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Gli animalisti, in un certo senso, rinnegano la nostra storia di cacciatori e raccoglitori e la nostra stessa evoluzio- ne. Non vogliono far male ad alcun animale e considerano un assassinio l’uccisione di membri del regno animale. For- se proprio tutti no, magari uccidono scarafaggi e ratti, ma non ci metterei la mano sul fuoco. La sperimentazione ani- male ci ha permesso di sviluppare i farmaci e le tecniche dei trapianti; non credo che gli animalisti rinuncino alle cure mediche perché hanno richiesto l’uccisione di animali. Ma, ancora, non ci metterei la mano sul fuoco. Il fanatismo può portare molto lontano dalla razionalità.

Alcuni fanatici estremi mangiano solo frutti caduti dal- l’albero, perché pensano che strapparli dai rami faccia ma- le alla pianta. Poverini. Si chiamano fruttariani. Esistono molte “religioni” legate al cibo. I vegani sono i più nume- rosi, tra quelli estremi. Non mangiano neppure uova, mie- le, propoli, niente latte. Solo membri del regno vegetale. I più rari sono i breathariani, convertiti al respiranesimo, re- spirano solo, e stanno al sole. Non mangiano. Il nome de- riva dall’inglese breath, che vuol dire respirare. È una setta che non durerà molto. Ci sono i crudisti, che mangiano so- lo roba cruda (in casa non hanno la cucina). I seguaci della paleodieta, quella degli uomini primitivi (chissà dove si procurano la carne di mammuth). Ne ho trovate altre che sono varianti di queste. Molte di queste abitudini alimen- tari sono abbastanza recenti, ma ce ne sono di antichissime. Per esempio la dieta kosher dei seguaci della religione ebraica. Prescrive che siano mangiati solo animali con zoc- colo diviso in due, e che ruminano. Gli altri sono impuri.

Gli animali marini si possono mangiare ma non possono non avere squame e pinne: niente molluschi e niente cro- stacei. Le regole sono complicatissime e sembrano tratte da un film dei Monty Python.

I più normali sono i vegetariani blandi. Il motivo vero della validità della loro scelta non consiste nel non voler mangiare animali ma nel mangiare ponendosi alla base del- le catene alimentari.

In barba alla mia facile ironia, paradossalmente, hanno ragione loro. Non possiamo continuare a mangiare anima- li. In effetti non dovremmo mangiare neppure le piante. Abbiamo visto che l’agricoltura impedisce il sequestro del carbonio e altera il bilancio di anidride carbonica nell’at- mosfera. Non ci resta che suicidarci? Visti gli effetti di cer- te diete, forse è quello che alcuni stanno facendo. Ma tor- niamo alle piante che potrebbero soffrire se tagliate. Il gra- no soffre quando lo tagliamo? Magari sì. Ci sono cose che possiamo mangiare senza temere di far male ad altri viven- ti? Anzi, avendo la certezza di favorirli?

Ma certo che ci sono. Le piante hanno evoluto i frutti per compensare gli animali che disperdono i semi in essi contenuti. Il frutto succoso di una pianta è ricco di sostan- ze nutritive. Gli animali li mangiano molto volentieri, e ingoiano anche i semi. I succhi intestinali non rovinano i semi anzi, in certi casi li attivano. L’animale frugivoro pro- duce un sacco di feci e le disperde nel terreno (le piante non sanno che andiamo in bagno) e in esse ci sono i semi, già dotati di una bella dose di fertilizzante (la cacca). I frutti sono fatti per essere mangiati. Una dieta a base di frutta è assolutamente eco-compatibile. Certo, sarebbe bene andare tra i cespugli a fare i propri bisogni. Ma dicia- mo che possiamo prendere i semi delle piante da frutto e

seminarli in modo artificiale, senza ricorrere a sistemi na- turali.

Molte erbe non soffrono se sono tagliate. Anzi, rigene- rano più vigorose. E quindi le piante possono davvero darci nutrimento in modo compatibile con l’integrità am- bientale.

Però anche questo non risolve il problema. Se conti- nuiamo a crescere non basteranno le piante di tutta la ter- ra a sfamarci. E dovremo sterminare tutti gli erbivori per impedir loro di mangiarsi il nostro cibo. Il che farà mori- re di fame i carnivori. Resteremo solo noi e le piante che mangiamo.

Non ci sono alternative alla necessità di diminuire di numero. Mi spiace.

I vegetariani dovrebbero anche smettere di riprodursi, in modo da non aumentare il nostro impatto sugli ecosiste- mi. Ma questo sarebbe un male, perché presto si estingue- rebbero, e gli umani sarebbero rappresentati solo da proli- fici carnivori.

Anche se i fanatici mi piacciono poco, questi signori hanno ragione. Mi spiace doverlo ammettere, soprattutto perché non riesco a sopprimere completamente la mia on- nivoria. Cerco di limitare al massimo il consumo di carne allevata, ma i pesci (di mare) mi piacciono troppo e ogni tanto li mangio. Mi piacciono anche i funghi selvatici: por- cini e ovuli.

Chi fa certe scelte a volte è guidato solo dalla sensibilità verso gli animali. Il pensiero che siano uccisi è in effetti ter- ribile. Ogni tanto mangio una bella bistecca. Raramente, ma ogni tanto la mangio. Se dovessi uccidere la mucca, e farla a pezzi, e trarne una bistecca… non so se lo farei. Se fosse un vitello meno che mai. Ma fa parte della nostra cul-

tura delegare ad altri le cose spiacevoli. Non farei mai il chirurgo, per esempio. Il solo pensiero di aprire un corpo con un bisturi mi fa star male, ma sono ben contento che quei professionisti ci siano.

Non è la sensibilità verso gli animali a render giusta la scelta vegetariana, lo voglio ripetere. Si tratta di una scelta alimentare più sostenibile di quella carnivora o anche solo onnivora. Sarebbe meglio diventare mitiliani (una setta ali- mentare che ho inventato io) ma purtroppo certi tipi di ali- mentazione non sono sufficienti a un sano sviluppo dei no- stri corpi. Una volta cresciuti, magari possiamo limitare molto le nostre tipologie alimentari e scegliere solo alimen- ti compatibili con il mantenimento degli ecosistemi, ma i bambini devono essere nutriti anche con proteine, per ave- re una dieta bilanciata. È la nostra biologia e non la possia- mo rinnegare. È successo che una coppia di genitori vega- ni abbia costretto alla dieta vegana anche il proprio figlio: a un anno pesava come un bambino di tre mesi. I giudici hanno deciso di sottrarlo alle “cure” dei genitori.

Certo gli animalisti assaltano i laboratori di ricerca e li- berano gli animali da esperimento. Poi magari se si becca- no il cancro corrono in cerca di una cura. Le posizioni estreme possono cadere in contraddizioni. Un po’ di mo- derazione non guasta.

PARTE SECONDA

I NOSTRI AMICI ANIMALI

Ora che abbiamo cercato di ricostruire il nostro rapporto con gli animali, possiamo passare in rasse- gna le specie con cui abbiamo relazioni più strette. Cercherò di mantenere un distacco emotivo, da zoologo. Cercherò di chiarire cosa potrebbe spinge- re alcuni umani a preferire certi animali piuttosto che altri. E cosa significhi questo rapporto, in termi- ni etologici, sia per gli umani sia per gli animali. Quest’ultima frase non è corretta. Se avessi scritto: “sia per i cani sia per gli animali” vi sarebbe sembra- ta strana. Avreste subito pensato: ma i cani sono ani- mali, che significa “sia per i cani sia per gli animali”? Però se contrappongo l’uomo agli animali la cosa ci pare normale. Vi svelo un segreto: l’uomo è un ani- male. Appartiene al regno animale. Come diceva un noto comico di qualche anno fa: l’uomo è una be- stia. Visto che viviamo in sistemi ambientali che condividiamo con altri animali, con alcuni di essi abbiamo contratto rapporti molto stretti. Intanto abbiamo dato loro un nome.