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Clonaggio ed espressione eterologa dei geni coinvolti nel metabolismo della prolina

3. RISULTATI e DISCUSSIONE

3.9. Clonaggio ed espressione eterologa dei geni coinvolti nel metabolismo della prolina

volte in Maratelli. Queste prime indicazioni sembrano dunque suggerire che nella varietà Maratelli il minore accumulo di prolina in condizioni di stress salino dipenda più da una maggiore stimolazione del catabolismo dell’imminoacido che non da una minore induzione della sua sintesi.

Si tratta nell'insieme di indicazioni preliminari, che andrebbero approfondite su un numero maggiore di genotipi e in un ambito più ampio di condizioni di stress. Esperimenti sono attualmente in corso per ottenere le opportune conferme mediante un approccio quantitativo di PCR Real Time. I risultati di queste analisi forniranno dati più precisi sull’entità e quindi sul possibile significato fisiologico della repressione e dell'induzione di questi geni a seguito della crescita in presenza di elevate concentrazioni saline.

D'altra parte, l'aumento della concentrazione ionica all’interno della cellula a seguito della traslocazione del sodio nella parte aerea potrebbe essere in grado di modulare l’attività di alcuni degli enzimi coinvolti. Dati a questo riguardo sono stati recentemente descritti per la P5C reduttasi di A. thaliana (Giberti et al., 2014). Se lo stesso fenomeno fosse presente anche in riso, potrebbe spiegare l'apparente contraddizione dei dati ottenuti mediante PCR: anche in presenza di un drastico calo dei livelli di trascrizione in condizioni di stress, la stimolazione allosterica dell'attività dell'enzima garantirebbe comunque un elevato flusso carbonioso nella via biosintetica.

3.9. Clonaggio ed espressione eterologa dei geni coinvolti nel metabolismo della prolina

Sarebbe dunque utile, ai fini di una migliore comprensione delle modalità di attivazione del metabolismo della prolina sotto stress, caratterizzare le proprietà cinetiche degli enzimi coinvolti. A tutt'oggi poco si conosce sull'esistenza di meccanismi di regolazione post- trascrizionale di queste proteine. Purificarle e caratterizzarle direttamente dalle plantule di riso avrebbe presentato non poche difficoltà. Si tratta infatti di enzimi espressi a livelli relativamente bassi, che risultano non saggiabili in estratti grezzi per la presenza di attività in grado di interferire con la loro reazione, e per alcuni di essi (come P5C sintetasi e prolina deidrogenasi) non esistono neppure metodi affidabili e specifici di saggio in vitro. Si è scelto quindi un approccio alternativo, basato sul clonaggio dei corrispondenti geni e la loro espressione eterologa in sistemi procariotici. A questo fine sono stati acquistati i cloni di cDNA che erano disponibili presso il Rice Genome Resource Center (RGRC) un ente giapponese che fa parte dell’Istituto Nazionale di Scienze Agro-Biologiche. Tali cDNA sono però stati clonati in vettori non adatti all’espressione in E. coli, ed era dunque necessario subclonarli in altri plasmidi di espressione. Per acquisire le conoscenze necessarie a questo fine è stato effettuato uno stage di 3 mesi nel laboratorio di Fisiologia e Biochimica Vegetale dell’Università di Konstanz, presso il gruppo della Prof.ssa Adamska e sotto la supervisione del Dr. Dietmar Funck, dove erano disponibili i materiali e le competenze di biologia molecolare necessari. Tale stage è stato reso possibile grazie al supporto economico fornito dal DAAD (German Academic Exchange Service), cui è stato presentato il relativo progetto in risposta ad un bando per il conferimento di borse di studio per soggiorni di breve termine, progetto che è risultato tra i vincitori della selezione.

Inizialmente i plasmidi sono stati amplificati nel ceppo DH5α di E. coli, che ha la caratteristica di accumulare più copie dello stesso plasmide. Il DNA plasmidico (pDNA) così ottenuto è stato verificato mediante analisi di restrizione (Figura 81) pianificata dopo una adeguata analisi in silico delle sequenze di ogni plasmide.

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Enzima Clone Enzima di r. Frammenti Dimensioni

P5Cred J013104L18 BsrFI 3 2509, 1163, 565 P5CS1 J023019K03 BsrFI 3 4524, 1163, 726 P5Cred J023044E03 FspI 3 1707, 1358, 1171 P5CS1 J033031H21 BsrFI 3 3821, 1163, 782 P5CS2 J033099M14 FspI 3 2470, 2152, 1172

PRODH J023047B13 BsrFI 8 2017, 1163, 867, 411, 126, 121, 79, 25 P5CDH J033091O16 FspI 3 2992, 1172, 645

Figura 81. Analisi di restrizione del pDNA. Gli enzimi più adatti per ottenere frammenti di specifica

lunghezza del plasmide pFLC1 sono stati scelti mediante il software SeqBuilder (Lasergene).

Accertata la correttezza delle dimensioni degli inserti, i cDNA sono stati amplificati mediante PCR (Figura 82), apportando eventuali modifiche ad hoc alla sequenza terminale per facilitare il successivo clonaggio monodirezionale nel nuovo plasmide. In particolare, per i due geni della via catabolica, P5CDH e PRODH, si è fatto in modo di ottenere due amplificati, uno contenente il peptide di transito e uno privo della corrispondente sequenza terminale. Questi ultimi vengono definiti nel testo come troncati.

5 5 2M µL 19 21 ng µL-1 P5CS2 5 5 5 5 2M µL 18 21 - - ng µL-1 P5CDHtr P5CDHw 5 5 5 1M 5 5 5 2M µL 25 21 2 0,8 8 10,5 ng µL-1 P5CDH- PRODH- P5Csyn1 5 5 2M µL 14 23 ng µL-1 P5CDHw Figura 82. Amplificazione dei cDNA.

Le dimensioni e le quantità dei prodotti della PCR, eseguita con la DNA polimerasi Phusion High-Fidelity capace

di correggere gli errori nei nucleotidi appaiati, sono state verificate per confronto con le bande a concentra- zione nota dei marcatori. Sono riportati i

μL caricati, i ng presenti e il gene che è stato amplificato. Abbreviazioni: w = intera; tr = tronca; * = P5Cred con 3 amminoacidi aggiunti nel Fwd primer.

1M 5 5 5 5 2M µL 14 - 12 - ng µL-1 P5Cred P5Cred* 1M 5 5 5 5 1M µL 18 20 22 25 ng µL-1 PRODHtr PRODHw P5Cr - P5CS1-P5Cr- P5CS1-P5CS-PRODH-P5CDH- M P5Cr - P5CS1-P5Cr- P5CS1-P5CS-PRODH-P5CDH

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Successivamente un’aliquota corrispondente a 10 ng di cDNA è stata unita alla mix di reazione in cui era contenuto anche il vettore vuoto, pET151/D-TOPO. Un appropriato volume della miscela di reazione è stato incubato con cellule calcio-competenti di E. coli DH5α, che sono state poi piastrate su terreno selettivo. La presenza del plasmide in alcune delle colonie cresciute è stata quindi verificata in seguito a colony PCR (Figura 83). Mediante una successiva digestione con specifici enzimi di restrizione si è infine ottenuto conferma che il trascritto amplificato con la colony PCR fosse quello specifico del vettore pET151 e non del plasmide originario (pFLC1).

1 2 3 4 5 6 7 pDNA M P5CS2 1 2 3 4 5 6 7pDNA M P5CDH intera 1 2 3 4 5 6 7 pDNA M P5CS1 16 17 18 19 20 21 22pDNA 8 9 10 11 12 13 14 15 PRODH intera M 1 2 3 4 5 6 7 pDNA PRODH troncata 1 2 3 4 5 6 7pDNA M P5CDH troncata M 1 2 3 4 5 6 7 pDNA M P5Cred M 1 2 3 4 5 6 7 pDNA M P5Cred*

Figura 83. Colony PCR dei trasformati con il vettore pET151. Per ogni costrutto sono state

analizzate 7 colonie. Nel caso delle due forme di PRODH, intera e tronca, hanno invece dovuto essere analizzate 22 colonie, poiché le prime 7 non contenevano il cDNA di interesse. Di due pDNA

per ogni costrutto (evidenziati in grigio) è stato quindi verificato il pattern di digestione; anche in questo caso per la PRODH è stata necessaria l'analisi di un numero maggiore di campioni. Non

viene riportato il gel ottenuto nel caso della forma tronca di PRODH.

Ottenute tutte queste conferme, ogni plasmide è stato amplificato nel ceppo di E. coli DH5α, isolato e sottoposto a sequenziamento per verificare che durante i processi di PCR o

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nella replicazione in E. coli non siano avvenute delle mutazioni. Le sequenze fornite da un

service esterno (GATC, http://www.gatc-biotech.com/de/home.html) hanno confermato la

presenza nel vettore pET151 degli specifici cDNA, in cui non sono state evidenziate mutazioni delle sequenze originali.

Con i plasmidi ottenuti sono stati quindi trasformati due ceppi di E. coli adatti per l’espressione ectopica, BL21AI e BL21(DE3) pLysS. Una volta ottenuti i trasformati e verificata la presenza del cDNA di interesse mediante colony PCR, si è proceduto all’induzione di ognuno dei geni di interesse. Dopo almeno 4 ore di crescita in presenza dell'opportuno induttore, le cellule sono state analizzate mediante SDS-PAGE per avere un riscontro visivo della proteina ectopica espressa nel batterio (Figura 84). Su gel sono stati caricati sia campioni costituiti dalle sole proteine solubili che altri contenenti le proteine totali per verificare che quella di interesse non venisse sequestrata nei corpi di inclusione, un’eventualità molto comune in questi sistemi.

Si voleva in tal modo verificare che il costrutto si fosse integrato come pianificato nel nuovo plasmide, e fosse in grado di indurre la sintesi di proteine del peso molecolare atteso. Dai risultati dell'analisi mediante SDS-PAGE si evince come la P5CS1 e la P5CS2 siano espresse in seguito all’induzione e risultino riscontrabili nella frazione corrispondente alle proteine totali; esse non compaiono invece in corrispondenza delle frazioni solubili, suggerendo che la maggior parte di tali enzimi venga confinata all’interno dei corpi di inclusione. Per ovviare a questo inconveniente si potrebbe cambiare vettore di espressione, o cercare di ottimizzare la temperatura a cui l'induzione viene fatta avvenire. Esistono in alternativa protocolli di estrazione delle proteine dai corpi di inclusione, ma molto spesso questo determina la perdita dell’attività enzimatica.

Per quanto riguarda la P5CR, si osserva la comparsa di una banda prominente delle dimensioni attese sia nella frazione insolubile che in quella solubile. Evidentemente il suo accumulo non interferisce con il metabolismo delle cellule batteriche, che lasciano in forma libera quantità molto elevate dell'enzima vegetale. Il particolare successo della sua induzione potrebbe però essere dovuto anche alle sue piccole dimensioni rispetto a P5CS1 e 2.

L’SDS-PAGE eseguito per analizzare l’induzione della P5CDH ha invece evidenziato l’accumulo della proteina nella frazione insolubile, sia per la versione troncata che per quella intera della proteina. In corrispondenza del peso molecolare atteso, l'analisi densitometrica sembra indicare che nella frazione solubile della P5CDH troncata sia presente più proteina rispetto a quello che avviene per la versione intera. L'intensità della banda è però ai limiti della sensibilità del metodo, e la sua presenza dovrebbe essere verificata in modo più certo. Per la PRODH, infine, è stata esaminata solo la componente insolubile, poiché si tratta di un enzima associato alle membrane mitocondriali, e quindi ci si attende che anche in E. coli non sia presente in forma solubile. Anche in questo caso, almeno per la forma intera, la banda attribuibile alla proteina vegetale è molto flebile, e la sua effettiva produzione andrebbe verificata attraverso la sua purificazione o mediante un saggio di attività.