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2.2 Analisi dell’art 127 bis del TUIR

3.2.4 Circostanze esimenti

Il comma 5 dell’art. 127- bis, trasposto pressoché immutato, nel comma 5 dell’art. 167, ha subito nel corso degli anni, numerose modifiche.

Le varie riforme intervenute si mostrano in linea con i mutamenti subiti dalla normativa e, in particolare, con il passaggio dal criterio di individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata mediante una clausola generale.

Tuttavia è necessario sottolineare che la ratio della norma è rimasta la medesima. La norma si colloca nel genere delle norme antielusive di tipo analitico. Infatti, al fine di evitare penalizzazioni delle attività internazionali, si permette la disapplicazione della normativa a singole fattispecie connotate da specifiche ed autentiche finalità economiche, non idonee alla realizzazione di intenti elusivi27.

Prima circostanza esimente: attività effettiva

L’art. 13, comma 1, lett. a), del Decreto Legge n. 78/2009 ha modificato l’esimente di cui alla lett. a) del comma 5 dell’art. 167 del TUIR. Tale circostanza esimente, così come originariamente formulata, permetteva la disapplicazione del regime CFC nel caso in cui la società residente fosse in grado di dimostrare che la società o l’ente non residente svolgesse un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello stato o nel territorio nel quale ha sede.

La norma sopra citata ha introdotto un requisito più specifico, richiedendo che l’attività sia svolta nel mercato dello stato o territorio di insediamento. Il riferimento operato al mercato richiede al contribuente di provare non solo il suo radicamento geografico nello stato estero, ma anche il suo radicamento economico in esso. Una simile prova appare complessa e la valutazione della sua effettiva sussistenza lascia aperti ampi margini di discrezionalità per l’Agenzia delle Entrate28.

Come è stato osservato29, la modifica legislativa riflette un orientamento

interpretativo dell’Amministrazione finanziaria30, secondo il quale, già sotto

la precedente versione della norma, il radicamento sul territorio presuppone elementi ulteriori rispetto alla mera disponibilità in loco di una struttura organizzativa31.

La Nota Studi Assonime n. 15/200932 ha affermato che "la norma

richiede che la controllata sia integrata economicamente nel territorio di insediamento e disponga di funzioni, competenze, struttura organizzativa e dotazione patrimoniale idonee a svolgere in autonomia la sua attività".

La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 22 giugno 2009, n. 165/E, ha specificato che la società "intanto potrà considerarsi effettivamente localizzata

28La Candia, I., Tronconi, S. (2010). Modifiche alla disciplina CFC. Corriere Tributario.

5:391. Cfr. anche Mattia, S. (2010). Controlled Foreign Companies (Cfc): le novità del 2010 Commercio Internazionale 12:35; e Fanelli, R. (2010). Disciplina CFC tra luci ed ombre. Bilancio e Reddito d’Impresa. 6:18, 20 e ss.

29Maisto, G. (2009). Controllate estere poco allineate. Il Sole24Ore dell’8 luglio 2009, 29. 30Cfr. Risoluzione del 10 novembre 2008, n. 427/E, disponibile da http://www.

agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+ circolari+e+risoluzioni/risoluzioni/archivio+risoluzioni/risoluzioni+2008/ novembre+2008/risoluzione+n+427+2008/ris427edel10112008.pdf.

31Fanelli, R. (2010). Regime CFC applicabile anche alle imprese localizzate in paesi non

black list. Bilancio e Reddito d’Impresa. 1:10, 13.

32Assonime (2009). Commenti in relazione all’art. 13 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78.

in territorio a fiscalità privilegiata in quanto abbia stabilito con quel territorio rapporti di tipo economico, politico, geografico o strategico. In altri termini, è necessario che detta entità risulti effettivamente radicata nel territorio estero di localizzazione, in modo da partecipare in maniera stabile e continuativa alla vita economica di quest’ultimo"33.

Le indicazioni della Circolare 51/E delineano una nozione di radicamento fondata sul "collegamento al mercato di sbocco o al mercato di approvvigionamento"34. In termini economici si ritiene che tale collegamento

sussista in presenza di vendite o acquisti locali superiori al 50%.

Deve essere sottolineato che nessun chiarimento è fornito in relazione ai concetti di "mercato di sbocco" e "mercato di approvvigionamento".

Tale elemento non è di secondaria importanza, in quanto, a seconda dell’accezione data a tali concetti, l’applicazione della prima circostanza esimente risulterebbe impossibile per le società localizzate in un paese a regime fiscale privilegiato, appartenenti ad un gruppo italiano, che svolgono la loro attività anche in mercati altri rispetto a quello del paese in questione35.

La successiva Circolare del 21 giugno 2011, n. 28/E, ha escluso che lo svolgimento di un’attività produttiva configuri autonomo elemento di

33Cfr. anche Risoluzione del 26 maggio 2009, n. 128/E, disponibile da http://

www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+ circolari+e+risoluzioni/risoluzioni/archivio+risoluzioni/risoluzioni+2008/ aprile+2008/risoluzione+n+128+2008/ris+128e+del+03-04-2008.pdf, e Risoluzione dell’8 aprile 2009, n. 100/E, disponibile da http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/ wcm/connect/310d5d0048bfae348b90ab9d42d09102/RIS.100e+del+19.10.11.pdf?MOD= AJPERES.

34Circolare del 6 ottobre 2010, 51/E, p. 11. Disponibile da https://cdn.fiscoetasse.

com/upload/circ_51_2010.pdf.

35Marino, G. (2011). La nozione di mercato nella disciplina Cfc: verso una probatio

radicamento territoriale36. L’Agenzia ha espresso la necessità di una

valutazione caso per caso delle ragioni economiche ed imprenditoriali sottostanti all’investimento nel paese estero.

L’ultimo periodo della lettera a) del comma 5, così come modificato dal D.L. n. 78/2009, dispone che "per le attività bancarie, finanziarie e assicurative quest’ultima condizione si ritiene soddisfatta quando la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nello Stato o territorio di insediamento".

La Scheda di lettura del Servizio Studi del Senato del luglio 2009, n. 145/137, ha ritenuto che "sembrerebbe opportuno chiarire la portata della

locuzione ‘originano nello Stato o territorio di insediamento’riferita a fonti, impieghi o ricavi delle società o degli enti esteri controllati da banche e assicurazioni, ai fini dell’esclusione dalle norme CFC ".

La dottrina ha criticato le modifiche introdotte nel 2009. È stato affermato che, essendo la ratio della disciplina quella di contrastare le costruzioni artificiose e i fenomeni di sottrazione di gettito dalla potestà impositiva nazionale, l’esistenza di un’attività economica reale all’estero, perfettamente integrata nell’economia dello stato ospitante, sarebbe più facilmente dimostrabile tramite la prova dei motivi oggettivi, di natura imprenditoriale, che hanno spinto alla creazione della società estera38.

Ad essere colpiti, alla luce della nuova formulazione dell’esimente di cui alla lett. a), non sono soltanto le delocalizzazioni di comodo ed i redditi da

36La Circolare del 21 giugno 2011, n. 28/E, disponibile da http://www.

agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+ circolari+e+risoluzioni/circolari/archivio+circolari/circolari+2011/giugno+ 2011/circolare+28+del+21+06+2011/Cir28e+del+21+06+11.pdf.

37Disponibile da http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00736914.pdf. 38Marino, G. (2011). op. cit., 1116.

cespite, bensì anche le società aventi un forte insediamento nel paese ospite, per il solo fatto che il mercato di sbocco dei beni o dei servizi prodotti si trova, in prevalenza, in altri stati e territori. In questo modo, non vengono più colpiti soltanto i passive income, bensì anche i business income39.

Inoltre, è riscontrabile una notevole difficoltà pratica nel definire correttamente la nozione di mercato locale, nonché quella correlata di prevalente attività esercitata, perché, al di là della mera definizione normativa, non risulta agevole definire concetti come quelli del radicamento politico, economico, ovvero strategico, della società controllata estera con il proprio stato o territorio di insediamento40 .

Seri dubbi sorgono con riguardo al rispetto del principio di libertà di stabilimento, quanto meno nei confronti degli insediamenti in altri paesi europei, alcuni dei quali sono, per certi versi, inclusi nella black list, come Malta e Cipro.

Il medesimo dubbio sorge anche in relazione a quegli Stati europei white list che, perseguendo una politica di riduzione delle aliquote del prelievo sui redditi societari, potrebbero rientrare nel meccanismo di assimilazione operato dai nuovi commi 8- bis e 8- ter inseriti nell’art. 16741.

Il Decreto Legge n. 78/2009 ha introdotto, inoltre, il comma 5 bis che dispone che "La previsione di cui alla lettera a) del comma 5 non si applica qualora i proventi della società o altro ente non residente provengono per più del 50% dalla gestione, dalla detenzione o dall’investimento in titoli,

39Stevanato, D., Manzitti, A., Lupi, R., Fransoni, G. (2009). Lo strumento tributario

contro la delocalizzazione produttiva: decreto anticrisi e modifiche alle CFC. Dialoghi Tributari. 4:358, 359.

40La Candia, I., Tronconi, S. (2010). op. cit., 339.

partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente, ne sono controllati o sono controllati dalla stessa società che controlla la società o l’ente non residente, ivi compresi i servizi finanziari".

In tali casi rimane comunque ferma la possibilità di ricorrere alla seconda circostanza esimente, disciplinata dalla lettera b) del comma 5 del medesimo articolo.

Tale comma vuole colpire le società che prestano servizi intragruppo, senza alcun riguardo allo svolgimento di una effettiva attività economica ed alla presenza di un mercato nel territorio di insediamento. La norma troverà quindi applicazione anche ad ipotesi di business income, con l’aggravante della inapplicabilità in assoluto dell’esimente. Si pensi ad esempio all’insediamento in territori esteri di società che svolgono ricerca per altre società del gruppo, ad esempio laboratori farmaceutici, oppure dei centri di tesoreria o delle holdings dinamiche collocate all’estero.

La disposizione sembra, a prima vista, determinare una violazione del principio di uguaglianza, in quanto preclude in assoluto, per certe tipologie di attività, la possibilità di dimostrare il radicamento produttivo nello stato di insediamento, o comunque di non essere delle costruzioni artificiose costituite al solo fine di eludere le imposte nel paese di residenza del socio di maggioranza42.

Una simile fattispecie si pone in potenziale contrasto con la normativa

comunitaria, in particolare con la libertà di stabilimento. I vincoli emergenti dal diritto comunitario possono, infatti, assumere rilievo anche nei confronti dei paesi terzi, qualora la partecipazione rappresenti esercizio della libertà di circolazione dei capitali43.

La Commissione specificò che le norme nazionali "devono essere conformi all’art. 56 del trattato CE e, anche nei riguardi dei paesi terzi, essere applicate unicamente alle costruzioni di puro artificio"44.

Per questi motivi, la Circolare 51/E, distaccandosi dal dettato letterale della norma, subordina la possibilità di applicare la prima circostanza esimente alla verifica dello svolgimento di un’effettiva attività nel mercato dello stato del territorio di insediamento, ma anche alla mancanza di intenti o effetti elusivi, finalizzati alla distrazione di utili dall’Italia verso paesi o territori a fiscalità privilegiata.

Dunque, si deve ritenere che rimangono incise dalla preclusione ex comma 5- bis dell’art. 167 del TUIR le cosiddette società senza impresa o quelle che non sono formalmente autonome, e la cui attività si limita allo sfruttamento passivo di asset produttivi di reddito. Per contro, sarebbe pienamente lecita la possibilità di porre un’istanza di interpello per i soggetti che svolgono attività finanziaria nell’ambito della propria attività principale di intermediari finanziari45.

43Pistone, P. (2005). Normativa CFC, convenzioni internazionali e diritto comunitario.

TributImpresa. 3:47.

44Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio,

al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale europeo, Bruxelles, 10 dicembre 2007, COM(2007) 785. Disponibile da http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ TXT/?uri=CELEX%3A52007DC0498.

Seconda circostanza esimente: assoggettamento ad imposta

Non si riscontrano mutamenti significativi in relazione alla seconda circostanza esimente. Ad essere mutati sono stati soltanto i criteri di individuazione dei paesi a regime fiscale privilegiato. Si rimanda, quindi all’analisi svolta nel capitolo secondo.

Terza circostanza esimente: assenza di artificio e vantaggio fiscale.

La terza circostanza esimente è stata introdotta dal Decreto Legge n. 78/2009 in relazione all’estensione della disciplina delle CFC a soggetti localizzati in stati diversi da quelli a regime fiscale privilegiato, cosiddette CFC white list.

Il primo periodo del comma 8- ter dispone che "Le disposizioni del comma 8- bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale".

La norma richiama in modo esplicito quanto sancito dalla Corte di Giustizia nel caso Cadbury Schweppes46, la quale stabilì che una disciplina

CFC è incompatibile con il diritto comunitario a meno che non si rivolga a "costruzioni di puro artificio dominate ad escludere l’imposta nazionale normalmente dovuta"47.

Secondo la Corte, infatti, la libertà di stabilimento presuppone un insediamento effettivo della società interessata, affiancato dallo svolgimento di un’attività economica reale. Tale circostanza si realizza quando la filiale

4612 settembre 2006, causa C-196/04.

47Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 6 ottobre 2010, n. 51/E, disponibile da

abbia "locali, personale e attrezzature" e non sia, così come viene definita nel testo della sentenza, una società "fantasma" o "schermo"48.

Autorevole dottrina comunitaria ha parlato di test of economic reality, sottolineando come questo debba essere incentrato esclusivamente sull’oggettiva esistenza fisica dell’impresa estera49.

Non sembra, quindi, compatibile con la giurisprudenza comunitaria un’interpretazione che riconduca fra le costruzioni di puro artificio anche le strutture che, benché dotate di adeguati mezzi tecnici e risorse umane, conducano attività prive di apprezzabili elementi di collegamento con l’economia del territorio di insediamento50.

La norma italiana richiama, in modo maldestro, il passo della sentenza sopra citato, e introduce un concetto di "indebito risparmio fiscale" che appare sfuggente.

Il punto 65 della sentenza, infatti, mette in chiaro che l’obiettivo di un risparmio d’imposta mediante la localizzazione della controllata è perfettamente compatibile con il Trattato. Le motivazioni di carattere fiscale sono del tutto ininfluenti e l’unica cosa che conta è l’espletamento di attività economiche effettive51.

La disposizione appare, inoltre, troppo generica, e rischia di imporre degli adempimenti gravosi alle imprese a vocazione multinazionale, scoraggiandone lo stabilimento in Italia, dal momento che si impone al contribuente e non

48Miele, L., Rolle, G., Russo, V. (2011). op. cit., 160.

49Meussen, G. T. (2006). Cadbury Schweppes: The ECJ Significantly Limits the

Application of CFC Rules in the Member States. EC Tax Review. 4:16; Vanistendael, F. (2006). Halifax and Cadbury Schweppes: one Single European Theory of Abuse in Tax Law? EC Tax Review. 4:194.

50Lupi, R. (2006). Illegittimità delle regole CFC se rivolte a paesi comunitari: punti fermi

e sollecitazioni sulla sentenza Schweppes. Dialoghi di Diritto Tributario. 12:1591.

all’Amministrazione finanziaria l’onere di dover dimostrare preventivamente l’effettività economica delle attività svolte e la rispondenza delle stesse a precise ragioni di localizzazione internazionale52.

La procedura di interpello

Ai fini della disapplicazione delle CFC rules, indipendentemente dalla circostanza esimente applicabile nel caso di specie, si pone l’onere per il contribuente di porre un’istanza di interpello.

Come analizzato nel capitolo precedente, in capo al contribuente, sulla base del testo originario dell’art. 167, comma 5, del TUIR, gravava l’obbligo di porre tale istanza. Il medesimo obbligo fu introdotto dal Decreto Legge n. 78/2009, in relazione alla terza circostanza esimente, disciplinata dal comma 8- ter dell’art. 167.

Come anticipato, la preclusione al contribuente, di fornire, in sede di contenzioso, le prove contrarie sulla base delle quali potrebbe ottenere la disapplicazione della normativa, a causa della mancata presentazione dell’istanza di interpello, o a causa di una risposta sfavorevole ad essa, sarebbe in contrasto con le norme costituzionali53.

Per questo motivo, l’Agenzia delle Entrate, benché avesse inizialmente adottato una posizione interpretativa caratterizzata dall’adesione integrale al

52Guglielmini, N. (2009). Le condizioni per la disapplicazione della disciplina CFC.

Azienda e Fisco. 9:9, 13.

53Cfr. Bruzzone, M. (2002). L’interpello per le CFC. Corriere Tributario. 2:115; Cordeiro

Guerra, R. (2007). Le imprese estere controllate e collegate. In Imposta sul reddito delle società (IRES). Tesauro, F. (a cura di). Zanichelli. Bologna. 974; Giovannini, A. (2002). L’interpello preventivo all’agenzia delle entrate (CFC e Statuto dei diritti del contribuente). Rassegna Tributaria. 2:449; Ingrao, G. (2004). IRES e paradisi fiscali: dalla legislazione sulle Controlled Foreign Companies a quella sulle Foreign Participations? Il Fisco. 12:2231.

dato normativo54, ha successivamente adottato un’impostazione più coerente

con i principi costituzionali.

Tale impostazione ha trovato esplicito riconoscimento con la Circolare del 6 ottobre 2010, 51/E55. In essa è previsto che: "L’obbligatorietà dell’istanza

non muta il carattere non vincolante della risposta quale atto avente natura di parere, né tantomeno preclude all’istante la possibilità di dimostrare, anche successivamente, la sussistenza delle condizioni che legittimano l’accesso al regime derogatorio".

Non sono, invece, mutati gli indirizzi contenuti nella Circolare del 14 giugno 2010, n. 32/E in merito alle conseguenze sanzionatorie della mancata presentazione dell’istanza56. L’Agenzia delle Entrate specifica che in tale

situazione trova applicazione la sanzione prevista dall’art. 11, comma 1, lettera a), del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 47157.

Il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha modificato la norma eliminando l’obbligo di interpello, ma prevedendo la possibilità che esso sia esercitato dal contribuente. L’interpello diviene, quindi, da obbligatorio, facoltativo.

54La Circolare 12 febbraio 2002, N. 18/E, sancisce che: "Il soggetto residente ha

l’onere di interpellare l’amministrazione finanziaria prima di presentare la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta per il quale intende disapplicare l’art. 127bis del T.U.I.R. . Il mancato rispetto della condizione di preventività non preclude la possibilità di acquisire il parere dell’Agenzia, ma l’eventuale accoglimento dell’istanza (con la conseguente disapplicazione delle normativa CFC) potrà valere solo a partire dal periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione presentata dopo la comunicazione della risposta resa dall’Agenzia". La Circolare è disponibile da http://www.finanzaefisco.it/agenziaentrate/cir_ris_ 2002/cir18-02.htm.

55Disponibile da http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_

Correlati/Documenti/Norme%20e%20Tributi/2010/10/circ51e-061010.pdf.

56Circolare del 14 giugno 2010, n. 32/E, disponibile da http://def.finanze.it/

DocTribFrontend/getPrassiDetail.do?id=6744609E-54AB-419C-866A-12A69641799C.

57L’omissione di ogni comunicazione prescritta dall’amministrazione finanziaria, punita

con sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2065, diversamente graduata dagli uffici, tenuto conto della situazione concretamente riscontrata.

L’ultimo periodo del comma 5 dell’art. 167 dispone, infatti, che "Ai fini del presente comma, il contribuente può interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente".

In questo modo si raggiunge un allineamento sostanziale con quanto veniva previsto dall’art. 111, comma 11, del TUIR, in materia di deduzione dei costi derivati da operazioni concluse con società residenti in paesi a regime fiscale privilegiato.

Tale modifica si pone in linea con quella che é la reale natura dell’interpello, quella di diritto del contribuente. La normativa precedente pareva sovvertire tale natura, rendendo l’istituto un mero onere.

Appare importante sottolineare, inoltre, che la modifica allinea la disciplina interna a quelle degli altri paesi europei che adottano regole di contrasto alle localizzazioni fittizie simili alla CFC legislation italiana.

La facoltatività dell’interpello preventivo ha delle conseguenze rilevanti sotto il profilo delle garanzie procedurali in sede di controllo, specificate dal comma 8- quater dell’art. 167, anch’esso introdotto dal Decreto Legislativo n. 147/201558.

L’Amministrazione, infatti, può ora inviare un avviso di accertamento al soggetto residente in capo al quale ritiene che debbano essere imputati i redditi prodotti all’estero soltanto dopo che gli sia stata notificata dall’ufficio competente una richiesta di chiarimenti, dando al contribuente un termine di novanta giorni per fornire le proprie giustificazioni.

Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovrà darne

specifica motivazione nell’avviso di accertamento. Il comma specifica, inoltre, che, salvi i casi in cui la disciplina è stata disapplicata in seguito ad interpello favorevole, il socio residente controllante deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate.

È rilevante sottolineare che la norma prevede un vero e proprio diritto al contraddittorio endoprocedimentale e che l’avviso di accertamento non può essere emanato prima del termine di 90 giorni. Ciò anche in forza dell’art. 12, comma 7, della Legge n. 12 del 200059.

Benché non sia prevista una specifica sanzione in caso di violazione di tali norme, la Giurisprudenza60 ha dichiarato invalido l’atto emesso prima

del termine previsto per l’espletamento del contraddittorio preventivo, e nullo l’atto emesso senza attivare il preventivo contraddittorio.

La nullità dell’avviso di accertamento emanato senza il previo espletamento del contraddittorio consegue, inoltre, dalla violazione dell’obbligo di motivazione che non può essere rilasciata in modo corretto senza che tale fase sia giunta a compimento. Si può, quindi, ritenere