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Capitolo 2. Review dei principali modelli sulla genesi della fiducia

2.1 La fiducia

La vastità di angolazioni (economica, sociologica, psicologica, organizzativa) da cui la fiducia è stata analizzata ha contribuito ad arricchire la multidimensionalità della nozione di fiducia. L’analisi del concetto di fiducia ci è utile per identificarne i tratti significativi e per individuarne il suo aspetto dinamico.

Da un esteso esame della letteratura, possiamo enucleare i seguenti “tratti identificatori” del concetto di fiducia:

- fiducia come stato (o atteggiamento) psicologico e mentale (Rousseau, Sitkin, Burt, & Camerer, 1998, 23,3, pp. 393-404) inteso come insieme di credenze e convinzioni circa la persona di cui ci si fida (Cummings & Bromiley, 1996). È sulla base di queste credenze che si sviluppa la volontà (conscia o inconscia) di compiere un atto di fiducia (ad esempio, la delega). Le convinzioni possono riguardare la competenza, la prevedibilità, la benevolenza, l’assenza di opportunismo ecc. (Castaldo, 1995).

- fiducia come accettazione del rischio (Coleman, 1990). La fiducia può essere vista nella veste di probabilità soggettiva attribuita alla persona di cui ci si fida (Gambetta, 1988). Essendo una probabilità, la fiducia implica, quindi, una componente di rischio che viene accettato nel concedere fiducia. Ed infatti, se si agisse in condizioni di certezza ed assenza di rischio non ci sarebbe bisogno

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della fiducia (Lewis & Weigert, Trust as a social reality, in "Social Forces", 63.pp. 967-85, 1985). Il “calcolo” di questo rischio viene fatto sulla base delle caratteristiche individuali (ad esempio, la capacità di colui che ci si fida) e caratteristiche esogene (ad esempio la presenza di ostacoli esterni) che partecipano a rendere più o meno forte la componente di rischio intrinseco all’atto di fiducia (Falcone & Castelfranchi, 2001).

- fiducia come stato di dipendenza. Nel momento in cui la fiducia viene concessa, l’individuo vincola se stesso a qualcun altro. Ad esempio, concedere fiducia significa delegare ad un'altra persona il raggiungimento di certi obiettivi personali. Se le parti concedono fiducia l’una all’altra, creano una situazione di

interdipendenza. Le relazioni di dipendenza o interdipendenza possono avere

un’intensità variabile (semplice, moderata o complessa), derivante dall’importanza dell’obiettivo, delle risorse e del rischio implicito della relazione (Fiske, 1990).

- fiducia come stato dinamico. La fiducia come disposizione mentale è variabile nel tempo ed è influenzabile da fattori comportamentali e da fattori esterni, incluso la cultura che possono indebolire o rafforzare la fiducia (Fukuyama, 1995).

I tratti cosi descritti fanno riferimento alla dimensione individuale; essi possono tuttavia essere estesi alla dimensione collettiva (fiducia verso un gruppo, fiducia tra i gruppi), intendendo con questo la somma degli stati mentali dei singoli individui che costituiscono il gruppo.

La fiducia non è direttamente misurabile bensì esiste in qualità di fattore osservabile indirettamente da altri fattori direttamente osservabili (comportamento, attitudini, percezioni ecc). Si parla, in questo caso, di fiducia come variabile latente. I contributi degli ultimi anni hanno cercato di mettere ordine all’interno del concetto di fiducia, “distillando” le componenti direttamente osservabili e, quindi misurabili, che formano questo concetto. Volendo ripercorrere i contributi in senso cronologico, uno dei primi risale a Jennings (1971) che, attraverso interviste a dirigenti identificò quattro

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dimensioni della fiducia: la devozione (loyalty), l’apertura (accesibility), la disponibilità (avaibility) e la prevedibilità (predictability). Successivamente Butler (1991), nel tentativo di sviluppare un solido strumento per misurare le condizioni su cui si fonda la fiducia, recuperando il lavoro di Jennings (1971) e di Gabarro (1978), identificò dieci condizioni per la fiducia. Lo strumento, chiamato CTI (Conditions of Trust Inventory) comprende: disponibilità (avaibility), competenza (competence), consistenza (consistency), discrezione (discreetness), equità (fairness), integrità (integrity), fedeltà (loyalty), apertura (openness), mantenimento della promessa (promise fulfillment), recettività (receptivity). Ciascuna condizione è misurata da quattro item o domande, misurate su scale Likert (da 1 a 5).

Mishra (1996) in uno studio empirico ha approfondito la natura delle “ aspettative di fiducia” implicite nel concetto di fiducia, identificando quattro dimensioni: fiducia nelle competenze (competency), nella trasparenza o apertura (openness), nell’impegno (concern) e nell’affidabilità (reliability) della controparte. Competenza significa che questa è ritenuta capace di prendere decisioni e di agire in modo professionale; ciò riduce la necessità ed i costi di controllo. Trasparenza implica che la controparte è aperta al dialogo ed è sensibile ai cambiamenti. La dimensione qui tradotta “impegno” implica che colui nel quale si ripone fiducia si preoccupa degli interessi dell’altra parte e, anche in condizioni di potenziale conflitto è pronto a difenderli. Infine, l’affidabilità consiste nell’aspettarsi un comportamento coerente alle promesse da parte della controparte (ad esempio, puntualità nelle consegne).

Un’altra distinzione lungo la quale si sono concentrati gli sforzi di ricerca più recenti riguarda la distinzione tra le componenti emotiva e cognitiva della fiducia. McAllister (1995), sulla scorta di Lewis e Wiegert (1985) e di Johnson-George e Swap (1982), tenta di dimostrare e misurare nel suo studio empirico che la fiducia può avere tanto origini cognitive, e quindi essere il risultato di una precisa valutazione basata su esperienze, quanto origini emotive e scaturire, quindi, da vincoli di appartenenza e affetto che legano gli individui. La fiducia cognitiva esiste alla luce di “buone ragioni” sulla base delle quali una parte decide di fidarsi; essa incorpora le componenti di

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affidabilità/competenza e coerenza/rispetto delle promesse. La fiducia emotiva scaturisce da vincoli di natura affettiva; si manifesta nell’apertura e nella trasparenza nel discutere idee, difficoltà personali, opinioni. In presenza di fiducia emotiva, le persone discutono apertamente le proprie posizioni e rivelano i propri interessi e questo facilita tanto il raggiungimento di accordi integrativi, vantaggiosi per tutte le parti in gioco, quanto lo stabilirsi di relazioni di comunanza, in cui chi è in condizione di bisogno è sostenuto e compreso senza bisogno di “pagare” per l’assistenza ricevuta. La breve rassegna ha perseguito l’obiettivo d’illustrare lo stato dell’arte della ricerca sulla fiducia attraverso i contributi dei più citati nella letteratura psico-sociale ed organizzativa senza l’ambizione di presentare un panorama esaustivo.

I prossimi paragrafi illustrano due modelli esplicativi dell’evoluzione della fiducia, approfondendo il tratto della dinamicità della fiducia stessa.

Il primo modello presenta la fiducia come risorsa che evolve per stadi (Lewicki & Bunker, 1996); il secondo lega l’evoluzione della fiducia a variabili individuali e cognitive, spiegando l’origine della super-fiducia iniziale teoricamente esclusa nel primo modello (McKnight, Cummings, & Chervanty, 1998).