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Da noi c’è lo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris), negli USA vive lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis). Qualcu- no ha pensato bene di portare qui degli scoiattoli grigi (sono belli) e questi si sono ambientati benissimo. Non li teniamo in casa, ma sono stati introdotti nei parchi di alcune ville. Si sono ambientati talmente bene che stanno erodendo le pos- sibilità di sopravvivenza degli scoiattoli rossi, autoctoni. Gli scoiattoli grigi sono “alieni”. Vista la conseguenza negativa della loro presenza (mettono a rischio l’esistenza delle spe- cie autoctona) si è pensato bene di eradicarli. Eradicarli si- gnifica ammazzarli tutti.

Non sarebbe difficilissimo farlo. Basta dirlo ai bambini, e dar loro un fuciletto a piombini. Non esiste animale più feroce di un maschio umano in giovane età.

Apriti cielo! Gli animalisti sono insorti: vogliono ucci- dere Cip e Ciop. Tra l’altro, Cip e Ciop, personaggi disne- yani, non sono scoiattoli grigi, sono chipmunks, scoiattoli di terra (Tamias striatus). Certi animalisti non sanno nep- pure quali animali stanno amando.

Dato che non si possono uccidere (“Vogliono uccidere Cip e Ciop” è lo slogan che ha fermato la campagna di era- dicazione) si è pensato di limitarne l’espansione attraverso la sterilizzazione. Catturiamo gli scoiattoli grigi, e poi pro- cediamo all’ablazione dei testicoli agli esemplari maschili. Dato che queste cose le facciamo ai nostri gatti, e anche ai nostri cani, per non parlare dei tori, la pratica è considera- ta accettabile. Gli scoiattoli grigi sono poi liberati per con- durre una sterile esistenza.

Il criceto è un classico. Ce ne sono una ventina di spe- cie, la più comune si chiama Cricetus cricetus. Li chiudia- mo in gabbia e, per non farli intristire, li teniamo a coppie. Sono animali attivi, i criceti, e hanno bisogno di muoversi. Così diamo loro la ruota: un cilindro cavo e rotante. Ci en- trano dentro e corrono. Il cilindro sta fermo, ruota soltan- to, ma loro corrono a tutta forza. Pratica crudele, mi dire- te, pensando a criceti liberi che corrono felici all’aria aper- ta, invece di sembrare dei fessi, correndo mentre stan fer- mi. Poi mi sono venuti in mente gli umani che vanno in pa- lestra e corrono sui tappeti ruotanti. Pagano per farlo. I cri- ceti non stanno malissimo in gabbia. Si divertono, direi. Perché lo dico? Chi ha mai posseduto una coppia di crice- ti sa bene di che parlo. Quei birboni fan l’amore a tutte le ore. E producono quantità industriali di cricetini. Dopo un po’ non si sa più dove metterli, e si cerca di sbolognarli a qualche incauto genitore che vuole un animaletto non troppo impegnativo per sollazzare i figli. Non comprateli a coppie. Comprate criceti solitari. L’infatuazione per i cri- ceti non è vero amore. Non conosco nessuno che si ostina a tenere criceti per decine di anni, rinnovandoli in modo continuativo. Già, i criceti muoiono abbastanza presto, e vanno sostituiti. Di solito la morte del criceto è una libera- zione. La scusa, però, è che il dolore è stato talmente gran- de che non lo si vuole provare di nuovo. Basta criceti. Co- sì si passa al dogo argentino.

Le cavie (la più comune è Cavia porcellus: il porcellino d’India), oltre che essere da compagnia, come i criceti, so- no molto usate come animali da laboratorio, tanto che la parola cavia viene applicata anche agli umani (cavia umana) quando vengano usati a scopi sperimentali.

Fino ad ora abbiamo parlato di roditori. Ma ci sono al- tri animaletti di taglia simile che stanno diventando popo- lari: i furetti per esempio (Mustela putorius furo). Si tratta di mustelidi, voraci predatori che possono essere solo par- zialmente addomesticati. C’è una controindicazione, però: hanno ghiandole odorose e il loro odore è sgradevole per le nostre narici. Questo non ferma gli amanti degli animali e, in un negozio che vende amici, ho visto la scritta: “Fu- retti castrati e sghiandolati”.

Nonostante castrazioni e sghiandolamenti, proviamo affetto per queste bestiole. Per altre no. Assieme alle cavie, topi (Mus musculus) e ratti (Rattus norvegicus), per esem- pio, sono grandi benefattori per la nostra specie, visto il numero di esemplari che viene “sacrificato” per la speri- mentazione animale (chi fa esperimenti con animali non li uccide… li sacrifica). Topi e ratti ci fanno ribrezzo e quin- di non abbiamo alcuna compassione per loro. I veleni che impieghiamo per la derattizzazione hanno effetti devastan- ti e dolorosi per le nostre vittime, ma nessuno si erge in lo- ro difesa.

Però ho assistito a un evento molto singolare. A Geno- va, in uno spazio alberato del quartiere dove sono nato, si installò una colonia di ratti. Avevano scavato tane tra gli alberi e uscivano dalle loro gallerie per mangiare ghiande e erbe. Non vivevano nelle fogne, avevano il pelo lucido. Uscivano con i loro cuccioli che giocavano di fronte al- l’imboccatura delle tane, al sole. La gente del quartiere adottò quella colonia, le gattare cominciarono a portar lo- ro da mangiare. Poi qualcuno protestò per quell’assurdità e una severa derattizzazione fece piazza pulita della città dei ratti.

Qualche specie ci fa pena, altre no. I viventi non son tut- ti uguali per noi. D’altronde come si fa a provare compas- sione, e persino amore, per animali destinati a diventare bi- stecche o salsicce?

Conigli

Oryctolagus cuniculus è il nome scientifico del coniglio.

Non è un roditore, come topi e ratti, è un lagomorfo della famiglia dei Leporidi, ai quali appartiene anche il genere

Lepus che comprende diverse specie di lepri. Ho un’espe-

rienza diretta con un coniglio e quindi non sono obiettivo. Mia moglie ne portò uno a casa, con l’entusiasmo di nostra figlia. Un coniglio nano, bianco. Così le dissero. Era un cuccioletto tanto carino. Non era nano. Il coniglio non sta bene in gabbia, deve essere libero di girare, ma non nei pra- ti, dove dovrebbe stare: deve girare per casa… la nostra ca- sa. Giusto. Povera bestiola. I suoi incisivi crescono indefi- nitamente e ha un bisogno irrefrenabile di mettere qualco- sa sotto i denti. Il nostro trovò soddisfazione nel rosicchia- re la base di mobili antichi. Ma non solo. Gli piacevano molto i fili elettrici e visto che, a casa nostra, le prese sono ad altezza di coniglio, si divertì moltissimo a segare tutti i fili di giradischi, televisori, prolunghe, lampade, telefoni. Finché non segò il cavo del frigo. Mia moglie nega che sia per questo che il coniglio iniziò a girare vorticosamente su se stesso, fino a lasciarci la pelle. Per lei si trattava di un’in- fezione virale trasmessa dai piccioni che ogni tanto stazio- nano sul nostro balcone e con i quali il coniglio allacciò qualche rapporto.

Il resto della mia famiglia visse come una tragedia la morte di quella bestia. Io la trovai una liberazione dopo quattro anni di tribolazioni dovute non solo ai danni arre- cati dal coniglio ma anche dalla negazione delle responsa- bilità della bestia da parte di chi l’aveva introdotta nell’ap- partamento. I cavi mangiati? Non è stato il coniglio! I mo-

bili? Tanto erano vecchi. E comunque non è stato il coni- glio! La mia precisazione che i mobili non erano vecchi, bensì antichi, veniva accolta con commenti beffardi.

La negazione delle responsabilità della bestia era pari a quella dei proprietari di cani che affermano che la loro be- stiola sta solo giocando mentre vi sta maciullando un brac- cio (visto che lo avete frapposto tra le sue fauci e la vostra gola). I conigli, almeno, non uccidono.

Questa però è una magra consolazione: sconsiglio viva- mente un coniglio, per i motivi che ho appena esposto. Ma poi… Per mia moglie e per nostra figlia il fatto che avesse distrutto mobili e messo fuori combattimento ogni appa- recchio elettrico di casa non era una tragedia. Traevano grande beneficio dalla presenza di quel lagomorfo e questo era per loro sufficiente a giustificare il mio disappunto per la sistematica distruzione del nostro appartamento da par- te di quella simpatica bestiola. Desidero solo mettere in guardia, in modo che si sappia. E, soprattutto, se il vendi- tore vi dice che il cucciolo di coniglio è nano… non crede- tegli!

I conigli si mangiano e un tempo venivano venduti con testa e zampe. In tempo di guerra, a causa della fame stri- sciante, qualcuno cominciò a mangiare gatti. Le dimensio- ni sono simili a quelle di un coniglio e se si toglie il pelo e si tagliano testa e zampe, non è facile distinguere una car- cassa di gatto da quella di un coniglio. Per evitare truffe, fu richiesto che i conigli venissero venduti con zampe e testa. Oggi tutto quello che viene venduto è sottoposto a serie verifiche e la possibilità che ci diano gatti al posto di coni- gli non viene neppure considerata.

Sono i bovini, comunque, a detenere il primato tra gli animali che mangiamo.