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Collaborare con gli influencer

Capitolo 1. Web 2.0 e sviluppo di nuovi modelli di comunicazione impresa-cliente

1.6 La digital influence

1.6.2 Collaborare con gli influencer

Una volta di individuati gli influencer adeguati52 e decisi quali obiettivi si desidera raggiungere, l’azienda dovrebbe decidere le modalità di collaborazione con gli

influencer. Non esistono delle tipologie standard di collaborazione, ne esistono di più

diffuse e comunque dipendono dalla fantasia e dagli obiettivi desiderati da entrambe le parti.

Prima di tutto bisogna considerare che, secondo le statistiche di Technorati, l’86% degli influencer sono blogger53, ovvero individui che amano scrivere ed anche provare prodotti nuovi. Non c’è da sorprendersi, dunque, che la forma più comune di collaborazione è la sponsorizzazione di un prodotto/marchio, attraverso la creazione da parte del blogger di un articolo nel quale se ne esaltano le qualità.

52 L’adeguatezza dell’influencer dipende dagli obiettivi della campagna di digital influence. In particolare

dal grafo attraverso il quale si vuol far propagare un’informazione. Un influencer con elevate connessione convoglierà le informazioni lungo il suo grafo sociale (obiettivo di notorietà). Un influencer che agisce su argomenti specifici convoglierà le informazioni lungo il grafo di interessi. Quest’ultimo può tornare utile per la sponsorizzazione di prodotti complessi o indirizzati a una determinata categoria di clienti.

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In questo caso l’azienda invia, in prova, il prodotto da sponsorizzare all’influencer che può decidere se recensirlo o meno. La ricompensa del lavoro svolto dal blogger può essere monetaria o sotto forma di prodotti omaggio. Se la collaborazione prende avvio, l’azienda può richiedere al blogger che nell’articolo vengano inserite delle “parole chiave evidenziate” a cui incollare il link al sito aziendale. Questo link permette all’azienda di misurare l’interesse reale generato nell’audience del blogger dalla lettura del post. Questo genere di collaborazione sempre più diffuso in Italia ha già raggiunto la fase di maturità in America. La sponsorizzazione può riguardare anche solo il blog, senza la necessità di recensire alcun prodotto. In questo caso l’azienda invia un contributo monetario in cambio dell’esposizione del proprio brand sul blog, o prevede l’apposizione di banner con il metodo di retribuzione pay per click54 o pay per view55. Altre forme di collaborazione possono prevedere il coinvolgimento degli influencer in grandi eventi. L’immersione in un contesto esperienziale di un influencer può portare all’attivazione dell’advocacy, processo mediante il quale l’individuo già interessato al brand diventa difensore dei valori del brand stesso. Ancora, il coinvolgimento degli

influencer ad eventi di grandi dimensioni, specie se pubblicizzati anche tramite i media

tradizionali, alimentano il buzz (ronzio) ed il passaparola online incrementando il numero di post e la frequenza con cui un brand è inserito nelle conversazioni (Haymarket Business Publications Ltd, 3 Ottobre 2012).

Altro esempio diffuso nella collaborazione azienda-influencer sono i programmi di promozioni. Ancora una volta, se il brand da sponsorizzare è in sintonia con un

influencer e la sua comunità, l’offerta di una promozione o sconto di prodotto genera

buzz attorno al brand.

Un'altra tipologia di collaborazione con un influencer/blogger può essere quella di stringere una relazione forte e duratura. Ad esempio si può ingaggiare il blogger ed inserirlo nel contesto aziendale per la gestione del corporate blog. In questo modo

54 Il metodo pay per click consente al sito che ospita il banner di guadagnare una somma di denaro ogni

qualvolta un utente vi clicca sopra (es. 1 centesimo di euro a click)

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Il metodo pay per view è un metodo di pagamento all’esposizione pubblicitaria. L’inserzionista decide di pagare il sito che ospita il banner ogni 1000 o più visualizzazioni ( es. 1 euro ogni 1000 visualizzazioni)

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l’azienda trae vantaggio dalle competenze comunicative del blogger. Questa forma di collaborazione permette di incrementare l’audience aziendale attingendo dall’audience del blogger che è caratterizzata da un alto tasso di fedeltà (Higgins, 2013).

Per comprendere meglio il funzionamento di una campagna di digital influence si veda il Caso New Windows Phone che ho riportato nel seguente box.

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Caso New Windows Phone

Per il lancio del suo nuovo smatphone, Microsoft ha deciso di sfruttare i Social Media e gli influencer. Uno degli obiettivi è stato quello di riprendere terreno

rispetto ai rivali Iphone e Android. La campagna di influence markting che Microsoft ha attuato era suddivisa in diverse fasi. Ha dapprima monitorato il sentiment rispetto ai propri telefoni analizzando le conversazioni sui Social Media

e misuranto il numero di impression sui suoi social network. Da qui ha anche dedotto che il 70% degli individui viene influenzato dai loro pari.

A questo punto, in collaborazione con Klout, si è proceduto all’individuazione degli utenti con il maggior Score. I pilastri di interesse per Microsoft erano la Popularity, la Proximity e la Goodwill. Agli individui con Score maggiore di 55 venne regalato

il telefono e l’invito a partecipare al grande evento per il lancio del prodotto. Invito esteso anche agli individui con Score compreso tra 29 e 54. Gli obiettivi erano quelli di incrementare la notorietà del prodotto, aumentare l’interesse sul prodotto, influenzare le decisioni di acquisto degli invitati e delle loro connessioni.

La campagna generò un alto livello di buzz. Vi furono migliaia di visualizzazioni dello spot dell’evento, e vennero rilevate migliaia di conversazioni attorno al prodotto e all’evento prima, durante e dopo l’evento. La misura del successo della

campagna è stata definita paragonando il sentiment rilevato nella fase iniziale con quello rilevato dopo la campagna. Venne sottoposto un sondaggio ai partecipanti per capire la propensione a all’acquisto, a consigliare il prodotto ad

amici e parenti, e la familiarità al prodotto.

La Microsoft ha notato un cambio di percezione del brand e un aumento della propensione all’acquisto (Higgins, 2013).

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Capitolo 2. Review dei principali modelli