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La Città de L’Aquila: concetti estetici e spaziali a cavallo fra i grandi sismi fra i grandi sismi

BIBLIOGRAFIA CAPITOLO 2

5.1.1 La Città de L’Aquila: concetti estetici e spaziali a cavallo fra i grandi sismi fra i grandi sismi

Il Centro storico de L’Aquila è un esempio perfettamente conservato, nei suoi caratteri principali di edificato Medievale, che mostra ancora oggi buona parte delle opere difensive che l’hanno cinta per secoli e ne hanno condizionato fortemente l’impianto urbanistico, le modalità aggregative dei singoli comparti edilizi; nonché la possibilità di aprire la città a nuovi concetti estetici e spaziali. Si rassegna, di seguito, un rapido excursus delle principali fasi di accrescimento del tessuto storico aquilano, partendo dal riassetto urbanistico auspicato dal Fonticulano nel 500’(Figura 5.1) anche a seguito dei terremoti che fra il 1461-62 hanno colpito l’intero contado, fino ai giorni nostri; senza trascurare il rapporto con gli Spagnoli che proprio nel 500’ ne assumono il predominio e l’assoluta supremazia territoriale in tutto il meridione d’Italia.

Figura 5.1: Pianta della città de L'Aquila realizzata da Pico Fonticulano – 1600 (INU sulla Ricostruzione post-sismica dell’Aquila, sezione: Cartografia - Stampa originale, conservata nella Biblioteca Prov. AQ)

avulsa dal suo contesto e per questo fonte di incalcolabili vulnerabilità di diverso genere e tipo.

Figura 5.2: Planimetria della città de L'Aquila realizzata da Antonio Francesco Vandi – 1753 (Fonte: INU sulla Ricostruzione post-sismica dell’Aquila, sezione: Cartografia)

È appena il caso di ricordare come le opere di sventramento e riadattamento, che hanno interessato tutto il centro storico de L’Aquila, tra il 500’ ed il 600’ abbiano trasformato ed adeguato tutto l’edificato Angioino alle nuove esigenze rinascimentali, inducendo evidenti alterazione della composizione originaria dei singoli comparti edilizi, con conseguenti difformità tecnico-costruttive, mancato ammorsamento fra le parti, e quindi, impossibilità di un comportamento di tipo scatolare in risposta a sollecitazioni repentine orizzontali, come quelle sismiche. Inoltre, lo smembramento del tessuto edilizio di base-originale ha

determinato la perdita dell’effetto di contraffortamento continuo dato dalle modalità aggregative proprie degli insediamenti su pendio. Queste generalmente risultano caratterizzate da due tipologie insediative fondamentali: di << culmine>> e <<versante>>. La prima mostra isolati di forma irregolare, per lo più stretti e lunghi, (es. centro storico di Poggio Picenze - AQ, Figura 5.3) che si sviluppano ortogonalmente alla linea di massima pendenza del terreno, con delimitazione per le particelle di testa tracciata dalla presenza di una viabilità principale formata da percorsi che seguono naturalmente l’orografia del terreno alle diverse quote altimetriche con andamento pressoché parallelo alle curve di livello e struttura viaria secondaria con percorsi ortogonali a quelli principali che permettono la risalita dalle quote più basse verso il fulcro o culmine dell’insediamento; le seconda, invece, prevede un processo di formazione del tessuto parallelo alle curve di livello (es. centro storico di San Pio delle Camere - AQ, Figura 5.4).

a) b)

c)

Figura 5.3: a) Insediamento di Culmine – Planimetria centro di Poggio Picenze (AQ) con indicazione andamento curve di livello e dettaglio aggregato tipo; b) Collocazioni ricorrenti delle celle murarie rispetto al pendio naturale; c) Elevato tipo: Casa su Pendio semplice.

a) b)

Figura 5.4: a) Insediamento di Controcrinale o di versante – Planimetria centro di San Pio delle Camere (AQ) con indicazione andamento curve di livello; b) Processo di formazione del tessuto: 1. Edificato con fronte principale a monte; 2. ulteriore percorso che diparte da quello principale e si pone in posizione ad esso parallela e a quota più alta; 3.sviluppo progressivo del modello insediativo.

È indubbio, quindi, ritenere l’opera di “ambellissement” (avvalendoci di un termine alla Voltaire) molto pericolosa sotto il profilo del rischio sismico, con perdita di buona parte dei connotati tecnico-costruttivi atti a migliorarne il comportamento e totalmente avulsa dal contesto orografico. Il tutto, quindi, si configurerà come una maglia indeformabile calata dall’alto in cui l’intero centro storico è stato bloccato, purtroppo solo secondo i dettami estetici dell’epoca. Ad ogni modo, il rapporto con l’edificato difensivo non è stato trascurato, anzi rinvigorito dalla presenza imponente del nuovo Forte Spagnolo in parte danneggiato dal recente sisma dell’aprile 2009. (Figura 5.6)

a) b)

Figura 5.6: Forte Spagnolo. a) Planimetria Storica; b) foto danni dopo il sisma dell’aprile 2009, meccanismo locale di collasso per sollecitazioni fuori dal piano - ribaltamento delle pannellature sommitali e crollo delle strutture di copertura.

In riferimento alle opere fortificate, si ricordi, come gli Angioini, già, durante l’imponente opera di rifondazione della città, a cavallo fra il XIII ed il XIV secolo, incentrarono lo sviluppo della stessa secondo una quadripartizione del tessuto edilizio in parti equivalenti. Anton Ludovico Antinori, nella sua meticolosa opera di recupero e regesto di tutte le cronache aquilane, di epoca per lo più medievale, riporta, in uno dei suoi più celebri passi, la riduzione delle porte in funzione della nuova partizione (Muratorio 1742) e negli Annali degli Abruzzi (Antinori,1980), invece, ricorda la sopra citata suddivisione, in occasione del devastante terremoto che, fra il 1461 ed il 1462, colpii L’Aquila, ed in particolare gli insediamenti di Onna, Poggio Picenze, Castelnuovo e Sant’Eusanio Forconese, radendoli letteralmente al suolo. Di seguito se ne riporta il noto passo:

<< […] allo stato funesto della città rovinata in tante parti, e guaste in tutte le altre, talché la quarta parte di essa restò adeguata al suolo, e le altre tre rotte, e lesionate, si

architettonicamente notevoli risultano quasi totalmente assenti, il processo evolutivo ed di espansione della città, è pressoché cristallizzata, la tecnica costruttiva locale evidenzia una povertà nella scelta dei materiali in opera e nella lavorazione degli stessi. A tal proposito è immediato il raffronto con la regola dell’arte muraria e quanto riferito dalla Trattatistica storica, che raccomanda l’impiego di materiali di elevata qualità e la loro lavorazione a regola d’arte come condizioni essenziali per la buona riuscita dell’opera, sia nei suoi aspetti prettamente meccanici che tecnico-costruttivi in genere.

Diversi fattori hanno concorso nel processo di stallo che ha investito L’Aquila, e con essa parte dell’intero Viceregno. Tuttavia, in un quadro così composto, appare particolarmente rilevante riportare memoria del violentissimo terremoto, meglio noto come il <<Grande Terremoto>>, che il 2 febbraio 1703 ha sconvolto l’intera città de L’Aquila:

<< […] il funesto tremuoto del 2 febbraio del 1703 in cui la città di Aquila fu quasi intieramente adeguata al suolo dalla più tremenda e dalla più irresistibile di tutte le naturali violenze. E veramente era stupore grande il vedere ridotti a un masso di pietre e di aride ceneri i sontuosi Tempi con tante cure e tanta profusione di ricchezze edificati; e con essi i monasteri, i conventi, gli ospizii, i campanili, le case, i palagi, i porticati: ogni cosa insomma in indicibile precipizio. […] E n’avean ben donte; che la terra scossasi violentemente alle ore diciotto, continuò a muoversi fino alle 16 del giorno susseguente,[…] allorché volendo in quell’ora estrema fuggire dal Duomo, rimase miseramente sepolto sotto le rovine del tetto.[…] per i ristauri delle Chiese nella maggiorparte al suolo adeguate, quanto per i quindici monasteri di monache claustrali rovinati tutti ed aperti nelle Clausure.[…]>>

La ricostruzione fu molto lenta ed evidentemente operata nella povertà e decadenza più assoluta; non soltanto nei centri storici minori, ma nell’intera Città de L’Aquila si adopereranno pietrame appena sbozzato e malte di pessima qualità posati in opera privi dei necessari elementi di livellazione, ripianamento e contatto (Cap.3). Cinquantanni dopo, la città risulta in parte ricostruita, e molti isolati morfologicamente inquadrati in maglie regolari; anche sulla scorta delle esperienze già maturate e portate a compimento nelle principali città di tutto il vice regno; quest’opera gravosa fu affidata al Vicario Generale degli Abruzzi.

Ad ogni modo il terremoto sarà la circostanza per attuare diversi interventi edilizi ormai idealizzati da tempo, che si protrarranno con diversi espedienti per tutto il XVIII secolo e buona parte del XIX, con la conquista delle aree inviolate intra meonia. Molte chiese vennero riattate, mutati gli orientamenti ed edificate ex novo le facciate. Si noti come molti edifici monumentali a seguito degli eventi tellurici del 2009 risultassero evidentemente rimaneggiati, con difformità palesi nei caratteri morfologico-costruttivi e conseguenti discontinuità strutturali, assenza di collegamenti efficaci ed evidenti errori progettuali di partenza, che ne hanno tragicamente determinato importanti meccanismi locali di collasso o addirittura il crollo.

Figura 5.7: L’Aquila, Piazza San Bernardino, Baraccamenti dopo il terremoto del 13 Gennaio 1915

Figura 5.8: Copia Stilizzata planimetria storica risalente al 1931. (INU sulla Ricostruzione post-sismica dell’Aquila, sezione: Cartografia)

Buona parte dei processi di espansione, modifica e rifacimento, già in atto nell’ottocento, adesso trovano nuovo slancio e possibilità attuative, la conquista di tutte le aree intra moenia è ormai quasi conclusa ed il centro storico definitivamente individuato nelle sue fattezze odierne. Completato dunque, l’inquadramento storico-sismico in cui si andrà a contestualizzare la ricerca scientifica in oggetto, si pone come punto di partenza imprescindibile l’individuazione del tipo murario prevalente in area aquilana: la muratura in pietra grezza, diversamente tessuta.