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Sono sempre molto polemico sulle certificazioni perché in realtà la certifica- zione, a mio avviso, tradisce quelli che sono i principi di sostenibilità, nel senso che una società consapevole non dovrebbe avere bisogno di un ente terzo che venga a “impataccarci”. Oltretutto, la questione della certificazione sta diventando politica- mente un trasferimento di responsabilità: io non ci metto la faccia, che ce la metta un altro. Questi sono i soggetti certificatori che stanno diventando sempre più forti per ragioni di profitto e business: sono fondazioni, organizzazioni no profit. Stanno diventando riferimenti dei ministeri (si veda l’esempio francese) e degli stessi centri di ricerca perché siamo arrivati al punto tale in cui si può impataccare qualsiasi argomento, basta avere la costruzione di un disciplinare e di un sistema effettivo e certifichiamo pure le cose inconsistenti dal punto di vista scientifico. Oggi viviamo di tante certificazioni che non hanno una base scientifica e abbiamo tante certifica- zioni che nascono da un sentimento di opinione pubblica che parte da pochi gruppi di interesse e che sono diventati il riferimento parlamentare (si veda il Parlamento europeo e le ultime direttive sull’ambiente). Questo sta portando a una catastrofe a mio avviso. Molto interessante è il discorso della sostenibilità istituzionale, ma noi dovremmo fermarci a pensare a tutto ciò che serve e tutto ciò che è inutile per gli imprenditori, che oggi rischiano di trovarsi dei costi aggiuntivi. Oggi l’interes- se economico diventa enorme, perché se non c’è una definizione nazionale di un protocollo di sviluppo sostenibile ognuno fa quello che vuole e se lo fa certificare. All’interno del programma di sviluppo sostenibile ci sono n elementi e ogni oggetto ed elemento strutturale del programma può essere a sua volta certificabile. Qui c’è un business che è enorme, basta vedere come gli enti di certificazione stanno crescendo. Possiamo portare l’esempio della carbon e water footprint, quando sa- rebbe sufficiente una certificazione che indichi il miglioramento continuo, la dichia- razione in cui l’imprenditore, partendo dall’anno zero, rende trasparenti le azioni intraprese e alla fine di ogni anno dice come è migliorato all’interno di questi am- biti. Prendendo l’esempio del protocollo biologico, è facile vedere come questo sia

intrinsecamente insostenibile perché è coercitivo, dice solo cosa seguire e inibisce la proattività dell’imprenditore.

Stefano Vaccari – Ministero delle Politiche agricole, alimentari e

forestali

Sul biologico c’è una precisazione importante da fare. Essendo probabilmen- te il Paese con il maggior numero di aziende biologiche nel mondo, abbiamo fatto del biologico un punto di forza importante ed è un metodo di produzione, non va dimenticato. Noi certifichiamo un metodo di produzione in modo che tutti i consu- matori riconoscano che quel prodotto è stato ottenuto utilizzandolo, dopo di che, se quel modo di produzione viene visto come migliorativo o peggiorativo rispetto a quello tradizionale, quello è un problema del consumatore. Ma la certificazione del biologico per me è veramente un caposaldo importante, è la garanzia che gli imprenditori agricoli stanno lavorando con regole comuni in tutta Europa.

Fabrizio Montepara – Città del Vino

Volevo riprendere certi discorsi sul paesaggio e sul territorio, discorsi che di conseguenza portano al turismo. Un aspetto che forse oggi non abbiamo ancora toccato in maniera viva è quello dell’enoturismo, che rappresenta un elemento fon- damentale per il PIL italiano. Dallo studio che noi, come Città del Vino compiamo con il CENSIS, vediamo che l’enoturismo è l’unico comparto turistico in espansio- ne. Questo significa che i sindaci e gli amministratori locali devono continuare in questa politica di valorizzazione del patrimonio. D’altro canto, però, è anche vero che a livello nazionale stiamo assistendo all’impoverimento di questi piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti, con uno spostamento degli stessi verso le grandi città, per cui il territorio viene abbandonato. È necessario un momento di riflessione per ripensare una politica nazionale, per far sì che i piccoli comuni dove c’è il contatto reale con il vigneto e la cantina vengano sempre più potenziati. Un ultimo aspetto: uno studio compiuto da Città del Vino e LUISS ha evidenziato che se si fa parte della rete di eccellenza Città del Vino c’è anche un aumento della popolazione. Nelle zone rurali ci sono esempi in cui la popolazione è aumentata del 27%, con un au- mento delle attività economiche del 180%, per cui è una politica che sicuramente porta dei benefici.

Giovanni Rizzotti - Tergeo

Le provocazioni di Vaccari e Capri sono effettivamente molto interessanti, ma consentitemi di fare una considerazione: il sistema di valutazione della sostenibi- lità sui cui stiamo ragionando in Tergeo, ma che vale anche in altri sistemi, non ha certo lo scopo di fare una classifica e dare un voto a qualcuno, quanto piuttosto di dire: l’azienda “X” ha adottato un sistema di gestione documentato, sul quale può dichiarare che si muove in modo responsabile e sostenibile. Questo significa che dobbiamo andare verso una certificazione o no? Lo Stato deve intervenire per sta- bilire delle regole o meno? Ho abbastanza antipatia per le regole troppo imposte, quando l’impresa si trova a dover rispettare qualche cosa che viene indicato per tut- ti, ma che non è detto che sia così automatico. Se pensassimo alla viticoltura eroica di montagna e delle isole, probabilmente ci troveremmo dei consumi di energia e territorio che non sarebbero sostenibili; ebbene io ritengo che invece lo sia e dob- biamo trovare il modo per avere dei redditi sufficienti per questa viticoltura. Nel momento in cui si devono stabilire delle regole, è meglio andare a fissare dei meto- di di comportamento e valutazione degli stessi e dire che un’azienda aderisce a dei sistemi di coltivazione e valutazione. Sulla certificazione, invece, mi viene da pensa- re che questo sia un argomento in più, ma se il consumatore la vuole noi dobbiamo potergliela fornire purché sia inserita in un sistema riconosciuto e universale.