione al crimine non ha alcuna base scientifica.

Però, se ci pensate, ci sono persone che hanno fisiono- mie che ci ricordano animali e che ci riportano ad accetta- re gli stereotipi.

A volte non si riesce a dire che la somiglianza sia illuso- ria. Così ci sono persone con espressioni furbe che ci sem- brano volpi, e altre che ricordano il leone.

Abbiamo associato gli animali più familiari a nostre ca- ratteristiche, e poi classifichiamo gli umani in base alle so- miglianze, vere o presunte, con animali e con le loro carat- teristiche. E dato che agli umani piace avere a che fare con propri simili, non è per caso che i proprietari di qualche animale finiscano per assomigliargli. Lo hanno scelto così apposta.

Ben prima di Cesare Lombroso, l’aspetto fisico di uma- ni e animali veniva usato come specchio delle loro caratte- ristiche comportamentali e morali.