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3 Città del Vino

Il paesaggio, la cultura rurale e l’agricoltura costituiscono un’opportunità, la cui tutela deve essere condivisa tra amministratori pubblici e imprese vitivinicole. Le Città del Vino hanno da tempo avviato una riflessione sul ruolo dell’agricoltura nella costruzione dell’identità locale e del paesaggio e sulla sostenibilità ambientale, so- ciale ed economica della filiera vitivinicola. Al di là delle tecnologie impiegate per la produzione di vini di qualità (sostanzialmente disponibili ovunque), gli elementi che hanno nella nostra produzione una caratteristica di vera distintività sono massima- mente legati ai valori di natura immateriale che il nostro vino è in grado di veicolare. Il vino è un prodotto fortemente identitario, che marca il territorio e che viene marcato dal territorio: perché è un prodotto vivo che affonda le proprie radici nella storia, nella tradizione e nella cultura, perché si fa in ogni città in maniera diversa, con terre, uve, diverse e caratteristiche diverse.

Il rispetto dei vincoli ambientali, la risposta ai cambiamenti climatici, l’uso più efficiente delle risorse naturali, l’industria del riciclo che trasforma i rifiuti in risorse, sono passaggi obbligati per rispondere alle emergenze ambientale, economica e so- ciale che dobbiamo fronteggiare su scala mondiale accettando un cambio di paradig- ma globale, la trasformazione cioè di un sistema complesso che ha implicazioni eco- logiche, sociali e culturali. Il suolo non può più essere considerato solo come “bene pubblico” (che lo Stato, le Regioni e gli Enti locali possono vendere per far cassa, come sta avvenendo per molti beni demaniali), quanto piuttosto come “bene comu- ne”, che non va venduto né usucapito. Green Economy significa anche sviluppare tutti

i servizi collegati a una agricoltura di qualità e offrire opportunità di lavoro e riscatto sociale alle categorie oggi maggiormente colpite dalla crisi. Ma per fare questo è necessario sostenere la governance territoriale, perché i Comuni possono essere straordinari motori di sviluppo locale e di rilancio di attività produttive all’insegna del- la sostenibilità. A loro va, per esempio, consentito di fare investimenti e di impegnare risorse per la messa in sicurezza del territorio, la produzione di energia rinnovabile, il recupero dei centri storici in stato di degrado o di abbandono, il sostegno ad attività imprenditoriali legate all’agricoltura di qualità e ad una fruizione turistica rispettosa dell’ambiente e del territorio.

Negli ultimi anni la tutela dell’ambiente e la valorizzazione del paesaggio sono diventati un punto di forza del sistema produttivo italiano. Agricoltura e paesaggio hanno un destino comune, non possono più agire secondo logiche settoriali diver- genti ma essere invece esercitate in modo coordinato e coerente, usando i finanzia- menti pubblici al servizio di uno sviluppo complessivo, quindi anche paesaggistico. Né è possibile pensare di fare dei paesaggi una sorta di museo a cielo aperto, perché se quelli di molte delle nostre aree vinicole sono tra i più riconosciuti al mondo è proprio perché sono stati modellati dall’uomo nel corso dei secoli. Si deve passare da una conservazione passiva, fatta soprattutto di divieti, a una attiva, con un nuovo sistema di incentivi per gli agricoltori, una semplificazione degli oneri burocratici e una migliore distribuzione delle risorse. Occorre naturalmente mantenere il giusto equilibrio tra regole e vincoli e un’efficiente gestione economica delle aziende e per recuperare la cultura del progetto agro-paesaggistico e far sì che i nuovi vigneti sia- no, insieme, agronomicamente validi, idonei alla difesa idrogeologica e belli, occorre sostenere, anche economicamente, la pianificazione comunale affinché renda con- creto l’equilibrio tra validità agronomica e qualità paesaggistica. Occorre ridefinire il confine tra città e campagna, valorizzare la prossimità tra agricoltura e viticoltura, borghi antichi e nuove cantine.

Il Piano Regolatore delle Città del Vino offre un metodo di valutazione degli interventi di gestione del territorio in un momento di grandi cambiamenti, naturali e produttivi. Uno strumento attento allo sviluppo sostenibile e nel quale assume rilievo la pianificazione delle zone di pregio vitivinicolo per richiamare l’attenzione degli Am- ministratori di Comuni ed Enti territoriali sulla tutela delle aree di queste aree sotto il profilo idrogeologico, ambientale, paesaggistico, produttivo ed economico, nonché sul recupero, riuso e valorizzazione del complesso delle strutture edilizie connesse alla produzione, commercializzazione e diffusione della cultura in ambito enologico e vitivinicolo. Anche perché, se è vero che il territorio rurale è parte fondamentale del nostro capitale sociale (il bene comune) e della nostra qualità della vita, deve allora

essere messa in risalto la centralità (federalismo e funzioni) dei Comuni che ap- punto governano il territorio.

Tra le linee progettuali proposte dall’Associazione ricordiamo infine la rea- lizzazione di mappe regionali dei terreni adatti alla coltivazione dei diversi vitigni, per conoscere il potenziale a lungo termine, evitare di comprometterlo con scelte incongrue (discariche, cave, infrastrutture, localizzazioni commerciali o industriali) ed avviare la riflessione su come adattare la coltivazione della vite alla crisi climati- ca, che avrà effetti rilevanti anche sul paesaggio: si pensi anche solo all’opportunità di impiantare più in alto i nuovi vigneti e - soprattutto - alla necessità di assicurare loro un regime idrico costante.

Riconoscere esplicitamente i paesaggi della viticoltura nella loro specificità e nella loro integrità è necessario anche per evitare di introdurre norme diverse in comprensori vitivinicoli omogenei, alterando le condizioni di competitività locale. Occorre tutelare i vigneti storici, quali patrimonio paesaggistico e di biodiversità, incentivando la conoscenza e la ricerca multidisciplinare (vedi, ad esempio, l’arche- ologia della vite e del vino). Quando si parla di tutela non bisogna mai dimenticare che la campagna e l’agricoltura sono un qualcosa di vivo, e come tutto ciò che è vivo per restare tale ha bisogno di cambiamento e di movimento, per adattarsi all’evol- versi dei mercati, ai progressi delle conoscenze scientifiche, alle dinamiche azien- dali. I criteri di conservazione messi a punto per i monumenti e per le opere d’arte non possono essere trasferiti tali e quali nei paesaggi agrari. Del resto, ciò che oggi ammiriamo fu a sua volta il risultato di trasformazioni. La sfida è dunque governare saggiamente i cambiamenti necessari, affinché la qualità del territorio non decada, anzi migliori. Superare - per quanto possibile a livello regionale - il vincolo in favore del progetto di paesaggio. E in ogni caso “rivestire” il vincolo di contenuti consape- voli della necessità di evoluzione dei paesaggi agrari.