• Non ci sono risultati.

Presupposto oggettivo: il requisito del controllo

2.2 Analisi dell’art 127 bis del TUIR

2.2.2 Presupposto oggettivo: il requisito del controllo

L’applicabilità della disciplina, così come anticipato, dipende dal requisito del controllo esercitato dalla società italiana sulla società controllata estera. L’art. 127- bis, al comma 1, non definisce in modo puntuale il significato di controllo ai sensi della normativa.

L’art. 1, comma 3, del Decreto del ministero Economia e Finanze del 21 novembre 2001, n. 429, dispone che "Ai fini della verifica della sussistenza del controllo di cui al comma 1, si applicano, anche nei confronti dei soggetti diversi dalle società commerciali, i criteri indicati nell’articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile e rileva la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato. Ai medesimi fini, per le persone fisiche si tiene conto anche dei voti spettanti ai familiari di cui all’articolo 5, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ".

Appare subito utile sottolineare le perplessità generate in dottrina in relazione alla ratio sottostante all’ultimo periodo della norma sopra citata,

31Il trust si dice discrezionale "giacché i beneficiari, ancorché individuati, non risultano

fissi, ed il flusso di reddito verso gli stessi può essere attivato o interrotto, a seconda che altri provvedano o meno alle erogazioni che ne costituiscono lo scopo.", in Belluzzo, L., Lo Presti Ventura, E. (2003). Trust "interni" "discrezionali" ed imposizione diretta: note a margine della risoluzione 17 gennaio 2003, n. 8/E. Il Fisco. 1:3398; cfr. anche Maisto, G. (2000). Il regime di imputazione dei redditi delle imprese estere partecipate. Rivista di Diritto Tributario. 4:39.

che dispone che anche i voti esercitati dai familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado), siano ricompresi nel controllo esercitato direttamente dalla persona fisica.

Una simile impostazione appare eccessivamente generalizzante, in quanto riconduce ad una partecipazione congiunta una pluralità di situazioni giuridiche di soggetti che, seppur legati da un legame familiare, possono avere delle posizioni discordanti32.

Nella sua formulazione originaria la norma non conteneva nessun riferimento al requisito del controllo, ma richiedeva il possesso di una partecipazione del 25% nell’impresa, società o ente partecipato estero, o, alternativamente, una partecipazione di valore assoluto non inferiore ai 15 miliardi di Lire. Tali quote risultavano, tuttavia, non sufficienti a garantire che il soggetto italiano avesse una partecipazione tale da assicurare l’accesso ai dati gestori della società straniera, e dunque l’effettivo controllo della stessa.

In ragione di ciò, il testo definitivo della norma richiede la presenza del requisito del controllo, in modo che sia provato il ruolo di dominus esercitato dal soggetto italiano.

L’ordinamento conosce tre differenti tipologie di controllo, il controllo di fatto, il controllo di diritto e il controllo su base contrattuale.

Il controllo di fatto si realizza quando una società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante su un’altra società.

Il controllo di diritto, invece, si realizza nel momento in cui una società

32Bartolomucci, S. (2002). L’ambito soggettivo di applicazione della controlled foreign

companies legislation: alcune problematiche interpretative ed applicative della norma. Il Fisco. 1:1910.

dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società.

Il controllo su base contrattuale si ha quando una società si trova sotto l’influenza dominante di un’altra società in ragione di vincoli contrattuali.

Appare rilevate chiedersi se tutte le fattispecie di controllo sopra elencate debbano ritenersi richiamate dall’art. 127- bis del TUIR.

In relazione al controllo su base contrattuale illustre dottrina ha sottolineato l’incompatibilità con la normativa CFC di una simile fattispecie. L’art. 127- bis, infatti, è volto a garantire la tassazione in Italia dei redditi prodotti da una società con la quale la società italiana ha un rapporto associativo, e nella quale essa possiede una partecipazione azionaria33.

Appare essere proprio la partecipazione pro quota a determinare la tassabilità in Italia dei redditi prodotti dalla società estera. Ciò sembra essere testimoniato anche dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 127- bis, dove si estende l’applicabilità della normativa alle partecipazioni in soggetti non residenti, relativamente ai redditi derivanti dalle loro stabili organizzazioni assoggettate ai predetti regimi fiscali privilegiati.

Da ciò emerge che il controllo su base contrattuale rileva soltanto qualora esso sia accompagnato da una partecipazione nella società controllata.

La disposizione contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 127- bis, tuttavia, solleva delle perplessità. Essa si risolve nell’ammettere che l’esistenza di una mera partecipazione del soggetto italiano in un soggetto non residente, a sua volta avente una stabile organizzazione in un paese black list, sia sufficiente ad esporre questo all’applicazione del principio di

trasparenza, benché in proporzione alla propria quota di partecipazione nella società estera.

Da ciò discende, inoltre, che la partecipazione, per quanto minima, del controllante italiano in un soggetto residente, a sua volta partecipante nella CFC, permetta di riportare a tassazione, pro quota, gli utili da quest’ultima prodotti in capo al soggetto residente.

In questo modo si viene a creare una situazione di disparità rispetto al pari partecipante italiano che, non annoverando tra i propri soci il soggetto controllante, risulterà tassato soltanto sulla quota di utili prodotti nel paese black list effettivamente distribuiti34.

In ragione di ciò, gran parte delle normative CFC non ricomprende fattispecie simili35.

L’art. 1, comma 3, del D.M. n. 429/2001 rinvia al comma 1 e 2 dell’art. 2359 c.c., escludendo il comma 3 relativo ai rapporti di connessione tra società. Ciò conferma la necessità, ai fini dell’applicazione della norma, dell’esistenza di un vincolo peculiare tra i soggetti.

Dunque, sono considerate società controllate ai fini dell’art. 127- bis TUIR quelle in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria, quelle in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante, e quelle in cui una società possiede una partecipazione, benché minima, anche nell’eventualità di controllo esercitato su base contrattuale.

La norma fa riferimento a tutte le ipotesi di controllo, sia esso diretto

34Belluzzo, L., Lo Presti Ventura, E. (2002). Le Black e White Lists italiane: un quadro

di sintesi. Il Fisco. 29:4672.

o indiretto. Essa sembra essere, quindi, applicabile non solo in presenza di controllo indiretto attuato attraverso società subholding, ma anche attraverso qualsiasi altra situazione di interposizione reale, ferma restando l’applicabilità, in caso di interposizione fittizia, dell’art. 37 del D.P.R. n. 600/1973.

Dunque in presenza di partecipazioni indirette del contribuente controllante, detenute mediante soggetti residenti o stabili organizzazioni nel territorio dello stato, in soggetti non residenti, i redditi esteri sono tassabili in Italia, con imputazione al soggetto che partecipa direttamente nell’impresa estera.

L’art. 2359 c.c. fa riferimento all’effettiva disposizione dei voti, e non alla loro piena titolarità. Ciò legittima la sussistenza del controllo anche in ipotesi in cui non ricorra una piena titolarità della partecipazione, ma soltanto un diritto reale parziario, come ad esempio l’usufrutto. In questo caso, infatti, così come in caso di pegno, è l’usufruttuario, a meno che le parti non prevedano diversamente, ad esercitare il diritto di voto.

È importante sottolineare che, ai fini del controllo, sono esclusi i voti esercitati per conto di terzi, ad esempio su delega. Il controllo esercitato dal soggetto residente deve essere, infatti, stabile ed autonomo.

Ai fini della tassabilità della CFC, tuttavia, così come espressamente previsto dall’art. 4, comma 3, del D.M. n. 429/2001, è necessario il possesso, anche minimale, di una quota di partecipazione agli utili, indispensabile ai fini dell’imputazione proporzionale del reddito prodotto dalla partecipata estera.

2.2.3 Stati o territori considerati a regime fiscale